IL DELTA DELL’INTEGRITA’. Verso una nuova definizione di valore pubblico

Questo articolo è apparso sulla Rivista Azienditalia Enti Locali, Mensile per gli enti locali e le loro aziende, nel 2023, nell’ambito della rubrica mensile: lo Spazio Etico, Idee, competenze e strumenti per l’integrità.

Nei precedenti articoli abbiamo scoperto che le intuizioni di valore sono una competenza e che, introducendo una serie di conoscenze di base in contesti organizzativi adeguati, possiamo costruire una sorta di grammatica dell’integrità, da porre a fondamento di qualunque strategia di gestione del rischio di corruzione. Nel presente articolo, invece, chiariremo la natura dell’integrità e la relazione che intercorre tra valore pubblico, integrità e risultato.

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo
(Eugenio Montale, Non chiederci la parola, Ossi di Seppia, 1925)

Introduzione

La Vela di Calatrava e il MOSE sono due opere pubbliche paradigmatiche, associate a fatti corruttivi di una gravità non comune, che hanno gettato un’ombra di profonda sfiducia sulle istituzioni. Tuttavia, la corruzione del MOSE ad alcuni sembra meno grave, perché il MOSE funziona e ha salvato Venezia dall’acqua alta. Ma allora cosa conta davvero, l’integrità o il risultato?

Per chi vive nella dura periferia di Roma, la Vela di Calatrava è un oggetto familiare, quasi un toponimo. Dalla passeggiata di Frascati è impossibile non vederla; si staglia al centro del panorama di cui ha preso possesso nei primi anni ’90 del secolo scorso. “Città dello sport” è il suo vero nome, ma nessuno lo sa. Per noi romani figli di un imperatore minore, che ci ha costretti fuori dalle mura, non è altro che l’agognato traguardo di una serie di incredibili rotonde che gestiscono la viabilità che dalla Tuscolana porta alla Casilina, incrociando il temibile tratto autostradale che dal Raccordo Anulare si immette nella A1. Zona di ciclisti amatoriali, soprattutto, di campi sconfinati in mezzo al nulla e di cantine che danno buon vino. Quando i bambini chiedono cosa sia quella strana costruzione, gli adulti parlano di cattedrali nel deserto, oppure rimangono senza parole. Nessuno, però, si sognerebbe di dire ad un bambino quello che la Corte dei Conti affermò qualche anno dopo la sua (mancata) realizzazione, mettendo in primo piano non l’opera ma l’esecutore: “Una compagine amministrativa incapace di rispettare le regole della concorrenza e della buona gestione, prona ai desiderata del politico di turno e del mondo imprenditoriale con cui si confronta e ai cui interessi risulta spesso asservita, come hanno dimostrato alcune delle vicende giudiziarie che hanno contornato l’iter dell’intervento”. Le parole di Ugo Montella, giudice della Corte dei Conti suonano come una condanna, un caso di maladministration che ha fatto raddoppiare il costo dell’opera con ben sei diverse integrazioni al progetto ma nessun rinvio a giudizio tra gli amministratori (solo alcuni privati sono stati perseguiti). Ora l’attuale amministrazione ha deciso di riqualificare l’area stanziando nuove risorse e definendo un nuovo progetto. Al cittadino romano, talvolta cinico, non si può non perdonare un certo scetticismo ed un senso di profonda sfiducia nelle istituzioni. Confessiamo che all’epoca abbiamo anche sognato di portare un giorno i nostri figli in un impianto sportivo finalmente all’altezza di quelli di Roma Nord, con piscine, campi di atletica e quant’altro promesso. Il nome di Calatrava ci trasportava in esotiche località dove le regole dello sport, la competizione giusta, le pari opportunità, l’accessibilità per tutti ci allontanavano da una periferia estrema, assassina di diritti e di mobilità sociale. È durato poco: i nostri figli sono cresciuti in impianti privati e fatiscenti e noi siamo un po’ meno sognatori di prima.

La Vela di Calatrava ha prodotto un doppio effetto: da una parte, non è stato raggiunto alcun risultato, l’opera è attualmente inservibile e sono state sperperate ingenti risorse pubbliche; dall’altra parte, il rapporto fiduciario tra istituzioni e cittadinanza locale, già fortemente minacciato, è caduto letteralmente a pezzi.

Un destino diverso è toccato ad un’altra emblematica opera pubblica italiana: il MOSE, ovvero “il più grande episodio di corruzione in Italia”. Le parole sono dell’attuale Ministro della giustizia, Carlo Nordio, che è stato a lungo titolare dell’inchiesta. La cifra sperperata, rivelata il 9 dicembre 2022 durante un incontro sul tema della corruzione al MAECI, si aggira intorno al miliardo di euro, ma il MOSE sta attraversando, al contrario della vela di Calatrava, un promettente percorso di riabilitazione. Ebbene sì, come succede per un alcolista o un tossicodipendente, perché non dare una seconda chance? Ed in effetti, il MOSE sta funzionando: “Se la grande opera non fosse entrata in funzione, Venezia sarebbe stata sommersa da 173 cm di acqua alta, il dato più alto dopo i 194 cm del 4 novembre 1966 e i 187 cm del 12 novembre 2019”. È questo che si legge nei commenti della stampa locale a seguito della terza marea eccezionale della storia, che si è verificata a Venezia nel novembre del 2022. Dunque, il risultato è stato raggiunto! A pochi interessa il fatto che con i soldi sperperati si sarebbe potuto mettere in sicurezza una buona parte del territorio del Veneto dai rischi idrogeologici, perché il risultato per cui l’opera è stata realizzata è stato ottenuto: il MOSE rappresenta un argine al cambiamento climatico, un simbolo di protezione dalla natura impazzita.

Il trade-off tra risultato e fiducia[1] è al centro anche dell’attuale dibattito sull’attuazione del PNRR: da una parte, alcuni sostengono che, come sistema Paese, ci possiamo permettere di rischiare di abbassare il livello dei controlli per rendere più agili le procedure e perseguire il risultato, cioè la realizzazione delle opere pubbliche, che è l’unico obiettivo di cui una pubblica amministrazione si dovrebbe occupare[2]. Altri sostengono, invece, che il settore pubblico debba porre la massima attenzione (e per questo rafforzare i controlli) affinché con le risorse dei contribuenti non vengano premiati interessi privati in luogo di quelli generali o che, addirittura, non vengano finanziate attività illecite. I sostenitori del “risultato a tutti i costi”, della “politica del fare”, spendono moltissime parole intorno a riforme necessarie, norme da semplificare, reati da abolire, obiettivi da centrare. Gli “alfieri della regolarità” sfoderano l’arma delle convenzioni internazionali contro la corruzione e degli impegni assunti dall’Italia in sede Europea[3]. L’impressione è che i due schieramenti abbiano optato per una guerra di posizione, in cui si scavano trincee e si rinuncia ad affrontare direttamente il nemico, perché le armi sono spuntate: da una parte della barricata si assoldano i mercenari, che porteranno a casa il risultato nella speranza di arricchirsi con razzie e saccheggi; dall’altra parte si sfoderano controlli meramente formali, processi partecipativi estenuanti e ad altissima conflittualità, vuoti adempimenti anticorruzione, meccanismi di trasparenza ormai arrugginiti, dichiarazioni sul conflitti di interessi che rimangono nei cassetti delle amministrazioni.

Certamente, i bollettini di guerra ci dicono che uno dei due contendenti sta conquistando terreno, ma l’impressione, per noi che non siamo stati arruolati da nessuno dei due eserciti, è che, comunque vada a finire, qualcosa andrà perduto. Qualcosa di prezioso, di cui si narra in un’antica saga norrena…

La saga del viaggio di Skwal

Vi presentiamo, in anteprima mondiale, un’antica saga norrena, che per primi abbiamo tradotto in italiano. Un’antica favola che fornisce, per chi sa leggere tra le rune, una serie di utili ammonimenti per chi gestisce il potere ed è chiamato, prima di tutto, a non sprecarlo.

Skwal il vichingo, un giorno, stava cacciando in una foresta della Norvegia, quando vide un cucciolo di orso che stava per soccombere sotto i colpi di clava di un ottuso troll di montagna. Skwal passava molto tempo nei boschi e sapeva imitare il verso di molti animali: il bramito dell’alce, l’ululo del lupo e il ruglio dell’orso. Skwal era anche un uomo sensibile e fu mosso a pietà quando vide che il troll stava per sferrare un colpo mortale sulla testa del cucciolo; si nascose dunque dietro un abete e si mise a rugliare rabbiosamente, per far credere al troll che la madre dell’orso era venuta a salvarlo.

La stupida creatura cadde nel tranello e scappò via spaventata: l’orso era salvo e Skwal si avvicinò a lui. Scoprì allora di avere salvato il dio Björn, che era stato trasformato in animale da un mago oscuro e cattivo. Il dio Björn, in segno di riconoscenza, donò a Skwal una mappa e quattro pietre preziose: un diamante, un rubino, uno smeraldo e un lapislazzulo.

Queste sono le gemme del Regno di Wow – disse il dio Björn con voce tonante – Se navigherai fino all’Islanda, mi ritroverai sulla cima del monte Kirkjufell e io ti farò diventare l’uomo più potente della Terra!

Divino Björn, non sarebbe più comodo fare tutto adesso, qui in questa foresta? Che senso ha rivederci in Islanda?

Ogni cosa ha un senso e il viaggio è più importante del suo traguardo. Ci vediamo in Islanda – rispose il dio Björn, con voce piena di mistero, e poi scomparve, lasciando Skwal nella foresta con le sue quattro pietre preziose.

Il giorno successivo, Skwal salì su un cavallo e galoppò fino al castello del re di Norvegia. Quando fu al cospetto del sovrano, raccontò del suo incontro nel bosco, chiedendo il permesso di salpare in direzione dell’Islanda.

Prendi una nave e venti uomini del tuo villaggio e… buona fortuna! – esclamò il re di Norvegia – ma ricorda: se diventerai l’uomo più potente della Terra, metà delle tue ricchezze saranno mie!

Skwal accettò l’accordo e tornò al suo villaggio, ma durante il tragitto un grave dubbio lo colse: – Come vivranno mia moglie e i miei figli, durante la mia assenza?

Quando giunse al villaggio, seguendo gli ordini del re, Skwal chiese di avere una nave e venti uomini e poi aggiunse: – Sua Maestà il re di Norvegia ha anche ordinato che ciascun abitante del villaggio fornisca cibo e protezione alla mia famiglia, durante la mia assenza! -. Non era vero, ma solo lui lo sapeva.

La nave salpò una mattina nebbiosa da un fiordo e i vichinghi affrontarono con coraggio i flutti e i venti, gettando le reti nell’acqua scura, per pescare pesci da mangiare. Quando furono in mezzo all’oceano, Skwal guardò la mappa del dio Björn e si accorse di un grave pericolo: sotto di loro, negli abissi del mare, si aggirava Jormungand, il serpente marino figlio di Loki, talmente lungo da poter avvolgere il mondo. Skwal allora chiamò Sfigath, il suo migliore amico e si rivolse a lui con queste parole:

Se davvero sei mio amico, devi gettarti in acqua! –

Sfigath guardò l’oceano infinito: – Quali pericoli si nascondono sotto la danza delle onde?

Non devi temere – risposeSkwal – non potrei mai tradire la fiducia di un amico!

Allora Sfigath il norreno si tuffò nel mare e subito Jormungand uscì dalle acque e lo divorò con le sue fauci enormi. Poi il mostro tornò negli abissi contento della sua preda e la nave proseguì il suo viaggio.

Quando finalmente giunsero sulle coste dell’Islanda, i compagni di Skwal dissero: – Vogliamo venire sul monte Kirkjufell. Ti abbiamo accompagnato in questo lungo viaggio e vogliamo essere partecipi della tua fortuna!

– Il vostro viaggio finisce qui – rispose Skwal – Non posso condividere con nessuno questo momento! -. E si incamminò da solo sulla cima del monte.

Trovò il dio Björn ad attenderlo, come promesso:

– Skwal, dov’è la tua famiglia? Dov’è il tuo migliore amico? E dove sono i tuoi compagni di viaggio?

– Non sono qui, perché non posso condividere con nessuno questo momento!

– Eri un uomo buono, ma forse hai perso il cuore durante il viaggio – disse Björn con voce triste. Poi chiese – Dove sono le gemme del Regno di Wow?

Skwal estrasse le pietre preziose da una tasca cucita dentro il suo mantello: – Eccole!

Ma nelle sue mani c’erano solo quattro ciottoli di fiume.

– Dove sono le gemme del Regno di Wow? – chiese una seconda volta il dio Björn con voce adirata.

– Non lo so, mio signore! Erano qui sotto il mantello. Forse qualcuno le ha rubate…

– Sei tu il ladro! – decretò Björn – Non eri degno di essere l’uomo più potente della Terra!

I suoi compagni attesero alcuni giorni, poi salirono sulla nave e tornarono in Norvegia.

Nessuno più vide Skwal il vichingo, l’uomo che in un solo viaggio gettò al vento il potere che custodiva in una tasca del suo mantello.

L’impronta ecologica dell’agire pubblico

“Il viaggio è più importante del suo traguardo”: la saga di Skwal, con il suo triste epilogo, sembra suggerire che raggiungere un obiettivo non è l’unica responsabilità di chi esercita un potere pubblico; è altrettanto importante il modo in cui si raggiungono gli obiettivi. L’integrità, intesa come allineamento coerente e l’adesione a valori, principi e norme etiche condivise, è un concetto che ha molti punti in comune con la sostenibilità: in entrambi i casi, il raggiungimento di un risultato è soggetto ad una serie di vincoli e deve essere preso in considerazione l’impatto dei comportamenti e delle decisioni. L’integrità è uno stile ecologico, rispettoso delle relazioni, delle informazioni, della funzione e del potere pubblico; è la capacità di stare dentro il confine tracciato dagli standard di comportamento dell’etica pubblica.

Le Pubbliche Amministrazioni, nel loro agire, sono sottoposte a dei vincoli, che non sono soltanto di regolarità o di risultato; proprio come le organizzazioni del settore privato, che non possono violare i diritti umani o devastare l’ambiente in nome del profitto. Non è un concetto nuovo e non è nemmeno così difficile da capire: si chiama sostenibilità.

La sostenibilità si declina in modo diverso, in relazione ai prodotti e ai processi caratteristici di un’organizzazione. In ambito finanziario, per esempio, si stanno diffondendo i rating ESG[4] che certificano la solidità di un emittente, di un titolo o di un fondo dal punto di vista degli aspetti ambientali, sociali e di governance. I rating ESG si affiancano alle valutazioni economico-finanziarie allo scopo di aumentare le informazioni disponibili e migliorare le valutazioni e le scelte degli investitori. In modo analogo, è necessario pensare, in ambito pubblico, a degli indicatori di integrità, da affiancare ai tradizionali indicatori di risultato. A nostro parere, gli indicatori di integrità dovrebbero descrivere l’impronta ecologica[5] dell’agire pubblico, in termini di impatto positivo o negativo sulla funzione, sulle relazioni, sulle informazioni e sui comportamenti (Tavola 1)[6]:

Tavola 1 – Impronta ecologica (indicatori di integrità)

Ecologia della…Impatto negativoImpatto positivo
FunzioneSequestro del decisore pubblicoIndipendenza della funzione pubblica
RelazioniUso strumentale e tossificato delle relazioni della sfera privata e professionaleUso trasparente e responsabile delle relazioni della sfera privata e professionale
InformazioniUso delle informazioni per promuovere interessi particolariRiduzione delle asimmetrie informative al fine di promuovere la partecipazione e il dibattito pubblico
PotereAdulterazione del potere pubblico e avallo di comportamenti opportunisticiEsemplarità della leadership etica  

Ma come possiamo, concretamente, misurare l’impronta ecologica dell’agire pubblico?

Secondo l’OCSE: l’integrità è l’allineamento coerente e l’adesione a valori, principi e norme etiche condivise[7], per sostenere e dare priorità all’interesse pubblico rispetto agli interessi privati nel settore pubblico. Esiste quindi una stretta relazione tra integrità e capacità di stare dentro al confine definito dai valori, dai principi e dalle regole. In particolare, nel contesto della pubblica amministrazione italiana, questi confini sono tracciati dal Codice di comportamento dei dipendenti pubblici (DPR n. 62/2013), che non a caso è costituito da quattro nuclei tematici fondamentali (Tavola 2):

Tavola 2 – Nuclei tematici dell’etica pubblica

Seguendo queste semplici direttrici, l’integrità assume le sembianze di uno “stile”, di un modo di essere più che di un modo di fare, che permea tutta l’azione del decisore pubblico e si estende anche alle sue relazioni private. Uno stile fatto di condotte predeterminate dall’ordinamento, che risolve gli innumerevoli potenziali dilemmi etici con standard di comportamento, Ma è fatto anche di un atteggiamento coerente con tali condotte, aperto e inclusivo, che trasmette il senso di essere al servizio della funzione e non, viceversa, di piegare la funzione ai propri interessi.

Il Delta del risultato e il Delta dell’integrità

Integrità e risultato interagiscono l’uno con l’altra, determinando il livello di affidabilità e fedeltà degli agenti e dei decisori pubblici e, in ultima istanza, l’intensità del legame fiduciario che lega la collettività dei cittadini al sistema pubblico. Un modello semplice, ma efficace, di questa interazione, può essere sviluppato trattando il valore prodotto da un sistema pubblico come un valore numerico (una quantità) che aumenta o diminuisce nel tempo in funzione della somma tra la variazione del risultato (Δr)e la variazione dell’integrità (Δi).

Nei precedenti articoli abbiamo parlato delle competenze per l’integrità, che consentono di decodificare i fenomeni[8], ma anche di “produrre integrità dentro il sistema pubblico e attraverso il sistema pubblico”[9]. L’integrità, al pari del risultato, è quindi una parte essenziale del valore prodotto da un sistema pubblico, che può variare nel tempo, in positivo o in negativo.

Per sviluppare questa intuizione, dobbiamo accompagnare i nostri affezionati lettori in un breve viaggio nella matematica. Tenetevi forte!

La lettera delta (Δ) è la quarta dell’alfabeto greco e viene usata per indicare una variazione, rappresentabile come la differenza tra due valori. Immaginate di misurare il contenuto di una bottiglia d’acqua in un certo momento del giorno e poi, di ripetere la misurazione dopo qualche ora: il Delta dell’acqua nella bottiglia (Δa) si ottiene facendo la differenza tra la seconda misurazione e la prima (tavola 3):

Tavola 3 – Delta come differenza tra due quantità

Se nel tempo la quantità di acqua è diminuita (a2 < a1), perché qualcuno l’ha bevuta oppure perché è evaporata, allora il Delta sarà un numero negativo (Δa < 0); se invece la quantità è aumentata (a2 > a1), perché qualcuno ha versato acqua nella bottiglia, allora il Delta sarà positivo (Δa > 0). Alcuni casi particolari, infine, si verificano quando la quantità di acqua resta invariata, o quando una delle due quantità di acqua è nulla (Tavola 4).

Tavola 4 – Delta – casi particolari

Fino ad ora abbiamo misurato l’acqua dentro una bottiglia e se non avete trovato avvincente questo esperimento, siamo d’accordo con voi! Tuttavia, possiamo usare il Delta anche per fare altre cose, ad esempio per misurare quanti risultati e quanta integrità produce (o disperde) nel tempo un processo messo in atto da una pubblica amministrazione.

Immaginiamo di misurare i risultati prodotti da una pubblica amministrazione in un momento t1, quando il processo non è ancora stato avviato e di ripetere la misurazione in un momento t2, dopo che il processo è stato terminato. L’aumento dei risultati dipende da diversi fattori e può essere molto difficile da misurare, ma noi, nel nostro esperimento mentale, disponiamo di un apparecchio innovativo, un RISULTOMETRO®, con il quale possiamo effettuare delle precise misurazioni e calcolare Δr, cioè Delta di risultato (Tavola 5)!

Tavola 5 – Delta del risultato

Grazie al nostro processo, la quantità di risultato è raddoppiata!

Abbiamo, ovviamente, anche un INTEGROMETRO®, con il quale possiamo misurare il livello di integrità prima e dopo il processo e calcolare Δi, il fatidico Delta dell’integrità che compare nel titolo di questo articolo (Tavola 6).

Tavola 6 – Delta dell’integrità

Adesso, possiamo ritirare i nostri portentosi strumenti di misurazione e fare un discorso di carattere più generale. Indichiamo con (r + i) il valore prodotto da un sistema pubblico, cioè il suo livello di integrità e risultato[10], e studiamo come (r + i) si modifica nel tempo, cioè studiamo Δ(r + i).

Il valore (r + i) varia continuamente, in relazione alle decisioni e ai comportamenti adottati nella gestione dei processi, ed è facile dimostrare che Δ(r + i) r + Δi: possiamo pensarlo come la somma di due distinte variazioni[11].

Variazioni nulle e variazioni negative

Quando il sistema pubblico non produce valore, oppure lo distrugge, si possono determinare tre diverse situazioni: “il fallimento del sistema pubblico”, “l’inerzia amministrativa” e “l’amministrazione a saldo zero”, che sono tre diverse facce del malgoverno e della cattiva amministrazione, che possono incidere in modo molto differenziato sull’integrità e sui risultati).

Una prima possibile variazione è tutta in negativo: le scelte e i comportamenti adottati dagli agenti generano perdite sia in termini di integrità che di risultato (Δr < 0eΔi < 0). Siamo davanti a un vero e proprio fallimento del sistema pubblico, che la Vela di Calatrava, come una cattedrale, celebra in tutta la sua imperdonabile gravità (Tavola 7).

Tavola 7- Fallimento del sistema pubblico (Δr < 0 e Δi < 0)

Un esito altrettanto infausto è l’inerzia amministrativa, che si sostanzia quando il sistema pubblico non produce nulla in termini di integrità e risultato (Δr = 0eΔi = 0) e sembra esistere soltanto per giustificare la propria esistenza (Tavola 8).

Tavola 8 – Inerzia amministrativa (Δr = 0 e Δi = 0)

In realtà, l’inerzia amministrativa potrebbe essere un costrutto soltanto teorico, che non ha alcun riscontro nella realtà; è assai difficile, infatti, immaginare un impatto completamente nullo su (r + i): i provvedimenti formalmente ineccepibili ma privi di qualunque impatto, le decisioni rimandate per paura di apporre una firma, gli adempimenti anticorruzione che non servono a prevenire la corruzione, le opere pubbliche realizzate a regola d’arte ma di cui avremmo fatto tutti volentieri a meno, e le mille altre espressioni dell’inerzia amministrativa, possono sempre avere un impatto negativo, più o meno elevato, sull’integrità oppure sui risultati. Per questa ragione, è più realistico considerare il fallimento e l’inerzia come due espressioni di uno stesso fenomeno di malfunzionamento del sistema pubblico, che si verifica quando Δr ≤ 0 i ≤ 0[12].

Il valore prodotto dal sistema pubblico può essere nullo anche quando ad un aumento del risultatocorrisponde una equivalente perdita di integrità, o viceversa, cioè quando Δr = –(Δi)[13]: è l’amministrazione a saldo zero (tavola 9), che non riesce a trovare un equilibrio tra affidabilità e fedeltà, caratteristica anche di certi movimenti politici che fanno dell’onestà (vera o presunta) la loro bandiera e candidano persone con la faccia pulita, ma totalmente incapaci di governare la complessità del sistema pubblico.

Tavola 9 – Amministrazione a saldo zero (Δr = – Δi)

Le cinque vie del valore

Se definiamo la produzione di valore semplicemente come Δ(r + i) > 0, allora esistono diverse strategie per ottenere questo risultato. La nostra analisi, tra l’altro, dimostra che è possibile produrre valore puntando unicamente sul risultato, anche a discapito dell’integrità e che, viceversa, anche l’integrità da sola può produrre valore. Di conseguenza, la produzione di valore presuppone delle scelte, che dovrebbero essere al centro del dibattito pubblico e dei programmi della politica. Inoltre, dobbiamo chiederci quale strategia è più affidabile per generare valore pubblico.

Adesso dobbiamo determinare a quali condizioni Δ(r + i) > 0, cioè quando il sistema pubblico può generare valore. Ovviamente, questo avviene a condizione che Δr i > 0[14], ma tale condizione può essere soddisfatta in diversi modi. Proviamo per esempio, ad analizzare i seguenti casi:

(1) Δr = 3, Δi = 2, Δr i = 5;

(2) Δr = 2, Δi = –5, Δr i = –3;

(3) Δr = 5, Δi = –3, Δr i = 2;

(4) Δr = 4, Δi = 0, Δr i = 4.

Questi calcoli sono molto astratti e, forse, i nostri lettori cominceranno ad essere un po’ confusi! Ma se li leggiamo con attenzione, ci dicono molte cose.

Negli esempi (1) e (2) c’è produzione di valore, cioè Δr i > 0, solo quando entrambe le variazioni sono positive (Tavola 10).

Tavola 10 – Esempi (1) e (2): viene prodotto valore solo quando Δr e Δi sono entrambi positivi

Negli altri due casi, invece, risultato e integrità interagiscono diversamente: nell’esempio (3) abbiamo una produzione di valore anche se Δi è negativo, perché Δr, che è positivo, è sufficientemente grande[15] da compensare la perdita di integrità[16]; nell’esempio 4, infine, Δi è nullo e la creazione di valore dipende esclusivamente dal valore positivo di Δr[17] (Tavola 11).

Tavola 11 – Esempi (1) e (2): la variazione di risultato basta, da sola, per produrre valore

Quando parliamo di creazione di valore, insomma, possiamo intendere almeno cinque cose:

– aumento dei risultati, senza perdita di integrità (Δr > 0,Δi = 0)

– aumento dei risultati che compensa la perdita di integrità (Δr > 0,Δi < 0)

– aumento dell’integrità senza perdita di risultati (Δr = 0,Δi > 0)

– aumento dell’integrità che compensa la perdita dei risultati (Δr < 0,Δi > 0)

– aumento dei risultati ed aumento dell’integrità (Δr > 0,Δi > 0)

Dunque, il valore è uno solo, ma può essere generato in molti modi. Il dibattito della politica, degli esperti e dell’opinione pubblica, allora, dovrebbe essere orientato a scegliere quale via percorrere, anziché inseguire le lucciole del risultato oppure arenarsi nella palude degli adempimenti e dei controlli.

Codesto solo oggi possiamo dirti…

In questo articolo, non abbiamo voluto fornire risposte, ma spunti di riflessione, nuove idee, nuovi modelli di analisi, per scongiurare il rischio di trovare soluzioni semplicistiche, e di breve respiro, a problemi complessi. Il nostro contributo a questo dibattito può essere riassunto in una storiella che parla di mariti e mogli, e che dimostra che l’affidabilità è nulla senza la fedeltà: non c’è valore pubblico, quando si producono risultati a discapito dell’integrità.

Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo: la sublime e dolorosa ammissione di Eugenio Montale si adatta benissimo al valore pubblico. Esiste infatti un generale consenso su cosa non è produzione di valore, ma le opinioni divergono immediatamente, quando si deve decidere quale sia il modo più idoneo per generare valore pubblico. Può sembrare un paradosso, ma è proprio così. Il fallimento lo conosciamo bene: la Vela di Calatrava e mille altre opere pubbliche incompiute ci sbattono in faccia ogni giorno la loro quota di impotenza e di una trasformazione macabra dell’ambiente circostante. Anche quando abbiamo parlato di inerzia amministrativa a voi, cari lettori, sarà venuto in mente il carico di adempimenti inutili che le amministrazioni sono tenute a rispettare. Ma cosa intendiamo per “risultato che compensa la perdita di integrità”? Avrete certamente pensato al MOSE di Venezia, alla sua controversa bipolarità, all’ambiguità di una narrazione che non omette gli sprechi ma enfatizza gli effetti salvifici.

Noi umili formatori di frontiera non abbiamo molte armi intellettuali per argomentare intorno ad un tema assai complesso, come il valore pubblico e su come si raggiunge. Dopo anni di confronto con i partecipanti ai nostri corsi di formazione, però, abbiamo sviluppato un’allegra storiella, che al netto di qualche stereotipo di genere fornisce un interessante punto di vista sull’argomento. Ve la presentiamo certi di non offendere le nostre amate lettrici e confessando che essa contiene elementi autobiografici, che mettono gli autori in una cattivissima luce.

Chiacchiere da bar Due signore al bar stanno amichevolmente conversando su un argomento frivolo: si lamentano di come si comportano i propri mariti. La signora Nuvola, moglie del signor Nereo Nuvola, afferma che il suo è un marito assai premuroso e fedele. Dal momento che spesso lavora da casa, risulta essere molto presente nella vita di lei e dei suoi figli: – Non si dimentica mai il mio compleanno! – esclama la signora Nuvola, che tuttavia lascia trasparire una nota di amarezza nella voce. Purtroppo, infatti, essendo egli privo di qualunque capacità manuale, non riesce a piantare nemmeno un chiodo nel muro. Inoltre, l’ultima volta che sono partiti per le vacanze, Nereo Nuvola si era dimenticato di fare la revisione alla macchina, e anche di rinnovare la patente: – Mia cara, la vacanza è finita prima ancora di cominciare! – conclude la signora Nuvola, dichiarando la totale inaffidabilità di suo marito. – Eh, ma non ti puoi lamentare, amica mia – ribatte la signora Frago, moglie di Federico (detto Fedy) Frago – Lascia che ti parli di mio marito. Fedy è un uomo efficiente e puntuale. In casa sa effettuare qualsiasi tipo di riparazione e non dimentica mai di pagare le bollette della luce, del gas e del telefono. Tutte le mattine, inoltre, esce di casa all’alba, per accompagnare i nostri figli a scuola – – E allora? A me sembra il marito ideale! – incalza la signora Nuvola. Al che la signora Frago sbotta: – Lascia i bambini a scuola, certo. Dopodiché, non perde mai occasione di accompagnare a casa la signora Diana Procace, madre di un compagno di classe di nostro figlio, e di intrattenersi con lei per lunga parte della mattinata…

Collettività di persone che si affidano al sistema pubblico, spesso in modo inconsapevole e irrevocabile; sterminati plotoni di politici che quotidianamente, con le loro scelte e i loro comportamenti, danno forma alle promesse fatte in campagna elettorale, contribuenti, mercati e titolari di diritti; armate di dipendenti pubblici che gestiscono procedimenti ed erogano servizi, per garantire l’esercizio dei diritti e la promozione di interessi diffusi. Ebbene, l’integrità risponde a queste due semplici domande: da che parte sta il decisore pubblico? A quali interessi risponde?

Produrre risultati strumentalizzando la funzione pubblica per perseguire i propri interessi o gli interessi di gruppi particolari, non è forse una forma di tradimento? Proprio come una visione retrograda e infamante della condizione femminile, spesso cavalcata da uomini pubblici che hanno plasmato in negativo la cultura di questo Paese, individua nella donna una docile spettatrice che perdona l’uomo traditore e fedifrago in nome del suo mantenimento, così una visione pre-moderna della funzione pubblica individua nella cultura del risultato una mera contropartita di favore, che il sovrano elargisce alla collettività, in cambio dell’indulgenza per la promozione dei propri interessi spesso innominabili.

Il valore pubblico di cui tanto si parla e si discute è la conseguenza di scelte quotidiane che il decisore pubblico di uno Stato moderno e democratico adotta nonostante significative ristrettezze di risorse e competenze. Si tratta di decisioni molto concrete. Ad esempio, nel pianificare e realizzare un’opera pubblica, scegliere se coinvolgere i potenziali destinatari e fruitori attraverso processi partecipativi come il dibattito pubblico, dare accesso alle informazioni in maniera tale da non favorire un particolare operatore economico utilizzando i canali previsti dalle norme, rendere pienamente tracciabile il suo processo decisionale, astenersi in situazioni di conflitto di interessi, e via dicendo.

Non ci resta molto da dire. Abbiamo accompagnato i nostri pazienti lettori nelle campagne di Roma, nella laguna di Venezia, nel mondo astratto della Matematica, per capire insieme a cosa serve l’integrità e il nesso che lega integrità e risultato. Abbiamo visto che la pubblica amministrazione può generare valore in diversi modi, ma a nostro parere solo una è la formula del valore pubblico (tutto il resto è valore di qualcuno o per qualcuno):

  • (Δr > 0,Δi ≥ 0)[18].

Parafrasando un efficace slogan pubblicitario degli anni Novanta, potremmo affermare che in ambito pubblico: “l’affidabilità è nulla senza la fedeltà”. Un sistema pubblico ben funzionante si nutre di fiducia, di credibilità e di quella stramba ma meravigliosa idea che esista un decisore/arbitro che sta fuori dalla contesa e che si preoccupa che tutti abbiano reale accesso a diritti e servizi. Un decisore/guida che dà vita ai sogni delle periferie del mondo.


[1] Come abbiamo avuto modo di osservare in un precedente articolo (M. Di Rienzo – A. Ferrarini, “Il Mondo nuovo – Il Principio della Fiducia e la gestione del conflitto di interessi nello schema definitivo del nuovo Codice dei contratti pubblici”, in questa Rivista , n. 3/2023), la fiducia di cui parliamo non ha nulla a che vedere con il Principio di Fiducia introdotto dal nuovo Codice degli appalti. La fiducia non è una qualità delle persone, ma un requisito strutturale della complessa rete di relazioni di cui è intessuto il sistema pubblico, che connette tra loro elettori e politici, dirigenti e dipendenti, destinatari e uffici, enti controllanti ed enti controllati, ecc. … Senza queste relazioni il sistema pubblico sarebbe un guscio vuoto, ma queste relazioni, per non entrare in crisi, hanno bisogno di adeguati livelli di fiducia.

[2] Ad esempio, il prof. Giovanni Valotti, Ordinario di Economia delle aziende e delle amministrazioni pubbliche presso l’Università Bocconi, ha ben circostanziato questo punto di vista in un noto articolo di ottobre 2022: “Parlamento e Governo dovrebbero avere il coraggio e la determinazione di disegnare una sorta di ‘zona franca temporale’ della burocrazia. Per un tempo definito, ipotizziamo due anni, si semplifichino drammaticamente le procedure di spesa, si dimezzino i tempi necessari per autorizzare nuovi investimenti, si accettino minori formalismi negli appalti e negli acquisti pubblici, si riveda la disciplina del danno erariale per porre chi opera negli enti nelle condizioni di fare concretamente piuttosto che di difendersi dalle responsabilità, si prevedano figure dotate dell’autonomia necessaria per decidere senza esasperanti mediazioni dentro la propria amministrazione e con altre amministrazioni, si introducano poteri di avocazione delle decisioni in caso di inerzia, si premino finalmente i risultati e non il semplice rispetto delle norme, si metta in atto una trasparenza vera sull’uso delle risorse. Insomma, per una volta, prevalga la sostanza sulla forma […] Tutto questo potrebbe esporre a rischi di comportamenti devianti e opportunistici? Sicuramente sì. Tuttavia, questi possono da un lato essere contrastati da un rafforzamento significativo del sistema dei controlli sull’attuazione dei progetti e degli investimenti, oltre che da un inasprimento delle sanzioni per chi sgarra. Ma, dall’altro, questi rischi sarebbero forse minori di quelli di uno Stato con ‘il freno a mano’, prigioniero dei propri vincoli e incapace di guidare la ripresa”. Abbiamo criticato questa posizione in un articolo dal titolo: “Zona franca o territorio di caccia? Quando la semplificazione si assume il rischio dell’illegalità”, consultabile sul sito di Spazioetico.

[3] Va in questa direzione la presa di posizione di Danilo Ceccarelli, vice procuratore della Procura europea (EPPO), in merito alla possibile abolizione del reato di abuso d’ufficio (La Repubblica, 14 giugno 2023): “Abolire l’abuso d’ufficio violerebbe gli accordi che l’Italia ha assunto con l’Onu e con l’Europa […] sarebbe una palese violazione degli obblighi internazionali che derivano dall’adesione dell’Italia alla Convenzione Onu del 2024 sul contrasto alla corruzione, e agli obblighi istituzionali e costituzionali che derivano dall’essere parte dell’Unione”.

[4] Environmental, Social and Governance.

[5] Per approfondire, rimandiamo alla lettura dell’E-book “L’etica delle relazioni dell’agente pubblico”, 2020, IPSOA.

[6] La nostra proposta di indicatori è ovviamente influenzata dal nostro modo di intendere i concetti di integrità e fiducia e, di conseguenza, altri potrebbero identificare altre metodologie.

[7] “Raccomandazione sull’integrità pubblica” adottata dal Consiglio dell’OCSE nel 2017.

[8] Di Rienzo M., Ferrarini A., “La grammatica dell’integrità pubblica – Le nuove competenze per la prevenzione della corruzione”, in questa Rivista, n. 4, 2023); Di Rienzo M., Ferrarini A., “Le fondamenta invisibili dell’integrità – Opportunità e i limiti delle intuizioni individuali di valore”, in questa Rivista, n. 5, 2023.

[9] M. Di Rienzo, A. Ferrarini, “Il whistleblower nella casa degli specchi – Intuizioni di valore, ethos organizzativo e sistemi di gestione del rischio”, in questa Rivista, n. 6/2023.

[10] (r + i) può anche essere riferito ad una pubblica amministrazione o a un singolo ufficio, ma ai fini del nostro ragionamento questa distinzione non è poi così rilevante.

[11] Ecco una nostra proposta di dimostrazione:

• Δ(r + i) = (r2 + i2) – (r1 + i1), per definizione (Δa = a2 – a1);

(r2 + i2) – (r1 + i1) = r2 + i2 – r1 – i1, per la regola dei segni (– (+a) = – a);

r2 + i2 – r1 – i1 = r2 – r1 + i2 – i1, per la proprietà commutativa;

r2 –r1 + i2 –i1 = Δr + Δi, per definizione (a2 – a1 = Δa).

[12] La condizione Δr ≤ 0 e Δi ≤ 0 è soddisfatta nei seguenti casi:

• Δr < 0 e Δi < 0 (fallimento con perdita di integrità e risultato)

• Δr = 0 e Δi = 0 (inerzia amministrativa con impatto nullo su integrità e risultato)

• Δr = 0 e Δi < 0 (inerzia amministrativa con impatto nullo sul risultato e perdita di integrità)

• Δr < 0 e Δi = 0 (inerzia amministrativa con perdita di risultato e impatto nullo sull’integrità).

[13] Δr è uguale all’inverso di Δi quando Δr e Δi hanno lo stesso valore assoluto, ma uno dei due è negativo, cioè quando, ad esempio, Δr = 5 e Δi = – 5, oppure Δr = – 7 e Δi = 7.

[14] Questo risultato deriva dal fatto che Δ(r + i) = Δr + Δi, ma l’equivalenza può essere anche dimostrata nel modo seguente:

• Δ(r + i) > 0 equivale a (r2 + i2) – (r1 + i1) > 0, per definizione (Δa = a2 – a1);

(r2 + i2) – (r1 + i1) > 0 equivale a r2 + i2 – r1 – i1 > 0, per la regola dei segni;

r2 + i2 – r1 – i1 > 0 equivale a r2 – r1 + i2 – i1 > 0, per la proprietà commutativa;

r2 – r1 + i2 – i1 > 0 equivale a Δr + Δi > 0, per definizione (a2 – a1 = Δa).

[15] Δr è “sufficientemente più grande” di Δi quando Δr > – Δi. Se invece Δr = – Δi, come già visto, Δ(r + i) = 0 e si ha amministrazione a saldo zero.

[16] Vale anche il contrario: una perdita di risultato può essere compensata da un aumento rilevante dell’integrità. Per esempio, se Δr = – 3 e Δi = 5, allora Δ(r + i) = 2.

[17] Come in precedenza, questo vale anche nel caso in cui Δr = 0 e Δi > 0.

[18] Incremento del risultato maggiore di zero e incremento dell’integrità uguale o maggiore di zero. In pratica, si produce valore pubblico, quando l’incremento del risultato non pregiudica il livello di integrità del sistema, che rimane costante oppure si incrementa.