IL MONDO NUOVO. Il Principio della Fiducia e la gestione del conflitto di interessi nello schema definitivo del nuovo Codice dei contratti pubblici

Questo articolo è apparso sulla Rivista Azienditalia Enti Locali, Mensile per gli enti locali e le loro aziende, nel 2023, nell’ambito della rubrica mensile: lo Spazio Etico, Idee, competenze e strumenti per l’integrità.

Il 1 luglio 2023 è entrato in vigore il nuovo codice dei contratti pubblici. Il nuovo codice è caratterizzato dall’introduzione di tre principi: principio del risultato, princìpio della fiducia e principio dell’accesso al mercato.
Dominano la scena i primi due princìpi, mentre sembra in disparte il terzo. Anche la legalità e la concorrenza devono piegarsi al risultato: nella relazione illustrativa si legge che “legalità e concorrenza da sole non bastano, perché l’obiettivo rimane la realizzazione delle opere pubbliche e la soddisfazione dell’interesse della collettività”. Persino la trasparenza è finalizzata al risultato, in quanto funzionale alla semplicità e celerità nell’applicazione delle regole. Un deciso cambio di rotta. Una modifica del DNA stesso della contrattualistica pubblica in un contesto fortemente orientato all’attuazione del PNRR.

Visto che l’articolo è uscito nel marzo 2023, si riferisce ancora allo schema delineato dal Consiglio di Stato. Mantiene tuttavia tutta la sua attualità anche rispetto al testo definitivo.

“Perché un’idea generale dovevano pure averla, per compiere il loro lavoro intelligentemente; e tuttavia era meglio che ne avessero il meno possibile […] Non i filosofi, ma i taglialegna e i collezionisti di francobolli compongono l’ossatura della società.” (Aldous Huxley, Brave New World)

Introduzione

Il 7 dicembre 2022 il Consiglio di Stato ha trasmesso al Governo lo schema definitivo del nuovo codice dei contratti pubblici. Il nuovo codice è caratterizzato dall’introduzione di tre principi: principio del risultato, princìpio della fiducia e principio dell’accesso al mercato. Dominano la scena i primi due princìpi, mentre sembra in disparte il terzo. Anche la legalità e la concorrenza devono piegarsi al risultato: nella relazione illustrativa[1] si legge che “legalità e concorrenza da sole non bastano, perché l’obiettivo rimane la realizzazione delle opere pubbliche e la soddisfazione dell’interesse della collettività”. Persino la trasparenza è finalizzata al risultato, in quanto funzionale alla semplicità e celerità nell’applicazione delle regole. Un deciso cambio di rotta. Una modifica del DNA stesso della contrattualistica pubblica in un contesto fortemente orientato all’attuazione del PNRR.

Il cuore oltre l’ostacolo

Quando Rodrigo de Triana esclamò “terra, terra!” tutti i marinari della Pinta, si dice, perdonarono a Cristoforo Colombo di averli portati quasi all’estremo sacrificio, di aver costruito un castello di menzogne fondato sulla sua presunta capacità ed esperienza di andar per mare. Colombo aveva scommesso tutto su quel momento: il risultato raggiunto che lava ogni infedeltà o sospetto. Ed è proprio questo che fa il “risultato”: dà ragione ad una formula, ad una teoria astratta o ardita; perdona l’uomo, anche in mezzo ad un oceano inesorabile di dubbi e incertezze.

È forse per questo che il nuovo codice degli appalti[2] riscrive i princìpi di riferimento proprio nell’ottica del “risultato”. Il “nuovo mondo” che oggi chiamiamo PNRR non è altro che una scommessa: fare in sei anni ciò che non è mai stato possibile fare in venti. È così che “il risultato” è diventato la nostra nuova religione di Stato, la nuova via per le Indie.

Chi ha elaborato lo schema del nuovo codice ha in mente un decisore pubblico che “getta il cuore oltre l’ostacolo”, che esce dal perimetro formale della legittimità e naviga l’oscuro oceano della discrezionalità, verso il “risultato”. Non è forse questa la teorizzazione nota come “amministrazione di risultato” che sembra aver ispirato la scrittura del nuovo codice?

In questo articolo, che inaugura il terzo anno della rubrica “Lo Spazio Etico” di Azienditalia, abbiamo deciso di analizzare le ricadute che il nuovo Codice degli appalti (se approvato seguendo lo schema elaborato dal Consiglio di Stato) potrebbe avere sulla gestione del conflitto di interessi. Lo faremo a nostro modo, adottando un approccio non giuridico, che predilige la dimensione umana e relazionale dei fenomeni e ricorrendo a casistiche esemplificative.

Siamo consapevoli del fatto che il Consiglio di Stato non ci ha coinvolti nel team multidisciplinare che ha elaborato lo schema del nuovo Codice dei contratti, perché siamo solo degli umili scribacchini dell’integrità, impegnati a sbrogliare la matassa dei fenomeni corruttivi. Hanno chiamato tutti: “professori, avvocati, economisti, ingegneri, esperti di drafting, un informatico e un accademico della Crusca[3]. Tuttavia, abbiamo deciso ugualmente di dare anche noi il nostro umile contributo, seppur postumo, su questo argomento.

Tre principi, un solo risultato

Gli affezionati lettori di questa rubrica sanno che, a nostro parere, i principi posti a fondamento degli atti normativi descrivono le condizioni di funzionamento del sistema pubblico[4] e si possono dividere in due gruppi:

– Principi FIT, che definiscono i requisiti che rendono il sistema pubblico adeguato ai propri scopi, adottando il punto di vista dei singoli destinatari;

– Principi TRUST, che definiscono dei requisiti che rendono il sistema pubblico credibile agli occhi della collettività[5].

Al gruppo FIT appartengono principi come il buon andamento, l’economicità, l’efficacia e l’efficienza, che orientano le Amministrazioni a fare un buon uso delle risorse pubbliche, erogando servizi di qualità e perseguendo i propri scopi istituzionali. Il gruppo TRUST, invece, richiede alle Amministrazioni di governare, agire e decidere in nome della collettività, e non dei singoli destinatari o gruppi di interessi; oppure di farsi carico in modo inclusivo e sostenibile di tutti gli interessi in gioco, inclusi quelli dei destinatari futuri.

Uguaglianza, universalità, imparzialità, indipendenza, integrità e proporzionalità sono alcuni rilevanti principi TRUST, su cui si fondano alcune regole che caratterizzano l’etica pubblica: il divieto di richiedere o sollecitare regali, compensi e altre utilità; il divieto di orientamento al privato; l’obbligo di comunicare l’appartenenza ad associazioni o organizzazioni; e, last but not least, l’obbligo di astensione in situazioni di conflitto di interessi[6].

Non è possibile stabilire a priori quale dei due gruppi sia più importante: buon andamento e imparzialità, ad esempio, ricorrono insieme nell’art. 97 della Carta costituzionale[7], che sembra suggerire la necessità di coniugare FIT e TRUST all’interno delle organizzazioni pubbliche; tuttavia, quando passiamo dal piano della teoria a quello della realtà, FIT e TRUST entrano sistematicamente e fatalmente in conflitto. Nell’ambito dei contratti pubblici, questo conflitto emerge in tutta la sua evidenza, laddove l’esigenza di imparzialità, trasparenza e tutela della concorrenza si scontra spesso con la necessità di acquisire, in tempi brevi e a costi sostenibili, beni e servizi necessari al corretto funzionamento delle Amministrazioni, e di realizzare opere di rilevante interesse pubblico: riqualificare gli edifici scolastici, costruire nuovi presidi ospedalieri, garantire la manutenzione delle strade, ecc.

Alla luce del quadro sopra delineato, diventa allora fondamentale che il Codice dei contratti pubblici fornisca delle indicazioni per realizzare un bilanciamento tra principi confliggenti;e il “principio del risultato” è il vero mantra del new deal degli appalti pubblici.

Questo principio viene introdotto all’art. 1 nel modo seguente:

– Principio del risultato

1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti perseguono il risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione con la massima tempestività e il migliore rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza.

2. La concorrenza tra gli operatori economici è funzionale a conseguire il miglior risultato possibile nell’affidare ed eseguire i contratti. La trasparenza è funzionale alla massima semplicità e celerità nella corretta applicazione delle regole del codice e ne assicura la piena verificabilità.

3. Il principio del risultato costituisce attuazione, nel settore dei contratti pubblici, del principio del buon andamento e dei correlati principi di efficienza, efficacia ed economicità. Esso è perseguito nell’interesse della comunità e per il raggiungimento degli obiettivi dell’Unione europea. […]

Il principio del risultato, come sottolineato dal Consiglio di Stato nella relazione illustrativa, non è altro che una “derivazione evoluta” del buon andamento, un propellente che spinge il settore pubblico dritto allo scopo, “perché ogni potere amministrativo presuppone un interesse pubblico da realizzare.”[8].

La vera novità, a nostro parere, risiede invece nel comma 2, in cui si dice, senza mezzi termini, che trasparenza e tutela della concorrenza non hanno un valore in sé, ma sono funzionali al risultato e quindi possono essere “sacrificati, se ci sono interessi superiori da realizzare”[9].

L’altra novità è rappresentata da un principio che ha origini ignote[10], ma un nome assolutamente rassicurante: il “principio della fiducia”, che chiama in causa la qualità delle relazioni che intercorrono tra stazione appaltante, funzionari pubblici e operatori economici, e la mette in connessione con l’attribuzione e l’esercizio del potere pubblico:

– Art. 2 (Principio della fiducia)

1. L’attribuzione e l’esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici.

Il principio di fiducia auspica e impone una precisa attitudine psicologica: il coraggio di avere fiducia. L’ordinamento deve fidarsi delle stazioni appaltanti, così come gli operatori economici; le stazioni appaltanti devono fidarsi degli operatori economici, alleati nel rilancio del nostro Paese; i dipendenti pubblici devono sapere che il sistema pubblico si fida di loro e che non saranno sanzionati, finché agiranno in buona fede per promuovere l’interesse pubblico.

A uscire perdente da questo bilanciamento, tutto intriso di fiducia nel risultato, è l’accesso al mercato, che diventa una insipida macedonia di principi TRUST,servita nell’art. 3 del Codice e assai poco richiamata negli articoli successivi:

– Principio dell’accesso al mercato

1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono, secondo le modalità indicate dal codice, l’accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità.

Questa subordinazione al risultato, questa asimmetria tra FIT e TRUST è davvero inedita, perché trasparenza e non discriminazione degli operatori economici sono i due principi cardine della normativa europea sugli appalti pubblici[11]. Questo deragliamento tra principi europei e principi nazionali ha destato in noi un notevole sconcerto. Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che lo schema del nuovo Codice degli appalti è stato elaborato dal Consiglio di Stato, vale a dire dal supremo organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia nell’amministrazione pubblica; e quindi il deragliamento è solo apparente: siamo noi ad avere gli occhi storti.

Il Conflitto di interessi: una questione di imparzialità o di fiducia?

In questo mondo meraviglioso, creato ex lege e mosso dal nobilissimo intento di porre rimedio alla paura della firma (acuto morbo che paralizza gli arti e le decisioni), si aggira ancora un mostro ubiquo e inquietante: il conflitto di interessi, che instilla veleno negli occhi dei cittadini, insieme al sospetto che il decisore pubblico non sia equidistante dagli interessi in gioco.

La serpe in seno

Come fare per ricondurre il conflitto di interessi alla logica del risultato che guiderà tutta la nuova regolamentazione degli appalti? Come evitare che il rischio percepito per l’integrità si traduca in un miraggio, in un processo alle intenzioni “che mortifica l’esercizio della discrezionalità”e che aumenta “il rischio di avvio automatico di procedure di accertamento di responsabilità amministrative, civili, contabili e penali che potevano alla fine rivelarsi prive di effettivo fondamento”?[12].

Per rispondere a queste domande, i prodi estensori hanno sfoderato il loro asso nella manica, il principio della fiducia, e hanno riscritto l’articolo che regolamenta la gestione del conflitto di interessi nell’ambito delle procedure di gara. L’art. 16 del nuovo codice richiama solo in parte i contenuti del vigente art. 42, come vi mostriamo nella tabella seguente:

Art. 16 (Conflitto di interessi)Art. 42 (conflitto di interesse)
 1. Le stazioni appaltanti prevedono misure adeguate per contrastare le frodi e la corruzione nonché per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici.
1. Si ha conflitto di interessi quando un soggetto che, a qualsiasi titolo, interviene con compiti funzionali nella procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione degli appalti o delle concessioni e ne può influenzare, in qualsiasi modo, il risultato, gli esiti e la gestione, ha direttamente o indirettamente un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia concreta ed effettiva alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione.2. Si ha conflitto d’interesse quando il personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi che, anche per conto della stazione appaltante, interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni o può influenzarne, in qualsiasi modo, il risultato, ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione. In particolare, costituiscono situazione di conflitto di interesse quelle che determinano l’obbligo di astensione previste dall’articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, 62.
2. In coerenza con il principio della fiducia e per preservare la funzionalità dell’azione amministrativa, la percepita minaccia all’imparzialità e indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base di presupposti specifici e documentati e deve riferirsi a interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all’altro. 
3. Il personale che versa nelle ipotesi di cui al comma 1 ne dà comunicazione alla stazione appaltante o all’ente concedente e si astiene dal partecipare alla procedura di aggiudicazione e all’esecuzione.3. Il personale che versa nelle ipotesi di cui al comma 2 è tenuto a darne comunicazione alla stazione appaltante, ad astenersi dal partecipare alla procedura di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni. Fatte salve le ipotesi di responsabilità amministrativa e penale, la mancata astensione nei casi di cui al primo periodo costituisce comunque fonte di responsabilità disciplinare a carico del dipendente pubblico.
 4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 valgono anche per la fase di esecuzione dei contratti pubblici. 5. La stazione appaltante vigila affinché gli adempimenti di cui ai commi 3 e 4 siano rispettati.

Come accade per i vangeli, la lettura sinottica delle norme consente di identificare affinità, differenze e fonti in comune. Ovviamente, entrambi gli articoli rimandano alla Dir. 2014/24/UE sugli appalti pubblici[13], anche se in modo molto diverso.

Nel nuovo art. 16, per esempio, viene presa in considerazione anche la fase di esecuzione, e non solo la fase di affidamento, degli appalti e delle concessioni; ma, in compenso, scompare qualsiasi riferimento all’obbligo per le stazioni appaltanti di adottare misure organizzative per la gestione delle frodi e del conflitto di interessi. Quest’ultima omissione non è di poco conto, perché rischia di ridurre il conflitto di interessi a un problema del singolo dipendente e, inoltre, perché non consente più di identificare gli obiettivi sottesi alla gestione del conflitto di interessi, chiaramente espressi nella direttiva europea e nel vigente art. 42: “evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici”.

L’unico obiettivo esplicitato nel nuovo art. 16, al comma 2, è “la funzionalità dell’azione amministrativa”, accompagnato da un non chiaro riferimento alla necessità di provare la minaccia percepita all’imparzialità sulla base di presupposti specifici e documentati e in riferimento ad interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all’altro, in coerenza con il principio della fiducia.

Ma allora il conflitto di interessi è un problema di imparzialità o di fiducia? Se la fiducia è un principio, allora la fiducia non può mai venire meno, in presenza di un conflitto di interessi; tuttavia, questa affermazione può essere interpretata in diversi modi.

Il comma 2 dell’art. 16 dello schema di codice degli appalti potrebbe suggerire che, in presenza di un conflitto di interessi, la fiducia nell’operato del funzionario pubblico non deve mai venire meno, a meno che non si ravvedano dei rischi concreti per gli interessi in gioco. Oppure, il richiamo alla fiducia potrebbe indicare il limite fino a cui si può tollerare il rischio generato dal conflitto di interessi: tale conflitto non deve mettere a rischio il legame fiduciario tra il funzionario e la sua Amministrazione. Oppure ancora, prendendo per vero il principio della fiducia, qualcuno potrebbe semplicemente affermare: “chi se ne frega del tuo conflitto di interessi! Ho fiducia che raggiungerai comunque il risultato!”.

Abbiamo il fondato sospetto che l’interpretazione dominante dell’art. 16 sarà proprio quest’ultima: le stazioni appaltanti metteranno da parte l’Imparzialità, dea minore e ormai fuori moda nel Mondo Nuovo della Fiducia e del Risultato; sottovaluteranno il conflitto di interessi, finché non mette a rischio la performance; e finiranno per tollerare anche le scorciatoie, le collusioni e gli azzardi morali che premiano gli interessi dei privati e (apparentemente) sembrano garantire anche la promozione di qualche rilevante interesse della collettività.

Fumo negli occhi

Il problema, a nostro avviso, non risiedeva nella cripticità delle regole. La conformazione testuale dell’art. 42 del codice degli appalti ha permesso a noi di Spazioetico, per la prima volta, di costruire un “metodo di valutazione” che prendesse in considerazione diversi aspetti quali:

– la coerenza con il principio ispiratore della normativa europea che, ricordiamo, è l’imparzialità intesa come parità di trattamento di tutti gli operatori economici (principio ora sostituito dai principi di risultato e fiducia);

– il ruolo del decisore pubblico e la potenzialità di influenzamento in un processo organizzativo, che va considerato nella sua ampiezza, in relazione ai rischi derivanti dalle attività, dalle decisioni e dalle informazioni gestite all’interno del processo[14] (un approccio risk based che viene meno, se il conflitto deve essere provato e documentato e sel’analisi è ristretta a minacce concrete ed effettive);

– la natura e l’intensità degli interessi e delle relazioni che corrono sugli interessi, con un richiamo all’art. 7 del Codice di comportamento nazionale (richiamo che non ritroviamo più nello Schema del Consiglio di Stato);

– i diversi punti di vista da cui operare una valutazione e, cioè, il punto di vista del decisore stesso e della sua organizzazione ed il punto di vista degli “osservatori” esterni.

Questa “ricchezza” interpretativa non l’abbiamo intravista nelle decisioni dei tribunali amministrativi e nemmeno nella giurisprudenza dello stesso Consiglio di Stato.

Nel 2020, per esempio, la Sezione V del Consiglio di Stato è stata chiamata a valutare la sussistenza di un conflitto di interessi in capo all’amministratore delegato di una società controllata, destinataria di un affidamento, il quale si trovava, al contempo, a ricoprire un ruolo di vertice alle dipendenze dell’Ente controllante affidatario. Con la sentenza n. 2863 del 6 maggio 2020 i giudici hanno ritenuto che: “anche in questo caso manca ogni valutazione concreta rispetto alla situazione ipotizzata, ossia la dimostrazione del conflitto di interesse e del pregiudizio arrecato alla stazione appaltante tale da attivare l’annullamento d’ufficio: l’alterazione agli interessi istituzionali risiederebbe (in ipotesi) nella lesione della propria immagine il fatto di affidare contratti a società in cui un proprio dipendente abbia delle interessenze”. La necessità di dimostrare in concreto il pregiudizio arrecato alla stazione appaltante è un’eco della sovrapposizione tra conflitto di interessi e corruzione che si pensava di aver ormai superato.

Nella sentenza n. 7462 del 27 novembre 2020, la sezione V del Consiglio di Stato ha poi affermato che, allo scopo di valutare una situazione di conflitto di interessi… “non è sufficiente evocare il mero rapporto di ‘colleganza’ ovvero di ‘conoscenza’, in quanto espressione di un approccio congetturale”. Nel fatto di specie, una gara per la gestione di un’area di sosta era stata aggiudicata ad un ATI le cui componenti avevano come titolare e socio due soggetti che lavorano in qualità di operai per l’Ente che aveva promosso la gara, proprio presso l’area di sosta oggetto dell’affidamento. Il metodo di valutazione dei giudici è stato molto semplice: per definire “illegittima” la composizione di una commissione, occorre dimostrare che esistono legami di vicinanza o rapporti preferenziali e non fare congetture ipotetiche su tali rapporti per il solo fatto che i commissari sono dipendenti dello stesso datore di lavoro per cui prestano servizio i due Agenti che poi, in qualità di operatori economici si sono aggiudicati la gara.

Un approccio diverso sembra essere stato perseguito dalla Sezione III del Consiglio di Stato. Nella sentenza 6299 del 7 novembre 2018 i giudici rilevano che: “La disciplina dell’incompatibilità risulta arricchita di quei profili tendenti alla salvaguardia dell’immagine di imparzialità ed ad evitare che possa determinarsi un’oggettiva ‘confusione’ tra valutatore e concorrente, di per sé idonea ad appannare l’immagine di imparzialità e di buona amministrazione”. Nel caso di specie, il figlio di un commissario di gara è dipendente di una società di lavoro interinale che lo ha distaccato presso l’impresa che si è aggiudicata la gara stessa, mentre un secondo commissario ha svolto attività lavorativa personalmente presso un’impresa candidata, sia pur quattordici anni addietro. I giudici affermano, inoltre: “la compresenza nella medesima Commissione di due commissari legati (seppure in passato o indirettamente per tramite del figlio) alle imprese concorrenti rafforza la percezione di compromissione dell’imparzialità che, invece la disciplina vuole garantire al massimo livello, al fine di scongiurare il ripetersi nelle gare pubbliche di fenomeni distorsivi della par condicio e di una ‘sana’ concorrenza tra gli operatori economici”.

Per giungere alla più recente sentenza del Consiglio di Stato (n. 6389 del 20 luglio 2022) che, fondandosi sul noto parere[15] n. 667/2019 del 5 marzo 2019, stabilisce che un rapporto di frequentazione abituale tra RUP e esponenti della società aggiudicataria, anche se riferita al passato (e comunque non interrotta) ha l’effetto di generare una minaccia all’imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto. La distinzione tra conflitti di interessi “tipizzati” riferibili alle situazioni elencate dall’art. 7 del Codice di comportamento nazionale e quelli “non tipizzati”, cioè non conosciuti o non conoscibili e che si identificano con le “gravi ragioni di convenienza”, non sembra essere un criterio affidabile, perché non permette di valutare l’esposizione al rischio di una determinata situazione. Si parla di “idoneità” della situazione a determinare il rischio, ma poi non si spiega “in che modo” si determina il rischio e, soprattutto, quale è il livello di allarme. Il problema non è di poco conto visto che le misure da adottare in presenza di conflitto di interessi sono piuttosto drastiche e hanno un rilevante impatto sulla funzionalità dell’organizzazione in quanto tendono a rimuovere il RUP dall’operatività o ad escludere l’aggiudicatario dall’affidamento.

Da queste sentenze, dunque, non emerge un “ragionamento logico” convincente, se non una astratta distinzione tra conflitti di interessi in atto e in potenza, oppure un richiamo alla concretezza, certamente opportuno visto il controverso ambito della contrattualistica pubblica, ma non sufficiente a fondare un sistema di valutazione univoco rispetto alla ricca casistica oggetto di contenzioso amministrativo, e a fornire un orientamento agli interpreti così da ridurre un’incertezza da più parti denunciata.

Questa difficoltà a digerire il conflitto di interessi non è solo dei giudici amministrativi. ANAC ha recentemente effettuato un’indagine sui punti critici dell’attuazione della prevenzione della corruzione da cui emerge che sono pochissimi i casi di conflitti di interessi e pantouflage rilevati: “gli Rpct lamentano una scarsa sensibilità sul tema che, secondo Anac, potrebbe derivare anche da una seria difficoltà a intercettare i fenomeni rendendo poco efficace la strategia di prevenzione su questo punto[16].

Gli esiti dell’analisi di ANAC sono pienamente in linea con la nostra percezione di formatori. In oltre dieci anni di attività abbiamo potuto osservare con i nostri occhi l’imbarazzo dei dipendenti pubblici e, in particolare, dei dirigenti, che sono chiamati dall’art. 7 del Codice di comportamento nazionale a “decidere sull’astensione” senza possedere alcun criterio di valutazione del rischio che emerge da un conflitto di interessi segnalato da un proprio collaboratore.

In questo quadro, abbastanza desolante, di carenza di competenze, un principio di fiducia che si pone in concorrenza con il principio di imparzialità, e rende ancora più difficile la gestione del conflitto di interessi, sembra fumo negli occhi, peraltro già offuscati, delle Pubbliche Amministrazioni.

Conflitti di interessi, imparzialità e fiducia

Finché continuiamo a pensare alla fiducia come ad un principio che può entrare in concorrenza con l’imparzialità, rendendo necessario un bilanciamento, non riusciremo a sviluppare una gestione seria del conflitto di interessi, e sviluppare un approccio basato sul rischio, che sia in grado di prevenire la degenerazione delle polarizzazioni[17] di interessi che si possono generare all’interno di un sistema pubblico orientato al risultato. In realtà, il conflitto di interessi è un fenomeno che può avere un duplice impatto: può minacciare l’imparzialità, ma anche il legame fiduciario tra amministrazioni, agenti pubblici e destinatari.

Principi assoluti e principi derivati

L’imparzialità è un principio “assoluto,che descrive direttamente una qualità essenziale delle organizzazioni pubbliche, che le differenzia dalle aziende private, senza fare riferimento alla qualità delle persone che svolgono una funzione pubblica.

Imparzialità significa equidistanza da tutti gli interessi in gioco: il sistema pubblico deve essere come il sancta sanctorum dell’antico Tempio di Gerusalemme, inaccessibile agli interessi profani. Le persone, tuttavia, non possono mai essere veramente imparziali[18], perché hanno naturalmente interessi propri e reti di relazioni che influenzano il loro comportamento; e il principio di imparzialità non impedisce alle persone, e alle loro competenze, di transitare dal settore privato al settore pubblico (vincendo un concorso, per esempio, oppure erogando un’attività di consulenza) o viceversa. Chi lavora in ambito pubblico, piuttosto, deve essere indipendente e integro. L’indipendenza è una qualità che misura la capacità del decisore pubblico di gestire il condizionamento che, inevitabilmente, deriva dalle relazioni e dagli interessi della sua sfera privata; l’integrità, invece, misura la sua capacità di dare priorità all’interesse pubblico rispetto agli interessi privati[19].

L’indipendenza e l’integrità sono anche dei principi, su cui si fondano per esempio le regole dell’etica pubblica[20], ma si tratta di principi “derivatida qualità personali e che sono strumentali a garantire l’attuazione del principio di imparzialità: il sistema pubblico non potrà mai essere veramente imparziale, se non garantisce l’indipendenza e l’integrità dei suoi amministratori, dirigenti, dipendenti, consulenti e collaboratori[21].

Anche la fiducia è un principio assoluto: la fiducia non è una qualità delle persone, ma un requisito strutturale della complessa rete di relazioni di cui è intessuto il sistema pubblico, che connette tra loro elettori e politici, dirigenti e dipendenti, destinatari e uffici, enti controllanti ed enti controllati, ecc.

Come abbiamo avuto modo di dire in un precedente articolo, “la fiducia è il collante delle relazioni: bisogna fidarsi gli uni degli altri, per entrare e restare in una relazione[22]. Senza relazioni, insomma, il sistema pubblico sarebbe un guscio vuoto, ma queste relazioni, per non entrare in crisi, hanno bisogno di adeguati livelli di fiducia.

Fedeltà, affidabilità e fiducia

Il principio di fiducia descrive un dato di fatto e questa è la sua principale debolezza: un dato di fatto non può essere imposto o presupposto, o c’è o non c’è. E, in particolare, la fiducia non è obbligatoria e non si dà per scontata, ma si guadagna. Diventa allora fondamentale associare a questo principio uno o più principi derivati, riconducibili a qualità personali: quali caratteristiche deve avere un public servant, per guadagnare e mantenere la fiducia della collettività, dei propri superiori gerarchici, oppure dei destinatari?

Nello schema del nuovo codice non si trova alcuna risposta a questa domanda e, invece, leggendo la relazione illustrativa, le idee rischiano di farsi via via più confuse!

A pagina 15 della relazione leggiamo, per esempio, una chiosa quasi letterale del comma 1 dell’art. 2, con una interessante precisazione: “ogni conferimento di potere (specie se di natura discrezionale) presuppone, infatti, la fiducia dell’ordinamento giuridico verso l’organo destinatario dell’attribuzione: esplicitare a livello normativo questo presupposto culturale e giuridico promuove il senso di appartenenza dell’Amministrazione allo Stato-comunità, scongiura l’inerzia, valorizza le capacità e orienta verso il rispetto della legalità sostanziale. Presentata in questo modo, la fiducia sembra quasi un atto di fede nei confronti di funzionari pubblici senza qualità, ma che, magicamente, in virtù della fiducia accordata, sviluppano senso di appartenenza, operosità e competenze. Anche gli estensori della relazione si sono accorti di questa incongruenza e, poche righe dopo, hanno aggiustato il tiro: “la fiducia che viene riconosciuta ai pubblici funzionari non è incondizionata, ma costituisce una sorta di contropartita di ciò che l’ordinamento si aspetta dall’azione amministrativa, ossia la realizzazione del risultato.

Nessun atto di fede, dunque, e nessuna magia; siamo di fronte a un classico do ut des: se il funzionario pubblico si dimostrerà affidabile, cioè se si impegnerà per raggiungere il risultato, allora sarà meritevole di fiducia. E per rafforzare questo legame di fiducia, la sua organizzazione gli metterà a disposizione una serie di benefit: una copertura assicurativa, percorsi di aggiornamento professionale e iniziative finalizzate a valorizzare le sue capacità[23].

Al netto della logica di scambio che caratterizza l’approccio del legislatore (che non ci sentiamo di condividere), è innegabile che l’affidabilità sia una qualità essenziale del funzionario pubblico, che è chiamato a farsi carico degli interessi della collettività e che non deve tradire le aspettative dell’organizzazione che lo ha delegato all’esercizio di un potere pubblico. Tuttavia, ci permettiamo di identificare anche un’altra qualità, altrettanto importante, che stranamente il Consiglio di Stato non ha identificato, e che l’art. 57 della Costituzione descrive come un dovere: “tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge. Il dipendente pubblico deve rispettare le regole e le norme (disciplina), deve avere un comportamento adeguato al proprio ruolo (onore) e non deve tradire la propria funzione pubblica: chiameremo fedele il dipendente pubblico che riesce a garantire tutto questo.

La fedeltà e l’affidabilità sono i due ingredienti fondamentali, che consentono al sistema pubblico di capitalizzare fiducia. A nostro parere, se le cose stanno davvero in questi termini, allora fiducia e imparzialità cessano di essere in concorrenza e diventano complementari: indipendenza, integrità, affidabilità e fiducia sono tutte qualità fondamentali di un dipendente pubblico e la gestione del conflitto di interessi deve identificare e gestire le situazioni che mettono a rischio queste qualità.

Pandemia da virus “Co-d-int-23”: casistiche di diagnosi e percorsi terapeutici

Abbigliati da improbabili Alberto Angela, vi proponiamo una metafora in gran voga (purtroppo) di questi tempi. Potevamo scegliere tra guerre, catastrofi naturali e pandemie: abbiamo deciso per quest’ultima e vi presentiamo uno dei tanti esercizi che si possono fare per trovare dei criteri (un po’ più affidabili) per valutare il rischio che emerge da una situazione di conflitto di interessi.

Un terribile e invisibile morbo ha scosso la nostra esistenza. Sconosciuto a tutti, un virus, prima presente solo nei giudici, ha effettuato il salto di specie ed ora infetta anche il personale delle stazioni appaltanti: si tratta del “Co-d-int-23” ed è pericoloso perché determina una serie di sintomatologie assai diverse; a volte non ci si accorge della sua presenza, a volte, invece, il virus arriva ad impossessarsi della vittima, asservendola ai propri interessi.

L’Infezione pauci-sintomatica

A volte il conflitto di interessi si manifesta come un’infezione del sistema che non determina particolari sintomi. Questo tipo di infezione “pauci-sintomatica” è stata contratta dall’arch. Alberto Roghi, un professionista che lavora per clienti pubblici e privati[24].

Il Comune di Selva Sciagura ha affidato all’architetto Roberto Roghi la redazione di un progetto di riqualificazione e sistemazione dei boschi comunali, finalizzato a prevenire e ridurre i danni da incendio, calamità naturali ed eventi catastrofici di origine naturale e artificiale. L’architetto Roghi collabora con diverse imprese che operano nel campo della prevenzione del rischio da calamità naturali, circostanza che gli ha consentito di sviluppare una notevole esperienza sul campo.

QUADRO CLINICO. Il paziente è certamente affetto da conflitto di interessi; ci interessa poco che sia “potenziale”. Si tratta di una situazione nota come “revolving door sincrono[25]”: include il reclutamento di personale esperto che transita dal privato al pubblico anche non stabilmente. Coloro che transitano nel pubblico portano con sé un bagaglio di esperienza e competenza che certamente arricchisce e qualifica la funzione (ad esempio, alcune soluzioni sul mercato, accessibili a tutti i concorrenti, potrebbero essere inserite nel capitolato). È ovvio che, insieme all’expertise, transitano anche le relazioni su cui corrono interessi economici e personali.

In termini di rischio, si possono effettivamente immaginare scenari in cui si manifesta una interferenza: ad esempio, le relazioni e le informazioni dell’ambito professionale privato potrebbero interferire con i contenuti tecnici del bando, favorendo una o più imprese con cui il nostro progettista collabora (ad esempio, un brevetto posseduto da un operatore economico potrebbe essere inserito nel bando).

In questi casi, si determina una minaccia per l’indipendenza, che, lo ricordiamo, è la qualità che misura la capacità di gestire il condizionamento che, inevitabilmente, deriva dalle relazioni e dagli interessi della sfera privata dell’agente.

TERAPIA. La mobilità tra pubblico e privato è ormai un dato di fatto ed una limitazione di questo fenomeno rischia di essere un danno anche e soprattutto per il settore pubblico. Pertanto, le stazioni appaltanti non possono rinunciare alle competenze dei professionisti esterni. Si tratta, allora, di gestire il conflitto di interessi che emerge da queste situazioni. Come? Ad esempio, attraverso dichiarazioni rese all’atto della presa in carico del servizio, in cui il professionista comunica le collaborazioni in atto e quelle avute nel recente passato. Inoltre, la stazione appaltante deve porre alcuni divieti: il progettista è tenuto a non condividere informazioni sulla futura procedura di gara con operatori economici; non deve entrare a far parte, a nessun titolo, di una compagine partecipante; non deve inserire nel capitolato requisiti o soluzioni progettuali che “chiudono il mercato”.

La stazione appaltante, conseguentemente, sarà tenuta a verificare se tali divieti vengono disattesi. Ad esempio, in sede di gara, dovrà verificare una sua eventuale collaborazione con un’impresa che presenta un’offerta; in tal caso, il danno alla concorrenza può essere risolto escludendo il partecipante[26]. Dovrà, inoltre, verificare la presenza di eventuali anomalie che nascondono una certa chiusura del mercato, come, ad esempio, una scarsa partecipazione delle imprese.

Un brutto raffreddore

A volte il Co-d-int-23 si manifesta attraverso un’infiammazione delle mucose, assai fastidiosa, che però non determina un grave danno all’organismo. Nella ASL di Melacavo ben due persone, contemporaneamente, sono state infettate in questo modo!

Il ragionier Sergio Scozzese, responsabile del Provveditorato della ASL di Melacavo, ha appena concluso una gara per la fornitura di mammografi digitali, da installare negli ambulatori gestiti dall’Unità di Valutazione e Organizzazione Screening. L’appalto è stato aggiudicato alla Minestroni Spa, che ha offerto un prezzo davvero vantaggioso per le casse dell’Azienda Sanitaria! Purtroppo, quando la ditta consegna i mammografi, questi si rivelano essere obsoleti e poco funzionali. I medici e pazienti cominciano a lamentarsi e la notizia dell’incauto acquisto giunge all’orecchio del direttore sanitario. Per risolvere la situazione in tempo brevi, il dr. Paolo Prestito, responsabile dell’Unità di Valutazione e Organizzazione Screening, contatta un proprio conoscente, l’ing. Carlo Commòdo, titolare di una ditta che produce apparecchiature diagnostiche. L’ing. Commodo si rende disponibile a fornire alla ASL di Melacavo alcuni mammografi di ultima generazione, in comodato d’uso gratuito. Dopo alcuni mesi il rag. Scozzese risolve il contratto in essere con la Minestroni Spa e si procede ad una nuova gara.

QUADRO CLINICO. Parliamoci chiaro: Scozzese e Prestito non evidenziano alcun sintomo di infedeltà. Scozzese non ha selezionato la Minestroni Spa in cambio di una “tangente”, ma ha probabilmente commesso degli errori nella fase di definizione del capitolato e di valutazione delle offerte. Prestito, dal canto suo, si è rivolto all’ing. Commòdo per garantire la continuità operativa degli ambulatori e non promuovere propri interessi privati. Insomma, Scozzese ha messo a rischio il risultato e Prestito ha trovato un’utile scorciatoia per salvare il risultato.

E allora dov’è il rischio? E dov’è il conflitto di interessi? È presto detto! In sede di gara, Scozzese ha interesse a non complicarsi ulteriormente la vita: ha trovato un buon fornitore e non c’è alcuna ragione al mondo per commettere lo stesso errore ed esporsi di nuovo ad una situazione per lui ingestibile. Prestito, dal canto suo, ha un debito di riconoscenza nei confronti di Commòdo, che gli ha risolto un bel problema e a cui è legato da un rapporto di frequentazione abituale. Che gioco avranno questi interessi nella gara? Scozzese e Prestito potrebbero non essere nelle condizioni di dare priorità agli interessi primari rispetto a questi potenti interessi secondari. A rischio, cioè, è l’integrità degli agenti che, ricordiamolo, è la capacità di dare priorità agli interessi pubblici, rispetto agli interessi privati.

TERAPIA. Benché rassicurati dal fatto che il conflitto di interessi non ha minacciato finora il risultato (anzi, per un certo verso, l’uso delle relazioni della sfera privata dell’agente Prestito ha permesso di perseguire l’interesse pubblico funzionalizzato), non dobbiamo abbassare la guardia, dal momento che la nuova gara eredita dinamiche idonee a generare un forte rischio per l’integrità. In questi casi, il protocollo prevede due azioni terapeutiche. La prima è d’urgenza e riguarda il dottor Prestito che deve essere escluso da tutte le fasi del processo di approvvigionamento. Al suo posto, la stazione appaltante può scegliere ogni altro clinico, se necessario, che però non deve in alcun modo essere collegato all’ing. Commòdo.

Prestito, dal canto suo, potrebbe invocare l’esistenza di una relazione di frequentazione abituale o astenersi per “gravi ragioni di convenienza”. In questo modo, il debito relazionale di Prestito non interferirà con la libera concorrenza e non precluderà all’ing. Commòdo di partecipare alla gara.

Proponiamo anche una seconda terapia, una sorta di “terapia di riabilitazione” per Scozzese: evidentemente Scozzese non ha competenze adeguate per gestire una gara di tale complessità; oppure, la strategia di programmazione degli acquisti è stata fallimentare e certi prodotti non dovrebbero mai essere acquistati facendo prevalere il costo rispetto alla qualità. Scozzese dovrà riqualificarsi e l’organizzazione dovrà riflettere sulle istruzioni, formali e informali, che vengono trasferite alla stazione appaltante in merito a quali interessi primari far prevalere: l’economicità non può andare a detrimento del risultato.

Febbre da cavallo

No, non è il titolo del cult-movie di Steno, ma uno dei potenziali effetti del Co-d-int-23 sull’organismo. Nella speranza che non si aggravi, il paziente deve comunque tenere sotto osservazione i sintomi febbrili che potrebbero improvvisamente aggravarsi. È proprio l’atteggiamento che deve avere la Cascaquae Spa…

L’ing. Piero Sempiterno è responsabile dei Servizi di Manutenzione della Cascaquae Spa, una società pubblica che si occupa della gestione del Servizio Idrico Integrato. Negli anni, Sempiterno ha selezionato una serie di aziende di sua fiducia, che, a suo parere, garantiscono interventi rapidi ed efficaci sui vetusti immobili e sugli impianti della società… che fanno acqua da tutte le parti! Procede, di norma, con affidamenti diretti, facendo ruotare le sue aziende di fiducia, sulla base di personali criteri di selezione e rotazione.

QUADRO CLINICO: Come nel caso precedente, siamo rassicurati dal fatto che Sempiterno non ha alcun interesse personale a selezionare operatori economici appartenenti al suo “cerchio magico”. È mosso dalla necessità di mettere in sicurezza le manutenzioni, cioè di non deludere le aspettative della sua organizzazione. Di nuovo, non abbiamo un rischio di caduta della “fedeltà” dell’agente, ma di “affidabilità”: inoltre, gli operatori economici, agendo in una situazione di monopolio, potrebbero alzare i costi degli interventi, oppure ridurre la qualità delle loro prestazioni[27].

TERAPIA: È piuttosto evidente che questa situazione non può essere gestita con l’astensione di Sempiterno. La stazione appaltante dovrà invece imporre a Sempiterno di rivolgersi al mercato, per verificare che non sia a rischio l’economicità oppure la qualità delle prestazioni[28] (e, dunque, il rischio di non conseguire il risultato). In secondo luogo, consigliamo una terapia riabilitativa per l’amministrazione: occorre regolare le aspettative nei confronti di chi si occupa di manutenzione: per ottenere tutto e subito, si rischia ancora una volta di compromettere il risultato.

Finora il virus Co-d-int-23 non ha messo a rischio la fedeltà dei nostri protagonisti. Certamente, i conflitti che abbiamo identificato potrebbero degenerare in un comportamento opportunistico: il progettista potrebbe avvantaggiare un suo committente privato, il responsabile delle manutenzioni potrebbe farsi pagare dalle aziende della sua “cerchia”, il RUP potrebbe favorire un’impresa, che produce mammografi di scarsa qualità, per farsi dare una percentuale, ecc. … Ma in questi casi, l’infedeltà è una caratteristica dell’azzardo morale (che può essere abilitato da un conflitto di interessi non gestito) ma non è presente nella situazione di conflitto di interessi. Tuttavia, le cose potrebbero andare diversamente…

Long Co-d-int-23

Tra i peggiori sintomi del virus vi è senz’altro il “Long Co-d-int-23”, una sindrome caratterizzata, in alcuni casi, dal disturbo dissociativo dell’identità pubblica, in passato definito “conflitto di interessi strutturale[29]. in questo disturbo, due o più identità di ruolo si alternano nel controllo della persona: a chi risponde il nostro dipendente pubblico? Se lo chiede anche Gina Gincana, una dipendente del Provveditorato dell’Azienda Sanitaria di Groviglio a Monte[30]

La dott.ssa Gincana sta svolgendo, in qualità di RUP, una complessa procedura di gara: fornitura di prodotti e servizi per l’informatizzazione dei percorsi chirurgici gestiti dai presidi ospedalieri della Val Groppo. La gara è finalizzata a selezionare, con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, un operatore economico in grado di supportare l’Azienda nell’implementazione di un sistema interamente informatizzato di presa in carico del paziente in caso di intervento, monitorando ogni fase del processo. Il Bando di gara è alquanto complesso: la ditta aggiudicataria deve impegnarsi a costituire un gruppo di lavoro, preposto all’esecuzione del contratto, composto da soggetti esperti nelle materie oggetto della fornitura. Di conseguenza, nella loro offerta tecnica, le aziende partecipanti devono già identificare i nominativi dei possibili componenti del gruppo di lavoro e allegare il loro curriculum. Alla gara partecipano 5 aziende. In sede di valutazione delle offerte, la commissione di gara si accorge che una delle ditte concorrenti, la SpiderWeb Spa, ha presentato un’offerta tecnica con un gruppo di lavoro che include un professionista dipendente della Azienda Sanitaria di Groviglio a Monte, il dottor Maurizio Maneggioni. Maneggioni è dirigente della Unità Operativa “Appropriatezza dei Percorsi di Cura”, preposta all’attività di ispezione per la verifica dell’appropriatezza dei ricoveri presso gli Ospedali della Azienda Sanitaria di Groviglio a Monte, ma non è è stato coinvolto nella stesura del capitolato e non sarà membro della commissione giudicatrice. Dopo alcune verifiche, la dott.ssa Gincana appura che il dr. Maneggioni, da diversi anni, ha in atto una collaborazione extra-istituzionale con la Spiderweb Spa, regolarmente autorizzata dall’azienda sanitaria.

QUADRO CLINICO: la dott.ssa Gincana ha in mano questa patata bollente… Ha constatato che il dr. Maneggioni sta giocando un doppio ruolo: è contemporaneamente:

– dirigente della UOC che valuta l’appropriatezza dei percorsi di cura erogati dagli Ospedali della Val Groppo

– collaboratore della SpiderWeb, un’azienda che si candida ad informatizzare la presa in carico dei pazienti.

In questo doppio ruolo, il dr. Maneggioni potrebbe aver già interferito, fornendo alla SpiderWeb informazioni utili per elaborare la sua offerta. Inoltre, se la SpiderWeb dovesse aggiudicarsi la commessa, lui si troverà nell’assurda situazione di essere, contemporaneamente, controllore e controllato.

Non è detto che questo doppio ruolo renda Maneggioni inaffidabile: potrebbe anzi consentirgli di aiutare la SpiderWeb a garantire un servizio di ottima qualità. Tuttavia, questa situazione mette seriamente a rischio la sua fedeltà: se dovessero esserci delle irregolarità o non conformità nell’esecuzione del contratto, Maneggioni dovrebbe scegliere se promuovere gli interessi della ASL o quelli della SpiderWeb.

TERAPIA: È opportuno escludere la SpiderWeb dalla partecipazione alla gara? La risposta è affermativa: l’intervento chirurgico, che prevede la totale asportazione del partecipante, è la terapia di elezione in questi casi.

È opportuno eseguire degli accertamenti anche nei confronti del dr. Maneggioni. Gli incarichi extra-istituzionali, infatti, possono essere autorizzati solo se non generano situazioni di conflitto di interessi. Sarà quindi necessario avviare un procedimento disciplinare, per verificare se Maneggioni ha omesso di fornire alcune informazioni, oppure se il soggetto che ha autorizzato l’incarico ha omesso di valutare la situazione di conflitto.

La zombificazione dell’ospite

Una delle più acclamate serie televisive di quest’anno è intitolata “The last of us”, si ispira ad un noto videogioco che impazza tra i giovani e narra di un’epidemia generata dal fungo Cordyceps mutato che si scatena negli Stati Uniti d’America, trasformando gli esseri umani in creature aggressive. Profondamente segnato dalla visione della serie, uno degli autori ha proposto un ardito collegamento con l’effetto più deleterio del conflitto di interessi non gestito: si tratta della “zombificazione del soggetto ospite”, una dinamica ben nota a chi studia il comportamento di alcuni funghi, quali il Cordyceps[31] per l’appunto, che entrati nel cervello di insetti ne modificano i comportamenti, riducendoli a marionette per il soddisfacimento dei propri bisogni di sviluppo e riproduzione. Purtroppo, non esistono cure per questa patologia, si può solo agire in prevenzione. Cosa che non ha fatto la povera Amanda Aquila…

Amanda Aquila dopo aver conseguito la laurea in ingegneria ha trovato un impiego fisso alle dipendenze della Monnezza Spa, una società pubblica che si occupa di gestione del ciclo integrato dei rifiuti. Sta seguendo, con il ruolo di RUP, l’esecuzione dei lavori di realizzazione di un nuovo impianto trattamento dei rifiuti urbani. L’appalto è stato vinto dalla Barboni Spa, una società da molti attiva nel settore dei lavori pubblici; e Il figlio di Amanda Aquila lavora come magazziniere alle dipendenze della Barboni Spa. All’atto del conferimento dell’incarico, Amanda Aquila si era confrontata con il suo dirigente, perché aveva il dubbio di essere in conflitto di interessi. Tuttavia, il dirigente l’aveva rassicurata: “tuo figlio svolge mansioni esclusivamente operative e non è coinvolto nell’esecuzione dei lavori. Personalmente, non rilevo alcun profilo di incompatibilità o minacce per l’interesse funzionalizzato”. Dopo qualche mese, Monnezza Spa deve procedere al pagamento del primo acconto dei lavori di costruzione dell’impianto. Amanda Aquila riceve dal DEC lo stato di avanzamento e procede alla verifica della regolarità contributiva. Malauguratamente, il DURC della Barboni Spa non è in regola: l’azienda ha omesso di versare i contributi! Amanda Aquila telefona alla ditta e comunica che, stante l’irregolarità del DURC, la Monnezza Spa non potrà procedere ad alcun pagamento. Dopo pochi minuti, viene richiamata da Paolo Pezzente, l’amministratore delegato della Barboni Spa. Il dott. Pezzente mette subito le cose in chiaro: “Dottoressa, non riusciamo a pagare i contributi perché le materie prime sono sempre più costose e le stazioni appaltanti ci pagano sempre meno e sempre in ritardo. È un cane che si mangia la coda… Purtroppo, stante questa situazione, saremo costretti a ridurre il personale, cominciando dai settori meno strategici, come i magazzini. E sarebbe proprio un peccato, perché suo figlio è davvero un gran lavoratore …”.

QUADRO CLINICO. L’intensità dell’interferenza innescata dalla relazione di familiarità non lascia scampo. Gli interessi della Barboni Spa e gli interessi del figlio di Amanda Aquila ormai si sono fusi insieme. Amanda Aquila non è più fedele e nemmeno affidabile e viene guidata come un burattino privo di volontà dall’operatore economico.

L’orrida visione che si pone davanti agli occhi dell’osservatore è quella di una marionetta: Amanda Aquila, che autorizzerà i pagamenti, nonostante la evidente irregolarità contributiva, danneggerà l’amministrazione e risponderà personalmente del proprio comportamento. Ma da un agente pubblico “zombificato” non possiamo più aspettarci comportamenti razionali o virtuosi! in questi casi, si parla anche di “sequestro della funzione pubblica[32]” (o State capture se riferito alle funzioni legislative o regolamentari di una nazione): potenti interessi particolari (secondari) privano gli agenti pubblici di autonomia funzionale e si sostituiscono agli interessi primari.

TERAPIA. Purtroppo, ormai non c’è più niente da fare. Nemmeno le promettenti tutele previste per i RUP dalla futura normativa sugli appalti[33] che mirano a fornire copertura assicurativa al personale, possono essere garantite. Bisognava pensarci prima.

Purtroppo, le competenze di valutazione delle situazioni di conflitto di interessi e del rischio emergente erano assenti: per la dottoressa Aquila non erano altro che vaghe intuizioni, mentre per il suo dirigente si sono esaurite con la superficiale verifica del ruolo svolto dal figlio. Come conseguenza di queste pesanti carenze, il dipendente di una stazione appaltante è stato esposto ad un elevatissimo rischio che ha trasformato il conflitto di interessi in un ricatto[34]. In questi casi, l’unica terapia possibile è la formazione, orientata specificamente allo sviluppo di competenze di valutazione delle situazioni di conflitto di interessi.

Conclusioni

Siete finalmente giunti alla fine di questo articolo. È stato faticoso? Certo che sì. Con il conflitto di interessi non ce la caviamo con speculazioni in punta di diritto. Ed è bene non avere in testa solo Aristotele[35], con la sua filosofia dell’atto e della potenza.

Ahinoi, che occasione ha perso il Consiglio di Stato! Non avendoci convocati nell’elaborazione dello Schema non ha potuto attingere al nostro piccolo ma ricco bagaglio che in tanti anni di frequentazione abituale con le Amministrazioni Pubbliche abbiamo riempito di metodi, strumenti, metafore avendo sempre in mente che il conflitto di interessi può essere gestito solo se si affronta con una certa umiltà e pragmaticità, rifiutando inutili tipizzazioni e assumendo il punto di vista di un divulgatore scientifico.

Il conflitto di interessi costituisce una sfida per gli interpreti e gli analisti. Soprattutto per chi fonda la sua analisi su basi esclusivamente giuridiche. Essendo un rischio potenziale, cioè in assenza di un “atto”, tende ad essere interpretato dai giuristi come un esercizio divinatorio. Se lo si osserva, invece, dal punto di vista dell’analisi dei fenomeni corruttivi, lo studio dell’assetto degli interessi (convergenze o conflitti) risulta imprescindibile per la comprensione delle dinamiche che portano ad un azzardo morale[36].

Lasciamo al nostro lettore il facile compito di giudicare quale approccio abbia prevalso nel nostro Paese, ma in mancanza di validi metodi di valutazione si comprende meglio la posizione che assume Consiglio di Stato nello Schema legislativo. In sintesi, sembra proporre una moratoria sul conflitto di interessi, che passa, da una parte, per una modifica del DNA stesso dell’istituto: il principio ispiratore, almeno per quanto riguarda la contrattualistica pubblica, non è più la tutela dei meccanismi di mercato, bensì la salvaguardia del rapporto di fiducia tra gli attori in gioco. Dall’altra parte, il Consiglio di Stato inserisce al comma 2 dell’art. 16 una “probatio diabolica”: la percepita minaccia all’imparzialità e indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base di presupposti specifici e documentati e deve riferirsi a interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all’altro.

In pratica, visto che non capiamo nulla del conflitto di interessi, non riusciamo a cogliere la sua complessità e a trovare un modo efficace per gestirlo, allora ci comportiamo come quegli innamorati non corrisposti che adottano la strategia del “ghosting[37] e togliamo il nostro oggetto d’amore dai contatti, lo rimuoviamo dalle amicizie e ne parliamo male con gli amici. Addirittura arriviamo a cambiare i connotati di quella persona, dipingendola per quello che non è.

Ci rifiutiamo di credere che lo Schema del Consiglio di Stato proponga una fiducia a senso unico, in cui il conflitto di interessi è ormai un corpo estraneo che appartiene alla cultura del sospetto e come tale va eradicato alla fonte. Crediamo piuttosto che una modifica delle norme che regolano gli appalti pubblici, nell’ottica della semplificazione e del risultato, sia necessaria, ma non deve andare a discapito della tutela dell’integrità del sistema pubblico.


[1] Consiglio di Stato, Relazione illustrativa dello schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”.

[2] Ci riferiamo, ovviamente, allo Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’art. 1 della Legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici” e alla Relazione illustrativa, entrambi elaborati dal Consiglio di Stato, trasmessi al Governo il 7 dicembre 2022:

(https://www.giustizia-amministrativa.it/web/guest/-/schema-del-codice-dei-contratti-pubblici-elaborato-dal-consiglio-di-stato).

[3] Consiglio di Stato, Relazione illustrativa dello schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”.

[4] M. Di Rienzo, A. Ferrarini, “La Geometria delle Regole”, in Azienditalia, 2022.

[5] Originariamente, abbiamo usato l’aggettivo affidabile per descrivere il gruppo TRUST. Tuttavia, come vedremo, l’affidabilità, nel nuovo codice dei contratti pubblici, è una qualità che viene attratta nella sfera FIT: è la capacità dell’agente pubblico di portare a casa il risultato. Per evitare ambiguità, abbiamo dunque deciso di utilizzare l’aggettivo credibile.

[6] Abbiamo ampiamente parlato di queste regole nel 2022, durante il nostro lungo “viaggio nel mondo dei codici di comportamento della PA”. Quindi, per un approfondimento di queste tematiche, vi invitiamo a leggere o rileggere i seguenti articoli:

– “L’ambiguità del dono – La vera storia dell’art. 4 del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici”;

– “La diffusione del disordine – Le ingiunzioni valutative dell’art. 12 del Codice di comportamento”;

– “L’innocenza rubata – L’adesione o appartenenza del dipendente pubblico ad associazioni od organizzazioni”;

– “La cuoca di Giulio Cesare”.

[7] Cost., art 97:

Le pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione europea, assicurano l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico.

I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.

Nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari.

Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge..

[8] Consiglio di Stato, Relazione illustrativa dello schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”.

[9] Questa espressione, assai forte, è letteralmente contenuta in un passaggio della relazione illustrativa: “Significativa è anche la posizione assunta dalla nostra Corte costituzionale nella sentenza n. 131/2020, sui rapporti tra tutela della concorrenza, da un lato, e solidarietà/sussidiarietà orizzontale dall’altro, dove si afferma che la concorrenza non è un fine, ma uno strumento, che può essere ‘sacrificato’ se ci sono interessi superiori da realizzare”.

[10] Esiste un principio di reciproca fiducia (mutual trust), che è richiamato nelle sentenze della Corte di Giustizia Europea, e che favorisce la cooperazione tra gli Stati Membri e l’integrazione dei sistemi giuridici nazionali. In base a questo principio, ogni Stato membro ha fiducia che tutti gli altri Stati saranno in recepire e attuare pienamente il diritto comunitario nei loro ordinamenti, soprattutto in relazione al rispetto dei diritti umani. Tuttavia, non si ravvede alcun collegamento tra il mutual trust europeo e il principio della fiducia del nuovo codice dei contratti italiano: quest’ultimo principio, infatti, non si riferisce ad una relazione tra pari (come è quella tra gli Stati membri dell’UE), ma ad una relazione tra soggetti diversi: le stazioni appaltanti, i funzionari e gli operatori economici.

[11] Dir. 2014/24/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sugli appalti pubblici, art. 18 (Principi per l’aggiudicazione degli appalti), comma 1: “Le amministrazioni aggiudicatrici trattano gli operatori economici su un piano di parità e in modo non discriminatorio e agiscono in maniera trasparente e proporzionata.

[12] Consiglio di Stato, Relazione illustrativa dello schema definitivo di Codice dei contratti pubblici in attuazione dell’articolo 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, recante “Delega al Governo in materia di contratti pubblici”.

[13] Dir. 2014/24/UE, Art. 24 (conflitto di interesse): “Gli Stati membri provvedono affinché le amministrazioni aggiudicatrici adottino misure adeguate per prevenire, individuare e porre rimedio in modo efficace a conflitti di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici.

Il concetto di conflitti di interesse copre almeno i casi in cui il personale di un’amministrazione aggiudicatrice o di un prestatore di servizi che per conto dell’amministrazione aggiudicatrice interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti o può influenzare il risultato di tale procedura ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto.

[14] In realtà, nell’art. 42 era presa in considerazione solo la fase di aggiudicazione. L’art. 16 ha introdotto anche il riferimento alla fase di esecuzione, ma ancora una volta senza fare riferimento alle fasi di rilevazione dei bisogni, programmazione, rendicontazione e pagamento.

[15] Il parere detta i criteri di valutazione delle situazioni di conflitto di interessi secondo il Consiglio di Stato. In questo senso, “occorre distinguere situazioni di conflitto di interessi da un lato conclamate, palesi e soprattutto tipizzate (quali ad esempio i rapporti di parentela o coniugio) che sono poi quelle individuate dall’art. 7 del d.P.R. n. 62 del 2013 citato; dall’altro non conosciuti o non conoscibili, e soprattutto non tipizzati (che si identificano con le “gravi ragioni di convenienza” di cui al penultimo periodo del detto art. 7 e dell’art. 51 c.p.c.)” … “rilevano sia palesi situazioni di conflitto di interessi, sia situazioni di conflitto di interessi (in questo senso) potenziali, perché tale nozione include non soltanto le ipotesi di conflitto attuale e concreto, ma anche quelle che potrebbero derivare da una condizione non tipizzata ma ugualmente idonea a determinare il rischio”.

[16] Cfr: Indagine Anac sulla prevenzione della corruzione, gennaio 2023.

[17] Le polarizzazioni sono una somma di conflitti e convergenze di interessi. I comportamenti che possono essere adottati in uno scenario influenzano gli interessi in gioco e dividono gli interessi in due sottoinsiemi: l’insieme degli interessi che vengono promossi da quel comportamento e l’insieme degli interessi che vengono minacciati da quel comportamento. Questa partizione, cioè divisione dell’insieme degli interessi di uno scenario, prende il nome di “polarizzazione”. Alcune polarizzazioni generano rischi di caduta dell’integrità, come abbiamo spiegato nell’articolo “La parresia del whistleblower. – Il coraggio della verità e le convergenze pericolose”, in Azienditalia, 2021.

[18] Gli esseri umani sono per loro natura non imparziali e hanno la tendenza a promuovere gli interessi dei soggetti con cui sono in relazione. Abbiamo discusso questa tesi (anche facendo riferimento alla “teoria del gene egoista” di R. Dawkins e alla “teoria della selezione parentale” di W.D. Hamilton) nei seguenti articoli:

– “L’ambiguità delle relazioni sensibili – Alle origini del conflitto di interessi”, in Azienditalia, 2021;

– “Un’assicella di legno che chiamiamo imparzialità – La tappa finale del nostro viaggio nel mondo dei conflitti di interessi”, in Azienditalia, 2021.

[19] La definizione di integrità fornita nel testo richiama quella contenuta nella Raccomandazione sull’integrità pubblica adottata dal Consiglio dell’OCSE nel 2017. L’OCSE, prendendo atto che l’integrità è uno dei pilastri delle strutture politiche, economiche e sociali e quindi elemento essenziale del benessere economico e sociale, ha identificato criteri e azioni necessarie alla creazione di un sistema coerente e completo dell’integrità pubblica, che viene definita facendo appunto riferimento “all’allineamento coerente e all’adesione di valori, principi e norme etiche condivisi per sostenere e dare priorità all’interesse pubblico rispetto agli interessi privati nel settore pubblico”.

[20] D.P.R. n. 62/2013 (Codice di comportamento dei dipendenti pubblici), art. 3, comma 2: “Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi”.

[21] La distinzione tra principi assoluti e principi derivati vale anche per i principi FIT. Per esempio, il buon andamento è un principio assoluto, perché è una qualità essenziale delle organizzazioni (sia pubbliche che private): nessuna organizzazione esiste per NON raggiungere i propri scopi! L’efficienza, l’efficacia e l’economicità, invece, sono delle qualità riferibili alle persone (un dipendente efficiente) oppure alle scelte e ai comportamenti delle persone (agire in modo efficace, adottare una soluzione economicamente sostenibile, ecc..); sono principi derivati, funzionali a garantire l’attuazione del principio di buon andamento.

[22] Massimo Di Rienzo, Andrea Ferrarini, “LE ROI S’AMUSE. Comportamento in servizio e nei rapporti privati”, in Azienditalia, 2022.

[23] Schema di nuovo codice dei contratti pubblici, art. 2, comma 4: “Per promuovere la fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale, nonché per riqualificare le stazioni appaltanti e per rafforzare e dare valore alle capacità professionali dei dipendenti, compresi i piani di formazione di cui all’articolo 15, comma 7.

[24] Una vicenda simile è stata oggetto di Parere da parte di ANAC che, con Delibera n. 264 del 25 maggio 2022 ha stabilito che sussiste un potenziale conflitto di interessi in caso di coincidenza delle posizioni di soggetto privato incaricato della progettazione posta a base di gara e aggiudicatario della medesima gara per l’esecuzione dei lavori (in quel caso il progettista era anche titolare dell’impresa aggiudicataria).

[25] Cfr.: “Anatomia delle Porte Girevoli (Revolving Door)”, in Spazioetico, 2021: “In questo caso raramente abbiamo osservato l’adozione di meccanismi regolatori e periodi di raffreddamento che sarebbero necessari a scongiurare l’uso strumentale del sistema pubblico al fine di costituire reti preferenziali e acquisire informazioni riservate”.

[26] Nello schema del Consiglio di Stato, art. 95, comma 1, lett. c) prevede la possibilità per la stazione appaltante di escludere l’operatore economico qualora accerti la sussistenza di “una distorsione della concorrenza derivante dal precedente coinvolgimento degli operatori economici nella preparazione della procedura d’appalto che non possa essere risolta con misure meno intrusive”.

[27] Cfr.: “Un’assicella di legno che chiamiamo imparzialità”, in Azienditalia, 2021. “In assenza di imparzialità potrebbero innescarsi pericolosi fenomeni come, ad esempio, la selezione avversa che facilita l’instaurarsi di monopoli e cartelli nell’economia di uno Stato. Nella selezione avversa un agente pubblico modifica le condizioni di concorrenzialità di una parte del settore privato locale per determinare un vantaggio a favore di un soggetto o di un gruppo di soggetti (ai quali può essa stessa appartenere o meno), provocando una selezione dei concorrenti, alcuni dei quali si troveranno in una posizione di vantaggio rispetto agli altri. Tale selezione sarà sfavorevole in quanto resteranno in piedi solo i concorrenti disposti a violare le regole (monopolio), oppure, gli altri concorrenti inizieranno ad assumere le stesse condotte dei concorrenti favoriti (cartelli)”.

[28] Questo caso, come i precedenti, si basa su una vicenda realmente accaduta: nella realtà, il nuovo direttore amministrativo di un’Azienda Sanitaria, per semplificare e razionalizzare gli affidamenti aziendali, ha imposto al responsabile delle manutenzioni di aderire ad una convenzione CONSIP. In questo modo, si è scoperto che i servizi di manutenzione potevano essere erogati da un consorzio di imprese che garantiva gli stessi servizi a un costo notevolmente inferiore. L’Amministratore Delegato fu contrariato, prendendo atto degli enormi sprechi di risorse pubbliche realizzati nel corso degli anni.

[29] Cfr.: “Gli interessi secondari strutturali e non strutturali”, in Spazioetico, 2021. “Questi interessi secondari si presentano in modo sistematico e sono prevedibili. Bastano, da soli, a spiegare perché nella Pubblica Amministrazione è così difficile, se non impossibile, cambiare concessionari o fornitori”.

[30] Il caso è liberamente tratto dai fatti oggetto della sentenza n. 335/2019 della Sezione III del Consiglio di Stato.

[31] Alcune specie di Cordyceps possono parassitare ragni o farfalle, producendo, a seguito dell’infezione, in un primo stadio, sostanze psicotrope che inducono l’animale a raggiungere posti alti (cime di rami, sommità). In un secondo stadio l’esoscheletro dell’ospite viene perforato dalle numerose ife del fungo che così produce i corpi fruttiferi, e quindi le spore possono liberarsi in posizioni favorevoli e ricadere su altri artropodi.

[32] Per comprendere appieno questo fenomeno che assume i caratteri della corruzione politico-sistemica, consigliamo di leggere l’articolo: “La sanità pubblica sotto sequestro”, in Azienditalia, 2020.

[33] Ricordiamo che il comma 4 dell’art. 3 del nuovo codice prevede che stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottino azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale. Ma questa copertura serve “per promuovere la fiducia nell’azione legittima, trasparente e corretta dell’amministrazione”e quindi non interverrà nel caso in cui si rilevino delle gravi violazione della normativa sugli appalti.

[34] Per approfondire questa dinamica, si può consultare “Il naufragio del dottor Titanico… ovvero della tempestosa natura del conflitto di interessi esogeno”, in Azienditalia, 2021.

[35] Un buon riferimento è il filosofo Saul Aaron Kripke e la sua bellissima semantica dei mondi possibili da cui abbiamo ricavato una metodologia di valutazione dei conflitti di interessi “per scenari”. Cfr.: “L’uso degli scenari nella valutazione dei conflitti di interessi potenziali”, in Spazioetico, 2021.

[36] Cfr.: “Il salto con l’asta. Valutare il rischio di frodi e corruzione con il metodo di Spazioetico”, in Spazioetico, 2022.

[37] Il Ghosting è una strategia indiretta per porre fine ad una relazione romantica che, recentemente, ha stimolato l’interesse dei ricercatori. Il Cambridge Dictionary lo definisce come una modalità di concludere una relazione sentimentale, interrompendo all’improvviso qualsiasi comunicazione.