IL FILO DI ARIANNA. Ri-scrivere il princìpio di trasparenza: la proposta di Spazioetico
Questo articolo è apparso sulla Rivista Azienditalia Enti Locali, Mensile per gli enti locali e le loro aziende, nel 2022, nell’ambito della rubrica mensile: lo Spazio Etico, Viaggio nel mondo dei codici di comportamento della PA: istruzioni per l’uso.
In questo articolo parleremo di trasparenza, ma non si illudano i nostri lettori: non parleremo di case di vetro, in cui tutto è armonioso, razionale e perfetto, come le colonne del Partenone in cima all’Acropoli di Atene. Vi accompagneremo in un mondo assai più oscuro, più simile a quello dei Micenei dell’età del bronzo[1], che hanno ispirato l’Iliade di Omero[2], i drammi più feroci della tragedia greca[3] e il mito sanguinario del Minotauro[4].
Scopriremo che la trasparenza non è un sole allo zenit, che cancella tutte le ombre. La trasparenza è solo un lampo breve e improvviso che squarcia le tenebre e, per pochi secondi, rivela qualche particolare del paesaggio. È un sottile filo d’Arianna, che ci aiuta a non perdere la strada nel labirinto oscuro delle asimmetrie informative.
Breve storia della trasparenza in Italia
L’evento. Trasparenza è ormai diventata una sorta di parola magica, che evoca effetti taumaturgici su molte delle questioni che occupano l’agenda politica italiana degli ultimi anni. Una parola che racchiude in sé molti significati accumulati nel corso di molte stagioni. Per capirlo, è sufficiente osservare la traiettoria che il concetto di trasparenza ha disegnato negli ultimi trent’anni in Italia. |
Le origini della trasparenza: i diritti dei destinatari.
“Dove un superiore pubblico interesse non imponga un momentaneo segreto, la casa dell’Amministrazione dovrebbe essere di vetro”: con queste parole, pronunciate il 17 giugno 1908 alla Camera dei deputati, Filippo Turati regalò all’immaginario collettivo degli italiani una delle più celebri, e abusate, metafore della trasparenza.
Filippo Turati (Canzo, 26 novembre 1857 – Parigi, 29 marzo 1932) fu uno dei padri del socialismo italiano, ma nella sua vita ebbe contro tutti: comunisti, socialisti e fascisti. Di conseguenza, non ci stupisce più di tanto che il suo auspicio di un sistema pubblico più trasparente sia rimasto lettera morta per quasi un secolo, cioè fino all’entrata in vigore della Legge n. 241/1990 sul procedimento amministrativo, che ha introdotto, anche se in forma non del tutto compiuta, i due istituti tipici dell’approccio italiano alla trasparenza: il diritto di accesso e gli obblighi di pubblicazione.
Il diritto di accesso agli atti, sancito e regolato negli articoli da 22 a 28 della suddetta norma, è riconosciuto ai destinatari dell’azione amministrativa, ma anche a soggetti privati “portatori di interessi pubblici o diffusi”[5], in presenza di un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso” [6]. Questo diritto ha rappresentato, per almeno vent’anni, il principale strumento di accesso ai dati e alle informazioni contenute nei documenti amministrativi, ma c’entra davvero poco con il concetto di trasparenza che si è andato affermando negli ultimi anni, nella misura in cui non permette istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche Amministrazioni[7].
Gli obblighi di pubblicazione sono stati invece introdotti, in una forma quasi embrionale, dall’articolo 26 della Legge n. 241/1990 (poi abrogato dal D.Lgs. n. 33/2013): le Amministrazioni erano tenute a pubblicare “secondo le modalità previste dai singoli ordinamenti, le direttive, i programmi, le istruzioni, le circolari e ogni atto che dispone in generale sulla organizzazione, sulle funzioni, sugli obiettivi, sui procedimenti di una Pubblica Amministrazione ovvero nel quale si determina l’interpretazione di norme giuridiche o si dettano disposizioni per l’applicazione di esse”. Questo primo nucleo di adempimenti tesi a garantire la trasparenza delle pubbliche Amministrazioni verso l’esterno è, a tutti gli effetti, il piccolo seme da cui crescerà, nel 2013, una pianta possente, ramificata e forse anche un po’ invasiva: la sezione Amministrazione Trasparente dei siti web istituzionali.
Lo sviluppo: gli anni del dialogo e della performance
La legge n. 241/1990 ha anche avviato un processo di democratizzazione dell’agire pubblico, promuovendo un nuovo tipo di rapporto tra Pubblica Amministrazione e cittadini[8], con l’introduzione del diritto di partecipazione al procedimento amministrativo[9], nonché di procedure e strumenti di semplificazione[10]. Questo processo sarebbe continuato negli anni Novanta e Duemila, intrecciandosi con i vari tentativi di riforma della Pubblica Amministrazione ispirati al New Public Management[11].
La Legge n. 150/2000, “Disciplina delle attività di informazione e di comunicazione delle pubbliche Amministrazioni”, per esempio, ha distinto la comunicazione esterna (URP) dalla attività di informazione (ufficio stampa), offrendo, almeno sulla carta, la possibilità alle PA di costituire canali permanenti di ascolto e verifica del livello di soddisfazione del cliente/utente, tale da consentire all’organizzazione di adeguare di volta in volta il servizio offerto.
Nel 2009, poi, con la stagione della trasparenza sul ciclo della performance[12], improvvisamente si sono riaccesi i riflettori sulle case di vetro. Alcune Amministrazioni hanno cominciato a ragionare su come elaborare e pubblicare i dati che, ad esempio, ora vengono utilizzati come indicatori di anomalia nelle procedure di scelta del contraente (rapporto tra diverse tipologie di procedure, percentuale di affidamenti diretti, presenza e consistenza delle proroghe, volume di affidamenti per singolo operatore economico, ecc…).
Il 2009-2010 è stato, in un certo senso, un momento magico: l’associazione fra trasparenza e performance era ancora dominante, e proprio in quegli anni sarebbe stato determinante introdurre dei meccanismi di trasparenza reattiva[13], per aiutare le Amministrazioni a identificare i dati e le informazioni più appetibili per gli osservatori qualificati. Invece, l’accesso civico generalizzato, che garantisce a chiunque l’accesso alle informazioni detenute dalle Pubbliche Amministrazioni, è stato introdotto solo nel 2016, in un contesto normativo e culturale profondamente cambiato, dopo l’entrata in vigore della Legge n. 190/2012.
Il punto di arrivo: “Trasparenza = Anticorruzione”
La Legge n. 190/2012 ha profondamente modificato il significato della trasparenza e il rapporto con i cittadini. Si è passati dal concetto di accountability (trasparenza intesa come voler rendere conto) al concetto di adempimento (trasparenza intesa come dover rendere conto). Il Legislatore ha deciso, unilateralmente, quali fossero i dati e le informazioni rilevanti, ai fini non tanto della valutazione della performance quanto della prevenzione della corruzione: il mantra della luce del sole che disinfetta le stanze buie e polverose dove gli interessi illeciti infettano il potere pubblico ha preso l’avvento su tutto il resto. Il D.Lgs. n. 33/2013 ha introdotto una notevole mole di obblighi di pubblicazione e i cittadini sono stati investiti del ruolo di vigilantes delle Amministrazioni, in una specie di gioco a guardia e ladri in cui il legislatore ha immaginato Amministrazioni restie ad assolvere i propri obblighi di trasparenza proattiva e cittadini che, con le loro istanze di accesso civico, intervenivano per ricordare che quel dato o quel documento, ai sensi di quel preciso articolo di legge, doveva per forza essere pubblicato.
In questo scenario, l’accesso civico generalizzato, introdotto dal D.Lgs. n. 97/2016[14], ha riconosciuto a chiunque il diritto “di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle Pubbliche Amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione”, ma è stato percepito dagli uffici come un ulteriore adempimento. Come abbiamo avuto modo di sottolineare in altra sede[15], l’accesso civico generalizzato è stato concepito dal Legislatore come un ibrido, che si pone a metà strada tra l’accesso agli atti della Legge n. 241/1990 e l’accesso civico semplice. Come per l’accesso agli atti, il cittadino deve produrre un’istanza all’ufficio che detiene le informazioni, che avvia un procedimento finalizzato ad autorizzare, negare o differire l’accesso, coinvolgendo anche eventuali controinteressati. Tuttavia, in analogia con l’accesso civico semplice, il cittadino non deve motivare la richiesta di accesso, che può anche essere preordinata ad un controllo generalizzato dell’operato delle Pubbliche Amministrazioni[16]. Il personale di un ufficio che deve valutare una richiesta di accesso civico generalizzato si trova, conseguentemente, in una situazione di conflitto di interessi[17], perché deve decidere se dare o non dare accesso a informazioni che potrebbero essere usate dal richiedente per controllare il suo operato e rilevare eventuali presunte irregolarità[18].
Il diritto a conoscere, strettamente connesso alla libertà di espressione[19], teoricamente garantito a tutti i cittadini dall’accesso civico generalizzato, in realtà è fortemente limitato da altri diritti (in particolare dal diritto alla privacy)[20]; ma è limitato soprattutto dal fatto che chi accede ai documenti, ai dati e alle informazioni, non deve specificare che uso ne farà, dal momento che essi (come specificato dall’art. 3, comma 1 del D.lgs. n. 33/2013) diventano “pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli”, mettendo a rischio gli eventuali controinteressati.
L’accesso civico generalizzato rappresenta, insomma un tentativo, abbastanza mal riuscito, di promuovere processi di trasparenza reattiva in un contesto normativo e culturale dominato dall’idea che la trasparenza sia un obbligo e non un’opportunità o un atto di responsabilità. Ed è un tentativo rimasto isolato, perché ancora oggi, quando si ricorre alla trasparenza come strumento di promozione della legalità, l’approccio è sempre proattivo: per ridurre l’interferenza delle lobby nelle decisioni della politica, si pubblicano le agende degli incontri con i portatori di interessi[21]; per rendere trasparenti i rapporti tra aziende, società scientifiche, medici e aziende sanitarie, si impongono obblighi di pubblicità e di comunicazione dei collegamenti di interessi (Sunshine Act)[22]; per prevenire fenomeni di riciclaggio, si istituisce un registro dei titolari effettivi[23].
Non mettiamo in dubbio l’efficacia di queste misure e, in generale, l’efficacia degli obblighi di pubblicazione: a quasi dieci anni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. n. 33/2013, noi per primi rileviamo una maggiore facilità a reperire informazioni circa il funzionamento delle organizzazioni pubbliche. Quando prepariamo i nostri corsi di formazione, ci basta andare nella sezione Amministrazione Trasparente e, con pochi colpi di mouse, troviamo tutto quello che ci serve: articolazione degli uffici, Piani anticorruzione, Codici di Comportamento, mappature dei processi, ecc …
Il problema è di altro tipo: dobbiamo chiederci se è sensato includere la trasparenza, questo tipo di trasparenza fatta di obblighi e adempimenti, tra i principi dell’Etica pubblica.
La banalità del bene: il principio di trasparenza
I Principi. La trasparenza, intesa come obbligo di pubblicare informazione o diritto di accedere alle informazioni, è un principio dell’etica pubblica alquanto banale e poco utile. È necessario, quindi, ridefinire questo principio, facendo riferimento non tanto alle informazioni, quanto alle asimmetrie informative. |
Un principio poco produttivo
L’art. 3 del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici identifica una serie di principi di riferimento dell’Etica pubblica, accompagnati da ingiunzioni di carattere generale. La trasparenza è introdotta nel comma 2, che richiama anche i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, equità, ragionevolezza, indipendenza e imparzialità[24], che sono elencati senza essere accompagnati da alcuna definizione, come se fossero autoevidenti. Tuttavia, come evidenziato anche dal Gruppo di Lavoro sulle Linee Guida ANAC in materia di codici di comportamento, i principi dell’Etica pubblica sono qualcosa di molto astratto e “in assenza di un passaggio esplicativo i principi rischiano però di restare incompresi ed estranei alla vita delle Amministrazioni”[25]. Per ovviare a questa carenza, in un precedente articolo[26] abbiamo avanzato una nostra proposta di ricostruzione sistematica e di definizione dei principi fondamentali dell’Etica pubblica, che può essere sintetizzata nel modo seguente:
· I principi dell’etica pubblica descrivono i meccanismi di funzionamento del sistema pubblico;
· I principi dell’etica pubblica possono essere suddivisi in due macrocategorie: principi FIT, che rendono una Pubblica Amministrazione adeguata ai propri scopi, e principi TRUST, che rendono una Pubblica Amministrazione affidabile agli occhi della collettività;
· i principi dell’etica pubblica possono essere ulteriormente suddivisi in quattro gruppi:
– Meccanismi basilari di funzionamento (buon andamento, imparzialità, uguaglianza, universalità),
– Meccanismi di delimitazione dell’agire pubblico (Legalità, integrità, equità, correttezza e buona fede, obiettività),
– Meccanismi di performance (Economicità, efficienza, efficacia, proporzionalità),
– Meccanismi di accountability (indipendenza e trasparenza).
La trasparenza, dunque, almeno sulla base della nostra analisi, è un principio TRUST ed è un meccanismo di accountability, insieme all’indipendenza. Abbiamo proposto la seguente definizione di questi due principi:
· Indipendenza. La Pubblica Amministrazione deve essere libera di agire, senza subire il condizionamento di gruppi o interessi particolari.
· Trasparenza. I dati e i documenti e le informazioni in possesso della Pubblica Amministrazione devono essere accessibili, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione e forme diffuse di controllo sulle attività delle istituzioni e sull’utilizzo delle risorse pubbliche.
La nostra definizione del principio di trasparenza è senz’altro corretta e include il concetto di accessibilità totale introdotto dall’art. 1 del D.Lgs. n. 33/2013 (Principio generale di trasparenza), con un richiamo alla trasparenza reattiva e agli scopi dell’accesso civico generalizzato. Tuttavia, questo principio sembra molto debole, nella sua portata e nei suoi contenuti, se paragonato al principio di indipendenza, che è strettamente connesso al principio di imparzialità e definisce in modo chiaro e forte le condizioni di possibilità dei processi di accountability in ambito pubblico[27]. Il principio di trasparenza è anche poco produttivo: da questo principio, infatti, sembrano discendere esclusivamente le ingiunzioni contenute nei commi 1 e 2 dell’art. 9 del Codice di comportamento nazionale[28].
Il rasoio di Occam
Forse potremmo fare a meno di un principio così banale e di così limitate vedute, e in effetti questa operazione potrebbe essere tutt’altro che impossibile. Le regole dell’articolo 9, per esempio, potrebbero derivare anche dal principio di legalità[29]: la trasparenza e la tracciabilità dei processi sono infatti obbligatori in virtù di precise disposizioni di legge[30]. Inoltre, possiamo notare come la trasparenza non sia citata in nessun articolo della Costituzione Italiana, a differenza della legalità, del buon andamento e dell’imparzialità, che sono richiamati nel secondo comma dell’art. 97[31]; e quindi la trasparenza potrebbe non essere un principio, ma un corollario di altri principi, un semplice strumento che contribuisce a garantire il buon andamento e l’imparzialità del sistema pubblico. Una conferma in tal senso potrebbe essere trovata rileggendo l’art. 11 del D.Lgs. n. 150/2009. Questo articolo (abrogato dal D.Lgs. n. 33/2013)[32] conteneva la prima definizione del concetto di trasparenza nella storia della normativa italiana, in cui l’accesso alle informazioni era esplicitamente descritto come strumentale alla verifica del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità:
· La trasparenza è intesa come accessibilità totale, anche attraverso lo strumento della pubblicazione sui siti istituzionali delle Amministrazioni Pubbliche, delle informazioni concernenti ogni aspetto dell’organizzazione, degli indicatori relativi agli andamenti gestionali e all’utilizzo delle risorse per il perseguimento delle funzioni istituzionali, dei risultati dell’attività di misurazione e valutazione svolta dagli organi competenti, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità […]
Insomma, potremmo impugnare il famoso rasoio di Occam ed eliminare il principio di trasparenza, che può essere facilmente sostituito da altri principi. L’accessibilità totale ai dati, ai documenti e alle informazioni è un’utile strategia strumentale a garantire il corretto funzionamento del sistema pubblico, ma non può essere elevata a principio dell’Etica pubblica: “Siate totalmente accessibili” suona bene, ma è anche un po’ banale. E invece restiamo con il rasoio a mezz’aria, senza avere il coraggio di sferrare il colpo.
Una nuova visione della trasparenza
La nostra esitazione non è casuale. La trasparenza sembra essere un requisito tipico non solo dei sistemi pubblici, ma anche delle aziende private, che caratterizza i rapporti tra PA e destinatari, tra venditori e acquirenti, tra partner commerciali, e che si realizza in diversi modi: obblighi di pubblicazione, diritti di accesso, iniziative di disclosure e doveri di due diligence. Dobbiamo capire da dove nasce questa fame di informazioni, da dove nasce l’idea che l’affidabilità di una controparte sia proporzionale alla sua disponibilità o capacità di condividere informazioni.
La trasparenza è quindi qualcosa di pervasivo e per nulla debole. Ad essere debole è, piuttosto, il modo in cui abbiamo fino ad ora inteso il principio di trasparenza: lo abbiamo descritto come accessibilità alle informazioni, senza spiegare perché le informazioni devono essere accessibili. L’abbiamo pensato come un principio assoluto e fine a se stesso: la trasparenza per la trasparenza!
In realtà, la trasparenza è necessaria perché le informazioni non sono mai distribuite in modo omogeneo, tra persone oppure organizzazioni che entrano in relazione: è una condizione nota come asimmetria informativa e in ambito pubblico le asimmetrie informative sono abbastanza facili da individuare. Un dipendente pubblico, per esempio, ha una maggiore conoscenza della normativa e delle procedure del proprio ufficio, rispetto ai destinatari della sua azione amministrativa, e detiene informazioni che potrebbero essere utili al destinatario, per promuovere i propri interessi. Le asimmetrie informative possono essere anche interne alle organizzazioni: il dirigente di un ufficio potrebbe non essere in grado di controllare, in ogni momento, l’operato dei propri collaboratori, oppure potrebbe non essere al corrente delle relazioni presenti nella loro sfera privata.
In certi casi è utile che le asimmetrie siano ridotte, in altri assolutamente no: i partecipanti ad un concorso pubblico, ad esempio, sono sempre in asimmetria informativa rispetto al contenuto delle prove di esame, ma questa asimmetria non può essere ridotta senza pregiudicare l’esito del concorso.
Quindi la trasparenza non è accessibilità totale: esistono dati, informazioni o documenti che devono essere mantenuti riservati, per non pregiudicare il buon andamento e l’imparzialità dei procedimenti. Non servono case di vetro, ma processi e strumenti che garantiscano un accesso sicuro alle informazioni di pubblico interesse. Vogliamo allora proporre ai nostri lettori una nuova formulazione del principio di trasparenza:
Il principio, riscritto in questo modo, può suonare un po’ ostico, ma è molto più potente e più produttivo: entra in gioco in tutti gli articoli del codice di comportamento (artt. 5, 6, 7, 8) che impongono al dipendente di dichiarare interessi finanziari o legami associativi, oppure di segnalare situazioni di conflitto di interessi o condotte illecite; ed entra in gioco anche nei commi 4 e 5 dell’art. 12 del Codice, che regolano i flussi informativi con l’utenza nel rispetto del segreto d’ufficio. Ovviamente, il principio di trasparenza continua ad entrare in gioco anche nell’art. 9, perché gli obblighi di pubblicazione e la tracciabilità sono chiaramente strumenti che riducono le asimmetrie informative.
Ma per cogliere in pieno il senso e la rilevanza del principio di trasparenza dobbiamo conoscere meglio le asimmetrie informative, dobbiamo capire come si manifestano e con quali conseguenze. Per fare questo, abbiamo assolutamente bisogno di raccontarvi una storia: l’amara storia di Mario Solitario.
L’amara storia di Mario Solitario e del motivo per cui correre e fare esercizi fisici, in generale, è pericoloso
Il caso. Le asimmetrie informative e i conflitti di interessi si combinano insieme, come gli elementi coinvolti in una reazione chimica, rendendo possibili gli azzardi morali, cioè i diversi tipi di eventi corruttivi, a volte privi di rilevanza penale, di cui si occupano i sistemi di prevenzione introdotti nelle Amministrazioni pubbliche dalla Legge n. 190/2012. |
ATTO I – Due cuori in corsa
Il dottor Mario Solitario lavorava presso il Dipartimento di Prevenzione della ASL di Magnate Bene. Era sempre stato un uomo tutto casa e lavoro, ma non si era mai sposato, e da quando i suoi genitori erano mancati, molti anni prima, il suo unico vero interesse era la corsa campestre.
In un tardo pomeriggio d’autunno, correndo in un parco, Mario Solitario aveva incontrato Anna Maria Ginnica, una aitante runner, che sembrava darsi molto da fare. I due avevano cominciato a frequentarsi: dapprima si erano dati appuntamento tutte le domeniche su prati d’erba e percorsi sterrati, per correre e intrattenersi in amabili conversazioni. Poi, si erano accorti di avere molte altre cose in comune e Mario Solitario, vincendo quel sottile muro di imbarazzo che da sempre lo teneva alla larga dall’universo donna, era riuscito ad invitare Anna Maria Ginnica al cinema: da quel giorno erano diventati amanti.
Anna Maria Ginnica era impiegata amministrativa presso un’azienda tessile e aveva un figlio ormai trentenne, Mirko, avuto da un precedente matrimonio, purtroppo naufragato in una dolorosa separazione. Mirko lavorava come magazziniere, con un contratto a tempo determinato, presso la Vibrione Spa, una ditta alimentare specializzata nella lavorazione e commercializzazione di crostacei surgelati.
Passarono i mesi e la relazione con Anna Maria Ginnica andava ormai a gonfie vele: Mario si era trasferito a vivere da lei e alla fine ebbe anche il permesso di lasciare in bagno il proprio spazzolino da denti!
Essendo di indole riservata, e anche un po’ per scaramanzia, Mario Solitario decise di non informare i suoi colleghi, e nemmeno il superiore gerarchico, della svolta inaspettata che aveva avuto luogo nella sua vita privata.
ATTO II – Novità per cena
Mario Solitario era in buoni rapporti di confidenza con Mirko e una sera, davanti ad un buon piatto di pasta fumante, cucinato da Anna Maria Ginnica, aveva chiesto al ragazzo come andava il suo lavoro alla Vibrione Spa.
‒ Il lavoro mi piace, ma … che razza di azienda, Mario! ‒ aveva esclamato Mirko, con una smorfia ‒ Considera che il pesce viene conservato in assenza di qualsiasi documentazione in grado di consentire la tracciabilità del prodotto!
Nel seguito della conversazione, mentre sua madre borbottava che di certe cose non si parla a tavola, Mirko aveva raccontato cose davvero raccapriccianti: le regole di conservazione degli alimenti, anche le più semplici e basilari, erano eluse sistematicamente dalla Vibrione Spa!
Mario Solitario aveva sparecchiato la tavola in silenzio e si era messo a lavare i piatti, pensoso: quella che aveva appena ascoltato dalla viva voce di Mirko, cos’era? Era una formale denuncia oppure una confidenza fatta davanti a un piatto di spaghetti? Forse era soltanto lo sfogo di un giovane lavoratore esacerbato dal carico di lavoro o dal clima organizzativo. Poi era rimasto in cucina a sorseggiare diversi bicchieri di vino, fino a notte fonda, ma nemmeno i fumi dell’alcol lo avevano aiutato ad essere sincero con se stesso, ad ammettere che c’era un unico pensiero che occupava la sua mente:
‒ Se domani parlo di questa situazione al mio superiore gerarchico, scatteranno dei controlli e Mirco potrebbe perdere il lavoro. E questo Annamaria Ginnica non me lo perdonerebbe mai…
ATTO III – Per colpa di chi?
Accadde tutto nel giro di poche ore. Una mattina Mario Solitario entrò in ufficio e salutò i suoi colleghi con un sorriso. Un giovane ispettore, il dottor Sandro Severo, ricambiò distrattamente il saluto, tornando subito a consultare i documenti contenuti in un fascicolo:
‒ Oggi facciamo un po’ di pulizia!
Proprio quella mattina era giunto al Dipartimento di Prevenzione un esposto, a firma di alcuni consumatori, contro la Vibrione Spa. e Sandro Severo era stato incaricato di recarsi presso i locali dell’azienda ad effettuare un’ispezione.
Emersero gravi irregolarità nelle fasi di pulitura, confezionamento e stoccaggio dei prodotti alimentari. In particolare, il dottor Severo rilevò che il pesce surgelato era conservato in locali non idonei, in quanto privi dei requisiti igienico-sanitari e strutturali. La ASL di Magnate Bene attivò un procedimento sanzionatorio a carico della Vibrione Spa. I magazzini furono messi sotto sequestro. Mirko perse il lavoro.
Una notte, prima di dormire, Anna Maria Ginnica chiese a Mario Solitario: ‒ Ma tu non potevi fare proprio niente, per evitare il sequestro? ‒ e poi si girò dall’altra parte, lasciandolo solo nella sua metà del letto. E Mario Solitario fu assalito da un profondo senso di colpa.
ATTO IV – Una mano lava l’altra
Mario Solitario si spese molto, per aiutare Mirko a ricollocarsi: chiamò i titolari di diverse aziende alimentari, che conosceva in virtù del suo ruolo, proponendo loro di assumere il ragazzo. Alla fine, Mirko trovò un impiego a tempo determinato in una azienda agricola: la Farine Ammuffite Srl.
La relazione tra Mario Solitario e Anna Maria Ginnica, anche a seguito del felice esito della vicenda di Mirko, andava a gonfie vele e i due avevano deciso di convolare a nozze.
Ma un giorno Mirko tornò dal lavoro con una cosa importante da dire:
‒ Mario, il mio contratto è in scadenza e il titolare della Farine Ammuffite vorrebbe parlarti: per lui sarebbe importante avere informazioni certe sulle date e sull’oggetto delle future ispezioni. Sai … non è sicuro di avere tutte le carte in regola. Io gli ho detto che te ne avrei parlato. Dopotutto papino caro, forse è giunto il momento di sdebitarsi, non trovi?
Una mano lava l’altra, pensò Mario Solitario, bevendo il vino tutto d’un fiato e riempì ancora il bicchiere fino all’orlo. Poi guardò Anna Maria Ginnica e vide che la risposta alla domanda del figlio era già scritta negli occhi chiari di sua madre:
‒ Va bene Mirko … lo chiamerò e vedrò che cosa posso fare.
EPILOGO
È primavera. Mario Solitario torna a correre e percorre molte volte il perimetro del cortile del carcere. Le sue telefonate con il titolare delle Farine Ammuffite Srl, in cui si rendeva disponibile a condividere informazioni sui controlli, in cambio della garanzia di un lavoro per il figlio della propria compagna, sono state intercettate e lo hanno inchiodato. È stato arrestato, processato per corruzione e condannato a diversi anni di reclusione.
Mario Solitario parla raramente con gli altri carcerati e, quando accade, non fa altro che maledire la propria passione per la corsa campestre.
Lampi nel buio e fili di lana
L’ingiunzione. Esistono diversi tipi di asimmetria informativa, che devono essere gestiti con regole diverse. Molte di queste regole sono già presenti nel Codice di comportamento dei dipendenti pubblici e sono contenute negli artt. 5, 6, 7, 8, 9 e 12. Tuttavia, in certi casi è necessario fare delle integrazioni. |
La storia di Mario Solitario è un triste apologo, che può fornire lo spunto per identificare i diversi tipi di asimmetria informativa che, in nome del principio di trasparenza, devono essere gestiti dal codice di comportamento.
Il nostro protagonista, in un mix di inconsapevolezza e passi falsi, riesce a commettere ben due azzardi morali, ma non svolge alcuna attività di ispezione presso le aziende in cui lavora Mirko: la sua interferenza nei processi di controllo si realizza esclusivamente attraverso una manipolazione dei flussi informativi.
L’asimmetria primaria
Mario Solitario va a convivere con Anna Maria Ginnica, ma non segnala questo fatto all’Azienda Sanitaria di Magnate Bene, perché non percepisce di trovarsi in una situazione di conflitto di interessi potenziale: Mirko e Anna Maria lavorano presso operatori economici che potrebbero essere soggetti a controllo da parte del Dipartimento di prevenzione[33]. Questa mancata comunicazione genera una asimmetria informativa tra lui e l’Azienda Sanitaria: l’Azienda Sanitaria non è a conoscenza del fatto che, nella sua sfera privata, Mario Solitario intrattiene relazioni che potrebbero interferire con lo svolgimento della sua funzione pubblica. Tra il Principale (nel nostro caso il Dipartimento di prevenzione) e l’Agente (Mario Solitario) si genera un cono d’ombra, che può essere usato dall’Agente per mettere in atto degli azzardi morali. Questo cono d’ombra è l’asimmetria primaria.
Le asimmetrie primarie sono, in un certo senso, strutturali, perché derivano dalla relazione di delega che si instaura tra le organizzazioni pubbliche e gli agenti (dirigenti, dipendenti, collaboratori, concessionari pubblici). Il soggetto delegato, infatti, per promuovere gli interessi primari del Principale, gode di una certa libertà di azione e il Principale non è sempre in grado di controllare puntualmente il suo operato. Inoltre, l’Agente è soggetto al controllo del Principale nell’ambito della propria sfera professionale, mentre può agire liberamente per gestire gli interessi e le relazioni della propria sfera privata. Nel caso di Mario Solitario, l’asimmetria primaria, il cono d’ombra, è particolarmente forte: la segnalazione di Mirko, relativa alla Vibrione Spa, avviene tra le mura domestiche, in via riservata, al di fuori dei canali ufficiali di segnalazione o denuncia. Sfruttando questa enorme asimmetria informativa, Mario Solitario mette in atto il suo primo azzardo morale: non comunica al Dipartimento di prevenzione una potenziale situazione di pericolo per la salute pubblica, per evitare che Mirko perda il lavoro alla Vibrione Spa.
Le asimmetrie primarie non possono essere annullate, senza pregiudicare la relazione di delega[34] o i diritti individuali[35], ma possono essere ridotte, grazie gli obblighi di comunicazione, dichiarazione e segnalazione introdotti da quattro articoli del Codice di comportamento:
· obbligo di comunicare l’adesione o la partecipazione ad organizzazioni e associazioni (art. 5, comma 1)
· obbligo di comunicare gli interessi finanziari (art. 6, comma 1)
· obbligo di dichiarazione delle situazioni di conflitto di interessi (art. 7, comma 1)[36];
· obbligo di segnalazione di situazioni di illecito nell’Amministrazione (art. 8, comma 1).
L’asimmetria secondaria
Quando Mirko perde il lavoro, Mario Solitario dimostra, una volta ancora, la sua incapacità di gestire adeguatamente le relazioni della sua sfera privata: per trovare una nuova opportunità di lavoro al figlio di Anna Maria Ginnica, il nostro incauto protagonista telefona a una serie di aziende, destinatarie di controlli da parte del Dipartimento di prevenzione, sovrapponendo sfera privata e sfera professionale pubblica. Mirko trova un lavoro presso la Farine Ammuffite Srl e, contemporaneamente, Mario Solitario contrae un debito relazionale nei confronti del titolare dell’azienda, che dopo alcuni mesi decide di riscuotere il suo credito relazionale. Mario Solitario non riesce più a sottrarsi alla logica perversa della relazione di scambio instaurata con il titolare della Farine Ammuffite e commette un secondo azzardo morale: comunica in anticipo alla Farine Ammuffite Srl le date e l’oggetto delle ispezioni programmate dal suo Dipartimento. Questo azzardo morale consente a Mario Solitario di sdebitarsi, salvaguardare il lavoro di Mirco e consolidare la relazione con Anna Maria Ginnica, ma compromette l’imparzialità e il buon andamento dei controlli; ed è tutto giocato sulla riduzione indebita di una asimmetria informativa: l’Agente che gestisce un controllo ha più informazioni, rispetto al Destinatario del controllo.
Chiameremo asimmetria secondaria il gap informativo che, di norma, intercorre tra Agenti pubblici e Destinatari.
Le asimmetrie secondarie sono strutturalmente associate alla relazione tra Agente e Destinatario, ma diventano particolarmente ampie, quando l’Agente gestisce processi che richiedono il possesso di competenze specialistiche elevate, per esempio nella relazione tra medico e paziente.
A differenza delle asimmetrie primarie, che non possono essere del tutto annullate, le asimmetrie secondarie non devono essere del tutto annullate, perché un certo grado di asimmetria è necessario per salvaguardare l’imparzialità dei procedimenti amministrativi e garantire il buon andamento dei processi di controllo. In ossequio al principio di trasparenza dobbiamo quindi garantire ai destinatari un accesso sicuro e controllato alle informazioni, bilanciando diritto di accesso alle informazioni, imparzialità e buon andamento.
Il comma 4 e il comma 5 dell’art. 12 del Codice di comportamento (che riportiamo con le integrazioni che abbiamo proposto in un precedente articolo di questa rubrica, evidenziate in grassetto)[37] cercano di realizzare tale bilanciamento:
4. Nelle relazioni, anche informali, con i Destinatari dell’azione amministrativa, il dipendente non assume impegni né anticipa l’esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all’ufficio al di fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilità di avvalersi anche dell’Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalità stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria Amministrazione.
In ogni caso, a garanzia dell’imparzialità, integrità e indipendenza dell’azione amministrativa, il dipendente non prende in considerazione né avalla aspettative indebite o pressioni provenienti dai destinatari
5. Il dipendente osserva il segreto d’ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati dal segreto d’ufficio o dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all’accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all’ufficio competente della medesima Amministrazione.
Asimmetrie inverse e generalizzate
Esistono infine altri due tipi di asimmetrie informative, che non emergono pienamente, leggendo il caso, ma che meritano di essere conosciute.
La prima è l’asimmetria inversa, che possiamo immaginare come un’asimmetria secondaria che funziona alla rovescia: è il destinatario ad avere più informazioni. Nella maggior parte dei casi, le asimmetrie inverse vengono risolte dalle Amministrazioni pubbliche attraverso processi strutturati e regolati dalle normative di riferimento, come i controlli, le autorizzazioni e gli accreditamenti, che consentono di entrare in possesso di numerose informazioni relative ai Destinatari: identità, assetti societari, requisiti tecnico/professionali, i processi di produzione, ecc… In certi casi però, le asimmetrie inverse possono essere un fattore abilitante del rischio di corruzione: se il RUP di una procedura di gara, per esempio, non conosce le caratteristiche di un prodotto o di un servizio che deve acquistare, potrebbe rivolgersi ad uno specifico operatore economico: una rischiosa scorciatoia, che può compromettere le dinamiche di mercato e l’imparzialità della procedura[38].
Le asimmetrie inverse non sono prese in considerazione dal Codice di Comportamento Nazionale e per ovviare a questa lacuna potremmo inserire un ulteriore comma all’art. 12, che definisce il comportamento atteso in tutti i casi in cui gli Agenti pubblici debbano richiedere informazioni a soggetti privati:
6. Il dipendente richiede informazioni ai destinatari, anche potenziali, del suo ufficio, seguendo le procedure o le modalità previste dalla normativa, e comunque garantendo il rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza. Eventuali informazioni relative alle caratteristiche di beni e servizi offerti sul mercato possono essere richieste, interrogando gli operatori economici, nei limiti e nei termini previsti dalla normativa sugli appalti pubblici.
L’ultima asimmetria che prenderemo in considerazione è l’asimmetria generalizzata. Questa asimmetria può essere pensata come una variante dell’asimmetria primaria: così come le organizzazioni pubbliche non possono controllare puntualmente ed esaustivamente i propri agenti, allo stesso modo la collettività non può controllare l’operato delle Amministrazioni pubbliche cui ha delegato la promozione dei suoi interessi primari.
L’asimmetria generalizzata può anche essere pensata, in alternativa, come una variante dell’asimmetria secondaria: un soggetto esterno all’Amministrazione, che non è un destinatario, ma che potrebbe esserlo in futuro, ha interesse ad accedere alle informazioni di una pubblica Amministrazione.
L’asimmetria generalizzata, comunque la si pensi, è il gap informativo che nel nostro ordinamento viene gestito dal D.lgs. n. 33/2013; e il comma 1 dell’art. 9 del Codice di comportamento introduce un dovere di cooperazione[39], finalizzato a garantire il corretto adempimento degli obblighi posti dal legislatore:
1. Il dipendente assicura l’adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche Amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell’elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all’obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.
Il DPR n. 62 risale al 2013 e non è più stato aggiornato; e questo spiega perché l’art. 9 parla solo di obblighi di pubblicazione, tralasciando l’accesso civico generalizzato, che è stato introdotto nel 2016[40]. Questa lacuna può essere facilmente colmata introducendo un nuovo comma all’art. 9, nel modo seguente
Il dipendente presta la propria collaborazione, al fine di garantire a chiunque il diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dal suo ufficio, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti (c.d. accesso civico “generalizzato”), allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.
La tracciabilità dei processi decisionali
Il comma 2 dell’art. 9 del Codice di comportamento nazionale introduce il concetto di tracciabilità, che diventa un requisito obbligatorio di tutti i processi decisionali gestiti dai dipendenti:
2. La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità.
La tracciabilità è una sorta di trasparenza “a posteriori”[41], di certo meno efficace della trasparenza “real-time”, ma assai più sostenibile. La tracciabilità consente al Principale di ricostruire il processo decisionale dell’Agente e quindi di ridurre le asimmetrie primarie. Inoltre, la tracciabilità produce evidenze documentali, dati e informazioni che possono essere utili per ridurre il gap informativo dei soggetti esterni all’organizzazione.
La tracciabilità si candida dunque ad essere una misura di gestione di tipo trasversale: è il vero filo di Arianna nel labirinto delle asimmetrie informative.
Affrontare il Minotauro
L’ancoraggio. Gli articoli 5, 6, 7, 8, 9 e 12 del Codice di comportamento nazionale identificano standard di comportamento attesi idonei a promuovere la trasparenza all’interno delle Amministrazioni pubbliche. Ma non dobbiamo illuderci: le regole di comportamento, da sole, non basteranno a metterci al riparo dai pericoli che si nascondono nel labirinto delle asimmetrie informative. Per affrontare il Minotauro, nascosto al centro del labirinto, abbiamo bisogno di procedure, di controlli sui processi, e anche di una buona dose di consapevolezza della dimensione informativa del rischio di corruzione. |
Scrivere le regole
Nel paragrafo precedente abbiamo identificato tutte le regole, presenti nel Codice di comportamento nazionale, che possono garantire una gestione sicura e responsabile delle asimmetrie informative, in ossequio al principio di trasparenza; e, dove necessario, abbiamo introdotto delle regole ulteriori, per colmare le lacune attualmente presenti nel Codice. Queste regole sono contenute negli artt. 5, 6, 7, 8 e 9, che insieme formano una sorta di sottosezione del Codice, dedicata alla gestione delle asimmetrie informative; e nell’art. 12, che invece rimane isolato, rispetto agli altri articoli. Per ovviare a questo inconveniente, i commi dell’art. 12, rilevanti per gestire le asimmetrie tra Agenti e Destinatari[42], possono essere aggregati all’articolo 9, che quindi avrà i seguenti contenuti, suddivisi in sei commi:
Art. 9. Trasparenza e tracciabilità
1. Il dipendente assicura l’adempimento degli obblighi di trasparenza previsti in capo alle pubbliche Amministrazioni secondo le disposizioni normative vigenti, prestando la massima collaborazione nell’elaborazione, reperimento e trasmissione dei dati sottoposti all’obbligo di pubblicazione sul sito istituzionale.
2. Il dipendente presta la propria collaborazione, al fine di garantire a chiunque il diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dal suo ufficio, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti (c.d. accesso civico “generalizzato”), allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.
3. La tracciabilità dei processi decisionali adottati dai dipendenti deve essere, in tutti i casi, garantita attraverso un adeguato supporto documentale, che consenta in ogni momento la replicabilità.
4. Nelle relazioni, anche informali, con i Destinatari dell’azione amministrativa, il dipendente non assume impegni né anticipa l’esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all’ufficio al di fuori dei casi consentiti. Fornisce informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilità di avvalersi anche dell’Ufficio per le relazioni con il pubblico. Rilascia copie ed estratti di atti o documenti secondo la sua competenza, con le modalità stabilite dalle norme in materia di accesso e dai regolamenti della propria Amministrazione. In ogni caso, a garanzia dell’imparzialità, integrità e indipendenza dell’azione amministrativa, il dipendente non prende in considerazione né avalla aspettative indebite o pressioni provenienti dai destinatari
5. Il dipendente osserva il segreto d’ufficio e la normativa in materia di tutela e trattamento dei dati personali e, qualora sia richiesto oralmente di fornire informazioni, atti, documenti non accessibili tutelati dal segreto d’ufficio o dalle disposizioni in materia di dati personali, informa il richiedente dei motivi che ostano all’accoglimento della richiesta. Qualora non sia competente a provvedere in merito alla richiesta cura, sulla base delle disposizioni interne, che la stessa venga inoltrata all’ufficio competente della medesima Amministrazione.
6. Il dipendente richiede informazioni ai destinatari, anche potenziali, del suo ufficio, seguendo le procedure o le modalità previste dalla normativa, e comunque garantendo il rispetto dei principi di imparzialità e trasparenza. Eventuali informazioni relative alle caratteristiche di beni e servizi offerti sul mercato possono essere richieste, interrogando gli operatori economici, nei limiti e nei termini previsti dalla normativa sugli appalti pubblici.
Procedure e sistemi di controllo
Le procedure e i sistemi di controllo giocano un doppio ruolo, ai fini della concreta attuazione del principio di trasparenza nelle Pubbliche Amministrazioni:
· aiutano i dipendenti a calare dentro la dimensione organizzativa gli obblighi e divieti definiti dal Codice di comportamento;
· aiutano le organizzazioni a ridurre i rischi corruttivi associati alla cattiva gestione delle asimmetrie informative.
Il sistema dei controlli interni (controlli di regolarità amministrativa, controlli di gestione, controlli anticorruzione, ecc…) può ridurre in modo rilevante le asimmetrie primarie, insieme ai canali riservati di segnalazione e tutela dei whistleblower[43] che, tuttavia, potrebbero entrare in gioco quando ormai, in presenza di asimmetrie e conflitti di interessi non gestiti, gli eventi corruttivi si sono già verificati. Di conseguenza, consigliamo alle Amministrazioni di puntare sui controlli preventivi, anche per ridurre il rischio di ritorsioni nei confronti dei segnalanti!
Le asimmetrie secondarie, invece, possono essere ridotte dalle Amministrazioni principalmente attraverso le attività degli URP e l’accesso agli atti previsto dalla Legge n. 241/1990, che tuttavia potrebbero non riuscire ad assorbire tutti i flussi informativi tra Agenti e Destinatari: in molti, infatti, il Destinatario potrebbe chiedere informazioni agli uffici in modo informale e non tracciabile. Il comma 4 dell’art. 12 si occupa proprio di questi flussi informativi informali e invisibili all’organizzazione (che sono più diffusi di quanto si creda), vietando al dipendente di assumere impegni o anticipare l’esito di decisioni o azioni proprie o altrui inerenti all’ufficio e invitandolo a fornire “informazioni e notizie relative ad atti od operazioni amministrative, in corso o conclusi, nelle ipotesi previste dalle disposizioni di legge e regolamentari in materia di accesso, informando sempre gli interessati della possibilità di avvalersi anche dell’Ufficio per le relazioni con il pubblico”. I rischi associati ad una condivisione incontrollata di informazioni ai destinatari possono essere ulteriormente ridotti dalle procedure previste dai sistemi di gestione dei dati personali e dai protocolli di gestione dei sistemi informativi.
Abbiamo già visto, nel paragrafo precedente, che i processi di controllo, autorizzazione e accreditamento riducono le asimmetrie inverse. In questa sede ci preme soltanto ricordare che le asimmetrie inverse sono un elemento di base delle frodi[44] che i soggetti privati possono mettere in atto ai danni della Pubblica Amministrazione e il rischio di frodi sarà particolarmente elevato per le Amministrazioni che gestiranno i fondi del PNRR.
Infine, la riduzione delle asimmetrie generalizzate è garantita attraverso due canali: la pubblicazione di dati, documenti e informazioni nella sezione Amministrazione Trasparente e l’accesso civico generalizzato. Nella maggior parte delle Amministrazioni esistono ormai procedure consolidate, per garantire il corretto adempimento degli obblighi di pubblicazione. L’accesso civico generalizzato, invece, deve essere ancora assimilato dalle pubbliche Amministrazioni e, probabilmente, non sempre gli uffici dispongono di procedure condivise, in grado di garantire una valutazione corretta delle istanze di accesso.
La formazione del personale
Ri-scrivere il principio di trasparenza nella modalità presentata in questo articolo ha di certo un effetto anche sulla comprensibilità e trasferibilità del senso delle regole di condotta. Se invece la trasparenza si riduce ad una mera esecuzione di adempimenti spesso inutili o addirittura fuorvianti (come attualmente purtroppo sembra essere) non ci si deve stupire di una certa ritrosia in sede di formazione!
Non ha molto senso, pertanto, fare corsi di formazione sulla trasparenza, così come non ha senso farne sulla privacy o sull’accesso civico generalizzato, senza fare riferimento ai fenomeni e dagli elementi che costituiscono tali fenomeni. Le asimmetrie informative sono elementi costitutivi del rischio di corruzione; pertanto, si dovrebbe partire dalla approfondita analisi ed esplorazione di tali elementi. È la solita vecchia storia: sembra che chi si occupi di prevenzione della corruzione si dimentichi di conoscere il fenomeno pensando di cavarsela con astratte soluzioni. La trasparenza è forse il caso più eclatante di come un sistema si affatichi a girare intorno ad un concetto senza coglierne il senso.
Diceva qualcuno: “Quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito”. La formazione è forse l’unico strumento che abbiamo a disposizione per superare questa impasse che ormai sembra quasi irreversibile. La formazione sui codici di comportamento ha il privilegio di calare questi concetti all’interno delle condotte umane e professionali degli agenti pubblici, vivificandoli e dando ad essi, finalmente, un senso.
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[1] La civiltà micenea è fiorita nella Grecia continentale durante la tarda età del bronzo (1600 a.C. – 1100 a.C.). I Micenei erano una popolazione di origine indoeuropea, che parlava una antica varietà di lingua greca, testimoniata dalle tavolette d’argilla redatte in lineare B rinvenute nei palazzi di Micene, Pilo, Tirinto e Cnosso, e decifrate da Michael Ventris e John Chadwick nel 1952.
[2] La storicità della guerra di Troia è ancora oggetto di discussione. Alcuni pensano che le vicende narrate principalmente nell’Iliade di Omero siano state ispirate da diversi conflitti che coinvolsero i Greci ed il mondo anatolico nel periodo miceneo.
[3] Le tre tragedie che compongono l’Orestea di Eschilo (Agamennone, Coefore, Le Eumenidi) sono ambientate a Micene. L’Edipo Re e l’Antigone di Sofocle sono ambientate a Tebe, che fu un’altra importante città all’epoca dei Micenei.
[4] Il Minotauro era un mostro per metà uomo e per metà toro, figlio di Minosse, re di Creta, e di Pasifae. Minosse chiese al famoso architetto Dedalo di costruire un labirinto in cui rinchiudere il Minotauro, da cui non si potesse più uscire. Quando la città di Atene fu sconfitta dai Cretesi, le venne imposto, come tributo, di inviare a Creta, ogni anno, sette fanciulli e sette fanciulle da offrire in pasto al Minotauro. Teseo, figlio del re di Atene, un giorno si offrì di andare a Creta, per uccidere il Minotauro e liberare così Atene da quel sanguinario tributo di guerra. La principessa Arianna, figlia di Minosse, si innamorò di Teseo e decise di aiutarlo. La fanciulla, su consiglio di Dedalo, diede all’eroe un gomitolo di filo magico (il leggendario filo di Arianna) e l’eroe, dopo aver fissato un capo all’entrata, srotolò il filo fino al luogo dove si trovava il Minotauro addormentato. Afferrò il mostro per i capelli e lo sacrificò a Poseidone. Riavvolgendo il filo poté infine ritrovare la via dell’uscita dal Labirinto.
Questo mito potrebbe essere riconducibile ai conflitti dell’età del bronzo tra la civiltà minoica dell’isola di Creta ed i Micenei.
[5] Il diritto di accesso agli atti, per esempio, è stato riconosciuto alle associazioni dei consumatori, alle associazioni di volontariato, ai sindacati e a tutte le realtà associative che, pur rivestendo natura formalmente privata, hanno per scopo statutario o regolamentare la cura, la difesa e la promozione di interessi sovraindividuali.
[6] Legge n. 241/1990, art. 22, comma 1, lettera b).
[7] Legge n. 241/1990, art. 24, comma 3.
[8] S. Milazzo, “La comunicazione della pubblica Amministrazione, tra mutate esigenze “sociali” e necessità di nuove figure professionali”, in Munus (rivista giuridica dei servizi pubblici), n. 1, 2020
[9] Legge n. 241/1990, Capo III (artt. artt. 7 – 13): il diritto di partecipazione è riconosciuto a “qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché’ ai portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare un pregiudizio dal provvedimento”.
[10] Legge n. 241/1990, Capo IV (artt. 14 – 21).
[11] L’applicazione di idee e modelli organizzativi, provenienti dal settore privato, al settore pubblico è assai controversa. Le pubbliche Amministrazioni non hanno clienti e azionisti, sono piuttosto un ponte che connette le collettività agli individui: gestiscono processi ed erogano servizi ai singoli destinatari, per contribuire alla promozione di interessi primari e diritti riconducibili all’intera collettività. Inoltre, i processi di semplificazione e privatizzazione del settore pubblico italiano si sono, in un certo senso, cronicizzati: la riforma della pubblica Amministrazione è stata al centro dell’agenda politica di ogni governo, negli ultimi trent’anni, ma prodotto ogni volta interventi poco incisivi e poco organici, che in certi casi hanno indebolito alcuni settori della P.A. e avvantaggiato soggetti privati e gruppi di pressione a discapito degli interessi della collettività. D’altro canto, il New Public Management ha contribuito a rendere il sistema pubblico più trasparente, in virtù del suo forte orientamento al cliente/utente: una magra consolazione o, forse, un paradosso.
[12] D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150.
[13] La trasparenza può essere proattiva (pro-active disclosure) o reattiva (reactive disclosure). La prima si realizza attraverso la pubblicazione di dati, documenti e informazioni in ottemperanza ad un obbligo sancito dalla legge, la seconda si realizza presentando un’istanza di accesso a dati, informazioni e documenti detenuti dalla pubblica Amministrazione.
[14] D.lgs n. 97/2016, Revisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche.
[15] Massimo Di Rienzo – Andrea Ferrarini, Manuale operativo sull’accesso civico generalizzato, Maggioli, 2018.
[16] L’articolo 5, comma 2 del D.Lgs. n. 33/2013, sancisce esplicitamente che l’accesso civico generalizzato ha la finalità di promuovere “forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche” e per promuovere “la partecipazione al dibattito pubblico”.
[17] Non si tratta, ovviamente, di un conflitto che coinvolge interessi della sfera privata dei dipendenti, ma interessi “strutturali” riferibili alla sfera professionale pubblica: dare accesso alle informazioni promuove la trasparenza ma può minacciare altri interessi, nella misura in cui un controllo esterno potrebbe innescare, anche all’interno dell’organizzazione, attività di verifica sulla modalità di gestione dei procedimenti, oppure mettere in cattiva luce l’operato dell’ufficio agli occhi dei cittadini.
[18] In linea teorica, un diniego immotivato ad una richiesta di accesso civico generalizzato potrebbe essere un indicatore di anomalia: forse l’ufficio non vuole dare accesso alle informazioni, per nascondere eventuali irregolarità. A fronte di un diniego, il richiedente può presentare una istanza di riesame ai sensi dell’art. 5, comma 7 del D.Lgs. n. 33/2013, indirizzata al RPCT che, conseguentemente, potrebbe identificare i dinieghi immotivati e avviare degli approfondimenti all’interno dell’ente. Tuttavia, si tratta di una ipotesi solo teorica: a quanto sappiamo, gli esiti delle istanze di accesso civico generalizzato non sono mai stati presi in considerazione per identificare situazioni a rischio di corruzione, o per aggiornare la valutazione dei rischi!
[19] La connessione tra accesso civico generalizzato e libertà di espressione è stata confermata anche dal Consiglio di Stato (ad. plen. 2 aprile 2020, n. 10): “La riconducibilità dell’accesso ai documenti pubblici alla tutela della libertà d’espressione garantita dall’art. 10 CEDU […] ha trovato nella sentenza della Corte EDU, Grande Camera, 8 novembre 2016, Magyar Helsinki Bizottsàg v. Hungary, in ric. n. 18030/11, uno storico ancorché travagliato riconoscimento, allorché la Corte di Strasburgo ha ritenuto che la disponibilità del patrimonio informativo delle pubbliche Amministrazioni sia indispensabile per assicurare un esercizio effettivo del diritto individuale di esprimersi e per alimentare il dibattito pubblico su materie di interesse generale”.
[20] Le esclusioni e i limiti all’accesso civico generalizzato sono elencati nell’art 5-bis del d.lgs. 33/2013
[21] La pubblicazione delle agende degli incontri con i portatori di interessi è una buona pratica che si sta diffondendo in diverse Amministrazioni, anche centrali, ed è stata adottata anche da ANAC. Tuttavia, in assenza di un obbligo di pubblicazione sancito dalla normativa, la pubblicazione di dati personali in tali agende (e sono proprio i dati personali ad essere rilevanti) può comportare una violazione della normativa sulla privacy. Paradigmatica, in questo senso, è l’istruttoria avviata dall’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali in merito all’agenda dei portatori di interessi del Ministero della Transizione Ecologica, di cui abbiamo parlato nell’articolo “Quando la privacy diventa una jihad”, reperibile sul blog di Spazioetico (https://spazioetico.com/2021/05/24/quando-la-privacy-diventa-una-jihad/)
[22] Legge n. 62/2022: Disposizioni in materia di trasparenza dei rapporti tra le imprese produttrici, i soggetti che operano nel settore della salute e le organizzazioni sanitarie.
[23] Ministero dell’Economia e delle finanze, Decreto n. 55/2022: Regolamento recante disposizioni in materia di comunicazione, accesso e consultazione dei dati e delle informazioni relativi alla titolarità effettiva di imprese dotate di personalità giuridica, di persone giuridiche private, di trust produttivi di effetti giuridici rilevanti ai fini fiscali e di istituti giuridici affini al trust.
[24] DPR n. 62/2013, art. 3, comma 2: “Il dipendente rispetta altresì i principi di integrità, correttezza, buona fede, proporzionalità, obiettività, trasparenza, equità e ragionevolezza e agisce in posizione di indipendenza e imparzialità, astenendosi in caso di conflitto di interessi”. Il principio di imparzialità è richiamato anche nel comma 1 dell’art. 3, mentre l’obbligo di astensione viene meglio specificato negli artt. 6 e 7 del Codice.
[25] Gruppo di lavoro sulle Linee Guida ANAC in materia di codici di comportamento dei dipendenti pubblici, Relazione Finale (2019), pp. 57 – 58 “Il Codice nazionale individua nell’art. 3 un ventaglio molto esteso di principi di comportamento dei dipendenti di derivazione costituzionale […] senza chiarirne la portata, come se essa fosse autoevidente, intuitiva, univoca. In assenza di un passaggio esplicativo i principi rischiano però di restare incompresi ed estranei alla vita delle Amministrazioni. Dal momento che essi devono orientare la scelta dei contenuti dei codici di Amministrazione, potrebbe essere opportuno inserire, nelle future Linee Guida dell’ANAC, una guida essenziale che, in aderenza agli importati fondamentali della dottrina e della giurisprudenza, chiarisse in modo semplice e piano la portata di ciascuno di essi”. Questo suggerimento non è stato tuttavia colto dalle Linee Guida ANAC del 2020.
[26] Massimo Di Rienzo, Andrea Ferrarini, La Geometria delle Regole, Azienditalia, 2022.
[27] Una pubblica Amministrazione libera da condizionamenti potrà rendicontare il proprio operato ai Destinatari e all’opinione pubblica; mentre una pubblica Amministrazione sequestrata da interessi particolari dovrà rendere conto solo ai gruppi di pressione (lobby) o ai soggetti privati da cui è controllata.
[28] Codice di Comportamento dei dipendenti pubblici, art. 9: “Trasparenza e tracciabilità”
[29] Principio di Legalità: “La pubblica Amministrazione deve essere soggetta alla legge: trova nella legge la fonte del suo potere, i fini della sua azione e il suo limite”.
[30] Ovviamente, il D.lgs. n. 33/2013 è la principale fonte normativa in materia di trasparenza. Invece, l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, introdotto dall’art. 3 della Legge n. 241/1990, è un esempio di prescrizione normativa in materia di tracciabilità dei processi decisionali.
[31] Cost., art. 97: “I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’Amministrazione”.
[32] La definizione di trasparenza contenuta nell’art. 11 del D.Lgs. n. 150/2009 è stata ripresa dal legislatore all’articolo 1 del d.lgs. 33/2013 (Principio di trasparenza) con alcune modifiche. In particolare, secondo il D.lgs. n. 33/2013 l’accessibilità totale alle informazioni è finalizzata a promuovere “forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche”, mentre nel D.Lgs. n. 150/2009 era tesa a favorire “forme diffuse di controllo del rispetto dei principi di buon andamento e imparzialità”
[33] A nostro parere, Mario Solitario ha violato l’art. 6 del Codice di comportamento Nazionale, che impone di comunicare anche i rapporti finanziari indiretti, che parenti o affini entro il secondo grado, il coniuge o il convivente intrattengono con soggetti che abbiano interessi in attività o decisioni inerenti all’ufficio.
[34] Per azzerare le asimmetrie primarie il Principale dovrebbe controllare tutte le decisioni e tutti comportamenti messi in atto dall’Agente: è opinione diffusa che un controllo di questo tipo sia insostenibile per le organizzazioni, perché rischia di condurre al blocco dei processi.
[35] Diritti individuali come la libertà di associazione e il diritto alla riservatezza (privacy) non possono essere negati a chi svolge una funzione pubblica.
[36] Come abbiamo avuto modo di notare in un precedente articolo di questa rubrica (La cuoca di Giulio Cesare, Azienditalia, 2022), l’art. 7 comma 2 identifica nel superiore gerarchico il soggetto responsabile di decidere sull’astensione del dipendente in conflitto di interessi, “riqualificando la natura dell’obbligo a carico del dipendente: in realtà non ci troviamo di fronte ad un vero e proprio obbligo di astensione, bensì, di dichiarazione”
[37] L’articolo in questione è La geometria delle regole, Azienditalia, 2022. Le integrazioni che abbiamo proposto
[38] In ambito sanitario, questa dinamica assume delle caratteristiche particolari: i RUP, quando devono procedere all’acquisto di farmaci o dispositivi medici, si rivolgono al personale sanitario, che è anche destinatario interno della procedura di gara. Questa “scorciatoia”, apparentemente legittima e ampiamente tollerata dalle Aziende sanitarie e ospedaliere, è ugualmente esposta a elevati rischi corruttivi, perché i professionisti sanitari possono orientare la stesura dei capitolati di gara, spesso senza essere soggetti ai controlli relativi all’assenza di conflitti di interessi previsti dalla normativa sugli appalti.
[39] Un obbligo analogo è introdotto dall’art. 8, in materia di prevenzione della corruzione: “1. Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell’Amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell’Amministrazione di cui sia venuto a conoscenza”.
[40] Anche l’art. 8 ha avuto una sorte simile: non è stato aggiornato e risulta fatalmente disallineato rispetto alla vigente normativa di tutela dei segnalanti. Abbiamo approfondito questo argomento nel precedente articolo di questa rubrica: “PRO PATRIA MORI? Dovere di collaborazione e tutela del whistleblower nell’art. 8 del Codice di Comportamento dei Dipendenti pubblici”.
[41] Per chi è interessato ad approfondire il concetto di trasparenza “a posteriori” e trasparenza “real-time”, consigliamo la lettura di uno dei capisaldi della letteratura scientifica in materia di trasparenza. Si tratta del volume “Transparency: The Key to Better Governance?” scritto da Christopher Hood and David Heald nel 2006 e pubblicato dalla Oxford University.
[42] Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, questi commi sono il 4 e il 5 (che gestiscono le asimmetrie secondarie) e il 6 (che è 6 è stato aggiunto da noi, per gestire le asimmetrie inverse)
[43] Per approfondire le diverse tematiche relative al whistleblowing e alla tutela dei segnalanti, rimandiamo al già citato articolo “PRO PATRIA MORI? Dovere di collaborazione e tutela del whistleblower nell’art. 8 del Codice di Comportamento dei Dipendenti pubblici”.
[44] Le frodi ai danni del sistema pubblico sono azzardi morali “esterni”, vale a dire comportamenti opportunistici messi in atto dai Destinatari. Nel Codice penale, questi comportamenti sono puniti ai sensi degli articoli 316-bis (Malversazione di erogazioni pubbliche), 640 (Truffa) e 640-bis (Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche).