Nei Paesi evoluti l’etica pubblica privilegia l’indipendenza del decisore pubblico a scapito della lealtà al superiore gerarchico

Nella lotta alla corruzione i Paesi applicano logiche istituzionali che dipendono dalla tradizione storica e culturale dei vari contesti. Le ricerche di Rothstein e Sorak dimostrano come uno degli indicatori dell’evoluzione di una collettività nel prendere seriamente in considerazione i rischi che derivano dai fenomeni corruttivi è l’assetto dei princìpi che governano l’etica pubblica.

I Codici di comportamento dei dipendenti pubblici sono un po’ come il terreno molle su cui si fissa l’impronta etica di una nazione.

Ad una prima analisi, i princìpi che reggono l’etica pubblica (in Italia sono codificati all’articolo 3 del Codice di comportamento) sembrano tutti uguali. Ma se si scava un po’ si scoprono delle interessanti differenze. Si scopre, ad esempio, che, nei Paesi evoluti, l’etica pubblica privilegia l’indipendenza del decisore pubblico a scapito della lealtà al superiore gerarchico.

E in Italia? Verso quale modello stiamo andando?


L’etica pubblica è il frutto dell’evoluzione storica delle nazioni. Rothstein e Sorak (2017), riprendendo uno studio di altri due autori, Six e Lawton (2013), mostrano come l’atteggiamento politico-istituzionale di un Paese nei confronti della lotta alla corruzione orienta i comportamenti attesi dei decisori pubblici verso princìpi a volte opposti, con importanti conseguenze sull’integrità pubblica.

Six e Lawton hanno posto le basi del ragionamento identificando quattro “logiche istituzionali dominanti” (cfr: p. 645):

  • logica istituzionale orientata all’etica,
  • logica istituzionale orientata alla corruzione,
  • logica istituzionale che sta passando da “orientata alla corruzione” a “orientata all’etica”,
  • logica istituzionale orientata all’etica, ma si verificano degli eventi corruttivi assai impattanti.

Rothstein e Sorak (cfr: p. 18) hanno comparato i codici di comportamento dei dipendenti pubblici della Finlandia, una nazione che sembra possedere una logica istituzionale orientata all’etica e la Bulgaria che, invece, sembra possedere una logica istituzionale orientata alla corruzione.

In Finlandia i princìpi base dell’etica pubblica sono: indipendenza, imparzialità, oggettività, affidabilità del governo, trasparenza, spirito di servizio e senso di responsabilità.

In Bulgaria i princìpi base sono: legalità, lealtà, responsabilità, stabilità, neutralità politica, subordinazione gerarchica, apertura, imparzialità e confidenzialità.

Si nota subito la prevalenza dei princìpi TRUST finlandesi rispetto ai princìpi FIT bulgari (se volete comprendere meglio cosa intendiamo con “TRUST” e “FIT” leggete il nostro articolo “La geometria delle regole“).

In poche parole, la Finlandia investe su un governo “affidabile”, “fedele” e “indipendente”, nel senso che i cittadini possono riporre fiducia nella funzione pubblica, mentre la Bulgaria investe su un governo “affidabile” e “stabile”, e sulla relazione fiduciaria che lega gli agenti pubblici ai propri superiori gerarchici e, indirettamente, allo Stato. Nel primo caso chi amministra risponde alla collettività, nel secondo caso chi amministra risponde allo Stato e a chi detiene il potere.

E’ evidente come nei Paesi evoluti l’etica pubblica privilegia l’indipendenza del decisore pubblico a scapito della lealtà al superiore gerarchico, come illustrato dalla seguente immagine:

E in Italia? La Costituzione della Repubblica ci pone al riparo da queste pericolose fluttuazioni. L’articolo 97 stabilisce che i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.

Inoltre, l’articolo 3 del Codice di comportamento nazionale (DPR 16 aprile 2013 , n. 62), ai primi due commi, identifica i princìpi di riferimento dell’etica pubblica:

1. Il dipendente osserva la Costituzione, servendo la Nazione con disciplina ed onore e conformando la propria condotta ai principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa. Il dipendente svolge i propri compiti nel rispetto della legge (legalità), perseguendo l’interesse pubblico senza abusare della posizione o dei poteri di cui è titolare.

2. Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi.

Dunque un corretto bilanciamento tra princìpi FIT e TRUST, o almeno così sembrerebbe. Attenzione, tuttavia, alle novità (o presunte tali). In un precedente articolo – QUANDO L’INTEGRITA’ ABDICA ALL’ETICA DEL RISULTATO. I principi di “risultato” e “fiducia” nello schema del nuovo Codice dei contratti pubblici – abbiamo segnalato il rischio di una “deriva bulgara” del nostro sistema di regole contenuto nello  Schema definitivo di Codice dei contratti pubblici adottato dal Consiglio di Stato a dicembre 2022.

Il nuovo “princìpio del risultato” con il suo corollario “princìpio della fiducia” sembra orientare l’etica pubblica, almeno per quanto concerne l’ambito dei contratti pubblici, verso un concetto di affidabilità distorto.

In realtà la “deriva bulgara” la notiamo anche in altri delicati passaggi istituzionali, guidati da una logica discutibile. Ad esempio, il grave ritardo con cui l’Italia ha recepito la Direttiva sul Whistleblowing. Ma, soprattutto, l’adozione di nuovi e più stringenti standard di comportamento sull’uso delle informazioni con il decreto legge “Pnrr 2”. Si legge: “il dipendente è tenuto ad astenersi da qualsiasi intervento o commento che possa nuocere al prestigio, al decoro o all’immagine dell’amministrazione di appartenenza o della PA in generale“.

Non conosciamo il motivo che spinge il nostro legislatore a preferire il modello bulgaro a quello finlandese. Speriamo solo che il buon senso ed un certo grado di conoscenza della peculiarità dei princìpi che reggono l’etica pubblica possa arginare questa pericolosa tendenza.