L’ARTIGIANO DELL’INTEGRITÀ. Note a margine del nuovo Codice di comportamento del Comune di Trani
Questo articolo è apparso sulla Rivista Azienditalia Enti Locali, Mensile per gli enti locali e le loro aziende, nel 2023, nell’ambito della rubrica mensile: lo Spazio Etico, Idee, competenze e strumenti per l’integrità.
Nei precedenti articoli abbiamo trattato esaustivamente il tema delle competenze per l’integrità e abbiamo visto in che modo integrità e risultato si sommano, per produrre valore pubblico. In questo articolo, vi raccontiamo la nostra esperienza di formazione e accompagnamento alla codificazione del Codice di amministrazione del Comune di Trani.
“A code is nothing, coding is everything.”
Muel Kaptein[1]
La grande impresa di Archimede
Lo studio dei fenomeni che mettono a rischio l’integrità pubblica produce, non di rado, modelli e strumenti che funzionano in astratto, ma che sono poi difficilmente adattabili alla realtà concreta delle Pubbliche Amministrazioni. I percorsi di formazione e supporto a favore del personale delle Pubbliche Amministrazioni sono, di conseguenza, un utile “bagno di realtà” e il vero banco di prova delle politiche per l’integrità. |
Chissà come si sarà sentito Archimede, quando Gerione II, re di Siracusa, gli chiese di costruire macchine da guerra per la difesa della città. Lui, abituato a studiare leve, circonferenze e corpi galleggianti, diede finalmente il suo concreto contributo alla sicurezza dei cittadini, costruendo le macchine da guerra che, tra il 214 e il 212 a.C., avrebbero dato del filo da torcere alle truppe romane del proconsole Claudio Marcello, giunte ad assediare Siracusa. Costruì potenti baliste e catapulte, specchi ustori per arrostire i nemici e financo una gigantesca mano di ferro, che ghermiva le navi facendole colare a picco!
Certamente, i racconti degli antichi storici[2] sono pieni di meravigliose iperboli e aneddoti, che hanno avvolto la figura di Archimede dentro un’aura quasi leggendaria; e anche la sua morte è avvolta nel mistero. Lo storico Plutarco, nelle sue celebri Vite Parallele, riporta tre versioni tra loro contrastanti degli ultimi istanti di vita dello scienziato.
Nella prima versione un soldato romano entra in casa di Archimede, mentre lo scienziato è intento a risolvere un complicato problema di geometria, e lo invita a seguirlo; Archimede, tuttavia, è assorto nei suoi studi e chiede ancora un po’ di tempo per finire la dimostrazione; a quel punto il soldato, scocciato, lo uccide.
La seconda versione è molto più semplice: un soldato entra in casa di Archimede e, probabilmente non riconoscendolo, lo uccide seduta stante.
La terza versione, invece, potrebbe essere un caso di revolving doors ante litteram: dopo che i Romani hanno invaso Siracusa, Archimede si reca da Claudio Marcello con una cassetta che contiene degli strumenti scientifici, (meridiane, sfere e squadre); ma incontra un gruppo di soldati che, pensando che la cassetta contenga dell’oro, lo derubano e lo uccidono.
Ci siamo sentiti anche noi come Archimede, quando il segretario generale del Comune di Trani, l’avv. Francesco Angelo Lazzaro, ci ha contattati, per chiedere a Spazioetico l’erogazione “di una attività formativa interna in tema di etica ed integrità dell’azione amministrativa, con attività laboratoriali finalizzate alla generazione di una complessiva riscrittura del codice di comportamento aziendale per il tramite di un gruppo di lavoro interno”[3].
Come spesso ci capita, abbiamo avuto l’occasione di discutere con una Pubblica Amministrazione “in carne ed ossa” delle tante idee e proposte di cui abbiamo scritto in numerosi contributi su AziendItalia[4]; e dopo sei mesi di lavoro, costellati di iniziative di formazione in aula, online e laboratoriale, il nuovo Codice di comportamento ha finalmente visto la luce![5].
A differenza del povero Archimede, siamo usciti incolumi dalla nostra grande impresa e abbiamo deciso di scrivere alcune postille, per illustrare il percorso di aggiornamento del Codice del Comune di Trani, perché pensiamo sia una buona pratica, utile anche ad altre Pubbliche Amministrazioni.
Un Codice non è nulla, codificare è tutto!
Le regole del Codice di comportamento vengono poste dalle organizzazioni a presidio dell’integrità dei processi decisionali e al fine di promuovere l’uso appropriato delle risorse pubbliche. Hanno anche una evidente funzione nell’ambito della prevenzione della corruzione, anche se è bene non ridurre un Codice di comportamento ad una mera misura della strategia anticorruzione.
L’attività formativa e di accompagnamento alla codificazione che abbiamo svolto con il Comune di Trani ha un impianto metodologico ben definito. Chiunque abbia un po’ di dimestichezza con le Pubbliche Amministrazioni saprà che il rispetto delle regole di condotta non si esaurisce con l’adozione di un Codice di comportamento. Sono almeno tre gli elementi fondamentali da tenere in considerazione se si vuole ottenere un qualche significativo effetto dall’adozione di un Codice di condotta:
· la qualità della scrittura delle regole (completezza, comprensibilità, riferibilità ai principi etici, previsione di sanzioni, prossimità semantica, ecc.),
· il processo di adozione delle regole di comportamento,
· il trasferimento delle regole al personale attraverso percorsi di informazione e formazione.
In genere, le organizzazioni si concentrano molto sul primo elemento anche se, a giudicare dai Codici che leggiamo, prendono in grande considerazione la completezza, spesso a sacrificio della comprensibilità e degli altri elementi meta-regolamentari. La sanzionabilità è invece presupposta, almeno in ambito pubblico, dalla contiguità tra codice di condotta e codice disciplinare che ormai da qualche anno è fatto consolidato anche se non così scontato.
In merito al secondo elemento, l’art. 54 del D.Lgs. n. 165/2001 prevede che le PA definiscano, tramite procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio Organismo indipendente di valutazione, un Codice di comportamento che integri quello nazionale (D.P.R. n. 62/2013). Si è data grande enfasi, in fase di prima adozione del Piano Nazionale Anticorruzione, al processo di adozione delle regole di comportamento, ma le Amministrazioni si sono limitate a mettere in consultazione le bozze senza generare veri e propri processi partecipativi al proprio interno. Ci sono poche ma significative eccezioni, ma le organizzazioni hanno trattato i codici di comportamento come qualsiasi altro strumento regolamentare calato dall’alto.
Abbiamo sempre sostenuto che le regole devono essere immaginate e elaborate insieme a coloro che le dovranno osservare e far osservare. Lo andiamo dicendo da tanto tempo, ma ora le nostre idee sono corroborate da una significativa letteratura scientifica. Si domanda Vittorio Pelligra in un interessante articolo apparso sul Sole24Ore il 7 agosto 2022: “Perché si rispetta di più una regola che ci siamo scelti piuttosto che la stessa regola quando questa viene introdotta da un soggetto terzo?”.
Gli studi di Tyran e Feld evidenziano che, quando un determinato assetto regolamentare viene esogenamente, assegnato, cioè, viene scelto da un’autorità esterna, la previsione di una sanzione “lieve” non fa aumentare significativamente il livello di cooperazione (ovvero di acquiescenza o conformità) rispetto all’assetto senza sanzione (33% e 30%, rispettivamente). Cooperazione che invece aumenta in maniera significativa nel caso in cui la sanzione sia “severa” (89%). Cioè, quando la regola è data dall’esterno ciò che induce i soggetti a cooperare è la paura della sanzione e quando questa è lieve, l’effetto deterrente è scarso. Le cose cambiano radicalmente quando gli assetti vengono scelti attraverso una votazione dagli stessi partecipanti. In questo caso l’introduzione di una sanzione lieve fa aumentare il livello di cooperazione di ben tre volte rispetto al caso in cui si scelga l’assetto senza punizione (62% contro 19%).
Autonomia contro eteronomia, quindi, ma come si fa a scrivere le regole insieme a coloro che le dovranno osservare e far osservare?
Ci sono strumenti di partecipazione interna, piattaforme di consultazione, intranet e altre soluzioni. Ovviamente si presuppone che l’organizzazione abbia una propria “cultura della partecipazione”, altrimenti queste operazioni sanno di falso[6].
Assai più efficaci risultano essere le attività di formazione sui Codici di comportamento. Ecco che il secondo elemento si salda con il terzo e si collega all’evoluzione del contesto normativo che è avvenuta con l’aggiornamento di giugno 2022[7].
La formazione era una misura obbligatoria anche prima del 2022. Noi di Spazioetico forniamo formazione sui Codici di comportamento da almeno dieci anni ormai e circa la metà delle Amministrazioni che ci contattano, da sempre, ci chiedono formazione sull’etica pubblica e sui codici di comportamento (tecnicamente si chiama “formazione generale con approccio valoriale”; cfr.: PNA 2013 sezione 3.1.12.).
La novità è che l’obbligo di formazione sembra non essere così generalizzato, ma ricadere in particolari circostanze:
· a seguito di assunzione,
· passaggio a ruoli oppure a funzioni superiori,
· trasferimento del personale.
La formazione in ambito anticorruzione raramente è così “circostanziata”. Sia per motivi di budget contenuti, sia per mancanza di visione, i percorsi formativi sono piuttosto occasionali e si riducono ad un semplice incontro, svolto per finalità adempimentali. Un’attività che rischia di cadere nel vuoto, soprattutto se il taglio è strettamente giuridico.
Noi rimaniamo convinti che un buon Piano di formazione in materia di etica pubblica e Codici di comportamento dovrebbe includere le tre circostanze segnalate dalla legge e configurare diverse attività e diversi livelli di approfondimento:
· per i neoassunti, andrebbe condotta un’attività di formazione generale su tutte le regole con un approccio per casi concreti e dilemmi etici
· per i passaggi a ruoli e funzioni superiori andrebbero privilegiati contenuti relativi al ruolo e alla funzione della leadership nella gestione di alcune regole, come, ad esempio, nella emersione e gestione del conflitto di interessi, nella valutazione del rischio in casi di appartenenza ad associazioni o organizzazioni, nel caso di gestione dei doni non dovuti ed in tutti i casi previsti dall’art. 13 (disposizioni particolari per i dirigenti).
· in caso di trasferimento del personale, le attività andrebbero personalizzate e contestualizzate rispetto, ad esempio, al Codice di amministrazione.
Dal punto di vista dei contenuti, andrebbero affrontati separatamente i diversi nuclei tematici che compongono i Codici stessi. Ad esempio:
· le regole che tutelano il principio di imparzialità, come l’obbligo di astensione, la partecipazione ad associazioni e organizzazioni e il divieto di accettare doni. Sono le regole fondamentali che caratterizzano una Pubblica Amministrazione e la loro conoscenza pratica oltre che teorica dovrebbe essere garantita ad un livello generale.
· i doveri e le aspettative connesse al rapporto con il pubblico, al comportamento in servizio e al comportamento nei rapporti tra privati. Sono regole che mirano a rafforzare il buon uso delle risorse e la credibilità e affidabilità delle Amministrazioni. La loro conoscenza dovrebbe essere garantita soprattutto per i neoassunti.
· obblighi e doveri relativi alla gestione delle informazioni: tra questi, il dovere di collaborare con il Responsabile anticorruzione (che prevede il dovere di segnalazione di condotte illecite), la gestione delle informazioni riservate, la gestione delle comunicazioni e la tutela dell’immagine dell’amministrazione, ecc. Si tratta delle regole più controverse dell’etica pubblica e, oltre ad una buona formazione, dovrebbero essere costruire insieme ai dipendenti stessi.
I temi della leadership etica (art. 13 del Codice nazionale e gestione delle segnalazioni e comunicazioni) andrebbero trattati a parte in una formazione più specialistica dedicata alla dirigenza e, come dicevamo, nel caso di passaggio a ruoli e funzioni superiori.
Infine, si dovrebbe sempre prevedere un’attività di riscrittura del Codice di amministrazione. La partecipazione alla scrittura (ri-codificazione) delle regole, tanto importante per la loro efficacia, come abbiamo visto, potrebbe essere assicurata da una metodologia formativa inclusiva in cui i formatori raccolgono casistiche, ne discutono insieme ai partecipanti e poi elaborano le regole insieme agli uffici preposti.
Come ri-codificare le regole dell’etica pubblica nel terzo millennio
Un’impresa ardua. L’aggiornamento del Codice di amministrazione, adempimento richiesto ai fini della strategia di prevenzione della corruzione. Mette le Amministrazioni, i Responsabili della prevenzione della corruzione e i loro (eventuali) uffici di fronte ad una sfida probante e per nulla facile.
Abbiamo detto che “qualità delle regole”, “processo di adozione” e “trasferimento al personale” sono i tre elementi necessari per una buona riuscita dell’operazione. Ma come reagiscono i soldati di ventura che vengono chiamati alla responsabilità di “codificare” per non far la fine di Brancaleone e della sua emblematica armata? La ri-codificazione è un’attività che spesso è lasciata nelle mani di un ufficio o di un singolo funzionario (RPCT, Ufficio del Personale, ecc.) al quale si chiede di integrare le regole del Codice nazionale (D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62).
Ecco alcuni profili di azione dei nostri ri-codificatori (che qui chiameremo “estensori”) che nella nostra quotidiana attività di interlocuzione con le Pubbliche Amministrazioni italiane sono emersi come i più gettonati.
Mosè sale sul monte e riceve le tavole della legge. Affetto da solipsismo amministrativo, l’estensore si distacca per un certo periodo dall’agone e sale su un metaforico monte, isolandosi dal resto della truppa. È lì che quasi in sogno riceve da una non ben noto santo protettore le nuove regole. Sicut. Poi riappare come ad esorcizzare una intollerabile vacanza e sparge il verbo presso gli uffici organizzando corsi di formazione interna in cui le regole vengono trasferite al personale. Ma gli uffici sono assai distratti perché, nel frattempo, hanno fabbricato un vello d’oro e stanno adorando un nuovo idolo: il titolare effettivo.
Cosa ci insegna il libro di Siddharta? La risposta è dentro le Linee Guida ANAC in materia di Codici di comportamento. Proprio come un adolescente alle prese con il supremo Siddharta, l’estensore comprende che il corposo documento rilasciato dall’Autorità nazionale anticorruzione nel 2022 nasconde verità cosmiche. Peccato, però, che non abbia nessuna idea di come applicarle in concreto nella ri-scrittura di obblighi, divieti e sanzioni da inserire nel nuovo Codice di amministrazione, né tantomeno di come trasferire le regole al personale: “organizzerò una meditazione collettiva” dice.
Le meccaniche celesti. L’estensore “tomista” costruisce un meraviglioso meccanismo regolamentare; ogni regola descrive un’orbita perfetta intorno al centro, costituito dal principio di legalità. Il movimento è talmente armonioso che si può addirittura udire un suono, la paradisiaca melodia del “de iure condito”. Obblighi, divieti e sanzioni cantano la melodia celeste dell’integrità. Peccato che il meraviglioso costrutto non abbia alcuna attinenza con la realtà amministrativa in cui è la terra a girare intorno al sole e non viceversa, consegnando il prezioso documento ad una subitanea damnatio memoriae.
Il vaticinio della Sibilla cumana. L’estensore si rivolge alla somma sacerdotessa del Dio Apollo che gli appare nelle vesti di un “esperto”. Il responso è criptico, le regole del nuovo Codice sembrano essere costruite ad arte per invischiare la lingua del parlante; a volte si ha il sospetto che l’esperto esprima il proprio sibillino vaticinio con l’intento di rendersi indispensabile per mediare con il Dio Apollo, protettore dei Codici di amministrazione. Ma è solo una diceria.
Il 3 per 2 della prevenzione della corruzione. Una golosissima offerta appare nella casella di poste del nostro estensore: “acquista il pacchetto performance, PIAO, DUP, POC, ecc. e riceverai in omaggio un Codice di amministrazione nuovo di zecca!” Non c’è che dire, l’offerta è assai allettante. Peccato che il nuovo Codice si rompa al primo tentativo di farlo funzionare, come quei videoregistratori che si compravano in autostrada e che, quando li aprivi, ti accorgevi che dentro c’era un mattone.
La caverna di Platone. L’estensore è incatenato al fondo di una “caverna amministrativa”, in maniera tale da non poter osservare altro che adempimenti ai quali lui, come gli altri suoi colleghi, attribuiscono il marchio della verità. Liberatosi dalle catene, egli vaga sul limitare della caverna, con la faccia rivolta verso l’uscita. Finalmente è in grado di osservare regole e principi dell’etica pubblica per quello che sono realmente, comprendendone il senso e l’utilità. Ma invece di godere di questa estatica visione, ne rimane accecato, si porta la mano sul viso come a schermare quella incomprensibile visione e si ritrae sdegnato, raggiungendo di nuovo il fondo della caverna e facendosi legare mani e piedi: “Maledetti! Ridatemi i miei adempimenti”, grida a tutto fiato.
L’artigiano dell’integrità. L’estensore ne ha fatta di strada dentro la Pubblica Amministrazione e ormai è convinto che non è più il tempo delle rivoluzioni, ma di pragmatiche assunzioni di responsabilità. Prima di aggiornare il codice, si fa un giro per gli uffici dell’amministrazione, prende le misure e parla con le persone. “Le regole servono a loro, non a me, né a un giudice esterno, per sanzionare” pensa tra sé, mentre si accinge a confezionare un codice “su misura” per la sua amministrazione.
L’avv. Lazzaro, segretario del Comune di Trani, probabilmente appartiene a quest’ultimo profilo. Di conseguenza, ci ha chiesto di realizzare un percorso integrato, per dissodare il terreno e predisporre le persone al percorso di codificazione e trasferimento delle regole. E noi ci siamo subito messi al lavoro, con aratro, erpice e rullo.
La struttura del percorso integrato
Con il percorso di accompagnamento al Comune di Trani si può intravedere un modello di codificazione e trasferimento di competenze per l’integrità che potrebbe ispirare molti degli attuali “estensori” pubblici e privati che attualmente si pongono davanti al cosiddetto “foglio bianco” dello scrittore e non sanno dove orientare la codificazione.
Il percorso, che è durato all’incirca sei mesi, si è svolto in tre fasi.
PRIMA FASE: il senso delle cose. Per un periodo di circa due mesi, il personale del Comune di Trani è stato coinvolto in una formazione a distanza, di base, sui principi dell’etica pubblica e sulle regole del Codice di comportamento nazionale. Ogni lezione comprendeva:
· IL CASO. Attraverso una dinamica di vita quotidiana (real-case scenario) un agente pubblico, protagonista della narrazione, viene a trovarsi alle prese con una situazione che coinvolge una regola del Codice comportamento nazionale.
· IL COMMENTO. In una seconda videolezione i formatori illustrano il contenuto della regola del Codice di comportamento, dando vita ad un dialogo che mette in evidenza i profili di rischio associati ai diversi comportamenti.
· IL DOCUMENTO DI STUDIO. Il documento completa il quadro attraverso l’illustrazione della regola del Codice ed i principi di etica pubblica ad esso collegati.
SECONDA FASE. raccolta, aratura e semina. È stata organizzata una giornata di formazione in presenza volta a consolidare e contestualizzare più approfonditamente le conoscenze trasferite, a raccogliere un feedback sull’esperienza di formazione a distanza svolta e a raccogliere casistiche e sensibilità diffuse, fine di facilitare il successivo percorso di accompagnamento alla revisione del Codice di comportamento.
TERZA FASE. codificazione. Sono stati realizzati diversi incontri di formazione a distanza sincrona, finalizzata all’attività desk di revisione e aggiornamento del Codice di amministrazione dell’Ente. Gli incontri hanno avuto un approccio laboratoriale ed hanno avuto come partecipanti tutti i soggetti coinvolti nel processo di aggiornamento del Codice di amministrazione: ufficio dell’RPCT, OIV, UPD e l’Ufficio del personale.
Le novità del nuovo Codice di amministrazione
Nell’ambito dell’intero percorso formativo, Spazioetico ha proposto la sua visione del Codice di comportamento che, peraltro, è stata ampiamente illustrata proprio su questa rubrica nel corso del 2022. Molti dei suggerimenti sono stati colti ed ora fanno parte integrante del nuovo Codice di amministrazione del Comune di Trani.
Come è noto, la regola dell’art. 4 del Codice di comportamento nazionale (Divieto di accettare regali, compensi e altre utilità) presenta alcuni problemi, soprattutto al comma 2. Abbiamo suggerito di anticipare lo standard “dominante” che è riferito alla utilità a titolo di corrispettivo, cambiando il verbo da “non chiede” a “non accetta”:
2. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità, a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio, né da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell’ufficio ricoperto.
3. Al di fuori dei casi di cui al comma 2, il dipendente può accettare, per sé o per altri, regali o altre utilità, effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali.
Abbiamo suggerito di integrare la regola dell’art. 5 del Codice nazionale (Partecipazione ad associazioni ed organizzazioni) inserendo, all’interno del comma 3, alcuni criteri di valutazione della locuzione “i cui ambiti di interesse possano interferire con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio”, utili soprattutto per i dirigenti che sono destinatari della comunicazione:
3. A titolo esemplificativo, un’associazione oppure una organizzazione ha ambiti di interessi che possono interferire con l’attività dell’ufficio, quando:
a) il suo oggetto sociale sia incompatibile con gli interessi primari perseguiti dall’ufficio;
b) il suo oggetto sociale è o potrebbe essere (può essere) perseguito grazie ad attività, procedimenti, decisioni o informazioni gestite dall’ufficio;
c) gli interessi primari dell’ufficio potrebbero (possono) essere perseguiti grazie alle sue attività o alle sue risorse, umane o finanziarie (es. sponsorizzazioni);
d) i suoi associati sono o potrebbero essere (possono essere) destinatari di attività o procedimenti gestiti dall’ufficio.
Abbiamo suggerito di razionalizzare le regole sul conflitto di interessi (artt. 6 e 7 del Codice nazionale), inserendo un articolo iniziale che contiene una definizione, seguito da un secondo articolo che stabilisce gli obblighi di dichiarazione. Un terzo ed ultimo articolo, infine, stabilisce gli standard per la gestione. Anche in questo caso, abbiamo raccomandato di inserire alcuni criteri di valutazione:
L’adozione delle misure di gestione deve essere valutata sulla base dei seguenti criteri:
a) rilevanza delle situazioni dichiarate e intensità degli interessi coinvolti;
b) potenzialità di influenzamento del procedimento, con particolare riferimento alle attività svolte dal dipendente, alle decisioni adottate e alle informazioni detenute;
c) percezione e aspettative di soggetti interni ed esterni, con particolare riferimento alla collettività e ai destinatari del procedimento.
Per quanto riguarda la prevenzione della corruzione (art. 8 del Codice nazionale) abbiamo raccomandato di inserire specifici standard di riservatezza sia per quanto riguarda il contenuto della segnalazione che dell’identità del segnalante. Inoltre, il Comune di Trani è forse l’unica amministrazione italiana ad aver inserito un coraggioso standard che vieta ogni forma di ritorsione nei confronti di chi segnala illeciti. È stato anche inserito uno specifico standard di segnalazione di casi di frode e riciclaggio al fine di attualizzare il Codice alla normativa 231/2007 e agli standard di rilevazione presenti nel PNRR.
Il dipendente collabora al fine di identificare e reprimere eventuali casi di frode e riciclaggio e segnala al Gestore le operazioni sospette di cui venga a conoscenza nell’esercizio della propria attività d’ufficio.
Infine, abbiamo suggerito una generale riorganizzazione degli standard in materia di gestione delle asimmetrie informative.
Conclusioni
L’aggiornamento dei codici di amministrazione può essere un’attività importante e, a tratti anche avvincente. Ma l’intervento sui codici non deve snaturare l’essenza dell’etica pubblica, che risiede nel tentativo di identificare un nucleo minimo di regole chiare e condivise, finalizzate a tradurre, al livello dei comportamenti individuali, i principi di funzionamento del settore pubblico. La vera sfida non è trovare le parole per descrivere divieti e doveri, ma è piuttosto garantire che le regole non restino sulla carta, ma diventino parte integrante del funzionamento di un’organizzazione. |
“Ogni funzionario si troverà nella sua stanza, pronto per iniziare la sua attività, alle nove della mattina e si impegnerà diligentemente nel servizio al pubblico fino alle tre del pomeriggio”.
Questa è la prima regola del Codice di Condotta[8] adottato da Amos Kendall, Direttore Generale delle Poste americane, nel 1829. Con una certa dose di pragmatismo, tipico delle latitudini atlantiche, Kendall definisce un confine temporale e spaziale all’interno del quale il dipendente dovrà muoversi ed esercitare la sua funzione.
Le regole che seguono, in tutto otto, non sono poi così diverse da quelle che trovereste in un moderno Codice di comportamento di una qualsiasi Pubblica Amministrazione: l’immancabile regola sul divieto di accettare doni provenienti da un destinatario; una regola sul conflitto di interessi (“Non si potrà diventare funzionario di quest’ufficio se si è coinvolti in altri affari”), che assomiglia più ad una incompatibilità; una meravigliosa regola sull’astenersi dal leggere libri o giornali in ufficio a meno che non siano direttamente collegati con il procedimento che si sta istruendo, che ci fa pensare a questi meravigliosi funzionari dai lunghi baffi tutti intenti a commentare entusiasticamente lo spostamento ad ovest della nuova frontiera.
Insomma, cambiano i tempi, progrediscono le tecnologie, ma alcuni nuclei fondanti dell’etica pubblica rimangono inespugnati ed inespugnabili.
Come l’immarcescibile regola che ricorda al funzionario di non appropriarsi delle risorse messe a sua disposizione (“Nessun funzionario si approprierà di carta, penne o qualsiasi altra cosa che appartiene all’Amministrazione per un utilizzo personale, familiare o a beneficio di amici”), che attualmente si trova al comma 3 dell’art. 11 del Codice nazionale.
A leggere la storia dei Codici di comportamento si ha come l’impressione che le regole sono immanenti alla funzione pubblica stessa, governata dagli stessi principi (imparzialità e buon andamento, onore e disciplina, esclusività, ecc.), da sempre. E l’artigiano dell’integrità non si avventurerà mai in una complicata azione di ricodificazione mirata ad inserire nuovi standard, ma si limiterà ad aggiustare e a ricontestualizzare, a limare e specificare. L’artigiano dell’integrità, forse, riterrà più utile spendere il proprio prezioso tempo ad assicurarsi che i dipendenti comprendano bene le regole e che le sappiano usare al momento giusto.
Appendice: estratto del Codice di comportamento del Comune di Trani
Riportiamo di seguito alcuni articoli del Codice di comportamento del Comune di Trani, che riteniamo particolarmente interessanti, perché trattano una serie di nuclei tematici rilevanti per l’etica pubblica: regali, compensi e altre utilità, gestione del conflitto di interessi; segnalazione di illeciti e tutela del whistleblowing. |
Art. 3. REGALI, COMPENSI ED ALTRE UTILITA’
1. A tutela dell’imparzialità, dell’indipendenza e dell’integrità della funzione pubblica, il dipendente non chiede, né sollecita, per sé o per altri, regali o altre utilità.
2. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, regali o altre utilità, a titolo di corrispettivo per compiere o per aver compiuto un atto del proprio ufficio da soggetti che possano trarre benefici da decisioni o attività inerenti all’ufficio, né da soggetti nei cui confronti è o sta per essere chiamato a svolgere o a esercitare attività o potestà proprie dell’ufficio ricoperto.
3. Al di fuori dei casi di cui al comma 2, il dipendente può accettare, per sé o per altri, regali o altre utilità, effettuati occasionalmente nell’ambito delle normali relazioni di cortesia e nell’ambito delle consuetudini internazionali.
4. Il dipendente non accetta, per sé o per altri, da un proprio subordinato o da un proprio sovraordinato, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità, salvo quelli d’uso di modico valore. Il dipendente non offre, direttamente o indirettamente, regali o altre utilità ad un proprio sovraordinato o ad un proprio subordinato, salvo quelli d’uso di modico valore.
5. I regali e le altre utilità comunque ricevuti fuori dai casi consentiti dal presente articolo, a cura dello stesso dipendente cui siano pervenuti, sono immediatamente messi a disposizione dell’Amministrazione per la restituzione o per essere devoluti a fini istituzionali.
6. Il dipendente non accetta, e non sollecita, per sé o un suo familiare, coniuge o convivente, incarichi di collaborazione, consulenza, professionali o lavorativi da soggetti privati (persone fisiche o giuridiche) che abbiano, o abbiano avuto nel biennio precedente, un interesse economico significativo in decisioni o attività inerenti all’ufficio di appartenenza. Nell’ipotesi in cui tali incarichi siano offerti al coniuge, a un suo familiare o a un convivente, il dipendente lo comunica tempestivamente al proprio superiore gerarchico e si astiene dall’intraprendere attività, prendere decisioni e gestire informazioni che possano in qualunque modo coinvolgere gli interessi del soggetto privato.
7. Ai fini del comma 6, il biennio precedente è calcolato a decorrere dalla data in cui ha avuto inizio il procedimento o il rapporto contrattuale dal quale deriva o è derivato il predetto interesse economico.
8. Il dipendente non accetta, né richiede o sollecita forniture di servizi o beni a titolo gratuito (o in sconto) da soggetti privati che hanno interessi nell’ambito dell’ufficio. Nella stipula dei contratti di fornitura di beni e servizi, di concessione o di partenariato pubblico-privato, è vietato accettare, richiedere o sollecitare trattamenti agevolati per il personale e i collaboratori dell’ente. Allo stesso modo, è vietato accettare, richiedere o sollecitare sponsorizzazioni da soggetti privati che hanno interessi economici nell’ambito dell’ufficio.
Art. 4. PARTECIPAZIONE AD ASSOCIAZIONI E ORGANIZZAZIONI
1. Per garantire relazioni trasparenti tra enti senza scopo di lucro e Pubblica Amministrazione e nel rispetto della disciplina vigente del diritto di associazione, il dipendente comunica al superiore gerarchico la propria adesione o appartenenza ad associazioni od organizzazioni, a prescindere dal loro carattere riservato o meno, i cui ambiti di interessi possano interferire con lo svolgimento dell’attività dell’ufficio.
2. La comunicazione deve essere effettuata entro e non oltre dieci giorni lavorativi dalla data di sottoscrizione del contratto di lavoro ovvero alla data di decorrenza del rapporto di adesione o di partecipazione ovvero dalla data di trasferimento ad un nuovo ufficio. Per le adesioni o appartenenze che riguardano il Dirigente ed il Segretario generale la predetta comunicazione è effettuata dal Dirigente al Segretario comunale e dal Segretario comunale al Sindaco. Copia di tutte le dichiarazioni sono inviate all’ufficio personale per la tenuta di apposita raccolta delle stesse.
3. A titolo esemplificativo, un’associazione oppure una organizzazione ha ambiti di interessi che possono interferire con l’attività dell’ufficio, quando:
a) il suo oggetto sociale sia incompatibile con gli interessi primari perseguiti dall’ufficio;
b) il suo oggetto sociale è o potrebbe essere (può essere) perseguito grazie ad attività, procedimenti, decisioni o informazioni gestite dall’ufficio;
c) gli interessi primari dell’ufficio potrebbero (possono) essere perseguiti grazie alle sue attività o alle sue risorse, umane o finanziarie (es. sponsorizzazioni);
d) i suoi associati sono o potrebbero essere (possono essere) destinatari di attività o procedimenti gestiti dall’ufficio.
4. Il pubblico dipendente non costringe altri dipendenti ad aderire o dimettersi ad associazioni od organizzazioni, né esercita pressioni a tale fine, promettendo vantaggi o prospettando svantaggi di carriera.
5. Il superiore gerarchico del dipendente, una volta ricevuta la comunicazione, valuta la presenza di eventuali situazioni di conflitto di interessi o incompatibilità e adotta misure adeguate alla loro gestione ai sensi dell’art. 5-ter (modalità di gestione del conflitto di interessi), al fine di garantire l’indipendenza, l’integrità e l’imparzialità dell’ufficio.
6. Il presente articolo non si applica in tutti i casi in cui l’adesione o l’appartenenza ad un’associazione o organizzazione possa rivelare, anche indirettamente, l’origine razziale od etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, le opinioni politiche, l’appartenenza sindacale, lo stato di salute o l’orientamento sessuale del dipendente. (fatto salvo l’obbligo di astensione di cui all’art. 5-ter...).
Art. 5. CONFLITTO DI INTERESSI
1. Si ha conflitto di interessi quando un soggetto che, a qualsiasi titolo, interviene in un processo dell’amministrazione, e ne può influenzare, in qualsiasi modo, il risultato, gli esiti e la gestione, ha direttamente o indirettamente un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che sia o possa essere percepito come una minaccia concreta ed effettiva alla sua imparzialità e indipendenza.
2. Il conflitto può riguardare interessi di qualsiasi natura, anche non patrimoniali, inclusi gli interessi associati alla sfera lavorativa, nonché gli interessi di politici, dirigenti, colleghi di lavoro e sindacati.
Art. 5-bis. OBBLIGHI DI DICHIARAZIONE DI SITUAZIONI DI CONFLITTO DI INTERESSI
1. In ossequio ai principi di Trasparenza e Indipendenza dell’azione amministrativa, il dipendente informa per iscritto il superiore gerarchico di tutti i rapporti, diretti o indiretti con soggetti privati che abbiano interessi in attività svolte, decisioni adottate o informazioni detenute dall’ufficio, secondo le modalità specificate nei commi 2 e 3.
2. All’atto dell’assegnazione all’ufficio, il dipendente informa, per iscritto, il proprio superiore gerarchico di tutti i rapporti, diretti o indiretti, di collaborazione, consulenza, professionali o lavorativi con soggetti privati in qualunque modo retribuiti che lo stesso abbia o abbia avuto negli ultimi tre anni, precisando se in prima persona, o suoi parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente abbiano ancora rapporti finanziari con il soggetto con cui ha avuto i predetti rapporti di collaborazione.
3. Ai fini dell’assegnazione a un dipendente di responsabilità nell’istruttoria e in ogni altro adempimento inerente a un singolo procedimento nonché, eventualmente, nell’adozione del provvedimento finale, il superiore gerarchico chiede al dipendente e quest’ultimo è soggetto all’obbligo, anche in mancanza di richiesta, di dichiarare per iscritto che:
a) il procedimento in oggetto non coinvolge interessi propri, ovvero:
· di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi;
· di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, inclusa la partecipazione ad associazioni e organizzazioni;
· di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia significativi rapporti di credito o debito, economici o di altra natura;
· di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente.
· di soggetti privati con cui intrattenga rapporti di collaborazione, diretti e indiretti, in qualunque modo retribuiti, in corso o conclusi negli ultimi tre anni.
b) la sua partecipazione al procedimento non possa ingenerare sfiducia nell’indipendenza e imparzialità dell’amministrazione.
4. Le comunicazioni di cui ai commi 2 e 3 sono effettuate:
a) dal dipendente al Dirigente dell’ufficio di appartenenza:
b) dal Dirigente al Segretario comunale
c) dal Segretario comunale al Sindaco;
d) dai componenti degli organi interni di controllo al Sindaco;
e) dai soggetti incaricati di un rapporto di consulenza, di studio, di progettazione al Dirigente della struttura competente per materia relativa all’incarico.
[…].
Art. 5-ter. MODALITÀ DI GESTIONE DEL CONFLITTO DI INTERESSI
1. Per garantire l’imparzialità, l’indipendenza e l’integrità dell’azione amministrativa, il dirigente destinatario delle dichiarazioni di cui all’art. 5-bis identifica misure idonee a gestire efficacemente eventuali situazioni di conflitto di interessi.
2. L’adozione delle misure di gestione deve essere valutata sulla base dei seguenti criteri:
a) rilevanza delle situazioni dichiarate e intensità degli interessi coinvolti;
b) potenzialità di influenzamento del procedimento, con particolare riferimento alle attività svolte dal dipendente, alle decisioni adottate e alle informazioni detenute;
c) percezione e aspettative di soggetti interni ed esterni, con particolare riferimento alla collettività e ai destinatari del procedimento.
3. Qualora la valutazione sia effettuata all’atto dell’assegnazione all’ufficio, ed evidenzi la presenza di un conflitto di interessi, il dirigente non assegna il dipendente ad attività, decisioni o alla gestione di informazioni che coinvolgano i soggetti di cui all’art. 5-bis, comma 2. Nell’ipotesi in cui la valutazione evidenzi una incompatibilità di fatto tra le funzioni svolte dal dipendente e i rapporti di collaborazione dichiarati, il dirigente richiede all’amministrazione che il dipendente sia assegnato ad altro ufficio.
4. Qualora la valutazione sia effettuata ai fini dell’assegnazione a un singolo procedimento, ed evidenzi la presenza di un conflitto di interessi, il dirigente adotta la misura dell’astensione. Qualora, per motivi legati all’organizzazione dell’ufficio, non sia possibile adottare la misura dell’astensione il dirigente può adottare una delle seguenti misure di gestione alternative:
· avocare a sé il procedimento,
· affiancare il dipendente nella gestione del procedimento,
· eseguire un controllo rinforzato sulla gestione e sugli esiti del procedimento.
Il dirigente motiva per iscritto le decisioni adottate, alla luce degli esiti della valutazione. Dei casi di astensione è data comunicazione tempestiva al responsabile della prevenzione, che ne conserva l’archivio, anche ai fini di una valutazione circa l’eventuale spostamento dell’interessato, in base alla frequenza di tali circostanze.
Nelle ipotesi in cui l’obbligo di astensione riguardi il dirigente o incaricato di posizione organizzativa, qualora per la specifica procedura non rivesta anche il ruolo di responsabile del procedimento, provvede a delegare le competenze alla adozione del provvedimento al medesimo responsabile, purché inquadrato in categoria D, ovvero al responsabile del servizio di riferimento. Qualora il dirigente o l’incaricato di posizione organizzativa rivesta anche il ruolo di responsabile del procedimento, la situazione di conflitto di interessi è segnalata al segretario generale il quale, nell’esercizio dei poteri sostitutivi, affida la responsabilità del procedimento nonché l’adozione, per delega, del provvedimento finale, a dipendente di categoria D, di norma coincidente con il responsabile del servizio interessato.
Nelle ipotesi nelle quali la situazione di conflitto riguardi direttamente il ruolo dirigenziale, la sostituzione è disposta dal segretario generale mediante incarico ad acta in favore di altro dirigente; in caso di conflitto che riguardi il segretario generale, la sostituzione è assicurata, su disposizione del Sindaco, da parte del vicesegretario generale.
Art. 6. PREVENZIONE DEGLI ILLECITI
1. In ossequio ai principi di integrità, legalità e trasparenza, il dipendente collabora con l’amministrazione al fine di prevenire gli illeciti.
2. Il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nei piani di prevenzione della corruzione e per la trasparenza, o documenti equivalenti, adottati dall’amministrazione e presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione.
3. Fermo restando, al ricorrere dei relativi presupposti, l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, il dipendente segnala al responsabile per la prevenzione della corruzione, o all’Autorità Nazionale Anticorruzione, situazioni o comportamenti, che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica, di cui sia venuto a conoscenza nel contesto lavorativo.
4. Il dipendente collabora al fine di identificare e reprimere eventuali casi di frode e riciclaggio e segnala al Gestore le operazioni sospette di cui venga a conoscenza nell’esercizio della propria attività d’ufficio.
5. L’obbligo di segnalazione di cui ai commi 3 e 4 è escluso nei casi in cui il dipendente, in virtù del proprio ruolo e nell’esercizio delle proprie funzioni, abbia l’autorità per rilevare o reprimere la violazione.
Art. 6-bis. TUTELA DELLA RISERVATEZZA DI CHI SEGNALA ILLECITI
1. Il Responsabile della prevenzione della corruzione, il Gestore e tutti coloro che vengano a conoscenza delle segnalazioni di cui ai commi 3 e 4 del precedente articolo 6, per ragioni d’ufficio, o per altra causa, sono tenuti a garantire la massima riservatezza del loro contenuto e della relativa documentazione, nonché dell’identità del segnalante e delle persone coinvolte o comunque menzionate.
Art. 6-ter. DIVIETO DI RITORSIONE NEI CONFRONTI DI CHI SEGNALA ILLECITI
1. È vietato mettere in atto misure ritorsive nei confronti dei soggetti di cui ai commi 3, 4 e 5 dell’art. 6.
2. Il divieto di cui al comma 1 vale anche nei confronti dei dipendenti a tempo determinato, dei lavoratori somministrati, di collaboratori, liberi professionisti, consulenti, volontari, tirocinanti e lavoratori o collaboratori di aziende private che svolgono la propria attività lavorativa presso l’Amministrazione, nonché nei confronti delle medesime aziende private.
Art. 7. TRASPARENZA E TRACCIABILITÀ
1. Il dipendente assicura l’adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche Amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell’elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all’obbligo di pubblicazione rispettivamente nell’albo pretorio on-line e nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale.
2. Il dipendente presta la propria collaborazione, al fine di garantire a chiunque il diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dal suo ufficio, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti (c.d. accesso civico “generalizzato”), allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.
3. il dipendente è responsabile per gli eventuali costi subiti dall’ente a seguito delle procedure amministrative e\o giudiziarie attivate nei casi di inerzia rispetto alle richieste di accesso civico o documentale.
4. La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità. Al fine di assicurare la tracciabilità dei flussi dei processi decisionali, anche al fine di favorire la loro ripetibilità. il Segretario comunale, i Dirigenti ed i responsabili dei procedimenti provvedono, per quanto di rispettiva competenza, affinché gli stessi processi decisionali siano espletati attraverso idonei strumenti e programmi informatici e adottano le misure e le modalità necessarie per assicurare la certezza degli autori e del contenuto degli atti e dei provvedimenti interni ed esterni costituenti ciascun procedimento amministrativo nonché della loro riferibilità temporale.
5. Nelle relazioni, anche informali, con i Destinatari dell’azione amministrativa, il dipendente non assume impegni né anticipa l’esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all’ufficio al di fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilità di avvalersi anche dell’Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalità stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria Amministrazione. In ogni caso, a garanzia dell’imparzialità, integrità e indipendenza dell’azione amministrativa, il dipendente non prende in considerazione né avalla aspettative indebite o pressioni provenienti dai destinatari, da Superiori, Colleghi, Amministratori o esponenti politici o sindacali.
5. Il dipendente osserva il segreto d’ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati dal segreto d’ufficio o dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all’accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all’ufficio competente della medesima Amministrazione.
6. Il dipendente richiede informazioni ai destinatari, anche potenziali, del suo ufficio, seguendo le procedure o le modalità previste dalla normativa, e comunque garantendo il rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza. Eventuali informazioni relative alle caratteristiche di beni e servizi offerti sul mercato possono essere richieste, interrogando gli operatori economici, nei limiti e nei termini previsti dalla normativa sugli appalti pubblici.
[1] Muel Kaptein è uno dei massimi esperti in codici di comportamento/codici etici. Docente di Ethics and integrity management presso l’Università Erasmus di Rotterdam, è spesso citato dai manuali OCSE quando si tratta di dare orientamenti su come si codificano e, soprattutto, su come si trasferiscono le regole di comportamento ed i valori etici sottostanti ai dipendenti.
[2] La vita di Archimede ci è nota principalmente attraverso le opere degli storici Polibio (Historiae), Tito Livio (Ab Urbe condita) e Plutarco (Vite Parallele).
[3] Comune di Trani, Consultazione pubblica finalizzata all’adozione del nuovo codice di comportamento, 27 settembre 2023.
[4] Segnaliamo in particolare, i seguenti articoli pubblicati sulle pagine di questa rubrica nel 2022:
– Il ladro di cestini
– La geometria delle regole
– L’ambiguità del dono. La vera storia dell’articolo 4 del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici
– L’innocenza rubata. L’adesione o appartenenza del dipendente pubblico ad associazioni od organizzazioni
– La cuoca di Giulio Cesare.
– Pro patria mori? Dovere di collaborazione e tutela del whistleblower nell’art. 8 del Codice di Comportamento dei Dipendenti pubblici
– Il filo di Arianna
– LE ROI S’AMUSE. Comportamento in servizio e nei rapporti privati.
– La diffusione del disordine: le ingiunzioni valutative dell’art. 12 del Codice di comportamento
– L’architettura dell’integrità. L’art. 13 del codice di comportamento e la leadership etica.
[5] Lo schema preliminare del nuovo codice di comportamento è stato approvato dalla Giunta Comunale del Comune di Trani con deliberazione n. 92 del 18 settembre 2023. Mentre stiamo scrivendo questo articolo, nel mese di ottobre del 2023, lo schema è ancora sottoposto a consultazione pubblica.
[6] Noi di Spazioetico abbiamo anche appositamente coniato la locuzione “integrity washing“, cioè quel complesso di attività che le organizzazioni mettono in campo nell’ambito della cosiddetta “promozione dell’integrità” e che servono solo come vetrina ma che non hanno alcun impatto sulla cultura organizzativa (e che infatti non sortiscono alcun effetto).
[7] L’art. 4, D.L. 30 aprile 2022, n. 36 stabilisce: “Le Pubbliche Amministrazioni prevedono lo svolgimento di un ciclo formativo la cui durata e intensità sono proporzionate al grado di responsabilità e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, sui temi dell’etica pubblica e sul comportamento etico”. È bene ricordare che l’articolo succitato modifica l’art. 54, D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, che tratta del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici, così che, una lettura completa del comma 7 della disposizione di legge risulta essere: “Le Pubbliche Amministrazioni verificano annualmente lo stato di applicazione dei codici (di comportamento) e organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi. Le Pubbliche Amministrazioni prevedono lo svolgimento di un ciclo formativo obbligatorio, sia a seguito di assunzione, sia in ogni caso di passaggio a ruoli o a funzioni superiori, nonché di trasferimento del personale, le cui durata e intensità sono proporzionate al grado di responsabilità, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente, sui temi dell’etica pubblica e sul comportamento etico”.
[8] In Leonard D. White, The Jacksonians: A Study in Administrative History, 1829-1861, N.Y., The Macmillan Company, 1954, pp. 434-435.