Forse incostituzionale, certamente tossico: il TRAFFICO DI INFLUENZE ILLECITE tra lobbying e corruzione

Il recente rinvio alla Corte Costituzionale del reato di traffico di influenze illecite da parte del GUP di Roma accende un nuovo faro sulle fragilità della riforma Nordio e sulle ambiguità di una norma che, fin dalla sua introduzione, ha navigato in acque torbide. La decisione di investire la Consulta pone interrogativi di non poco conto sulla tenuta dell'articolo 346-bis del Codice Penale, così come modificato dal recente intervento legislativo.
Il recente rinvio alla Corte Costituzionale del reato di traffico di influenze illecite da parte del GUP di Roma accende un nuovo faro sulle fragilità della riforma Nordio e sulle ambiguità di una norma che, fin dalla sua introduzione, ha navigato in acque torbide. La decisione di investire la Consulta pone interrogativi di non poco conto sulla tenuta dell’articolo 346-bis del Codice Penale, così come modificato dal recente intervento legislativo.
Ma andiamo con ordine. Il traffico di influenze illecite è un reato che punisce chi sfrutta la propria rete di relazioni per ottenere favori illeciti da un pubblico ufficiale. Con la recente riforma, il legislatore ha cercato di circoscrivere l’ambito di applicazione della norma, richiedendo che la relazione tra il mediatore e il pubblico ufficiale sia effettiva e che l’utilità promessa o corrisposta abbia natura economica. Un restringimento che ha sollevato perplessità, soprattutto alla luce delle raccomandazioni internazionali in materia di lotta alla corruzione.
UNA NORMA A DUE VELOCITÀ?
Il rinvio alla Corte Costituzionale sembra suggerire che la norma così riformulata possa presentare profili di illegittimità. Il dubbio principale riguarda la sua compatibilità con il principio di determinatezza della fattispecie penale, che impone alle leggi di essere chiare e precise. E qui si apre un paradosso tutto italiano: prima della riforma, il reato era ritenuto troppo generico e rischiava di trasformarsi in una clava contro condotte borderline; ora, dopo la stretta del 2024, rischia di essere inefficace, lasciando impunite condotte che, nella sostanza, realizzano una vera e propria mercificazione delle funzioni pubbliche.
TRA LOBBYING E CORRUZIONE: IL CONFINE LABILE
Uno degli argomenti a favore della riforma era la necessità di non criminalizzare il lobbying, distinguendo tra un’attività legittima di rappresentanza di interessi e un abuso delle relazioni personali per ottenere indebiti vantaggi. Ma siamo sicuri che il confine sia così netto? Il rischio è che la nuova formulazione lasci troppo spazio di manovra a chi, sfruttando una relazione privilegiata con un decisore pubblico, ottiene favori in cambio di vantaggi economici, senza che vi sia una chiara evidenza della corruzione.
L’uso strumentale delle relazioni è un aspetto cruciale in questo dibattito. Le relazioni sociali, professionali e istituzionali sono parte integrante del tessuto pubblico e privato, ma quando vengono trasformate in veicoli per ottenere indebiti vantaggi, si verifica una distorsione del sistema. Questo significa che il rapporto, anziché essere fondato sulla trasparenza e sulla collaborazione, diventa un mezzo per il raggiungimento di fini opachi. Il rischio è che la pubblica amministrazione perda la sua terzietà e diventi un’arena in cui le decisioni vengono orientate non dal merito o dall’interesse pubblico, ma dalla capacità di alcuni di esercitare pressioni indebite.
Le relazioni opache tra decisori pubblici e portatori di interessi possono essere contrastate attraverso misure concrete di trasparenza, come le Agende Aperte dei decisori pubblici. Questo strumento, promosso nell’ambito della strategia di Open Government Partnership (OGP), mira a rendere tracciabili e conoscibili gli incontri tra rappresentanti istituzionali e portatori di interessi, garantendo che il processo decisionale rimanga il più possibile esente da influenze improprie. L’iniziativa prevede l’obbligo per i decisori pubblici di pubblicare gli incontri istituzionali, indicando gli interlocutori, i temi trattati e gli eventuali documenti discussi. Dove la legge retrocede, la pratica amministrativa avanza: le Agende Aperte rappresentano un presidio di trasparenza capace di prevenire derive pericolose nel rapporto tra pubblico e privato.
UN GRANDE EQUIVOCO: L’ELIMINAZIONE DEL REATO NON CANCELLA GLI AZZARDI MORALI
Il dibattito sull’abrogazione dell’abuso d’ufficio e sulla modifica del reato di traffico di influenze illecite è stato viziato da un enorme misunderstanding. Sembra che gli esperti, ma anche l’opinione pubblica, si siano convinti che eliminando un reato si eliminino anche gli azzardi morali, ossia quelle condotte opportunistiche che promuovono interessi particolari a discapito dell’integrità del sistema pubblico. Ma gli azzardi morali non scompaiono, perché precedono le fattispecie penali.
Questi comportamenti nascono nel mondo reale, che esiste indipendentemente dagli articoli del codice penale. Questo mondo è la dimensione relazionale dei decisori pubblici (le reti di relazioni e l’uso che se ne fa, gli interessi e i bisogni che le alimentano); è la loro dimensione etica (ciò che è opportuno o meno fare, sulla base dei valori individuali, delle convenzioni sociali e dell’ethos organizzativo); ed è la dimensione organizzativa (i processi che consentono di mettere in circolo gli interessi primari del sistema pubblico e di tradurli in obiettivi degli uffici).
In sintesi, eliminare un reato non elimina gli effetti negativi di certe condotte. Se la sanzione penale viene meno, allora dobbiamo rinforzare i principi etici e organizzativi finalizzati a prevenire gli usi distorti del potere pubblico. La depenalizzazione di una condotta non la rende meno rischiosa: anzi, se non viene accompagnata da un rafforzamento delle misure preventive, può persino aggravare il problema. Se una società decide di non mettere in carcere chi ruba una mela per fame, i tribunali potranno dedicarsi a casi più gravi; ma se si depenalizza l’abuso del potere pubblico, il rischio è che le istituzioni diventino più permeabili a dinamiche opache e distorsive.
QUALI SCENARI PER IL FUTURO?
Aspettiamo il verdetto della Consulta, consapevoli che la battaglia per una regolamentazione efficace del traffico di influenze è ancora tutta da combattere.