L’ULTIMA CROCIATA. Considerazioni non militanti in merito al dibattito sull’abrogazione del reato d’abuso d’ufficio

Questo articolo è apparso sulla Rivista Azienditalia Enti Locali, Mensile per gli enti locali e le loro aziende, nel 2023, nell’ambito della rubrica mensile: lo Spazio Etico, Idee, competenze e strumenti per l’integrità.

Nei precedenti articoli abbiamo scoperto che le intuizioni di valore sono una competenza e che, introducendo una serie di conoscenze di base in contesti organizzativi adeguati, possiamo costruire una sorta di grammatica dell’integrità, da porre a fondamento di qualunque strategia di gestione del rischio di corruzione. Abbiamo anche visto in che modo integrità e risultato si sommano, per produrre valore pubblico. Nel presente articolo, invece, parleremo del reato assai controverso, ma che, più di tutti, sembra tutelare l’integrità della funzione pubblica: l’abuso d’ufficio. 

Coloro che combattono, non per Dio in se stessi, ma contro il diavolo negli altri, non riescono mai a migliorare il mondo, ma lo lasciano com’era, o qualche volta peggiore di com’era prima che cominciasse la crociata.
ALDOUS LEONARD HUXLEY

1. Introduzione: la confessione del geometra Sergio Spalmato

Nella relazione illustrativa alla proposta di Direttiva COM(2023) 234 (aggiornamento del quadro giuridico dell’UE in materia di lotta contro la corruzione), presentata dalla Commissione europea il 3 maggio 2023[1], si evidenzia che 25 Stati membri dell’Unione su 27 hanno previsto, nei loro ordinamenti, il reato di abuso d’ufficio. Tuttavia, l’Italia, in controtendenza rispetto agli indirizzi dell’UE, sta pensando di abrogare l’art. 323 del Codice penale. Che mondo sarebbe, senza abuso d’ufficio? Secondo alcuni illustri giuristi, sarebbe certamente un mondo migliore; secondo altri, invece, si creerebbero delle sacche di impunità. Non sapendo bene a chi dare ascolto, ci siamo divertiti a scrivere una storiella, ambientata nel futuro, ma che racconta dinamiche e rischi ben radicati nel presente.

14 febbraio 2044. Il mite inverno sta per cedere il passo ad una eterna torrida estate. Come ogni anno, da vent’anni, oggi in Italia si festeggia l’“Abrogation day”, la giornata in cui i decisori pubblici celebrano la riconquista della libertà. Scene di giubilo di Sindaci e dirigenti pubblici che firmano atti e delibere a reti unificate. Mentre nei notiziari campeggiano le immagini di ministri che provocatoriamente spezzano manette, si organizzano eventi di celebrazione in cui i RUP aggiudicano commesse per la realizzazione di opere pubbliche in tempo reale, stracciando moduli, formulari e check-list al grido di “mai più paura della firma!”.

Vent’anni fa le illuminate menti del legislatore hanno consegnato alla damnatio memoriae il reato di abuso d’ufficio, liberando milioni di politici, amministratori, magistrati, dirigenti e funzionari pubblici dalla cultura del sospetto che aveva congelato fino a quel momento l’azione politico-giudiziaria-amministrativa.

Da allora, il nostro Paese si è posto alla guida del mondo libero: un nuovo Rinascimento, fondato sulla reciproca fiducia, ha finalmente ri-orientato l’etica pubblica verso principi più contemporanei consegnando l’imparzialità alla storia. Ad esempio, il principio di sostenibilità ambientale ora ispira il novellato articolo 7 del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici: “Il dipendente si astiene da decisioni o attività che possano comportare il mancato spegnimento delle luci dell’ufficio e dei dispositivi elettronici propri, del coniuge o convivente … Il dipendente si astiene in ogni altro caso di grave minaccia alla sostenibilità. Sulla riaccensione decide il superiore gerarchico”.

Mandato in pensione anche l’obsoleto “obbligo di astensione”, per Andrea e Massimo, sfortunati fondatori di Spazioetico, si era aperta una stagione di gravi difficoltà. Il grottesco tentativo di riconvertirsi in agenzia di commercializzazione di pattumiere ecosostenibili per la pubblica amministrazione era fallito. Ogni tanto, qualche responsabile della prevenzione della corruzione, in nome dei vecchi tempi andati, li chiamava ancora per incontri di formazione destinati a fallire già in partenza. Tristi rimpatriate che non sortivano alcun effetto, visto che in aula, quando i due ex formatori proponevano i lori patetici casi, facendo emergere dei sedicenti rischi corruttivi, si alzavano trionfanti le grida di scherno di medici e funzionari amministrativi:

– Ho appena fatto acquistare all’Ospedale delle nuove apparecchiature, prodotte dell’azienda con cui collaboro! ma non è morto nessuno!

–  Anzi i pazienti ci hanno ringraziato, perché abbiamo eliminato le liste di attesa!

– Quando c’è di mezzo la loro salute, i pazienti se ne fregano dell’imparzialità!

–  Vergogna! Ci avete fatto credere per anni di essere dei delinquenti!

Le manifestazioni di protesta si protraevano fino all’esito consueto e scontato: la sospensione della cosiddetta “lezione” e il ritorno a casa degli sconsolati formatori.

Un giorno, in preda alla frustrazione e all’angoscia, Massimo, preoccupato per il futuro suo della sua famiglia (la moglie lo ha minacciato di separarsi, se non porterà a casa risorse finanziarie sufficienti al sostentamento dei figli) propose ad Andrea di consultare prima una cartomante e poi una lettrice della mano. Purtroppo, all’atto del vaticinio, entrambe si erano rifiutate di predire il futuro di Spazioetico, generando un senso di disperazione.

–  Non abbiamo altra scelta! esclamò allora Andrea, preoccupato dall’impossibilità di continuare a giocare a padel: – Dobbiamo rivolgerci ad una medium!

L’incontro con l’ipersensitiva è fedelmente riportato in un annale postumo della vita degli autori di Spazioetico, comunemente noto con il titolo di “Confessione di Sergio Spalmato”, dal nome dello spirito evocato e della storia che trasmise ai nostri autori, che  testé trascriviamo, se non altro, per ravvivare la loro dannata memoria.

Una anacronistica mobilia circonda il tavolo di Madame d’Accountable. La nota medium-parlante se ne sta seduta con gli occhi chiusi in attesa di un ospite disposto ad ascoltare e a consigliare gli autori i quali, dal canto loro, non hanno mai creduto a questi strani fenomeni medianici ed intravedono artifici e truffe ad ogni piè sospinto. Ma ecco che un suono, come di una tromba sordinata, fuoriesce dalle labbra serrate della Madame. La sua voce cambia. Un tono baritonale testimonia di un eventuale possedimento, che si consolida nell’insolita postura che assume la donna che sembra crocifissa alla sedia. Con la bocca spalancata ma senza muovere le labbra, una voce comincia a farfugliare prima incomprensibili parole, poi una specie di litania: – Sono l’anima del geometra Sergio Spalmato, titolare dell’ufficio Lavori Pubblici del Comune di Penuria. D’un tratto gli autori si ricordano di quell’uomo. Aveva partecipato ad un incontro tenuto proprio presso quel Comune. Avevano avuto entrambi la sensazione che quel tizio non gliela contasse giusta, visto che si distraeva facilmente e sembrava pensare a tutt’altro. Come se li avesse letti nel pensiero, Spalmato comincia a parlare: – Certo che pensavo ad altro! Di lì a poco sarei morto! Sarei stato barbaramente ucciso da un marito geloso e per un equivoco! Non meritavo di morire così giovane, povero me! Povera la mia anima dannata! Gli autori trasaliscono e chiedono goffamente alla medium di intercedere affinché Spalmato racconti la sua triste storia e per comprendere cosa diavolo abbia a che fare questa storia con la richiesta di avere lumi sul futuro di Spazioetico. Spalmato, allora, si mette a raccontare… – Era l’autunno del 2024. I lavori di ristrutturazione della piscina comunale procedevano spediti, quando intervennero delle modifiche nella normativa, che avrebbero resa necessaria  l’adozione di alcune varianti progettuali, per adeguare gli impianti ai nuovi requisiti di legge. Purtroppo il Comune di Penuria non aveva molte risorse finanziarie e aveva potuto mettere a bilancio solo la realizzazione dei lavori di ristrutturazione della piscina. Non c’erano soldi per affidare un nuovo incarico di progettazione! Fu allora che ebbi un’idea geniale. Un tempo, certamente, l’avrei subito scacciata dalla mia mente, ma con l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio, ormai, mi ero liberato da ogni angoscia e tutto mi sembrava possibile: chiamai la professionista che era stata incaricata di redigere il progetto di ristrutturazione della piscina, l’architetta Renata Ritorno, e le feci una semplice proposta. Le voci di un uomo e di una donna cominciano ad uscire, alternativamente, dalla bocca spalancata di Madame d’Accountable, come se provenissero da un lontano dialogo, davanti agli occhi atterriti di Massimo e Andrea: «Renata, io non ho i soldi per pagare un progettista esterno, in questo momento; dovrei avvalermi del personale interno, ma non ho nessuno che abbia la capacità tecnica per redigere la variante al progetto di ristrutturazione della piscina. Potresti farlo tu, gratuitamente?» «Ma io non posso lavorare gratis!» «Non lavorerai gratis: il compenso sarà solo differito nel tempo! Verrà “spalmato” su altri incarichi, come un vasetto di marmellata su tante fette di pane» «Come funzionerebbe?» «Ora ti spiego: nei prossimi mesi posso garantirti una serie di piccoli incarichi di progettazione. Ogni volta, tu mi farai un preventivo dei costi un po’ più alto, fino a quando non sarai rientrata di tutti i soldi che ti dobbiamo». Dopo una pausa e un lungo sospiro, la voce di Sandro Spalmato riprende la sua narrazione: – Ci siamo stretti amichevolmente la mano e la variante del progetto arrivò dopo pochi giorni: la piscina fu inaugurata con la soddisfazione di tutti! Nei mesi successivi, gli incontri tra me e Renata Ritorno si intensificarono ed io cercai di sdebitarmi in tutti i modi: le assegnai innumerevoli incarichi e, una volta, mi improvvisai persino idraulico, per riparare, ovviamente gratis, un tubo che perdeva nel bagno di casa sua. Poi, un brutto giorno, il marito di Renata, sofferente di una inguaribile gelosia, varcò armato la soglia del Comune e fece strage di lei e di me, convinto che avessimo una relazione sentimentale e che quegli incarichi non fossero altro che una copertura.

La Confessione di Sergio Spalmato si conclude con un’amara invettiva, che per alcuni commentatori rappresenta una velata critica all’abolizione dell’art. 323 del c.p.: “Ahi miserevole abominio! Certo, se l’incauto legislatore non avesse abrogato il reato di abuso d’ufficio, Spalmato avrebbe avuto più remore ad agire una tal condotta! E di certo, una blanda sanzione penale è sempre preferibile ad una severa sanzione d’onore, che spezza anzitempo il filo della vita”.

L’assedio

Nell’ambito del progetto di riforma della Giustizia promosso dal Governo Meloni, l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio (art. 323 c.p.) è motivata dall’esigenza di facilitare la ripresa economica dell’Italia, attraverso una più puntuale delimitazione delle responsabilità. In troppi casi, infatti, i pubblici funzionari si astengono dall’assumere decisioni utili per il perseguimento dell’interesse pubblico, per il timore di esporsi a possibili addebiti penali. L’ipotesi di abrogazione, tuttavia, è stata ampiamente criticata soprattutto da alcuni esponenti della Magistratura, che hanno promosso una vera e propria crociata in difesa dell’abuso d’ufficio.

Cari lettori, care lettrici,

vi abbiamo raccontato un futuro distopico e la nostra paura di venire spazzati via dai capricci  riformistici del legislatore di turno. È stata una divertente scorciatoia: comprendere le contraddizioni del presente è difficile, a volte impossibile; è di gran lunga più facile trasformarle in un paradosso da lanciare, come un sasso, dentro al futuro. Ogni tanto, però, il presente bussa alla porta e non si può ignorare.

Negli ultimi mesi stiamo assistendo, probabilmente, all’ultimo atto di una disputa tra poteri dello Stato che risale ai tempi di Tangentopoli e che si trascina da trent’anni: da una parte della barricata c’è la Magistratura, che contrasta il malaffare “con torsioni eticizzanti”, per usare le parole del prof. Vico Valentini dell’Università di Perugia, “incaricandosi di supplire alla persistente latitanza di misure sanzionatorie extrapenali realmente efficaci e stigmatizzanti, ed alla storica mancanza di una cultura dell’integrità e dei boni mores che affligge la gestione della cosa pubblica nostrana”[2]; dall’altra parte c’è la Politica, che denuncia interferenze, rivendica la propria autonomia, vorrebbe sottrarre la discrezionalità politico-amministrativa dal sindacato penalistico, ma che al contempo non riesce a proporsi come soggetto credibile, in grado di gestire i fenomeni di caduta dell’integrità che la attraversano.

Ci siamo tenuti a lungo lontani da questa disputa; ci siamo dedicati alla promozione dell’integrità e alla formazione del personale, facendo finta di non sentire, in lontananza, il rumore sordo e prolungato della battaglia. Ma il rumore adesso è diventato troppo forte, non può essere più ignorato; e così abbiamo deciso di correre al fronte, per raccontarvi le gesta degli eroi di quest’ultima crociata, le grida che provengono dalle trincee lungo le quali si affrontano i difensori del reato di abuso d’ufficio contro gli abrogazionisti.

Il 15 giugno 2023 il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della giustizia Carlo Nordio, ha approvato un disegno di legge che reca modifiche al Codice penale, al Codice di procedura penale e all’Ordinamento giudiziario[3]. Il disegno di legge, che prevede l’abrogazione dell’abuso d’ufficio (art. 323 c.p.), la stretta sulle intercettazioni telefoniche, le limitazioni all’appello del pubblico ministero, la ridefinizione del reato di traffico di influenze illecite (art. 346 bis c.p.) e la modifica delle procedure di custodia cautelare, è stato fortemente criticato dalle opposizioni e dalla magistratura. E sono volate parole di guerra:

  • «L’abuso d’ufficio funziona. Cancellarlo è un errore, darà il via libera ai faccendieri» (Paolo Ielo, procuratore aggiunto di Roma, Domani, 18 giugno 2023)
  • «Riforma della Giustizia, la crociata di Magistratura democratica contro Nordio. Magistratura Democratica va all’assalto del Guardasigilli. La corrente moderata delle toghe, Magistratura Indipendente, intanto, avverte sui rischi di un simile approccio ideologico» (Paolo Pandolfini, il Riformista, 21 giugno 2023)
  • «Non si ha memoria di uno scontro istituzionale di tale portata condotto con questa vigliaccheria» (on. Peppe Provenzano(PD) La Stampa, 8 luglio 2023)
  • «il tempo della guerra con la magistratura è finito. I magistrati belligeranti e i guerrafondai ‘en pendant’ vanno isolati perché il Paese e i cittadini hanno bisogno della migliore politica e della migliore giustizia possibile […] noi siamo i paladini del principio della presunzione d’innocenza» (Paolo Sisto, viceministro e sottosegretario di Stato alla Giustizia, Fanpage.it, 7 luglio 2023)

Il Ministro Nordio, ex magistrato che ha seguito inchieste importanti, dalle Brigate Rosse al MOSE, garantisce che il Governo non sta favorendo corrotti e faccendieri: il corpus dei reati contro la pubblica amministrazione, con 18 diverse fattispecie, disegna “un sistema in grado di colpire efficacemente ogni condotta aggressiva del bene tutelato.” (Il Sole 24 Ore, 7 luglio 2023).

Ma i crociati non demordono e continuano il loro assedio, al grido “Merida vult” [4], mentre dal cuore freddo dell’Europa giunge la notizia di una Bolla Papale Anticorruzione, che obbligherà gli Stati membri a “punire come reato l’esecuzione o l’omissione di un atto, in violazione delle leggi, da parte di un funzionario pubblico nell’esercizio delle sue funzioni al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un terzo”.[5]

Ma perché mai l’abuso d’ufficio è finito sotto assedio, è diventato il reato più odiato dai sindaci e il capro espiatorio di tutte le inefficienze del sistema pubblico? Cosa c’è di male nel prevedere una sanzione penale per chi abusa del potere pubblico e lo usa per promuovere in modo illecito interessi privati?

2. Tre miserie in un colpo solo

L’abuso d’ufficio sanziona le prevaricazioni, i favoritismi e gli indebiti arricchimenti degli agenti pubblici, realizzati abusando della propria funzione pubblica. Ha una funzione sussidiaria, perché consente di sanzionare condotte che non sono punibili alla luce di altre fattispecie di reato (ad es. corruzione, concussione o peculato) ed è caratterizzato da una notevole indeterminatezza, che ha reso necessari diversi interventi del Legislatore, finalizzati a rendere più chiara e circoscritta la condotta criminalizzata.

L’abuso d’ufficio ha molte anime ed è, contemporaneamente, residuale e fondamentale. E’ residuale, perché ha una funzione di chiusura del sistema dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, ed è applicabile soltanto ove non possa configurarsi un diverso e più grave reato[6]. E’ fondamentale, d’altro canto, perché promuove un uso ecologico del potere e della funzione pubblica, che “non sono mai lo strumento per colpire ingiustamente qualcuno, o lo strumento per ottenere, o fare ottenere, ingiusti vantaggi patrimoniali a sé o ad altri; sono lo strumento – al contrario – per la realizzazione dell’interesse pubblico”[7].

Le condotte di prevaricazione dei pubblici ufficiali ai danni dei privati cittadini sono state, storicamente, le prime ad essere attratte nell’orbita sanzionatoria dell’abuso d’ufficio[8]; in seguito, sono state prese in considerazione anche le condotte dell’agente pubblico infedele, che usa la propria funzione per ricavare un indebito vantaggio personale, oppure per avvantaggiare ingiustamente altri privati cittadini. La natura sussidiaria e la doppia anima del reato di abuso d’ufficio (tutela del cittadino dalle prevaricazioni e tutela della P.A. dall’infedeltà) erano già evidenti nel Codice Zanardelli (Regio decreto 30 giugno 1889, n. 6133) e nel cosiddetto abuso innominato introdotto dal Codice Rocco (Regio decreto 19 ottobre 1930, n. 1398)[9]:

Codice Zanardelli (Art. 175)Il pubblico ufficiale, che, abusando del suo ufficio, ordina o commette contro gli altrui diritti qualsiasi atto arbitrario non preveduto come reato da una speciale disposizione di legge, è punito con la detenzione da quindici giorni ad un anno; e, qualora agisca per un fine privato, la pena è aumentata di un sesto, sostituita alla detenzione la reclusione. Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale che, nell’esercizio delle proprie funzioni, eccita alcuno a trasgredire alle leggi od ai provvedimenti dell’Autorità”
Codice Rocco (art. 323)Art. 323: Il pubblico ufficiale, che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, commette, per recare ad altri un danno o per procurargli un vantaggio, qualsiasi fatto non preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, è punito con la reclusione fino a due anni o con la multa da lire cinquecento a diecimila.

L’indeterminatezza è una caratteristica del reato di abuso d’ufficio, in una certa misura necessaria per sanzionare un mare magnum di condotte molto diverse tra loro e difficilmente tipizzabili, se non in negativo: prevaricazioni diverse dalla concussione, favoritismi che sfuggono agli schemi della corruzione e arricchimenti indebiti diversi dal peculato. Ma questa indeterminatezza, d’altro canto, non consente di identificare, chiaramente ed ex ante, i comportamenti meritevoli di una sanzione. Come ha correttamente evidenziato il prof. Attilio Nisco, docente di diritto penale all’Università di Bologna, l’abuso d’ufficio è più che altro “una formula che sintetizza un nugolo di criteri, non certo limpidi, di cui ci si serve in un controllo successivo. Da qui l’inevitabile attrito con il principio di determinatezza e con la categoria penalistica della tipicità” [10].

Tra il 1990 e il 2020 l’art. 323 del c.p. è stato riscritto tre volte[11], proprio nel tentativo di rendere meno vaga la fattispecie di reato di abuso d’ufficio:

Riforma “Andreotti” (L. n. 86/1990)Il pubblico ufficiale o l’incaricato  di  un  pubblico  servizio, che, al fine di procurare a se’ o ad altri un ingiusto vantaggio  non patrimoniale o per arrecare ad altri un danno ingiusto, abusa del suo ufficio, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione fino a due anni. Se il fatto é commesso per procurare a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale, la pena è della reclusione da due  a  cinque anni.
Riforma “Prodi” (L. n. 234/1997)Salvo che il fatto  non  costituisca  un  più  grave  reato,  il pubblico ufficiale o l’incaricato di  pubblico  servizio  che,  nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme  di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza  di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o  negli  altri  casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o  ad  altri  un  ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un  danno  ingiusto  è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno  hanno un carattere di rilevante gravità.
Riforma “Conte” (D.L. m. 76/2020)Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello  svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di  specifiche  regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino  margini  di  discrezionalità ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse  proprio  o di  un  prossimo   congiunto   o   negli   altri   casi   prescritti, intenzionalmente procura a sé  o  ad  altri  un  ingiusto  vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è  punito  con la reclusione da uno a quattro anni.  La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno  hanno un carattere di rilevante gravità.  

La riforma del 1997, a nostro parere, è particolarmente importante, perché chiama in causa il conflitto di interessi, e identifica due “sottofattispecie”[12] alternative del reato: l’abuso d’ufficio per violazione di legge e l’abuso d’ufficio per omessa astensione, che non punisce, ovviamente, il dipendente che si trova in una situazione di conflitto di interessi (essere in conflitto di interessi non è un reato); e non sanziona nemmeno la mancata comunicazione e astensione del dipendente (che è invece sanzionata sul piano disciplinare[13] e amministrativo). Ad avere rilevanza penale è piuttosto il comportamento dell’agente pubblico che, in una situazione di conflitto di interessi, mantenendo in asimmetria informativa la propria amministrazione o i propri destinatari, decide consapevolmente (c.d. dolo intenzionale) di commettere un azzardo morale, cioè “intenzionalmente procura a sé o  ad  altri  un  ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un  danno  ingiusto”.

Invece, la riforma del 2020, realizzata durante la pandemia Covid-19, probabilmente è andata oltre il segno, perché ha circoscritto eccessivamente “l’operatività della sottofattispecie di abuso d’ufficio per violazione di legge, riducendola a coprire casi esigui, per non dire teorici, di esercizio intenzionalmente scorretto di un potere vincolato […]  la nuova norma delinea un’irragionevole sfera di immunità per i detentori di un potere discrezionale, ovvero per quegli unici soggetti in condizione di abusare di un potere[14].

Ad ogni modo, trent’anni di riforme non sono bastati per cancellare il peccato originale dell’abuso d’ufficio, un reato che, per le sue modalità applicative, acuisce i conflitti tra Politica e Magistratura.

La pesca a strascico del pesce-sindaco

Dal 1990 ad oggi, sono state spesso le preoccupazioni espresse dai Sindaci ad attivare il dibattito intorno all’abuso d’ufficio. A detta degli amministratori locali, infatti, l’’art. 323 del c.p. genera un rischio penale non prevedibile e determina il frequente coinvolgimento dei politici locali in indagini “esplorative” e processi infondati, che si concludono quasi sempre con decisioni di archiviazione o assoluzione.

Proprio per la sua prossimità a fattispecie di reato più specifiche, l’abuso d’ufficio è ampiamente utilizzato dalla Magistratura per dare impulso all’azione penale nei confronti di alcuni reati che non sono quasi mai, come avviene con la corruzione, oggetto di specifiche denunce: “è un classico reato spia, sia nel senso che può essere una sorta di alert di fatti illeciti penali più rilevanti (quali la corruzione, il falso ideologico, le turbative d’asta etc.), sia nel senso che le indagini avviate per verificare la legittimità dell’azione amministrativa e di eventuali comportamenti “abusivi” possono poi consentire di far emergere elementi indiziari delle già citate più gravi ipotesi di reato[15]. Non tutti, però, sono d’accordo con questa strategia investigativa: il Ministro Carlo Nordio, per esempio, ha osservato che “un reato o c’è o non c’è. Non puoi andare a cercare a strascico qualcosa che sia la spia di un altro reato. Se hai degli elementi perché esista un altro reato vai a cercare quel reato”[16].

La pesca a strascico si realizza gettando o una vasta rete sul fondo del mare, che si porta via tutto ciò che entra nel suo raggio: non solo i pesci commerciabili, ma anche altre specie (come le tartarughe e i delfini), piante marine e numerosi organismi che, sebbene non siano commestibili, sono essenziali per l’equilibrio dell’ecosistema del mare. Tutto ciò che viene pescato senza essere voluto prende il nome di bycatch: pesci “inutili”, che vengono ributtati in mare, spesso già morti.  La metafora è molto forte e forse non del tutto calzante: facciamo un po’ di fatica a immaginarci schiere di PM dediti alla pesca, vestiti come Capitan Findus, e banchi di sindaci boccheggianti, caduti nella rete dell’abuso d’ufficio come delfini innocenti. Tuttavia, è innegabile che molti politici, tecnici e funzionari pubblici percepiscano l’abuso d’ufficio come una minaccia e sarebbero favorevoli ad una sua abrogazione.

La caccia alle streghe

La paura della firma e la burocrazia difensiva sono dei minacciosi fantasmi che si aggirano per gli uffici della pubblica amministrazione italiana, rendendola meno efficiente. In tempi di rincorsa alle milestone del PNRR, ovviamente, questi fenomeni destano una ancor più viva preoccupazione. L’abuso d’ufficio è da sempre sotto processo, additato come responsabile dell’inerzia dei decisori pubblici. Ma quali prove abbiamo della sua colpevolezza?

I crociati scesi in campo per difendere l’abuso d’ufficio, quindi, dovranno ingaggiare un’aspra battaglia contro un esercito di “arcieri abrogatori”, pronti a scoccare le loro tre temutissime frecce avvelenate:

  • l’abuso d’ufficio determina un’ingerenza del giudice penale nell’attività discrezionale della pubblica amministrazione, e soprattutto dei sindaci;
  • l’abuso d’ufficio genera un’enorme quantità di indagini e processi, che si chiudono con l’archiviazione o l’assoluzione, con danni enormi per le persone coinvolte sul piano umano, lavorativo e politico;
  • L’abuso di ufficio, nella sua indeterminatezza, ha generato il fenomeno della paura della firma[17], determinando spesso la paralisi amministrativa.

La relazione causa-effetto tra abuso d’ufficio e amministrazione difensiva è la principale argomentazione a sostegno dell’abrogazione dell’art. 323 del codice penale, data ormai per scontata dalla maggior parte degli esperti di management pubblico, pur essendo molto difficile da verificare in concreto.

Nell’ambito del progetto FSE POR Campania 2014-2020 “Pubblica Amministrazione: semplificare i processi decisionali, migliorare le performance”, per esempio, è stato distribuito un questionario anonimo a 780 funzionari della Regione Campania, per testare dal vivo se effettivamente il reato di abuso d’ufficio rappresentasse un ostacolo nell’attività lavorativa quotidiana, con il seguente risultato: “il 76% dei pubblici dipendenti si “rifugiava” nell’amministrazione difensiva per l’incombente timore della sottoposizione a un procedimento penale per il delitto di cui all’art. 323 c.p.”[18]. La connessione tra amministrazione difensiva e abuso d’ufficio, quindi, esiste veramente (almeno tra i funzionari della Regione Campania); resta da capire se questa connessione è reale o è solo percepita.

Roberto Garofoli, presidente di Sezione presso il Consiglio di Stato, in una recente audizione alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, ha evidenziato che i procedimenti per abuso d’ufficio, per quanto numerosi, sono “in forte calo (da 7939 nel 2016 a 5418 nel 2021). E lo saranno ancor più per effetto dell’art. 335, 1 bis, c.c.p., introdotto dalla Riforma Cartabia.”[19] Se i procedimenti penali per abuso d’ufficio sono in calo, ma la paura della firma è in aumento, allora potrebbero essere altri i fattori che bloccano o rallentano i processi decisionali dei dipendenti pubblici e, quindi, sacrificare l’art. 323 del c.p. sull’altare dell’efficienza potrebbe non sortire gli effetti sperati.

Nel 2021, invece, un drappello di ricercatori[20] facenti capo all’I.R.P.A. (l’Istituto di ricerche sulla pubblica amministrazione fondato nel 2004 da Sabino Cassese e dai suoi allievi) ha identificato quattro fattori di sviluppo che potrebbero avere incentivato la diffusione della burocrazia difensiva nel contesto italiano: a) incertezza delle regole; b) estensione dell’area di potenziale responsabilità dei funzionari pubblici, c) assenza di sanzioni per l’amministrazione difensiva; d) disfavore per le polizze assicurative[21]. Nel loro studio, parlando dell’abuso d’ufficio, gli autori si domandano “se l’abuso di ufficio, che nel reprimere le condotte commissive è fattore di burocrazia difensiva, possa invece operare come elemento di attenuazione della stessa nella sua attitudine a sanzionare le ipotesi in cui il funzionario amministrativo non assuma decisioni o condotte necessarie ai fini della realizzazione dell’interesse pubblico e, pertanto, rimanga inerte, anche per timore che quelle scelte possano condurre a forme di responsabilità e sanzioni”[22]. Ci sembra un po’ paradossale che l’abuso d’ufficio possa, contemporaneamente, alimentare la paura della firma e, contemporaneamente, prevenire alcune forme di burocrazia difensiva: è proprio un cane che si morde la coda!

In conclusione, se è vero che i magistrati stanno facendo una crociata contro il governo, a difesa non tanto di un reato ma di un certo modo di interpretare l’azione penale, è altrettanto vero che qualcuno, prima di loro, ha scatenato una caccia alle streghe contro l’abuso d’ufficio; ha inventato un capro espiatorio su cui scaricare la colpa di tutte le disfunzioni del sistema pubblico; ha generato un’allucinazione collettiva, nella quale i presidi di legalità e imparzialità della funzione politico-amministrativa sono visti come un ostacolo, e non come un incentivo, al risultato. 

L’azzardo morale di Enrico Dandolo

Le crociata di ogni epoca si prestano a repentine inversioni di ruolo: nel 1099 i cristiani  assediarono Gerusalemme, massacrando ebrei e musulmani[23] ; nel 1187, invece, fu il Feroce Saladino ad assediare i cristiani dentro Gerusalemme, anche se , a dispetto del suo nome, fu assai più clemente[24]. Ma le crociate si prestano anche alle più impensabili deviazioni e strumentalizzazioni.

Nel 1198 papa Innocenzo III bandì la quarta crociata, per liberare Gerusalemme, ma non trovò alcun re o imperatore disponibile a realizzarla[25].  Allora, un drappello di nobili francesi si rivolse ad Enrico Dandolo, doge della Repubblica di Venezia, che si impegnò a costruire ed armare 50 galere e a trasportare in Terrasanta 4.500 cavalieri con i loro cavalli, 9.000 scudieri e 20.000 fanti. In cambio, Venezia avrebbe ricevuto un sostanzioso pagamento e metà delle conquiste effettuate. Ma al momento della partenza, nel 1202, i crociati erano meno del previsto e il denaro da essi raccolto non bastava a coprire le spese. Poiché i veneziani avevano investito molti capitali, che temevano di perdere, Enrico Dandolo si mise a capo della spedizione, ma non arrivò mai a Gerusalemme: conquistò Zara e poi navigò in direzione di Costantinopoli, capitale del mondo cristiano d’oriente, che venne assediata e saccheggiata nel 1204.

A otto secoli di distanza, l’odierno scontro sull’abuso d’ufficio rischia di essere ugualmente strumentalizzato, per favorire istanze di parte o interessi personali; e financo per garantire l’impunità a qualche ladro di polli. Per scongiurare tale rischio, chiunque proponga di abrogare l’art. 323 del c.p. deve garantire trasparenza e una buona dose di onestà intellettuale e rispondere a queste due domande:

  • quanto sono gravi le condotte che non saranno più sanzionate?
  • cosa succederà, quando verrà meno il reato e la sua funzione preventiva, cioè di deterrenza?

Il ministro Nordio, per esempio, ha dichiarato che “a seguito dell’abrogazione dell’art. 323 c.p., le condotte rientranti nell’alveo dell’attuale abuso d’ufficio, lungi dal rimanere prive di ogni forma di intervento statale, saranno più correttamente inquadrate nel contesto del sindacato giurisdizionale sull’azione amministrativa da parte del giudice amministrativo”[26]. Vorremmo essere ottimisti e fidarci delle rassicurazioni del ministro, ma abbiamo il fondato sospetto che qualche condotta, invece, potrebbe restare impunita. La pensa come noi anche Massimo Donini, professore ordinario di diritto penale all’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”. Secondo il prof. Donini i favoritismi che oggi sono puniti dall’abuso d’ufficio, si realizzano di norma, attraverso “atti o fatti giuridici, provvedimenti etc. che danno luogo a  controversie amministrative anche complesse e che possono restare regolate in sede extrapenale, qualora non siano aggravate da altri tratti (violenza, corruzione o grave pregiudizio al buon andamento della p.a.)”[27].Le prevaricazioni, invece, spesso si realizzano “mediante meri comportamenti arbitrari”. Le prevaricazioni, dunque, abrogando l’abuso d’ufficio, potrebbero non essere sanzionabili sul piano amministrativo, restando impunite oppure, nel migliore dei casi, potrebbero essere censurate sul piano disciplinare. Questo rischio di impunità ci sembra assai preoccupante, perché alcune forme di prevaricazione possono essere gravemente lesive di diritti o interessi legittimi del cittadino.

Ma a quali comportamenti facciamo riferimento, quando parliamo di prevaricazioni? Ecco alcuni esempi:

  • Un paziente non riceve la normale assistenza in una R.E.M.S., ma subisce prevaricazioni consistenti in uso massiccio di sonniferi, mezzi di contenzione e isolamento non giustificati da necessità terapeutiche;
  • il primario ospedaliero demansiona  un aiuto medico perché non dirotta alcuni pazienti verso la sua clinica privata;
  • Un poliziotto infierisce intenzionalmente con abusi comportamentali (atti arbitrari) contro  soggetti controllati, barboni,  passanti ubriachi,  gruppi di persone che disturbano, tossici, prostitute, non arrestati;
  • Un pubblico ministero  avvia una indagine penale contro persona invisa per mera ritorsione, senza astenersi, e anzi usando l’ufficio per fini personali.

Dopo questo breve ma terrificante elenco di prevaricazioni, il prof. Donini pone una domanda più che mai opportuna e fornisce una risposta pienamente condivisibile: “chi potrebbe sentirsi protetto da una legislazione priva dell’abuso di ufficio nella parte in cui punisce  la volontaria violazione di legge commessa dal soggetto pubblico, che rechi intenzionalmente a terzi un danno ingiusto? Credo solo il pubblico ufficiale che abusa”[28].

Tuttavia, noi siamo convinti che le prevaricazioni siano solo la punta di un iceberg di comportamenti già di per sé molto diffusi, che abrogando l’abuso d’ufficio saranno sdoganati in un clima di irresponsabile impunità.

Cecilia Pagella, ricercatrice presso il dipartimento di Scienze giuridiche Cesare Beccaria dell’Università degli Studi di Milano, ha pubblicato nel 2023 la sintesi dei risultati di una ricerca condotta su circa 500 sentenze aventi ad oggetto reati di abuso d’ufficio, massimate dalla Corte di cassazione tra il 1997 e oggi[29]. Dallo studio emerge che la situazione di gran lunga più ricorrente nella prassi (227 sentenze) è quella del pubblico amministratore che sfrutta la sua posizione per conferire ad altri vantaggi patrimoniali indebiti.”[30] In alcuni casi, il denaro pubblico viene speso a favore di soggetti che ricevono appalti o incarichi senza avere adeguate competenze e che, di conseguenza, non saranno in grado di offrire, come corrispettivo della somma ricevuta, una prestazione di valore equivalente. Si tratta quindi di situazioni che si situano “ai confini” col peculato per distrazione e che dunque potrebbero in futuro ricadere entro l’ambito applicativo dell’art. 314 c.p. In altri casi, invece, “l’assegnazione di un vantaggio a terzi rappresenta il corrispettivo per il soddisfacimento, da parte di costoro, di un interesse proprio del pubblico amministratore”[31]. Condotte di questo tipo, messe in atto in situazioni di debito o credito relazionale, secondo la dott.ssa Pagella potranno essere ricondotte in futuro nell’ambito della corruzione “solo fornendo una lettura amplissima del concetto di “altra utilità.”[32]

Ma cosa succederà, in futuro, nei casi in cui un decisore pubblico non dovesse guadagnare nulla sul piano personale? E se il soggetto illecitamente favorito dovesse avere competenze adeguate, realizzare in maniera impeccabile l’opera o svolgere nel migliore dei modi il servizio appaltato? Molto probabilmente, nessuno sarà punito.

Negli ultimi trent’anni abbiamo osservato preoccupanti fluttuazioni nel modo di interpretare la delega pubblica, soprattutto in politica: da arte del possibile ad arte del vantaggioso il passo è stato davvero breve, in molte circostanze. Nell’attuale contesto di attuazione del PNRR, soprattutto, l’eccessiva enfasi sui risultati apre enormi spazi di rischio di comportamenti di abuso che, se da una parte avvantaggiano interessi privati, dall’altra permettono di portare a casa il risultato, cioè la spesa rendicontabile. Queste condotte, che non sono in alcun modo inquadrabili con le fattispecie delittuose di corruzione o concussione, determinano un grave pregiudizio alla concorrenzialità dei mercati, alla percezione di imparzialità della funzione pubblica e all’indipendenza delle scelte, consolidando il senso di sfiducia nelle istituzioni ed il progressivo declino della democrazia.

Quando si cancella un reato come l’abuso d’ufficio si lancia un messaggio simbolico che non è tanto diretto agli stupratori della funzione e ai prevaricatori, ma al grande popolo di tecnici e professionisti che devono mettere in sicurezza progetti e opere pubbliche; ai milioni di Sergio Spalmato alle prese con scarsità di risorse, competenze e informazioni; ai tanti amministratori locali che, per mantenere gli impegni assunti con i cittadini, forzano la loro funzione e trovano scorciatoie che ad un primo sguardo sembrano vantaggiose per tutti, ma che ingabbiano il decisore pubblico e lo mettono al servizio degli interessi privati.

Conclusioni. Abusus non tollit usum

Nel contesto italiano la sanzione penale gioca anche una funzione preventiva e di stigma sociale. Per questa ragione, il reato di abuso d’ufficio dovrà continuare a esistere, finché nel nostro paese non sarà diffusa una reale cultura dell’integrità pubblica, accompagnata da sistemi di prevenzione che funzionano non solo sulla carta.

La politica sfidata a singolar tenzone dalla magistratura, o viceversa, è un refrain che va avanti da quando abbiamo ricordi (e giuriamo di non essere di primo pelo). Il (cosiddetto) dibattito risente anche del fatto che in Italia, come in molti Paesi controriformati dell’Europa del Sud, forse con meno ipocrisia che da altre parti, si ritiene che se un decisore pubblico non viene sanzionato sul piano penale, allora non può ricevere alcuna altra sanzione o stigma sul piano etico. Abbiamo sentito spesso i nostri politici appellarsi al fatto che laddove la magistratura non sia pervenuta a circoscrivere una condotta illecita sul piano penale, la stessa condotta debba ritenersi non valutabile su altri piani: conflitti di interessi non gestiti, sovrapposizioni di incarichi, finanche le tesi di dottorato copiate e incollate[33], e chi più ne ha più ne metta, se non raggiungono la dignità di fattispecie delittuosa, allora non solo sono considerati possibili, ma anche in qualche modo convenienti e opportuni, se permettono di raggiungere il risultato sperato o per dirla con i termini in voga in questo momento, i milestone e i target posti dall’Europa. Si consideri anche il fatto che la conflittualità tra le parti politiche, almeno nelle manifestazioni esterne finalizzate alla polarizzazione delle posizioni, fa ampio uso della gogna mediatica evidenziando condotte riprovevoli di sopraffazione, abuso e vantaggio personale che vengono assunte dalla parte politica sotto accusa come strumenti di diffamazione, nei confronti dei quali si deve resistere ad ogni modo; ragion per cui, facciamocene una ragione: dimissioni per ragioni di opportunità, in Italia, non se ne vedranno mai.

Lo striminzito spazio della esclusiva valutazione penalistica delle condotte porta, dunque, all’evidente paradosso che si possano tenere tutti i comportamenti che non sono vietati espressamente dal codice penale, uccidendo, di fatto, ogni dimensione etica della funzione pubblica. Ed è forse questa la ragione ultima per cui dovremmo tenerci un reato come l’abuso della funzione. Fintanto che in Italia i decisori pubblici faranno fatica a comprendere il motivo per cui non si può agire in conflitto di interessi, cioè sotto il sequestro di interessi privati, allora ci sarà bisogno di un segnale di stop eterodiretto.

Quanto alla paura della firma, lasciamo ai nostri amati lettori la valutazione dello stato delle cose e ci rimettiamo al buon senso dei proverbi latini: “Abusus non tollit usum”, l’abuso non vieta l’uso, per tranquillizzare le mani tremanti di Sindaci, magistrati, ministri e direttori generali. Con il potere pubblico ci si comporti un po’ come con il vino: a nessuno è mai venuto in mente di astenersi dal bere un buon bicchiere per il solo fatto che ci si può ubriacare.


[1] Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO sulla lotta contro la corruzione, che sostituisce la decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio e la convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio. (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52023PC0234)

[2] Vico Valentini, Abuso d’ufficio e fast law ANAC Antichi percorsi punitivi per nuovi programmi preventivi, in Archivio Penale 2018, n.3.

[3] Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 39, 14 giugno 2023: https://www.governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-39/22911

[4] Il grido di battaglia dei magistrati richiama il più famoso “Deus vult”, marchio di fabbrica della Prima Crociata (1096 – 1099). La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’assemblea generale con la risoluzione n. 58/4 del 31 ottobre 2003 e aperta alla firma a Merida dal 9 all’11 dicembre 2003 (ratificata e resa esecutiva dall’Italia con la L. n. 116/2009), richiede agli Stati di “conferire il carattere di  illecito penale, quando l’atto e’ stato commesso  intenzionalmente,  al  fatto per un pubblico ufficiale di abusare delle proprie funzioni  o  della sua posizione,  ossia  di  compiere  o  di  astenersi  dal compiere, nell’esercizio delle proprie funzioni, un atto  in  violazione  delle leggi al fine di ottenere un indebito vantaggio per sé o per un’altra persona o entità”.

[5] Proposta di DIRETTIVA DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO sulla lotta contro la corruzione, che sostituisce la decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio e la convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1371 del Parlamento europeo e del Consiglio. (https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/HTML/?uri=CELEX:52023PC0234)

[6] R. Garofoli, Sulle proposte di legge in tema di abuso d’ufficio, in Giurisprudenza Penale Web, 2023, 5.

[7] Maurizio Romanelli, L’insostenibile leggerezza della paura (della firma), in Sistema Penale, 2/2023.

[8] Andrea Satta, L’evoluzione legislativa: dall’abuso innominato all’attuale formulazione dell’art. 323 c.p., in Andrea R. Castaldi, Marco Naddeo (a cura di ), La riforma dell’abuso d’ufficio, Giappichelli Editore, 2021: “L’abuso del funzionario pubblico è stato storicamente inteso, sin dal Codice Napoleone del 1810, passando attraverso il Codice per lo Regno delle Due Sicilie del 1819, e per giungere, infine, al Codice Zanardelli del 1889, quale forma di prevaricazione del potere esecutivo contro le emergenti libertà individuali dei cittadini.”.

[9] Per un’analisi dettagliata delle modifiche subite dal reato di abuso d’ufficio dal codice Zanardelli al Decreto Semplificazioni (Decreto-Legge 16 luglio 2020, n. 76), si rimanda a Andrea Satta, L’evoluzione legislativa: dall’abuso innominato all’attuale formulazione dell’art. 323 c.p., in Andrea R. Castaldo, Marco Naddeo (a cura di ), La riforma dell’abuso d’ufficio, Giappichelli Editore, 2021.

[10] Attilio Nisco, La riforma dell’abuso d’ufficio: un dilemma legislativo insoluto ma non insolubile, in Sistema penale, 11/2020.

[11] Un quarta modifica è intervenuta con l’entrata in vigore della Legge n. 190/2012: l’art. 1, comma 75, lettera p) della legge ha infatti disposto l’aumento la pena prevista per le condotte del primo comma dell’art. 323 c.p., prevedendo la reclusione da uno a quattro anni.

[12] Ci rendiamo conto che “sottofattispecie” farà rivoltare nella loro tomba Dante e gli altri poeti che, con i loro melodiosi versi, hanno onorato la lingua del “Bel paese dove il sì suona”. Abbiamo cercato in tutti modi di trovare un sinonimo, ma senza successo…

[13] Artt. 6 e 7 del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (DPR n. 62/2013)

[14] Attilio Nisco, La riforma dell’abuso d’ufficio: un dilemma legislativo insoluto ma non insolubile, in Sistema penale, 11/2020.

[15] Comunicato Stampa della Procura Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Perugia (15 giugno 2023): “Abuso d’ufficio, reato ‘spia’ di rilevanti fatti illeciti Risposta del Procuratore Generale di Perugia al Presidente Commissione Giustizia della Camera sulle proposte di legge recanti disposizioni in materia di abuso d’ufficio e traffico di influenze illecite.   

[16] Corriere della Calabria (15 giugno 2023): Riforma della giustizia, Nordio a Gratteri: «L’abuso d’ufficio non è un reato spia».

[17] Per un approfondimento di questo fenomeno e, in generale, del fenomeno della burocrazia difensiva, cfr. A. Battaglia  [et al.], Burocrazia difensiva: cause, indicatori e rimedi, Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2021, n. 4. 

[18] Andrea R. Castaldo, Una riforma incompleta?, in Andrea R. Castaldo, Marco Naddeo (a cura di ), La riforma dell’abuso d’ufficio, Giappichelli Editore, 2021.

[19] R. Garofoli, Sulle proposte di legge in tema di abuso d’ufficio, in Giurisprudenza Penale Web, 2023, 5. Il testo riproduce l’audizione di Garofoli da parte della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati, in data 23 maggio 2023, nell’ambito dell’esame delle proposte di legge C. 399 Rossello, C. 645 Pittalis, C. 654 Enrico Costa e C. 716 Pella, recanti “Disposizioni in materia di abuso d’ufficio e traffico di influenze illecite”.

[20] Alessandra Battaglia, Stefano Battini, Andrea Blasini, Valerio Bontempi, Mario P. Chiti,, Francesco de Carolis, Sandro Mento, Andrea Pincini, Anna Pirri Valentini, Gabriele Sabato.

[21] A. Battaglia  [et al.], Burocrazia difensiva: cause, indicatori e rimedi, Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2021, n. 4. 

[22] A. Battaglia  [et al.], Burocrazia difensiva: cause, indicatori e rimedi, Rivista trimestrale di diritto pubblico, 2021, n. 4. 

[23] Secondo le Gesta Francorum et aliorum Hierosolymitanorum, una cronaca anonima redatta in latino risalente al 1100-1101, che narra gli eventi della Prima Crociata, “la carneficina fu così grande che i nostri uomini camminavano nel sangue che arrivava fino alle caviglie”

[24] Saladino concesse ai cristani di lasciare Gerusalemme, in cambio del pagamento di un riscatto.

[25] L’imperatore Federico Barbarossa era morto affogato nel 1190 durante la terza crociata; il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone era morto nel 1199 durante l’assedio del castello di Châlus, mentre il re di Francia era stato interdetto dal papa!

[26] Il Sole 24 Ore, 7 luglio 2023.

[27] Massimo Donini, Gli aspetti autoritari della mera cancellazione dell’abuso di ufficio, Sistema Penale, 23 giugno 2023.

[28] Massimo Donini, Gli aspetti autoritari della mera cancellazione dell’abuso di ufficio, Sistema Penale, 23 giugno 2023.

[29] C. Pagella, L’abuso d’ufficio nella giurisprudenza massimata della Corte di cassazione: un’indagine statistico-criminologica su 500 sentenze, Sistema Penale, n. 6/2023.

[30] C. Pagella, L’abuso d’ufficio nella giurisprudenza massimata della Corte di cassazione: un’indagine statistico-criminologica su 500 sentenze, Sistema Penale, n. 6/2023.

[31] Cecilia Pagella cita, ad esempio, la sentenza n. 10810/2014 della Sez. III, “in cui, due giorni prima delle elezioni il sindaco, i componenti della Giunta e due dirigenti comunali annullavano gli avvisi di pagamento dell’ICI a favore di alcuni soggetti in violazione delle norme urbanistiche”

[32] C. Pagella, L’abuso d’ufficio nella giurisprudenza massimata della Corte di cassazione: un’indagine statistico-criminologica su 500 sentenze, Sistema Penale, n. 6/2023.

[33] A mero titolo di esempio, possiamo fare riferimento alla sfortunata vicenda occorsa al figlio del Presidente del Senato.  A prescindere dalla rilevanza penale delle condotte e dalla fondatezza delle denunce, giornalisti e opinionisti hanno concentrato la loro attenzione sull’impossibilità di sequestrare una SIM intestata allo studio legale del presidente del Senato, ma che risulta inserita nel telefono di suo figlio. Nessuno ha evidenziato l’inopportunità, per un soggetto che ricopre un alto ruolo istituzionale, di mescolare in modo così opportunistico sfera professionale, sfera familiare e ruolo istituzionale; né tantomeno il dovere morale di consegnarla spontaneamente agli inquirenti.