IL “TU-SAI-CHI” DELLA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE. Il ruolo dell’interferenza della politica e della dirigenza pubblica nella genesi del rischio di corruzione
Questo articolo è apparso sulla Rivista Azienditalia Enti Locali, Mensile per gli enti locali e le loro aziende, nel 2023, nell’ambito della rubrica mensile: lo Spazio Etico, Idee, competenze e strumenti per l’integrità. Mese dopo mese, abbiamo trattato esaustivamente il tema delle competenze per l’integrità e abbiamo visto in che modo integrità e risultato si sommano, per produrre valore pubblico. In seguito, abbiamo trattato alcuni temi di attualità: l’abolizione del reato di abuso d’ufficio, la nuova normativa sull’uso dei social e sulla tutela del whistleblowing e l’aggiornamento dei Codici di comportamento. In questo articolo parleremo delle interferenze della politica e della dirigenza pubblica nelle attività degli uffici della pubblica Amministrazione.
Colei che non deve essere nominata
La corruzione non fa distinzione tra uffici amministrativi e organi di indirizzo politico. Tuttavia, il legislatore italiano, anche dopo l’approvazione della L. n. 190/2012, ha deciso di intervenire esclusivamente sulla corruzione amministrativa, promuovendo sistemi di contrasto alla maladministration che non ha consentito di arginare le interferenze della politica nell’attività degli uffici della pubblica amministrazione. Si tratta, di fenomeni molto diffusi, ma di cui non si parla mai, creando una sorta di cono d’ombra dove la corruzione politica può mettere radici; può crescere indisturbata dentro organizzazioni pubbliche sature di adempimenti, procedure, regole, controlli e fari puntati esclusivamente sull’attività dei dipendenti pubblici. |
Nell’ultimo decennio, per guadagnarci da vivere (ma anche un po’ per passione), abbiamo erogato corsi di formazione a beneficio di diverse tipologie di dipendenti pubblici e sui più svariati argomenti. In certi casi, le richieste delle amministrazioni sono state assai fantasiose: per esempio, abbiamo parlato di etica pubblica agli operai del comune, di anticorruzione alle educatrici degli asili nido, di conflitto di interessi ad infermieri professionali e OSS. Ma non è mai accaduto che una pubblica amministrazione ci chiedesse di parlare dei rischi per l’integrità derivanti dalle interferenzee dalle pressioni interne che i dirigenti e gli organi di indirizzo esercitano ai danni dei dipendenti, finalizzate a modificare gli esiti o le modalità di gestione dei processi e dei procedimenti. Eppure, queste interferenze esistono e vengono quasi sempre alla luce durante i nostri corsi di formazione.
Nel segreto dell’aula, dove le persone, chissà perché, trovano il coraggio di squarciare il velo di ipocrisia che rende tollerabili pressioni intollerabili, abbiamo ascoltato di tutto: sindaci titolari di studi di architettura che richiedono titoli edilizi agli uffici del loro Comune; funzionari chiamati a valutare proposte di convenzione o progetti di ricerca sponsorizzati da illustri primari del loro stesso ospedale; cittadini che si presentano ai servizi sociali per chiedere un contributo, accompagnati da un politico; RUP minacciati da ex dirigenti al soldo di operatori economici interessati ad accaparrarsi appalti e concessioni pubbliche; amministratori di condominio che diventano assessori al bilancio e chiedono sconti sugli oneri di urbanizzazione, per favorire i propri clienti; veterinari spediti a fare controlli in aziende dove lavorano, come dipendenti o consulenti, i figli del loro dirigente.
Le interferenze della sfera professionale, messe in atto da politici e dirigenti pubblici ai danni dei loro collaboratori, sembrano avere la stessa natura di Lord Voldemort, il Signore Oscuro crudele antagonista della saga di Harry Potter: il loro nome non può essere pronunciato e il loro sinistro potere deriva in buona parte dal loro essere innominabili.
La scoperta dell’acqua calda: interferenze politiche e rischio di corruzione
Le interferenze politiche sono abilitate da tre fattori. In primo luogo, le interferenze si generano perché politici e amministratori locali sono degli hub relazionali, dei crocevia su cui transitano molteplici interessi di rango pubblico e privato. In secondo luogo, gli organi di indirizzo politico, pur essendo parte integrante delle organizzazioni pubbliche, non sono chiamati a condividerne i valori e gli assetti regolamentari. Da ultimo, le interferenze politiche sono quasi completamente ignorate dai piani di prevenzione. |
Un sondaggio dell’Eurobarometro, relativo all’anno 2023[1], ha evidenziato che, per il 78% dei cittadini europei, i legami troppo stretti tra economia e politica portano alla corruzione; mentre il 57% concorda sul fatto che nel proprio paese l’unico modo per avere successo negli affari sia avere dei legami politici. Guardando i risultati relativi ai soli cittadini italiani, vediamo che le percentuali salgono: l’83% degli intervistati vede un rischio corruttivo nei legami tra politica e mondo produttivo, e addirittura il 67% è dell’idea che le spinte politiche siano necessarie per il successo economico. Sommando un numero rilevante di percezioni individuali (intuizioni di valore), forse non riusciremo a stimare la reale diffusione dei fenomeni corruttivi, ma possiamo dare un contenuto, statisticamente affidabile, alla pubblica opinione: i privati cittadini conoscono bene le interferenze della politica e ritengono, a torto o a ragione, che tali interferenze possano minacciare l’integrità e incidere sulle dinamiche dei mercati.
L’ingerenza dei partiti nel funzionamento del sistema pubblico è nota fin dai tempi di Tangentopoli, così come le trattative tra Stato e Mafia e i depistaggi relativi alle stragi degli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso, mai del tutto dimostrati in sede giudiziaria: affermare che le interferenze politiche esistono e mettono a rischio l’integrità, quindi, è un po’ come scoprire l’acqua calda. Tuttavia, le interferenze della politica possono essere di grande interesse per chi vuole comprendere o prevenire la corruzione, perché vengono abilitate da una serie di fattori che sono comuni anche ad altre manifestazioni della corruzione politica: revolving door, rent-seeking, regulatory capture e State capture[2],
In primo luogo, le interferenze si generano perché politici e amministratori locali sono degli hub relazionali, dei crocevia su cui transitano molteplici interessi di rango pubblico e privato. L’ascolto degli stakeholder, la costruzione di reti di relazioni per creare consenso e, in ultima analisi, la mediazione tra pubblico e privato sono tratti caratteristici della Politica, a qualunque livello. Le interferenze non sono un problema per il loro contenuto (gli interessi che vengono promossi facendo pressione sugli uffici potrebbero essere legittimi e rilevanti) ma perché determinano delle distorsioni e delle modifiche nelle relazioni della sfera professionale pubblica: strumentalizzano o tossificano la relazione tra Principale e Agente. La seconda parte di questo articolo sarà dedicata proprio all’analisi di tali distorsioni.
In secondo luogo, gli organi di indirizzo politico, pur essendo parte integrante delle organizzazioni pubbliche, non sono chiamati a condividerne i valori e gli assetti regolamentari. I Codici di comportamento delle pubbliche amministrazioni, che rappresentano oggi il principale strumento di definizione, diffusione e difesa degli standard dell’etica pubblica, si applicano ai dipendenti, ma non ai politici e agli amministratori. La normativa non prevede l’obbligo di organizzare corsi di formazione, di taglio etico o deontologico, rivolti agli amministratori locali o ai rappresentanti politici. La politica sembra navigare in una situazione di assoluta libertà e inconsapevolezza, come un automobilista che riceve, a furor di popolo, la patente C e si mette alla guida di un tir senza nemmeno conoscere il codice della strada.
Da ultimo, le interferenze politiche sono quasi completamente ignorate dai piani di prevenzione (PNA, PIAO, PTPCT) che definiscono gli obiettivi e i contenuti dei sistemi anticorruzione, tutti concentrati sulla maladministration, sulle interferenze esterne e sull’abuso del potere pubblico da parte dei funzionari pubblici e dei dirigenti. Il Piano Nazionale Anticorruzione 2022 – 2025, adottato da ANAC il 7 gennaio 2023[3], pur essendo per lo più centrato sull’identificazione e la gestione dei rischi derivanti dall’attuazione del PNRR, non prende in alcuna considerazione le ovvie distorsioni nella programmazione, progettazione, realizzazione e collaudo delle opere pubbliche finanziate, che potrebbero derivare da pressioni, ingerenze o corruzione della politica. Tuttavia, anche le precedenti edizioni del Piano Nazionale non hanno dedicato adeguato spazio al fenomeno: nel PNA 2013 non se ne parla; nei PNA 2015 e 2019, invece, la mancata attuazione del principio di distinzione tra politica e amministrazione” (cioè, l’effetto delle interferenze politiche) è considerata un fattore abilitante del rischio di corruzione e non, come sembrerebbe più logico, un evento che determina la caduta dell’integrità. Nei PNA 2016 e 2018, nelle parti speciali dedicate alla gestione dei rischi corruttivi in ambito urbanistico[4] e nella gestione dei rifiuti[5], l’approccio è il medesimo: le interferenze politiche restano sullo sfondo e vengono trattate come un elemento costitutivo, non gestibile, dei processi caratterizzati da una inevitabile “commistione tra soluzioni tecniche e scelte politiche”. Soltanto nei PNA 2017 e 2019 si rinviene un riferimento esplicito ai condizionamenti impropri che possano provenire dalla sfera politica e dal settore privato”, in relazione alla nomina e revoca del RPCT[6] e alle ipotesi di inconferibilità e incompatibilità di incarichi[7].
In tutti i Piani Nazionali, poi, è sempre ribadita la necessità di analizzare il contesto esterno, per identificare il rischio di pressioni da parte di portatori di interessi particolari, ma tale analisi non è estesa alle dinamiche del contesto interno. E gli organi di indirizzo non sono mai parte del problema, ma esclusivamente parte della soluzione, nella misura in cui devono identificare gli obiettivi strategici e le linee di indirizzo dei piani triennali di prevenzione.
Colpevolizzare la vittima: l’art. 6 del codice di comportamento dei dipendenti pubblici
Il Codice di comportamento dei dipendenti pubblici cerca di inserire le interferenze politiche nel quadro concettuale del conflitto di interessi: il dipendente deve astenersi dal promuovere il proprio interesse a voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici. In questo modo il codice di comportamento, oltre a introdurre un obbligo di astensione palesemente impossibile da attuare, non coglie in alcun modo l’essenza dei fenomeni di interferenza e colpevolizza i dipendenti che subiscono pressioni. |
Esistono strumenti normativi che, lungi dal risolvere il problema, almeno lasciano trasparire il dubbio che qualcun altro, prima di noi, si sia reso conto che le interferenze sono un problema.
Un esempio è il D.lgs n. 39/2013, che affronta lo spinoso problema di tipizzare i casi di palese inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico. Il legislatore sembra preoccupato (e chi non lo sarebbe) del fatto che le nomine possano essere facilmente oggetto di interferenza politica[8].
Anche il codice di comportamento dei dipendenti pubblici parla di interferenze, ma in un modo affatto peculiare. L’articolo 6 comma 2 del D.P.R. 62/2013 stabilisce quanto segue:
2. Il dipendente si astiene dal prendere decisioni o svolgere attività inerenti alle sue mansioni in situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi con interessi personali, del coniuge, di conviventi, di parenti, di affini entro il secondo grado. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, come quelli derivanti dall’intento di voler assecondare pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.
La palma dell’ingiunzione più criptica dell’intero Codice di comportamento può essere assegnata senza ombra di smentita proprio a questo insolito comma. Mentre la prima parte sembra far riferimento ad un obbligo di astensione che poi verrà ripreso nel successivo articolo 7 (e dunque non si capisce il motivo per cui lo si debba anticipare), la seconda parte amplia la portata della natura degli interessi che possono andare in conflitto: non solo interessi della sfera privata del dipendente pubblico, ma anche il particolare interesse a “voler assecondare” pressioni politiche, sindacali o dei superiori gerarchici.
Subdolo è il dipendente dell’ufficio tecnico del Comune che, per una forma di compiacenza volta all’ottenimento di un qualche vantaggio, si interessa ad una particolare pratica edilizia caldeggiata dall’assessore di turno!
Il lettore, ormai avvezzo a non prendere tutto come oro colato, non potrà fare a meno di notare un certo ribaltamento delle carte in tavola: non è l’assessore ad esercitare una indebita pressione, ma è il dipendente che vuole assecondare, favorire, compiacere. Povero assessore, che colpa ne ha lui se gli uffici sono pieni di gente che è prona ai suoi voleri e farebbe di tutto per guadagnare i suoi favori!
Il ribaltamento dell’intuizione di valore che assegna un giudizio negativo alla condotta del dipendente in luogo di quella del superiore che genera l’interferenza grida davvero vendetta. Ma non sembra scandalizzare nessuno, anche perché non ci siamo mai imbattuti nella circostanza davvero particolare in cui un dipendente si sia astenuto per aver avvertito come ingombrante il proprio interesse personale a “voler assecondare” le pressioni interne.
Tecnicamente, inoltre, non ci troviamo nemmeno davanti ad una situazione di conflitto di interessi che, come è noto, non è una condotta bensì una situazione. La pressione politica, sindacale o del superiore gerarchico, infatti, è un comportamento (non una situazione) e sarebbe fonte di responsabilità che va gestita non con certo con l’astensione. E poi, chi si dovrebbe astenere? Il superiore che esercita la pressione o il dipendente che la subisce?
Insomma, avrete capito che la seconda parte del comma 2 dell’articolo 6 non sta in piedi nemmeno con le stampelle. Purtroppo, però, questo è l’unico tentativo del legislatore di gettare uno sguardo preoccupato verso la tossificazione e la strumentalizzazione delle relazioni di agenzia interne alle pubbliche amministrazioni. L’etica pubblica chiede ai dipendenti di non cedere alle pressioni esercitate dai loro superiori gerarchici o dai politici: una diga di fragili canne pensanti[9] destinata ad essere travolta dal fiume in piena.
Breve catalogo degli schemi di interferenza
La relazione di agenzia è l’ossatura delle pubbliche amministrazioni: esiste una “catena di comando” che connette tra loro politici, dirigenti apicali, responsabili d’ufficio e funzionari. Questa catena di comando, quando funziona correttamente, consente di definire ruoli e responsabilità e di promuovere gli interessi primari di una collettività. Le interferenze politiche e gerarchiche sono una disfunzione della relazione di agenzia pubblica. Anzi, sono delle disfunzioni: abbiamo identificato almeno otto diversi schemi di interferenza, che hanno caratteristiche proprie e generano rischi di diverso tipo. |
E’ venuto il momento di catalogare le diverse tipologie di interferenza che possono essere messe in atto dai dirigenti e dai politici a discapito del personale che lavora in un ufficio. Solo in questo modo sarà finalmente chiaro il fenomeno che si vorrebbe negare e che invece, troppo spesso, diventa parte integrante dei contesti lavorativi pubblici, con conseguenze nefaste non solo sulla regolare gestione dei servizi e dei procedimenti, ma anche e soprattutto sul benessere organizzativo.
Il nostro approccio sarà puramente relazionale: non ci interessa cosa farà il soggetto che subisce una pressione “dall’alto”, ci interessa piuttosto descrivere in che modo l’interferenza modifica gli equilibri e le dinamiche della relazione di agenzia che lega i Principali (politici e dirigenti pubblici) ai loro Agenti (responsabili di un ufficio, funzionari, tecnici incaricati di effettuare controlli, ecc…).
In assenza di qualunque interferenza, la relazione di agenzia pubblica è abbastanza lineare e si instaura quando il Principale delega la promozione di un interesse primario ad un Agente. In ambito pubblico, quando un Agente promuove un interesse primario, garantisce dei diritti (salute, sicurezza, inclusione socio-lavorativa, tutela dell’ambiente, cultura, istruzione, ecc…); e il Principale dovrebbe fare essenzialmente due cose: mettere l’Agente nelle condizioni di espletare al meglio il proprio ruolo (per esempio fornendo degli indirizzi oppure assegnando risorse e obiettivi) e controllare che l’Agente svolga correttamente le proprie funzioni.
I diversi tipi di interferenza modificano, più o meno radicalmente, questa relazione iniziale. Invitiamo il lettore a seguirci in questa sorta di Via Crucis dove, stazione dopo stazione, vedremo in quanti modi i Principali possono adulterare il contenuto, la struttura e il senso della relazione che li lega agli Agenti!
Stazione I: Principale “deviato”
La dott.ssa Daniela Dubbi lavora all’ufficio cultura del Comune di Penuria. L’ufficio ha ricevuto una proposta da un’associazione del territorio, che intende promuovere una serie di conferenze presso la biblioteca comunale. La dott.ssa Dubbi, tuttavia, sa che il presidente dell’associazione è il marito della Sindaca. E quindi si reca dal suo dirigente, chiedendo se, per caso, questo non determini un conflitto di interessi. Ma il suo dirigente è molto chiaro: “Organizzare eventi presso la biblioteca è uno dei miei obiettivi di performance… Se ci mettiamo a fare le pulci sulla vita privata delle persone, rischiamo di non centrare l’obiettivo!” |
E’ il primo schema, il meno visibile, di interferenza: il Principale pretende che l’Agente soddisfi, attraverso la promozione dell’interesse primario, bisogni e interessi riconducibili alla propria sfera personale o professionale. Un politico potrebbe enfatizzare la promozione di quegli interessi primari che soddisfano maggiormente le aspettative di alcune categorie di cittadini (operatori economici, ad esempio, oppure mondo associativo) e quindi gli garantiscono un ritorno in termini di consenso.
Questa configurazione può generare conflitti tra interessi primari: l’Agente potrebbe privilegiare l’interesse primario “preferenziale” del principale (per esempio il buon andamento), a discapito di altri interessi (per esempio a discapito dell’imparzialità)
Stazione II: il Principale “ingombrante”
Il dott. Paolo Pressato ha un problema. La concessione dell’impianto sportivo comunale sta per scadere e il settore sport del Comune dovrà procedere ad una gara per identificare il nuovo concessionario, con il rischio di temporanea chiusura dell’impianto. Ma l’estate è alle porte e anche le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale. E quindi l’assessore allo sport è stato perentorio: “Dovete fare una proroga al concessionario uscente… e rimandare l’avvio della gara a dopo le elezioni… così, se perdiamo le elezioni, sarà un problema del nuovo Sindaco!” |
E’ uno degli schemi di interferenza più noti e ricorrenti: il Principale limita l’autonomia dell’Agente, perché vuole imporre i comportamenti che questi dovrà adottare per promuovere l’interesse primario. Anche questa interferenza può determinare conflitti tra interessi primari e può emergere quando il Principale non percepisce l’esistenza della relazione di Agenzia (e quindi vorrebbe agire al posto dell’Agente), oppure da una sorta di “ossessione del controllo”, che lo porta a non lasciare all’Agente alcun margine di libertà di azione o di scelta.
Stazione III: il Principale “avocatore”
Il rag. Sandro Stenti lavora al Provveditorato di una Azienda Sanitaria e deve procedere all’acquisto di valvole cardiache. Ha stilato una bozza del capitolato di gara con il coinvolgimento del reparto di cardiologia. Il dirigente del Provveditorato, il dott. Fabio Ficcanaso gli fa pervenire una bozza modificata del capitolato, dicendo: “Ho chiesto a un mio amico cardiologo di verificare la qualità del capitolato. E lui mi ha dato questi suggerimenti, che trovi annotati, perché, a parer suo, i medici del nostro ospedale non sono molto aggiornati in merito alle novità presenti sul mercato…” |
Questo schema può essere visto come una degenerazione del Principale ingombrante: il Principale estromette l’Agente e agisce in modo autonomo, sospendendo de facto la relazione di Agenzia.
Stazione IV: il Principale “agente parallelo”
Nel Comune di Incrisi nessuno si reca al Centro per l’Impiego per trovare un lavoro. Vanno tutti dal dott. Maurizio Magnanimo, assessore alle attività produttive, che è sempre disponibile a contattare le aziende del territorio, chiedendo loro la disponibilità di offrire un lavoro o una collaborazione ai bisognosi e volenterosi cittadini di Incrisi. |
Anche in questo caso, è la sfiducia il vero motore dell’interferenza: Il principale non si fida del tutto dell’Agente, ma, anziché impedirgli di agire, preferisce agire in parallelo, svincolandosi dalla relazione di agenzia. Questa configurazione, oltre a mettere a rischio il legame fiduciario tra Principale e Agente, può in certi casi esautorare o mettere in cattiva luce, agli occhi dei destinatari, l’operato degli uffici. Inoltre, se il Principale agisce al di fuori dei vincoli imposti dalla normativa, è elevato il rischio di adozione di comportamenti illegittimi.
Stazione V: il Principale “opportunista”
Giovanni Giusto lavora presso una società informatica controllata dalla Regione Arcadia Un giorno, il direttore della società organizza una riunione, per avviare un nuovo progetto a favore della Regione: “Dobbiamo mettere a disposizione del Settore Ambiente tre operatori, per il caricamento dei dati relativi all’inquinamento elettromagnetico sul territorio regionale!” Giovanni Giusto interviene e fa notare che il contratto di servizio con la Regione non prevede attività di data entry, ma solo la fornitura di software, hardware e la gestione dei sistemi informativi. Il direttore lo redarguisce: “Ricorda che il tuo stipendio lo paga la Regione Arcadia! E noi dobbiamo concorrere al raggiungimento degli obiettivi degli uffici regionali!!!” |
In questo nuovo schema la sfiducia cede il passo alla strumentalizzazione: il Principale sfrutta la sua relazione con l’Agente, per indurlo a promuovere interessi estranei al contratto di agenzia pubblica. Il Principale può essere mosso da interessi personali, oppure non avere chiari quali sono gli interessi primari che l’Agente deve promuovere negli interessi della collettività.
Stazione VI: il Principale “affaccendato”
Il dott. Fausto Fama è direttore della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio della Provincia di Scavo. E’ anche un noto archeologo, che ha scritto diversi libri ed è molto spesso fuori ufficio, per intervenire a convegni o a trasmissioni televisive. I suoi fidati collaboratori, mentre lui è fuori ufficio, mantengono buoni rapporti con i musei, le fondazioni e gli operatori economici del territorio, da cui ricevono numerose proposte di incarichi extra-istituzionali, che il dott. Fausto Fama distrattamente autorizza, le rare volte che passa per l’ufficio, lieto di valorizzare le competenze dei suoi fidati collaboratori. |
Questo è uno schema di abbandono: il Principale si scollega dall’interesse primario, perché ritiene più importante agire per promuovere altri interessi e altri bisogni, che non possono essere soddisfatti all’interno della relazione di agenzia. In casi estremi, il Principale potrebbe rinunciare del tutto a giocare il proprio ruolo e l’Agente, lasciato solo, potrebbe approfittare dell’assenza del Principale, per perseguire i propri interessi personali.
Stazione VII: il Principale “doppiogiochista”
Ubalda Urbana è responsabile dell’ufficio edilizia privata del Comune di Moltecase. L’assessore all’Urbanistica del Comune ha di recente affidato un incarico di consulenza ad un noto architetto di Moltecase, al fine di fornire un supporto tecnico agli uffici e alla giunta, nella gestione dei permessi a costruire in deroga e delle convenzioni urbanistiche. Il consulente, in virtù del proprio ruolo, e con il beneplacito dell’assessore, ha accesso a tutte le pratiche, si interfaccia con i tecnici e presenzia a tutti gli incontri con i soggetti privati interessati a realizzare interventi sul territorio del Comune di Moltecase. Alcuni, equivocando sul suo ruolo, pensano che sia il lui responsabile dell’ufficio edilizia. |
Come Dante nel suo famoso viaggio all’inferno, siamo giunti nella gelida palude del Cocito, dove i Principali generano interferenze che tossificano le relazionali e devastano il clima organizzativo. Il Principale “doppiogiochista” si sceglie un Agente “parallelo”, che viene incaricato di promuovere gli interessi primari “in concorrenza” all’altro Agente. Questa relazione di agenzia parallela è permeabile all’infiltrazione di interessi particolari esterni all’amministrazione e può creare un clima di sospetto e sfiducia negli uffici.
Stazione VIII: il Principale “feudale”
Osvaldo Ostacolo lavora presso l’Autorità di Gestione della Regione Fregozia e si occupa di approvazione dei progetti finanziati con i fondi dell’Unione Europea, nonché di effettuare controlli sulla rendicontazione. E’ una persona puntigliosa e integerrima, ma anche piuttosto rigida nei rapporti con i beneficiari di fondi pubblici. Stava seguendo la rendicontazione di un progetto e, dopo aver rilevato diverse irregolarità, ha chiesto l’intervento del suo dirigente, che ha risolto la situazione assegnando i controlli ad un suo collega, il dott. Massimo Manicalarga. Osvaldo Ostacolo ci è rimasto molto male… |
In questo ultimo schema il Principale, al pari di un signorotto feudale, spartisce le deleghe come se fossero privilegi, per consolidare il proprio potere e “addomesticare” gli Agenti. Rientrano in questo schema, per esempio, i dirigenti che assegnano le pratiche in modo strumentale e punitivo, favorendo i funzionari più compiacenti; oppure i contesti organizzativi in cui l’assegnazione di un incarico fiduciario da parte dell’organo di indirizzo politico è vissuto come un mercimonio. Ormai il senso della relazione di agenzia pubblica è andato perduto: la funzione pubblica viene percepita contemporaneamente come una merce di scambio e come un ricatto.
Una goccia nel mare: la Carta di Avviso Pubblico
Dopo aver cercato, in modo stringato e certamente incompleto, di descrivere i diversi volti delle interferenze interne alla sfera professionale, da qualche parte dobbiamo partire, per suggerire dei percorsi di gestione. E’ urgente soprattutto affrontare la dimensione politica del fenomeno, perché la funzione dirigenziale rientra comunque nell’ambito di applicazione dei codici di comportamento e dei piani di prevenzione della corruzione, mentre la politica sembra beneficiare di un potere assoluto, nel senso etimologico del termine: ab-solutus, libero da qualsiasi vincolo. Per questo, abbiamo deciso di partire da una bella iniziativa, da una buona pratica sviluppata nel quadro dell’impegno politico contro le mafie: la Carta di Avviso Pubblico. |
Nel maggio del 2012 (vent’anni dopo Mani Pulite e pochi mesi prima dell’approvazione della Legge n. 190/2012), Avviso Pubblico, associazione di Enti locali e Regioni impegnati nella lotta alle mafie e alla corruzione[10], presentava la Carta di Pisa[11], un codice etico per gli amministratori locali. La Carta, sviluppata con il contributo di Alberto Vannucci, professore ordinario di Scienze Politiche presso l’Università di Pisa, ha subito diversi aggiornamento negli anni (l’ultimo risale al 2023)[12] e prevede una serie di obblighi e divieti, finalizzati a garantire l’integrità e la trasparenza della funzione politica in relazione a diversi nuclei tematici: regali, conflitto d’interessi, finanziamento dell’attività politica, clientelismo, nomine in enti e società pubbliche, rapporti con i cittadini, rapporti con l’amministrazione, rapporti con l’autorità giudiziaria e revolving doors .
Il tema delle interferenze politiche è stato affrontato in modo esplicito e non ambiguo dalla Carta di Avviso Pubblico fin dalla sua prima versione, che imponeva agli amministratori locali di “astenersi dal chiedere o dall’esigere da parte di pubblici dipendenti l’esecuzione di o l’astensione da qualsiasi atto da cui possa derivargli un vantaggio personale diretto o indiretto, o che assicuri un indebito vantaggio diretto o indiretto a organizzazioni, persone o a gruppi di persone”[13]. Il divieto era molto chiaro e facilmente riconducibile alle interferenze che si manifestano negli enti locali. Forse, unico limite di questa enunciazione era il richiamo troppo esplicito a possibili vantaggi indebiti, che rischiava di far percepire come accettabili interferenze che, pur incidendo pesantemente sulla relazione tra Principale e Agente, non sono immediatamente finalizzate a favorire indebiti interessi particolari. Nel 2023, con la revisione della Carta, questo limite è stato superato, perché la regola è stata riscritta ponendo l’accento soprattutto sulla necessità di rispettare gli spazi di autonomia che la legge riconosce ai dirigenti e ai funzionari pubblici:
- “Nell’esercizio delle sue funzioni, l’amministratore/amministratrice rispetta la missione affidata all’amministrazione di cui è responsabile e gli spazi di autonomia che la legge riserva ai dirigenti nella gestione.
- Nel rapporto con il responsabile anticorruzione e con gli altri soggetti preposti a funzioni di controllo e di audit, assume un ruolo informato e proattivo, contribuendo al raggiungimento di standard elevati di integrità e trasparenza, e si astiene da ogni forma di indebito condizionamento dell’autonomia dei funzionari coinvolti.”[14]
Il Codice etico di Avviso Pubblico rappresenta uno dei migliori esempi di codificazione “dal basso”, sviluppata insieme agli amministratori locali, destinatari delle stesse regole, che può essere adottata, su base volontaria, da un singolo politico o da un’intera amministrazione, come atto di responsabilità verso i cittadini e di fedeltà al proprio ruolo pubblico[15]. Il mancato rispetto delle disposizioni contenute nella Carta può essere sanzionato con una serie di misure di natura politica e di carattere reputazionale, che possono essere anche sollecitate dai gruppi politici del Consiglio comunale, dai cittadini o dai portatori di interessi:
- richiamo formale,
- censura pubblica,
- revoca della nomina o del rapporto fiduciario.
Nel 2023 la Carta è stata inserita nell’Handbook of anticorruption best practices della Commissione Europea, accanto ad altri 26 strumenti – uno per ciascun paese dell’Unione – di contrasto del malaffare politico-amministrativo. Conseguentemente la possibilità di aderire alla Carta di Avviso pubblico è stata estesa anche ai parlamentari nazionali ed europei. Tuttavia, questo strumento ha dei limiti, che sono legati soprattutto alla sua natura “volontaria”: dal 2012 ad oggi[16] hanno aderito alla Carta 270 amministratori locali (sindaci, assessori e consiglieri di Comuni e Regioni)’ 76 Enti e 158 candidati alle elezioni amministrative; una goccia nel mare magnum della politica!
A nostro parere, l’iniziativa di una associazione, per quanto virtuosa e coerente con gli obiettivi di tutela dell’integrità pubblica, non può sopperire da sola alle carenze della normativa.
- Serve un codice etico della politica, approvato in forza di un provvedimento di legge, che definisca gli standard minimi di comportamento che devono essere garantiti da chiunque rivesta un ruolo politico a qualunque livello del sistema pubblico.
- Serve maggiore trasparenza sulle relazioni e sugli interessi che spingono alcune persone a intraprendere percorsi, più o meno lunghi e più o meno eccellenti, attraverso le stanze dei bottoni della democrazia.
- Servono corsi di formazione per gli organi di indirizzo politico, obbligatori (come lo sono quelli per i dipendenti) e specifici, perché l’agire politico non è uno scherzo, o un passatempo, ed è esposto a rischi difficili da decodificare e gestire.
- Servono, infine, misure di trattamento finalizzate a prevenire le interferenze e, dove questo non è possibile, almeno sistemi di controllo e canali di segnalazione per farle emergere e ridurre il loro impatto sui processi.
- Serve insomma, una volta per tutte, includere la corruzione politica nel processo di sviluppo dei sistemi di prevenzione, nell’interesse di tutti: di chi del sistema pubblico è solo un destinatario e di chi invece, dentro al sistema pubblico, costruisce percorsi professionali o percorsi di impegno civile e politico, in nome e per conto della collettività.
[1] Eurobarometer, Citizens’ attitudes towards corruption in the EU in 2023, luglio 2023: https://europa.eu/eurobarometer/surveys/detail/2968
[2]Le “porte girevoli” (revolving door) sono un fenomeno di passaggio incontrollato di persone, interessi e competenze dal settore privato al settore pubblico e viceversa. Il rent-seeking è una distorsione del processo di allocazione delle risorse pubbliche, finalizzata a consolidare delle rendite di posizione (monopoli, privilegi, agevolazioni sui contratti pubblici, esenzioni, tariffe vantaggiose, sussidi, incentivi fiscali, ecc…) Il regulatory capture si determina quando un’agenzia di regolamentazione statale (authority, organismi di controllo, organi di sorveglianza), creata per agire nell’interesse pubblico, agisce invece in favore degli interessi commerciali o speciali dominanti nell’industria o nel settore oggetto della regolamentazione. Se tale “sequestro” della funzione si estende ai processi decisionali e legislativi di una Nazione, si determina uno State capture.
Questi fenomeni sono strettamente connessi alle attività di lobbying, di cui sono, in un certo senso, una degenerazione: se è accettabile che le lobby promuovano gli interessi di determinati gruppi economici, cercando di influenzare il decisore politico, è invece inaccettabile che tale attività si traduca nella colonizzazione del sistema pubblico da parte di interessi privati. Per approfondire questo argomento, si rimanda all’interessante articolo di Luca Santa Maria e Giovanna Baer, dal titolo “Il paradosso del lobbying – È buona cosa difendere i polli regolando l’orario in cui le volpi possono accedere al pollaio?” in Diritto Penale Contemporaneo, 7/8 – 2018.
[3] Delibera del Consiglio dell’ANAC n. 7 del 17 gennaio 2023.
[4] Nel PNA 2016, Parte Speciale VI (Governo del Territorio), § 2 (Processi di pianificazione comunale generale) ANAC evidenzia rischi “connessi alle modalità e alle tecniche di redazione del piano o delle varianti. La mancanza di chiare e specifiche indicazioni preliminari, da parte degli organi politici, sugli obiettivi delle politiche di sviluppo territoriale alla cui concretizzazione le soluzioni tecniche devono essere finalizzate, può impedire una trasparente verifica della corrispondenza tra le soluzioni tecniche adottate e le scelte politiche ad esse sottese, non rendendo evidenti gli interessi pubblici che effettivamente si intendono privilegiare. Tale commistione tra soluzioni tecniche e scelte politiche è ancor più rimarcata nel caso in cui la redazione del piano è prevalentemente affidata a tecnici esterni all’amministrazione comunale”.
[5] Nel PNA 2018, Parte Speciale III – (Piani regionali di gestione dei rifiuti), §Pianificazione. ANAC osserva: “La natura delle decisioni assunte con il Piano ha una chiara portata politica e ciò determina scelte e decisioni non sempre improntate al principio di distinzione fra politica e amministrazione”. Più avanti: “L’elevato tasso di scelte politiche legate a interessi locali può rallentare i tempi di risposta degli enti rendendo, di fatto, non possibile l’adozione – e successivamente l’attuazione – del Piano”
[6] PNA 2017, §4.1.1. (procedimento di revoca del RPCT). In questa sezione del Piano ANAC traccia un quadro sintetico delle misure volte a tutelare il soggetto che ricopre il ruolo di RPCT, anche in ragione del fatto che “l’incarico dirigenziale di vertice è spesso fiduciario e come tale può essere esposto a “condizionamenti” o pressioni impropri”.
[7] PNA 2019, parte III (misure generali di prevenzione), § 1.5 (Le inconferibilità/incompatibilità di incarichi). ANAC, illustrando la normativa sulla inconferibilità e incompatibilità di incarichi nelle pubbliche amministrazioni (d.lgs. n. 39/2013) chiarisce che tale “complesso intervento normativo si inquadra nell’ambito delle misure volte a garantire l’imparzialità dei funzionari pubblici, al riparo da condizionamenti impropri che possano provenire dalla sfera politica e dal settore privato”. Nell’allegato 1, “mancata attuazione del principio di distinzione tra politica e amministrazione” è inclusa, come nel 2015 tra i fattori abilitanti del rischio di corruzione. E tra le responsabilità degli organi di indirizzo c’è: “creare le condizioni per favorire l’indipendenza e l’autonomia del RPCT nello svolgimento della sua attività senza pressioni che possono condizionarne le valutazioni”.
[8] Gli articoli 6 e 7 del Dlgs 39/2013 stabiliscono meccanismi di inconferibilità per i componenti di organo politico di livello nazionale, regionale e locale, mentre l’articolo 8 per il direttore generale, sanitario e amministrativo nelle aziende sanitarie locali. L’articolo 11 stabilisce l’incompatibilità tra incarichi amministrativi di vertice e di amministratore di ente pubblico e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e locali. L’articolo 12 stabilisce Art. 12 l’incompatibilità tra incarichi dirigenziali interni e esterni e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e locali e così via.
[9] «L’uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante» (Blaise Pascal, Pensieri, 1670)
[10] L’associazione è stata costituita nel 1996. Per conoscere lo statuto, la carta di intenti, gli attuali soci e le iniziative di Avviso Pubblico, si rimanda al sito www.https://www.avvisopubblico.it/ .
[11] Il Codice, poi denominato Carta di Avviso Pubblico, è stato inizialmente associato a Pisa, perché l’idea iniziale di un codice etico per gli amministratori locali italiani era stata promossa dal Comune di Pisa nel 2011, che aveva a tal fine sottoscritto un protocollo d’intesa con l’Università.
[12] Per la precisione, lo sviluppo e il successivo aggiornamento della Carta sono stati realizzati da un gruppo di esperti, giuristi, funzionari pubblici e amministratori locali, coordinati da Alberto Vannucci e, relativamente all’ultimo aggiornamento (del 2023) dal prof. Enrico Carloni dell’Università di Perugia.
[13] Questa ingiunzione, contenuta nell’art. 17 (Rapporti con l’amministrazione) della Carta di Pisa, è stata ripresa anche nelle successive revisioni della Carta, fino al 2023.
[14] Questa ingiunzione è contenuta nell’art. 14 (Rapporti con l’amministrazione) della nuova edizione della Carta di Avviso Pubblico (2023).
[15] La possibilità di aderire alla Carta di Avviso pubblico è stata estesa anche ai parlamentari nazionali ed europei, considerato anche il fatto che nel gennaio 2023 la Carta di Avviso Pubblico è stata riconosciuta ufficialmente come “buona pratica” italiana anticorruzione ed è stata inserita nell’Handbook of anticorruption best practices della Commissione Europea, accanto ad altri 26 strumenti – uno per ciascun paese dell’Unione – di contrasto del malaffare politico-amministrativo.
[16] I dati sono ricavati dal sito internet di Avviso Pubblico.