I CANI DI IVAN PAVLOV. Il sequestro della funzione pubblica e la caduta dell’integrità

Questo articolo è apparso sulla Rivista Azienditalia Enti Locali, Mensile per gli enti locali e le loro aziende, nel 2024, nell’ambito della rubrica : “Lo Spazio Etico”, un viaggio tra i fenomeni, più o meno noti, che minacciano l’integrità del sistema pubblico. In questo articolo analizziamo le diverse modalità attraverso cui il sistema pubblico può essere “sequestrato” da soggetti privati.

Ci hanno già rapiti. È come se fossimo vaccinati contro i sequestri. (Fabrizio De André)

Pènsati libero!

Il sequestro della funzione pubblica è un fenomeno alquanto diffuso, ma poco studiato, che può sovrapporsi o essere confuso con la corruzione. Il sequestro è un ribaltamento dei rapporti di forza e dei ruoli, che consente a soggetti privati di controllare le politiche, le decisioni, i processi, le informazioni e le relazioni degli agenti pubblici.

Tutti conoscono l’esperimento di Ivan Pavlov, uno dei più noti della moderna etologia. Il ricercatore dimostrò che il comportamento dei cani può essere condizionato da uno stimolo sonoro o visivo che, se associato al cibo, scatena una reazione fisica come la salivazione. Pavlov era un osservatore formidabile: si posizionava in un angolo e, accennando una smorfia di soddisfazione, annotava su un taccuino ogni episodio in cui la sua ipotesi fosse in qualche modo confermata. Tanto era sistematica la sua reazione, che uno dei cani sottoposti ad osservazione, rivolgendosi a tutti gli altri, affermò: “Guardate cosa riesco a far fare a Pavlov: appena sbavo lui sorriderà e annoterà qualcosa in quel suo stupido quaderno![1].

No. Non andò proprio così, ma solo perché i cani non hanno ancora imparato un certo senso dell’ironia e del paradosso. Però una situazione del genere è realmente osservabile, se si pone una certa attenzione, nel rutilante mondo dell’Amministrazione Pubblica. Addirittura, a livello globale. Decisori pubblici in tutto il mondo adottano politiche, elaborano complessi documenti di programmazione, pongono obiettivi di breve, medio e lungo termine sulla base di comportamenti fortemente condizionati. Un po’ come il nostro amico Pavlov, sono convinti di essere al timone della nave, di decidere veramente in prima persona la direzione e di usare loro stessi gli strumenti di navigazione. In realtà, nulla di tutto questo sembra davvero reale.

Il paradossale esito dell’esperimento pavloviano ci permette di ampliare il nostro sguardo sulle relazioni di potere. Chi è veramente al comando? E quale vantaggio ottengono le parti in relazione? L’osservatore/decisore pubblico deve agire nell’interesse generale ma nel farlo non può fare a meno di interagire con interessi particolari (i cani dell’esperimento pavloviano) che, da una parte creano opportunità di conoscenza e sembrano docili, dall’altra faranno di tutto per assicurarsi un vantaggio, fino al punto di ribaltare i rapporti di forza in campo, soggiogando il decisore pubblico che li osserva convinto di essere ancora lui al comando.

Benvenuti nel grande mondo del “sequestro della funzione pubblica”, fenomeno di cui parleremo in lungo e in largo in questo articolo, di cui non si parla praticamente mai nell’ambito della prevenzione della corruzione e che in Italia non è limitato alle lobby o alle società di consulenza, ma è ben più radicato anche nei diversi livelli amministrativi di cui è composto il settore pubblico.

Promotori di legittimi interessi o trafficanti di influenze illecite?

Il sequestro della funzione pubblica è una specie di “terra di mezzo” che si estende tra lobbismo e traffico di influenze illecite. Si differenzia dalle attività di lobbying,perché non mira a orientare il decisore pubblico, ma a controllare la sua funzione decisionale. Si differenzia dal traffico di influenze, perché il controllo sulla funzione pubblica non si realizza quasi mai attraverso accordi o comportamenti illeciti, pur determinando una caduta dell’imparzialità dei processi e dell’integrità.

Siamo lobbisti. Cioè professionisti: comunicatori, manager, consulenti, studiosi, esperti. Lavoriamo per aziende o in proprio, ci occupiamo di relazioni pubbliche, facciamo parte di associazioni, fondazioni e think tank.

Siamo specialisti: conosciamo i principi fondamentali del diritto e dell’economia, della comunicazione e del marketing, sappiamo come si scrive una legge, verifichiamo nel dialogo l’incidenza di una misura sul bilancio di un Ente pubblico e le compatibilità con le esigenze del sistema in cui tutti operiamo.

Il nostro lavoro si svolge nel dialogo quotidiano con le Istituzioni – che avviene sempre in un clima di attenzione, trasparenza e rispetto reciproco – e nel monitoraggio e ascolto dell’opinione pubblica. Così contribuiamo al processo democratico.

Restiamo quindi delusi e sconcertati quando – periodicamente – si fa riferimento al lobbismo per indicare attività illecite, oscure, oltre il confine della legalità.

[…]

Rivolgiamo quindi al Legislatore una richiesta formale e semplice. Si proceda senza indugio all’approvazione di una legge sul lobbying, affinché si smetta di parlare del tema impropriamente, finendo per mettere sotto accusa un intero comparto di seri professionisti.”.

Queste parole, contenute in una lettera-appello scritta il 9 gennaio 2024 da ottantatré lobbisti italiani[2], possono aiutare a comprendere le ragioni che hanno spinto diverse democrazie del mondo (ma non l’Italia) ad adottare normative che regolamentano e rendono trasparenti le relazioni tra i decisori pubblici e i soggetti che rappresentano e promuovono gli interessi dei privati. Lobby è un termine coniato negli Stati Uniti d’America per indicare gruppi di persone che“senza appartenere a un corpo legislativo e senza incarichi di governo, si propongono di esercitare la loro influenza (lobbying) su chi ha facoltà di prendere decisioni politiche, per ottenere l’emanazione di provvedimenti normativi, in proprio favore o dei loro clienti[3]. Le attività di lobbying sono diffuse in tutti i paesi democratici in cui sussistono economie di mercato che possono essere regolate o influenzate dalle decisioni pubbliche[4], ma in certi casi la rappresentanza di interessi può sfociare nell’influence peddling, cioè nella messa in vendita delle proprie relazioni privilegiate con politici o funzionari pubblici, per garantire a terzi favori o trattamenti preferenziali. Il confine tra questi due fenomeni è piuttosto labile e per questo sarebbe necessario chiarire, preventivamente, quali sono i limiti e le modalità di esercizio dell’attività di lobbying e sanzionare le intermediazioni illecite.

L’Italia non si è ancora dotata di una normativa sulle lobby[5], mentre ha introdotto nel proprio ordinamento l’art. 346-bis del Codice penale, che punisce il traffico di influenze illecite. L’art. 346-bis sanziona due diverse tipologie di condotta[6]:

– la mediazione onerosa, in cui il trafficante di influenze ottiene, direttamente o indirettamente, denaro o altre utilità (o la promessa di essi) come corrispettivo della propria mediazione illecita presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all’art. 322-bis Cod. pen.[7];

– la mediazione gratuita, in cui il trafficante di influenze ottiene direttamente o indirettamente, denaro o altre utilità (o la promessa di essi) non per sé, ma per remunerare un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, o uno degli altri soggetti di cui all’art. 322-bis Cod. pen., in relazione all’esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri.

Sulle ragioni che hanno spinto il legislatore italiano a introdurre il reato di traffico di influenze illecite[8], sulle modifiche apportate alla fattispecie[9] e sulle sue incertezze applicative sono stati versati fiumi di inchiostro, anche perché la riformulazione dell’art. 346-bis, insieme all’abrogazione dell’abuso d’ufficio e alla modifica della disciplina sulle intercettazioni, è prevista dal “ddl Nordio”[10]. In questa sede ci interessa soltanto evidenziare come l’assenza di una regolamentazione delle attività di lobbying contribuisca a rendere difficile l’identificazione delle intermediazioni di interessi che integrano il reato di traffico di influenze illecite.

In caso di mediazione gratuita è abbastanza chiaro quale sia la condotta punibile: l’intermediario si fa pagare per corrompere un agente pubblico. In caso di mediazione onerosa, invece, il criterio per selezionare il comportamento penalmente rilevante “è costituito dalla sola qualificazione della mediazione come ‘illecita’, un aggettivo quest’ultimo certamente inidoneo ex se allo scopo, se non accompagnato da specifici parametri normativi che consentano di discernere fra le varie possibili forme di intermediazione con i pubblici poteri[11].

La Corte di Cassazione, in due recenti sentenze[12], ha optato per una lettura restrittiva dell’aggettivo illecito,chiarendo che “in assenza di una regolamentazione legale dell’attività dei gruppi di pressione, la illiceità della mediazione […] non può che trarsi dallo scopo dell’influenza, che deve consistere nella commissione di un illecito penale idoneo a produrre vantaggi al committente[13].

Entrambe le sentenze fanno riferimento a presunte vicende di corruzione che hanno ottenuto una grande risonanza mediatica[14] ed evidenziano lo stretto collegamento esistente tra il reato di traffico di influenze illecite e i fenomeni corruttivi. L’art. 346-bis Cod. pen. è stato infatti introdotto dalla Legge n. 190/2012 con l’obiettivo di “tutelare, in via anticipata, l’imparzialità della PA da eventuali interferenze esterne o dalla realizzazione di forme di reato più gravi, come la corruzione[15]. Ma siamo davvero sicuri che il codice penale possa essere uno strumento efficace di prevenzione della corruzione?

In realtà, se anche l’Italia riuscisse ad approvare una legge sulle lobby e, al contempo, a tipizzare le intermediazioni di interessi che generano un rischio di corruzione, questo non basterebbe a prevenire gran parte dei fenomeni che mettono a rischio l’integrità del settore pubblico. Questo perché il mondo dell’intermediazione di interessi non è fatto di buoni e cattivi, di faccendieriche corrompono dirigenti o funzionari e di lobbisti che dialogano onestamente con la politica, senza generare alcun pericolo: esiste una vasta terra di mezzo, in cui la promozione degli interessi privati disabilita il decisore pubblico, in cui la funzione pubblica non è venduta o comprata, ma semplicemente svuotata del suo senso e delle sue responsabilità. Chiameremo sequestro della funzione pubblica questa area grigia, in cui le persone, specialmente gli esperti e i professionisti, adottano comportamenti che non potranno mai essere sanzionati sul piano penale, ma che minacciano ugualmente l’imparzialità dei processi e l’integrità del sistema pubblico.

La vera storia di Mago Merlino

Siamo certi che i nostri arguti lettori conoscono bene la differenza tra un trafficante e un sequestratore; ma per fugare ogni dubbio, abbiamo deciso di scrivere un’epica storiella.

Quattrocento anni dopo la nascita di Nostro Signore, gli eserciti di Roma se ne andarono dalla Britannia. I Pitti e gli Scoti, che vivevano a nord dell’isola, oltre i confini dell’impero, cominciarono allora ad attaccare le città e i villaggi rimasti senza difesa. E Vortigern, re di Britannia chiamò a sé altri popoli stranieri, i Sassoni e gli Juti, per difendere il regno, dando inizio a un tempo di tumulti e divisioni.

In mezzo a queste turbolenze, si stagliava la figura di un grande druido, Merlino, custode di segreti antichi e maestro delle arti magiche. Quando il re Vortigern elevò le mura del suo castello su un’altura rocciosa, Merlino scrutò nei fili del destino e rivelò al re la terribile verità: le torri sarebbero crollate a causa di un conflitto millenario. Sotto quelle fondamenta dimoravano infatti due draghi, spiriti ancestrali, il cui eterno duello scuoteva la terra stessa. In seguito, durante il regno di Uther Pendragon, Merlino intrecciò la passione con l’inganno. Il re, affascinato dalla bellezza di Igraine, moglie del Duca di Cornovaglia, bruciava di desiderio per lei, ma la sacra barriera del matrimonio contrastava il suo ardore. Fu allora che Merlino concepì una soluzione ardita: sfruttando l’arte dell’illusione, tramutò le sembianze di Uther in quelle del Duca di Cornovaglia, permettendo così al re di avvicinarsi e conquistare Igraine. Il figlio nato da questo tradimento fu chiamato Artù e venne affidato a Merlino.

Il giovane Artù crebbe all’ombra della saggezza del druido che gli insegnò i precetti della cavalleria, l’onore della parola e la giustizia nel cuore. Con sapienza e pazienza, Merlino forgiava il destino di Artù, preparando per lui un futuro scintillante e una spada confitta dentro una roccia, che lo condusse al Trono di Britannia.

Artù iniziò così a regnare sotto la guida Merlino, ma l’influenza del mago si estese ben oltre il mero consiglio: con abilità sottile e magia arcana, Merlino tenne in mano le redini del potere, ascoltando i sussurri dei baroni e interpretando i desideri del popolo. Creò la leggendaria tavola rotonda, simbolo di uguaglianza, e affiancò a re Artù dodici prodi cavalieri, cooptati tra i membri della nobiltà britannica. Così, il re non decideva mai da solo e Merlino era il vero sovrano della Britannia.

Ma un giorno infelice re Artù e i cavalieri della tavola rotonda divennero statue di pietra. Merlino riversò tutta la sua sapienza e potenza nell’ardua impresa di sciogliere l’incantesimo che lui stesso aveva evocato, ma ogni tentativo si infranse contro un muro di magia invalicabile.

La Britannia, senza il suo sovrano, rischiava di precipitare nell’anarchia e nel caos. Allora il grande druido nascose i corpi pietrificati in una fossa profonda, vicino al sacro santuario di Stonehenge e mentì ai Britanni: disse ai baroni che Re Artù, insieme ai suoi cavalieri, era partito per una lunga guerra.

Mentre il popolo viveva nella speranza di un ritorno glorioso di Re, Merlino tesseva un manto di menzogne e di disperazione. Diffondeva racconti avventurosi, narrando di imprese epiche in terre remote e in battaglie lontane: Artù era in Irlanda a fronteggiare antiche minacce; il re era in Islanda e in Norvegia, portando la giustizia e la gloria dei Britanni oltre i confini; ormai aveva conquistato tutta la Gallia!

Ormai esperto nell’arte dell’inganno, Merlino scelse poi il momento migliore per far scomparire, uno dopo l’altro, i migliori cavalieri della Tavola Rotonda. Tristano, la cui storia d’amore con Isotta era nota a molti, fu raccontato morto per il fuoco dell’amore. Galahad e Percival, in cerca del Santo Graal, scomparvero nel velo del mistero. Lancillotto, tormentato dal suo amore proibito con la regina Ginevra, fu dipinto come un eremita, che viveva in penitenza in un lontano monastero.

Queste oscure menzogne accesero l’ira di Ginevra, cui Merlino aveva inflitto un tormento con le sue storie ingannevoli. La rabbia della regina si trasformò in una spietata alleanza con Mordred, nipote di Artù, che aspirava ad usurpare il trono di Britannia.

Mentre il regno si divideva tra fedeltà e tradimento, tra coloro che difendevano il vero sovrano e coloro che ambivano al potere, la guerra dilaniò la Britannia. I baroni fedeli a Re Artù marciarono contro Mordred e il suo esercito, affrontandoli nella cruenta Battaglia di Camlann. In quel momento drammatico Merlino, con un incantesimo che sfidava la stessa essenza della magia, assunse le sembianze di Artù. Nella furia della battaglia, il grande mago affrontò Mordred e con un colpo di lancia pose fine ai suoi giorni. Poi ritornò se stesso e con la voce affrante annunciò ai Britanni la scomparsa di Artù, la sua morte gloriosa in battaglia. La spada del re, raccontò Merlino, era stata gettata in un lago e il suo corpo nascosto sulla lontana isola di Avalon, dentro una tomba con questa iscrizione:

“HIC IACET ARTHURUS REX QUONDAM REXQUE FUTURUS”

Qui termina la vera storia di Merlino il Bugiardo, scritta da Maximus e Andreas, chierici dell’abbazia di Wolters Kluwer. Tutto il resto è leggenda…

Lobbisti ed esperti, corruzioni e sequestri: analogie e differenze

I fenomeni di sequestro sono fortemente correlati al revolving door e all’esistenza di asimmetrie informative tra pubblico e privato. Le asimmetrie informative sono un elemento costitutivo anche della corruzione, ma sequestro e corruzione si differenziano, perché nella corruzione c’è un asservimento del potere pubblico, che viene esercitato per favorire un soggetto privato; nel sequestro, invece, il soggetto privato prende il posto dell’Agente pubblico, agisce in sua vece per promuovere i propri interessi.

La storia di Merlino ci parla di un tempo lontano, in cui mito e realtà si confondono. Nelle semplici vicende del regno di Britannia è difficile intravedere le dinamiche complesse che minacciano l’integrità dei moderni sistemi democratici. Tuttavia, alcuni indizi possono metterci sulla strada giusta, per comprendere i fenomeni di sequestro.

Merlino conosce le arti magiche, trova draghi sotto i castelli e diventa consigliere di re Artù: se vivesse oggi, diremmo che è un esperto. La pubblica Amministrazione italiana è sempre alla ricerca di esperti, perché, a quanto sembra, politici, amministratori, dirigenti e dipendenti pubblici non hanno competenze adeguate a gestire determinati processi. Il fabbisogno di esperti aumenta esponenzialmente quando intervengono riforme, emergenze o quando bisogna spendere ingenti quantità di risorse pubbliche: l’Italia introduce il Reddito di cittadinanza? Allora servono i navigator per le politiche attive del lavoro! Le regioni devono attuare i POR FESR? Allora servono le assistenze tecniche! Scoppia la pandemia? Ecco i virologi e i tecnici da cooptare nelle task force ministeriali e regionali! Arrivano i soldi del PNRR? Arriva anche il bando per i mille esperti che dovranno supportare le Amministrazioni locali!

L’expertise[16] è ormai un passe-partout che spalanca le porte del settore pubblico a imprenditori, tecnici e professionisti operanti nel settore privato. Nella maggior parte dei casi, gli esperti danno un contributo rilevante al miglioramento delle politiche pubbliche, un po’ in tutti gli ambiti; tuttavia, questo passaggio di competenze dal privato al pubblico è una delle manifestazioni del revolving door[17], che innesca fenomeni di sequestro probabilmente in misura maggiore della semplice attività di intermediazione di interessi[18].

A un certo punto della storia, Merlino pietrifica inavvertitamente Re Artù e i suoi cavalieri. non è chiaro come questo sia accaduto (le cronache medievali sono spesso imprecise), ma questo evento critico e irreversibile innesca una seconda dinamica, propria dei sequestri nel settore pubblico: Merlino decide di tenere i Britanni in una situazione di asimmetria informativa rispetto alla sorte del loro sovrano, narrando imprese inesistenti, e poi si sostituisce ad Artù nella Battaglia di Camlann. Le asimmetrie informative sono un elemento costitutivo di tutti i fenomeni che mettono a rischio l’integrità e, in particolare, le asimmetrie primarie, secondarie, inverse e generalizzate[19], se non adeguatamente gestite, possono sfociare sia nello scambio corruttivo, che nel sequestro della funzione pubblica. I due fenomeni hanno, in un certo senso, la medesima origine, e si possono in parte sovrapporre, ma sono caratterizzati da dinamiche differenti: nella corruzione c’è un asservimento e il potere pubblico è esercitato per favorire un soggetto privato; nel sequestro, invece, c’è un annullamento e il soggetto privato prende il posto dell’Agente pubblico, agisce al suo posto per promuovere i propri interessi.

State Capture … all’amatriciana

Sequestro e corruzione sistemica vanno a braccetto nello State Capture, che può manifestarsi in diversi modi: nelle ex repubbliche sovietiche, lo Stato è controllato dagli oligarchi; in Italia, invece, da balneari, trattori, taxisti e altri gruppi di potere che tramano nell’ombra dei circoli tennistici, dei centri benessere, dei locali notturni o degli autogrill.

Nel 1998 Joel Hellman pubblicò un articolo intitolato “Winners Take All: The Politics of Partial Reform in Postcommunist Transitions[20], presentando il caso di alcuni paesi dell’Europa orientale e dell’Asia centrale, come Russia, Ucraina, Kazakistan e Uzbekistan, i cui sistemi politici garantivano grandi guadagni privati a gruppi ristretti di persone, i c.d. oligarchi, ma a un costo sociale considerevole. Hellman coniò il termine State Capture per descrivere questa particolare forma di sequestro delle istituzioni statali, da parte di singoli individui o gruppi di potere, che cercano di influenzare le politiche e le leggi a proprio favore. Il termine inglese “capture” coglie bene l’essenza del fenomeno. È una parola che deriva dal verbo latino “capĕre”, che non significa solo “prendere”, ma anche, “espugnare” e “imprigionare[21]. In uno Stato sotto sequestro i privati si comportano come soldati che varcano le mura di una città sotto assedio: le loro ingerenze non sono finalizzate a migliorare la qualità delle politiche pubbliche, ma ad accrescere il proprio bottino di guerra.

L’Italia non è di certo uno Stato caucasico, ma non siamo esenti da fenomeni di cattura delle istituzioni da parte di interessi particolari, sia illeciti che leciti. Per quanto riguarda i primi, un esempio eclatante è la (presunta) trattativa Stato-mafia che ha attraversato i periodi più bui della nostra democrazia. Istituzioni repubblicane sequestrate dal ricatto delle cosche mafiose, almeno così sembrava fino alla sentenza definitiva della Cassazione che ha assolto tutti gli esponenti politici.

Più nell’ombra, la prostrazione dei decisori pubblici nazionali e locali di fronte ad interessi spesso leciti ma assai ingombranti, ha dato vita a forme di cattura a volte grottesche, tanto da farci coniare la locuzione “State capture all’amatriciana”, anche perché spesso gli eventi che sono balzati agli onori della cronaca si sono svolti (e continuano a svolgersi) nella Capitale. In quale altra maniera si potrebbe mai spiegare, se non con il sequestro e la sostituzione del decisore pubblico, la vicenda delle concessioni balneari che vede governi di tutti i colori politici uniti nell’incapacità di dare attuazione finalmente alla Direttiva Bolkestein e mettere a gara le concessioni?

Ma l’aspetto più inquietante è la cosiddetta “proliferazione di centri decisionali informali”. Nonostante la terminologia un po’ nerd che abbiamo usato per dare un tocco di autorevolezza alla nostra scoperta, è un fenomeno che tutti possono osservare se prestano un minimo di attenzione alle dinamiche di potere nel nostro Paese. Come è noto, l’Italia è un Paese che vive in un perenne stato di emergenza dove gli eventi critici che minacciano il raggiungimento dei risultati sperati redistribuiscono, in qualche modo, le carte decisionali. Queste dinamiche abilitano la creazione o la proliferazione di centri decisionali e informativi paralleli informali volti alla risoluzione di problematiche contingenti (esempi di dinamiche simili le troviamo nella fase di attuazione del PNRR). In assenza di presidi di trasparenza e integrità c’è il rischio che la selezione degli interessi da coinvolgere venga operata sulla base di criteri relazionali o opportunistici, che vengano scambiate informazioni riservate da parte dei decisori pubblici, oppure che vengano fornite informazioni tali da garantire un vantaggio ad interessi particolari. I centri decisionali formali divengono delle “scatole vuote” in cui si celebrano decisioni prese altrove.

L’Italia, è noto, è il Paese della massoneria dei club esclusivi, dei centri benessere dove sapienti mani orientavano l’assegnazione dei “grandi eventi” alla cricca romana degli appalti. Questa apoteosi dell’altrove, sia esso un circolo tennistico, un elegante locale notturno o un autogrill è la vera cifra di un potere sequestrato, ridicolizzato, canzonato. Con evidenti ricadute sulla collettività. Già nel 2013 la giornalista Ylenia Sina scriveva: “Roma è la città dei costruttori, il comune che ospita il Vaticano, la capitale della politica e dell’informazione. Roma è il centro nevralgico degli interessi, convergenti ma anche divergenti. Sullo sfondo le Amministrazioni spesso appiattite sui voleri dei ‘Padroni’ della città. Un ritratto sconcertante di come la politica non comanda ma asseconda”.

Ma lo State Capture è soltanto la punta di un iceberg, la forma più evidente di sequestro della funzione pubblica, e viene di solito catalogato tra i fenomeni di corruzione sistemica. Esistono tuttavia anche altre forme di sequestro, meno evidenti, ma altrettanto nocivi per l’integrità.

Il sequestro dei decisori e dei processi organizzativi

Il ricorso a società di consulenza o singoli professionisti può generare il rischio di sequestro dei decisori e dei processi organizzativi, soprattutto nell’ambito degli appalti. In ambito sanitario, però, anche soggetti interni alle organizzazioni (in particolare i professionisti sanitari) possono sequestrare gli affidamenti e le attività di ricerca. Il sequestro dei decisori e dei processi ha un impatto più circoscritto sul sistema pubblico, ma è anche più frequente dentro le Amministrazioni.

Negli anni della pandemia, tra il marzo del 2020 e il febbraio del 2021, il ministero francese della Salute ha firmato 28 contratti, per un totale di 11 milioni di euro, con sei società di consulenza, che hanno svolto un ruolo centrale nella gestione della campagna vaccinale e nelle decisioni assunte dalla Francia per gestire l’emergenza Covid[22]. Lo stesso processo di esternalizzazione dei processi decisionali si è verificato nel Regno Unito, negli USA, in Canada, in Spagna e in Italia; e la stessa Unione Europea, tra il 2017 e il 2021, si è affidata a società di consulenza per la gestione della ripresa post pandemia, per i progetti sull’allargamento dell’Unione e per la gestione dei migranti[23]. A destare preoccupazione non è tanto la qualità dei risultati prodotti dal ricorso a consulenti esterni, ma il ruolo giocato dai consulenti, che non si limitano più a fornire expertise (competenze qualificate, analisi e modelli di gestione), ma influenzano in modo rilevante le decisioni delle istituzioni pubbliche.

Il coinvolgimento di aziende o consulenti operanti nel settore privato nelle decisioni pubbliche è un esempio eclatante revolving door e può determinare un sequestro dei decisori che non ha bisogno di ricorrere a strategie di tipo corruttivo, ma che si realizza nel pieno rispetto della normativa sugli appalti e sui di contratti di consulenza e, apparentemente, anche nell’interesse della collettività. Tuttavia, i rischi associati a questa tipologia di sequestro sono stati identificati in modo inequivocabile dalla Corte dei conti Europea in una relazione del 2022 sulla gestione dei consulenti esterni da parte della Commissione Europea[24]: “la Commissione non gestisce il ricorso a consulenti esterni in modo da assicurare pienamente un rapporto costi-benefici ottimale. […] Se per gli studi e le valutazioni esiste una chiara definizione delle forme di sostegno che i consulenti esterni possono fornire nonché del possibile livello di esternalizzazione dei compiti, ciò non vale per altri servizi forniti dagli stessi. Il ricorso a consulenti ha inoltre comportato potenziali rischi di eccessiva dipendenza, di vantaggio competitivo, di concentrazione dei prestatori e di conflitti di interesse. La Commissione non monitora, gestisce o mitiga a sufficienza tali rischi a livello di istituzione”.

Il sequestro non interessa solo le decisioni strategiche del sistema pubblico, ma anche i momenti decisionali disseminati nella gestione dei singoli processi organizzativi. Chiameremo sequestro dei processi questo secondo fenomeno, che ha un impatto più circoscritto ma è anche più frequente dentro le Amministrazioni.

Negli appalti pubblici, ad esempio, l’affidamento di incarichi a professionisti esterni, nelle fasi di programmazione, progettazione ed esecuzione, può determinare situazioni di conflitto di interessi molto pericolose, in quanto tali soggetti potrebbero (prima, durante o dopo il loro incarico) intrattenere rapporti professionali con operatori economici interessati a sequestrare la procedura d’appalto,orientando a proprio vantaggio i contenuti dei capitolati di gara, oppure i controlli in fase di esecuzione. Il sequestro può essere evitato, almeno in parte, adottando alcune misure previste dal nuovo codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 36/2023):

– ai sensi dell’art. 95, comma 1, lett. c), qualora il coinvolgimento di un operatore economico nella preparazione di una procedura d’appalto determini una accertata distorsione della concorrenza, che non possa essere risolta con misure meno intrusive, le stazioni appaltanti possono escludere l’operatore economico dalla partecipazione alla procedura di gara[25];

– ai sensi dell’art. 114, comma 6, le Pubbliche Amministrazioni devono affidare, in via preliminare e ordinaria, l’attività di direzione dei lavori ai propri dipendenti, oppure a dipendenti delle centrali di committenza o di altre Amministrazioni;

– ai sensi dell’art. 116, comma 4, nelle attività di collaudo il ricorso a professionisti esterni è limitato ai casi di accertata carenza nell’organico della stazione appaltante, oppure di altre Amministrazioni pubbliche, o nei casi di particolare complessità tecnica, la stazione appaltante affida l’incarico con le modalità previste dal codice.

Tuttavia, le dinamiche di sequestro dei processi non sono innescate unicamente da soggetti esterni al sistema pubblico. In sanità, l’acquisto di farmaci e di dispositivi medici o diagnostici non può avvenire senza il coinvolgimento dei professionisti sanitari che, in molti casi, hanno rapporti professionali con le aziende produttrici, oppure aderiscono a società scientifiche finanziate da tali operatori economici. I medesimi professionisti sanitari, proprio in virtù delle proprie relazioni extra istituzionali, sono anche in grado di attrarre finanziamenti e sponsorizzazioni da parte degli operatori privati, con il conseguente rischio di sequestro anche delle attività di ricerca e sperimentazione.

Negli Enti locali, invece, non è infrequente che l’erogazione dei contributi sia influenzata dalla volontà degli amministratori locali di premiare realtà associative che li hanno votati: come dobbiamo valutare questo fenomeno? È legittimo esercizio del potere di indirizzo? È voto di scambio? È corruzione? Forse, aggiungere “sequestro di un processo”alle possibili risposte può aiutare a comprendere meglio questa interferenza.

Il sequestro delle informazioni e delle relazioni

Si determina un sequestro informativo quando un soggetto privato controlla e gestisce le informazioni generate o detenute da una pubblica Amministrazione e può, di conseguenza, utilizzare tali informazioni a proprio vantaggio, oppure per orientare le decisioni pubbliche. Nel sequestro relazionale, invece, un soggetto privato strumentalizza le relazioni di un funzionario pubblico, oppure le relazioni con un’organizzazione pubblica. Il sequestro relazionale è strettamente correlato al conflitto di interessi.

Ebbi una fortuna inaspettata, trovai un tesoro sepolto, non in terra ma nell’aria, e lo raccolsi al volo”. Questa singolare affermazione di Cosimo Piovasco di Rondò, il Barone Rampanteprotagonista dell’omonimo romanzo di Italo Calvino, è in realtà un ottimo punto di partenza per descrivere un’ulteriore dimensione dei fenomeni di sequestro, che per le sue caratteristiche potrebbe invece passare inosservata.

Il sistema pubblico è fatto di istituzioni, cioè di organizzazioni dentro le quali persone in carne ed ossa intervengono nei processi e prendono delle decisioni, ma non solo: il sistema pubblico è anche un enorme contenitore di informazione e, inoltre, è intessuto di relazioni[26]. Metaforicamente, possiamo immaginare il sistema pubblico come un organismo che si muove in un ambiente fatto di relazioni, e le informazioni come l’aria che consente a questo organismo di vivere: per svolgere attività, erogare servizi e prendere decisioni, gli uffici pubblici devono ricevere, elaborare, trasmettere ed archiviare informazioni. Non si tratta di un ecosistema chiuso, perché i soggetti privati entrano continuamente in relazione con il sistema pubblico in quanto destinatari di procedimenti, oppure vengono trascinati dentro il sistema pubblico attraverso qualche porta girevole:si formano così dei punti di contatto che abilitano fenomeni di sequestro informativo o relazionale.

Il sequestro informativo è qualcosa di più di un data breach, perché può coinvolgere informazioni diverse dai dati personali, ad esempio informazioni relative alla programmazione, all’avvio o all’esito dei procedimenti; e inoltre perché oggetto del sequestro non sono tanto le singole informazioni, ma la loro modalità di gestione. Ai nostri acuti lettori basteranno un paio di esempi, tratti dalla nostra personale esperienza, per comprendere l’essenza di questo fenomeno.

Gli RPCT di alcune ASL ci hanno raccontato di operatori economici che si offrono di analizzare ed elaborare i dati dei pazienti raccolti attraverso i servizi di Telemedicina, mettendo poi i risultati a disposizione delle aziende sanitarie stesse. Tali proposte vengono valutate con attenzione, per garantire che i dati dei pazienti siano gestiti in conformità alla normativa sulla privacy e che i risultati dell’analisi siano di esclusiva proprietà dell’azienda sanitaria pubblica, evitando, quindi, che l’operatore economico possa utilizzarli in altro modo. Raramente, invece, si considera il rischio di sequestro informativo, il rischio, cioè, che operatori economici privati monopolizzino, direttamente o indirettamente (magari attraverso società scientifiche, fondazioni o altri enti non profit) l’attività di analisi o elaborazione di dati sanitari, generati e detenuti dal sistema pubblico, che il sistema pubblico potrebbe (o dovrebbe) gestire in piena autonomia nell’interesse della collettività.

Gli operatori economici, ovviamente, non sono dei criminali, ma perseguono i propri interessi senza preoccuparsi dell’integrità del sistema pubblico. Una volta siamo stati invitati a partecipare, come esperti del settore, ad una cabina di regia incaricata di analizzare i fabbisogni e redigere una proposta di piano di formazione a beneficio di tutte le Pubbliche Amministrazioni e degli enti di un sistema regionale. All’inizio abbiamo fatto i salti di gioia: potevamo conoscere, in anteprima mondiale, i bisogni formativi di alcuni nostri potenziali clienti! Anzi di più: potevamo orientare la cabina di regia ad elaborare un piano di formazione fatto a nostra immagine e somiglianza! Poi però abbiamo pensato che accettando di entrare in una porta girevole, mettendo in atto un sequestro informativo e orientando, indirettamente, la domanda di formazione, avremmo perso qualunque credibilità. E così, per non tirarci sui piedi la proverbiale zappa, abbiamo deciso di non partecipare alla cabina di regia. Altri, al posto nostro, avrebbero fatto lo stesso?

Il sequestro relazionale invece, è un fenomeno che pregiudica l’indipendenza del decisore pubblico e che si associa, non di rado, al conflitto di interessi. Nel 2022 un padre e un figlio vengono indagati per avere favorito alcune aziende. Il padre era direttore dei servizi veterinari di una ASL, il figlio, invece, era un libero professionista che prestava i propri servizi a macelli e stabilimenti lattiero-caseari soggetti al controllo della ASL. Secondo gli inquirenti, il padre, informato dal figlio delle irregolarità rilevate nelle aziende per le quali era consulente, avrebbe assicurato copertura ai privati, omettendo di emettere i relativi provvedimenti. Le indagini sono ancora in corso e le condotte di padre e figlio potrebbero non essere mai sanzionate penalmente; tuttavia, è abbastanza chiaro che un conflitto di interessi c’era, e anche molto pesante, che non è stato né dichiarato né in alcun modo gestito. Ma chi ha strumentalizzato la relazione tra un padre e un figlio? Il padre potrebbe essersi speso presso qualche azienda del territorio, per favorire l’attività del figlio; oppure il figlio potrebbe aver utilizzato il ruolo del padre come una sorta di biglietto da visita, per accaparrarsi delle consulenze. In entrambi i casi, le aziende hanno approfittato della situazione, per addomesticare i controlli e determinare una paralisi della funzione pubblica: il conflitto di interessi è sfociato in sequestro relazionale da parte degli operatori economici.

Altre volte avviene il contrario: un sequestro relazionale determina una situazione di conflitto di interessi. Il sequestro, in questo caso, coinvolge relazioni di tipo finanziario, e si origina quando un soggetto privato, che sponsorizza o sovvenziona, in modo diretto o indiretto, una Pubblica Amministrazione, è anche un destinatario (attuale o potenziale) di tale Amministrazione. Di seguito alcuni esempi di questo fenomeno:

Sequestro diretto: sponsorizzazioni tecniche[27] a favore di Amministrazioni comunali da parte di aziende che hanno contratti in essere con tali Amministrazioni;

Sequestro indiretto: partiti politici di maggioranza che ricevono finanziamenti da operatori economici che potrebbero essere beneficiari delle decisioni assunte dal Governo;

Sequestro indiretto: aziende farmaceutiche che finanziano associazioni mediche e di pazienti.

In tutti e tre i casi, il soggetto privato promuove gli interessi dell’organizzazione pubblica o di un altro soggetto che può influenzare o collaborare con tale Amministrazione. L’obiettivo è innescare una dinamica di credito relazionale[28] che vincola il decisore pubblico e minaccia la sua indipendenza.

Chi fermerà i sequestratori?

Il nostro Paese deve ancora iniziare a pensare seriamente a strategie di prevenzione dei fenomeni di sequestro. Forse questo ritardo è anche dovuto al fatto che, in un clima di sfiducia nei confronti della politica e delle istituzioni, ad alcuni può sembrare quasi auspicabile che soggetti privati sequestrino la funzione pubblica. Ci auguriamo che questo articolo possa invece contribuire ad accendere un dibattito, ad avviare una riflessione sui rischi associati alle ingerenze dei privati ai vari livelli del sistema pubblico e a promuovere iniziative a tutela dell’integrità.

L’Italia, come molti altri Paesi, ha costruito la propria strategia di prevenzione avendo come obiettivo la prevenzione della corruzione amministrativa. La Legge n. 190/2012 ha rappresentato un rilevante passo in avanti per il nostro Paese, ma il nostro modello è ancora al di sotto degli standard internazionali. Importanti iniziative di Open Government di organismi internazionali e delle istituzioni europee, che potrebbero aiutare a prevenire i fenomeni di sequestro, non sono state recepite in Italia o sono state recepite con significativi limiti e difficoltà. A mero livello esemplificativo, ricordiamo che:

  • non abbiamo ancora una legge di regolamentazione delle attività di lobbying;
  • esistono pratiche sperimentali di apertura delle agende dei decisori a livello ministeriale, ma non si può dire che esista un atteggiamento consolidato delle nostre istituzioni a rendere trasparenti le relazioni con i portatori di interessi;
  • tardano ad essere attuate le raccomandazioni del GRECO relativamente al Quarto Rapporto sulla prevenzione della corruzione di parlamentari, giudici e pubblici ministeri;
  • l’attuale regolamentazione del conflitto di interessi della politica è inadeguata;
  • manca una regolamentazione del fenomeno delle Porte Girevoli (Revolving Door).

Oltre a questo, occorre ricordare il difficile tracciamento del denaro nella politica: in cui le decisioni in merito all’allocazione delle risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) diventano così centrali nel dibattito pubblico, non abbiamo strumenti che ci consentano di operare una vigilanza diffusa su possibili interferenze da parte di interessi particolari e sul livello di integrità dei processi decisionali.

Se al livello delle Amministrazioni territoriali e del sistema sanitario si può ancora agire, anche se marginalmente, attraverso una oculata e consapevole gestione dei conflitti di interessi e delle incompatibilità, a livello nazionale, sia politico che amministrativo, non abbiamo invece strumenti, né di tipo sanzionatorio, né di tipo preventivo, in grado di gestire situazioni di sequestro. Non abbiamo nemmeno ciò che servirebbe avere ancora prima di adottare degli strumenti normativi o delle misure di mitigazione dei rischi: manca una reale cultura dell’integrità. Una recente indagine giornalistica condotta dal quotidiano “la Repubblica” evidenzia come siano almeno cento i parlamentari che possono liberamente promuovere i propri interessi privati nei centri decisionali strategici[29]. La reazione a questo evidente paradosso della democrazia non lascia ben sperare: nessuna promessa di provvedimenti né per la trasparenza di tali situazioni, né per la gestione. Del resto, si rischierebbe uno svuotamento delle Camere ed un azzeramento dei vertici di molte Amministrazioni.

Il dibattito sull’integrità del PNRR è tutto spostato a valle delle decisioni assunte, cioè sulla trasparenza della spesa e della performance del programma. Ma come sono state prese le decisioni a monte? Quali interessi sono stati inclusi e quali esclusi dai processi decisionali che hanno disegnato il programma e le regole di gestione? A parte qualche rara eccezione, anche la società civile non sembra cogliere appieno dove sta realmente il problema.

Nei Piani triennali di prevenzione della corruzione dei Ministeri non abbiamo mai letto di rischi di sequestro legati al revolving door o all’uso delle informazioni riservate. In pochissimi casi vengono adottate misure di trasparenza delle relazioni tra gruppi di interessi e decisori pubblici (solo il Ministero dello Sviluppo Economico pubblica le Agende degli Organi di vertice politico e amministrativo).

Quando in un paese si diffonde l’idea che la pubblica Amministrazione è inefficiente e i politici sono degli incapaci, il sequestro non è più percepito come un rischio, bensì come un’opportunità: se il decisore pubblico non sa decidere, allora è quasi auspicabile che qualcuno sequestri la sua funzione e decida al posto suo. In fondo la democrazia è un grande esperimento sociale e, come nel caso degli studi di Ivan Pavlov sul comportamento animale, anche noi potremmo essere fuorviati dal bias del controllo: chi è davvero al comando?


[1] Nel febbraio 2003 il cartoonist californiano Mark Stivers pubblica una arguta vignetta dal titolo “Pavlov’s dogs” in cui un cane afferma proprio: “Watch what I can make Pavlov do. As soon as I drool, he’ll smile and write in his little book”. È rapidamente diventata un meme su internet.

[2] Governo: appello lobbisti a Meloni, ‘non siamo maneggioni, per settore legge non punitiva’, Adnkronos, 9 gennaio 2024.

[3] L. Santamaria – G. Baer, Il paradosso del lobbying. È buona cosa difendere i polli regolando l’orario in cui le volpi possono accedere al pollaio?, in Diritto penale contemporaneo, n. 7/8, 2018.

[4] G. De Nozza, Il delitto di traffico di influenze illecite ed il confine con il lobbying, in Sistema penale, 22 settembre 2023.

[5] G. De Nozza, Il delitto di traffico di influenze illecite ed il confine con il lobbying, in Sistema penale, 22 settembre 2023: “Il legislatore nazionale non è ancora riuscito a varare una legge sui rappresentanti d’interessi, sebbene numerosi siano stati i disegni di legge in materia […]. Parte della dottrina ha ravvisato le cause di questo disegno incompiuto, da un lato nell’ostilità dell’opinione pubblica nei confronti delle lobbies perché ritenute organizzazioni che si muovono nel torbido, dall’altro nel fatto che il regolamentare i rappresentanti di interessi, conclamandone l’esistenza e la legittimità dell’agire, potrebbe finire per sminuire la centralità dei partiti politici, aggregati che, da sempre, in Italia, costituiscono il punto di riferimento anche degli interessi particolari, individuali e collettivi.”.

[6] R. Cantone – A. Milone, Le modifiche al traffico di influenze da parte del ddl Nordio; tutt’altro che mere precisazioni!, in Sistema penale, n. 1/2024.

[7] Membri delle Corti internazionali, membri degli organi delle Comunità europee, membri di assemblee parlamentari internazionali, membri di organizzazioni internazionali e funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri.

[8] Il reato di traffico di influenze illecite è stato introdotto dalla Legge n. 190/2012, per rispettare, anche se tardivamente, gli impegni assunti dall’Italia a seguito con adesione alla Convenzione di Strasburgo (1999) e alla Convenzione di Merida (2003).

[9] L’art. 346-bis Cod. pen. è stato modificato dalla Legge n. 3/2019 (c.d. Legge spazzacorrotti).

[10] Disegno di legge n. S. 808, firmato dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio e dal Ministro della Difesa Guido Crosetto, recante “Modifiche al Codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare”, approvato dal Consiglio dei ministri il 15 giugno 2023.

[11] R. Cantone – A. Milone, Le modifiche al traffico di influenze da parte del ddl Nordio; tutt’altro che mere precisazioni!, in Sistema penale, n. 1/2024.

[12] Sentenze Cass. pen., Sez. VI, 13 gennaio 2022, n. 1182; Cass. pen., Sez. VI, 9 novembre 2021, n. 40518.

[13] L. Roccatagliata, Traffico di influenze illecite: la Cassazione si pronuncia sulla illiceità della mediazione onerosa in assenza di una disciplina organica del lobbismo, in Giurisprudenza penale, 18 gennaio 2022.

[14] La sentenza del 2021 riguarda uno stralcio del processo “Mafia Capitale” ed è relativa ad un ex Sindaco di Roma; la sentenza del 2022, invece, ha coinvolto un ex Commissario straordinario per l’emergenza Covid.

[15] R. Cantone – A. Milone, Le modifiche al traffico di influenze da parte del ddl Nordio; tutt’altro che mere precisazioni!, in Sistema penale, n. 1/2024.

[16] L’orribile neologismo di derivazione francese in origine stava a significare: “Autenticazione di un’opera d’arte fatta da un esperto” (cfr.: Treccani). In seguito, il termine “expertise” passa ad indicare, “in generale”, un’indagine specifica di tipo tecnico, per valutazione e accertamenti, comunque basata su competenza e professionalità. Nel significato più recente s’intende altresì l’esperienza e il know-how, nell’esercizio di una professione (cfr.: Wikipedia).

[17] Con il termine inglese “revolving door” si identifica il passaggio di funzionari pubblici e politici dal settore pubblico a quello privato, ma anche l’ingresso nelle Pubbliche Amministrazioni di esperti e manager provenienti da aziende private. A prescindere dalla qualità dei soggetti che “transitano” per queste “porte girevoli”, il passaggio di relazioni e interessi e la connessione che si stabilisce tra settore pubblico e settore privato non sono privi di rischi, perché possono generare situazioni di conflitto di interessi e azzardi morali. Abbiamo analizzato e approfondito il fenomeno del revolving door nell’articolo Le “porte girevoli” uno stargate verso il conflitto di interessi, in Azienditalia, n. 6/2021.

[18] I confini tra Revolving door e attività di lobbying possono essere anche abbastanza sfumati: per esempio, tanto in Italia quanto all’Estero, non è inusuale che i politici, dopo la fine del proprio mandato, offrano le proprie relazioni e le proprie conoscenze e competenze ad organizzazioni private che promuovono attività di lobbying.

[19] Abbiamo descritto queste asimmetrie nell’articolo “Il filo di Arianna”, in Azienditalia, n. 8-9/2022. In estrema sintesi:

l’asimmetria primaria si determina quando il Principale pubblico (per esempio una Amministrazione) non ha tutte le informazioni necessarie per controllare l’operato dei propri agenti (dirigenti, funzionari, esperti, collaboratori);

l’asimmetria secondaria si determina quando gli Agenti (dirigenti, funzionari, esperti, collaboratori) hanno più informazioni dei destinatari della loro azione amministrativa;

l’asimmetria inversa si determina quando i destinatari dell’azione amministrativa (operatori economici, professionisti o lobbisti che rappresentano gli interessi di gruppi di destinatari) hanno più informazioni degli agenti);

l’asimmetria generalizzata si determina quando la collettività non può controllare l’operato delle Amministrazioni pubbliche cui ha delegato la promozione dei suoi interessi primari.

[20] J.S. Hellman, Winners Take All: The Politics of Partial Reform in Postcommunist Transitions, in World Politics, volume 50, n. 2, 1998.

[21] In italiano i diversi significati del verbo latino sono catturati in diverso modo dai vocaboli capire, catturare e cattività.

[22] M. Mazzucato – R. Collington, Il grande imbroglio: come le società di consulenza indeboliscono le imprese, infantilizzano i governi e distorcono l’economia, Ed. Laterza, 2023.

[23] R. Bagnato, Il virus delle consulenze, inchiesta della RSI (Radiotelevisione svizzera) disponibile on-line dal 19 giugno 2023 (https://www.rsi.ch/info/svizzera/Il-virus-delle-consulenze–1820553.html).

[24] Corte dei Conti Europea, Special Report 17/2022: Use of external consultant in the European Commission (https://www.eca.europa.eu/Lists/ECADocuments/SR22_17/SR_External_consultants_IT.pdf).

[25] Questa causa di esclusione era già prevista dall’art. art. 80, comma 5, lettera e) del previgente codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 50/2016). Nell’attuale codice, tuttavia, l’esclusione non è automatica, ma è soggetta a una valutazione da parte della stazione appaltante.

[26] Le persone che operano all’interno del sistema pubblico sono in relazione tra loro e, inoltre, sono in relazione con altri soggetti esterni all’Amministrazione. Anche i destinatari di una pubblica Amministrazione (utenti, fornitori, operatori economici soggetti ad autorizzazione o controlli, ecc.) sono inseriti in reti di relazioni. Tutte queste relazioni veicolano degli interessi che possono essere percepiti come più o meno intensi e possono influenzare le decisioni e i comportamenti. Il conflitto di interessi è uno degli esiti di questo influenzamento. Abbiamo approfondito queste tematiche (e analizzato le diverse tipologie di relazione) nell’articolo L’ambiguità delle relazioni sensibili. Alle origini del conflitto di interessi, in Azienditalia, n.11/2021.

[27] Nelle sponsorizzazioni “tecniche” lo sponsor privato si impegna a progettare e realizzare, in tutto o in parte, le prestazioni richieste dalla PA interamente a sua cura e a sue spese. Lo sponsor non conferisce alla PA un finanziamento in denaro tout court, ma si obbliga ad effettuare in favore della stessa determinate prestazioni, che possono consistere nell’esecuzione di lavori o nella fornitura di beni e servizi strumentali, ponendo le necessarie spese a proprio carico e curando direttamente le fasi di progettazione ed esecuzione.

[28] Abbiamo descritto le dinamiche di debito e credito relazionale (MUNUS e REMUNERATIO) nell’articolo L’ambiguità del dono – La vera storia dell’articolo 4 del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici,in Azienditalia, n. 4/2023.

[29] Cfr.: C. Colombo – A. Fraschilla, Cda, appalti, spiagge: i cento parlamentari in possibile conflitto d’interessi. Ecco i nomi, in La Repubblica, 29 gennaio 2024.