Il mondo dei cittadini NON NORMALI e quella telefonata ad un’amica d’infanzia

“Rifarei tutto. Telefonata alla De Micheli? Fare domande non è reato”.
Una condotta certamente irreprensibile. Chi di noi, per avere informazioni relative ad un procedimento in cui ha un interesse, non si rivolge al proprio ministro di riferimento? Il quale, o la quale, puntualmente, invece di apostrofarlo come avrebbe dovuto: “Stiamo affrontando la crisi più grave degli ultimi settanta anni e tu mi chiedi informazioni per il trasferimento di un giocatore di calcio? Eliminami dalla tua rubrica telefonica!”. Ecco invece di rispondere in questo modo, scomoda un capo di gabinetto del ministero dell’Interno, tale Bruno Frattasi il quale, invece di apostrofare la Ministra con “Stiamo affrontando la crisi più grave, ecc… ecc…” puntualmente lo indirizza al Dipartimento competente.
Il quotidiano sportivo Tuttosport, notoriamente vicino alla squadra bianconera giustifica la condotta di Paratici: “Non è esattamente il procedimento di un comune cittadino (che probabilmente googlerebbe la domanda), ma se sei il dirigente di un’importante squadra di calcio non sei un cittadino normale e questo credo lo sappiano tutti quelli che frequentano da dentro il mondo del pallone, vedendo quotidianamente come i protagonisti vengano idolatrati e riveriti”. Questa affermazione ci sembra davvero una perla. Andrebbe studiata approfonditamente nelle aule scolastiche. E su questa affermazione si dovrebbe concentrare il mondo dell’anticorruzione.
Quel “non sei un cittadino normale” spiega meglio di qualsiasi altra lezione quale forza abbiano gli interessi e come le relazioni vengano tossificate in nome e per conto degli interessi. La relazione interpersonale di “amicizia” che lega Paratici alla Ministra è profonda e viene da lontano: “un’amica d’infanzia (erano compagni di scuola e si sono sempre mantenuti in contatto negli anni)” (sempre da Tuttosport). Ma la corruzione è proprio questo, utilizzare relazioni della sfera privata come una sorta di grimaldello, per scardinare un sistema, quello pubblico, che si mostra, in questo caso, particolarmente malleabile. Il ruolo della Ministra è conciliante e questo la dice lunga sulla “cultura del ruolo” e delle responsabilità che i nostri governanti possiedono.
Paratici è un soggetto che, almeno al momento dei fatti, ha un interesse intenso nella vicenda che vede la sua squadra coinvolta in un acquisto che è condizionato ad un procedimento amministrativo. Un Agente pubblico (perché questo è un Ministro della Repubblica), così come un intero Ateneo hanno la responsabilità di non generare aspettative indebite nei destinatari di procedure amministrative. Sono dei mediatori di interessi: da una parte l’interesse di un mondo che è fatto “di cittadini NON normali”, dall’altra il mondo dei “cittadini normali”, cioè degli interessi primari, dell’imparzialità e della percezione di imparzialità, che, infatti, è definitivamente morta il giorno in cui tutti hanno potuto constatare che se sei un giocatore puoi ottenere facilmente ciò che se sei una persona NORMALE” ottieni attraverso anni di frustrazione ed impotenza.
La condotta di tutti gli Agenti coinvolti in questa vicenda non avrà forse nulla di penalmente rilevante, ma mostra la crisi profonda delle nostre istituzioni, fatte di uomini e donne che non hanno la benché minima percezione del “ruolo”, che sono in balìa degli interessi secondari senza mostrare alcuna ideale percezione degli interessi primari.
Il premio della giuria, però, permettetecelo, lo vorremmo assegnare al nostro ottimo Chief Football Officer della Juventus che è attualmente accusato di aver rilasciato false dichiarazioni ai magistrati e che afferma: “Rifarei tutto. Telefonata alla De Micheli? Fare domande non è reato”. Il nostro “cittadino non normale”, secondo l’articolista di Tuttostport, si è prodotto in una affermazione che chi studia i fenomeni corruttivi avrà saputo riconoscere immediatamente. Si tratta di un noto “meccanismo di neutralizzazione”.
I meccanismi di neutralizzazione sono forme del dialogo mentale. Si usano per giustificare la violazione di una norma o di una regola di condotta senza dover aggiornare il proprio “concetto-di-sè”. Cioè senza sentirsi “disonesti” di fronte a sé stessi e agli altri.
Ogni giorno osserviamo casi di cronaca, più o meno efferate vicende di corruzione o frodi, in un cui i protagonisti tentano di giustificare i propri e gli altrui comportamenti nel tentativo di uscirne puliti. In quelle parole a volte troviamo una sincerità quasi disarmante, a volte si sente lo stridio di unghie che si arrampicano pericolosamente su specchi scoscesi.
Ebbene, il meccanismo utilizzato da Paratici è “negare la norma”. In questo caso i fatti non vengono distorti, ma viene negato che a quel fatto sia applicabile una certa norma: “Non è certo un reato!”
In fondo la prevenzione della corruzione non sarebbe niente di così complicato. E non avrebbe a che fare con la gran parte delle scartoffie che le organizzazioni (pubbliche e private) sono obbligate a produrre.
E mi raccomando. Se avete un’amica Ministra, lasciatela lavorare in pace, che ha altro da fare in questo periodo.