IL SIGNORE DELLE LOBBY. La gestione del conflitto di interessi endogeno e la rigenerazione degli interessi primari

Lobbismo e Partecipazione sono fenomeni che mettono in connessione gli interessi primari del settore pubblico e le istanze del settore privato e della collettività. Sono pratiche che animano la Democrazia e sono connaturate ad essa. Tuttavia, in certi momenti storici, il Decisore pubblico sembra voler chiudere le porte e mettersi al riparo da qualsiasi tipo di interferenza esterna: nell’Italia del post-covid, per esempio, Lobbismo e Partecipazione sembrano essere state messe ai margini del dibattito pubblico avente ad oggetto l’allocazione delle risorse del Recovery Fund. Qual è il rischio che si vuole evitare? Ed è poi così vero che tali pratiche sono state marginalizzate? O forse, come nel caso del Lobbismo, si stanno solo adattando al nuovo contesto? 

Questo articolo è apparso sulla Rivista Azienditalia Enti Locali, Mensile per gli enti locali e le loro aziende, nel 2021, nell’ambito dello Spazio Etico, viaggio nel mondo del conflitto di interessi.

IL PROBLEMA
Quando il Governo di una Nazione indossa l’impermeabile

Nella gigantesca anticamera della nostra Democrazia due fazioni si scaldano. Da un lato, illuminata da una potente luce che traspare da enormi vetrate, la PARTECIPAZIONE reclama il suo diritto di parola: “Siamo il piede destro della democrazia, il coro angelico di rispettabili interessi. Perché non ci avete ascoltato?”. Un brusio di disapprovazione si ode anche dall’opposta fazione. La schiera dei LOBBISTI si agita in uno spazio tenebroso. Uno di loro prende la parola e con tono perentorio esclama: “Pensate davvero di liberarvi di noi?”

Mentre le voci si accavallano, la nostra vecchia cara Democrazia, indebolita dall’incuria dei propri rappresentanti, ha già deciso di non voler avere più nulla a che fare con nessuno dei due. Dovendo attuare un complesso Piano per la ripartenza del Paese[1], ha attribuito ogni funzione ad una Cabina di Regia[2]. Ha centralizzato il comando ed ha giustificato la propria scelta con un discorso apparentemente assai convincente: “Abbiamo solo cinque anni per cambiare questo Paese. Non possiamo dare voce a tutti con la Partecipazione. E non possiamo permettere ai Lobbisti di deviare il corso delle nostre decisioni”.

La nostra Democrazia si blinda perché ritiene di aver già deciso tutto e che ora è tempo di attuare. Vuole gestire motu proprio[3] il più controverso dei conflitti di interessi, quello endogeno[4]: un conflitto tra interessi primari[5] che viene innescato quando le decisioni di un Agente pubblico promuovono alcuni interessi e ne minacciano altri. Salute o economia? Libertà di informazione o tutela della privacy? Lavoro o sicurezza? Ogni giorno il Governo di un Paese sacrifica un interesse primario in nome e per conto di un altro interesse primario. Il contesto, l’hic et nunc della Democrazia, fatto di agende politiche, media ed opinione pubblica spinge affinché abbia la meglio uno o l’altro: ambiente o sviluppo? Imparzialità o buon andamento? E così via.

Esistono diversi meccanismi di rigenerazione che facilitano la vita del decisore pubblico. Partecipazione e Lobbismo sono forse i più noti.

La Partecipazione è il principale meccanismo di rigenerazione degli interessi primari, ma è una pratica che ha ancora bisogno di entrare nella cultura politica e amministrativa di questo Paese. La retorica della Partecipazione “che fa perdere tempo” nasconde una profonda inadeguatezza della nostra classe dirigente che non è in grado di gestire certi processi di Governo Aperto[9] e di confrontarsi sui dati e sui fatti.

L’idiosincrasia tutta italica a far emergere e regolamentare il Lobbismo[10], invece, nasconde il timore di dover fare i conti con un interlocutore finalmente visibile e di scoprire che tra i tanti lobbisti-cattivi, ci sono anche tanti altri che sono al servizio di interessi che ambiscono a buon diritto a diventare primari. Tuttavia, il Lobbismo è una pratica spontanea, che si adatta al contesto ed è per questo che difficilmente si lascia ingabbiare. Se si limitano i luoghi e le occasioni di interazione, allora il lobbismo-cattivo si farà strada nelle mille Porte Girevoli[11] che il sistema pubblico ha lasciato aperte: farà valere i propri interessi nelle task force, nei comitati tecnico-scientifici, nei gruppi di lavoro, ecc…

La stessa spirale perversa di accadimenti che ebbe luogo in oscure Contee ai confini del mondo conosciuto, migliaia di anni fa …

IL CASO
Il Signore delle Lobby

I diversi atteggiamenti dei Decisori pubblici nei confronti della istanze della sfera privata, ma anche le degenerazioni della trasparenza e della pressione delle Lobby sulle decisioni pubbliche sono descritti in questo breve racconto che recupera alcuni ingredienti dell’immaginario di J. R. R. Tolkien: la foresta, il tesoro sepolto e la degenerazione del potere.

Nei tempi della Seconda Era di Arda, quando ancora la Diciannovesima Piaga di Covidor flagellava la Terra di Mezzo, nelle luminose lande che circondavano la Foresta di Resilient si estendevano due Contee: Ostéen e Ovestéen.

Il Re di Ostéen, a est della Foresta, era Ciryatan IV, soprannominato il Re Sordo. Egli aveva fatto decapitare i suoi Paladini, valenti cavalieri e saggi consiglieri, e si e ra chiuso nel suo castello, per regnare in solitudine e lontano dalle tentazioni del mondo. Ma un giorno un pensiero si fece strada nella mente ottenebrata del Re: un’antica fiaba, udita quando era bambino, che riemergeva dal lago oscuro della memoria. Il tesoro dei nani di Euron, sepolto nel cuore della Foresta di Resilient all’alba della Prima Era. Il Re Sordo decise di invadere la foresta e ritrovare quella ricchezza sepolta sotto le radici delle betulle. Nominò una Tasca Forte, un particolare comitato di saggi, che fu costituito grazie all’antico metodo della cooptazione elfica[12]. Non fidandosi dei componenti della Tasca Forte, composta da Armaioli, Briganti, Faccendieri, Banchieri e Cavalieri di ventura, il Re Sordo comandò di dare conto della loro attività: stabilì che essi tenessero le proprie riunioni nuotando in un fiume cristallino e che trascrivessero le loro agende su una pregiata pergamena pubblica, indicando nomi e cognomi di chi incontravano. Tale decisione suscitò la netta opposizione di Gandalf il Garante, che rilevò un eccesso di trasparenza[13] nelle acque del fiume ed eseguì un devastante incantesimo sanzionatorio.

Mentre Gandalf e il Re Sordo litigavano, la Tasca Forte si riunì e, sotto l’influenza di Armor il Terribile[14], assoldò un intero esercito di mercenari. Grazie a un prestito elargito da Usur e garantito da Malmenor di Grandolor[15], i soldati furono equipaggiati con armature di ultima generazione e armi non convenzionali. Tutte queste iniziative prosciugarono le casse della Contea di Ostéen, che tuttavia si assicurò l’esercito più potente e infedele di tutti i tempi passati e futuri.

La notizia dell’invasione imminente attraversò la Foresta di Resilient da occidente a oriente e giunse all’orecchio di Minyatur II, signore della Contea di Ovestéen, il cui brumoso territorio si estendeva a ovest della Foresta. Minyatur II, anni prima, aveva ordinato di trasportare il suo trono di vetro fuori dal castello e di aprire un processo partecipativo permanente. Aveva così condannato i suoi sudditi all’inazione dal momento che nessuna decisione poteva essere presa. La Consultazione pubblica, già di per sé estenuante, era acuita dall’improbo lavoro del Re, che cercava la verità, nei resoconti della Consultazione, come un antico aruspice che scrutava le interiora degli uccelli. Per questo, Minyatur II si guadagnò l’appellativo di Re Budella.

Intenzionato a recuperare il tesoro dei nani di Euron prima del suo sordo dirimpettaio, Re Budella sottopose a consultazione pubblica anche il Documento Programmatico di Invasione Preventiva della Foresta di Resilient (D.P.I.P.F.R.)[16].

La Loggia dei Latifondisti si oppose ferocemente: “A cosa ci serve la foresta, se abbiamo già i campi di frumento e i pascoli per le bestie? E chi coltiverà la terra, mentre gli uomini sono lontano? Chi ci ripagherà dei danni che l’esercito farà ai nostri campi, quando li calpesterà diretto a Resilient?”. Il Gremio dei Commercianti, invece, propose di bruciare l’intera Foresta e costruire sulle sue ceneri un enorme mercato, per la vendita delle merci di tutta la Terra di Mezzo. Ma questa idea proprio non piaceva alla Geldra dei Boscaioli, che suggeriva, piuttosto, di invadere la Foresta per tagliare gli alberi.

La Compagnia dei Datajoli[17], infine, chiese a gran voce a Re Budella di fornire i dati sulla presunta consistenza del tesoro dei nani di Euron e le coordinate esatte del luogo in cui era sepolto, per valutare la fattibilità e l’impatto della prevista invasione.

Con gli occhi ormai fuori dalle orbite, Re Budella ascoltò tutti i punti di vista, ma era sempre più confuso. E nella sua confusione non si accorse che la Gilda dei Beccamorti si era messa ad arringare la folla: “Perché aspettiamo la decisione di Re Budella, che mai arriverà? Armiamoci e partite!”. La Lega della Gleba, un sindacato molto attento al futuro dei braccianti agricoli di Ovestéen, prese la palla al balzo e in fretta e furia mise insieme un esercito di bifolchi armati di fionde e forconi, che si diresse correndo verso la Foresta di Resilient, con l’obiettivo di arrivare prima, trovare il tesoro e distribuirlo al popolo.

Nessuno dei due eserciti riuscì a trovare il tesoro dei nani di Euron. I mercenari di Ovestéen si mossero per primi in direzione della Foresta di Resilient, che distava solo 2 miglia, ma per qualche misteriosa ragione, sbagliarono strada, imboccando un tortuoso sentiero che conduceva alle paludi di Burocrath e poi alle montagne nevose di Diritt. Dopo tre mesi di cammino tra gole ventose e cime innevate, l’esercito ormai stremato incontrò gli orchi di Azog sul proprio cammino e giudicò più vantaggioso unirsi a loro, per andare a saccheggiare le Miniere di Moria.

L’armata dei bifolchi del re Sordo, invece, ci mise solo un giorno per giungere da Ostéen ai margini della Foresta di Resilient. Ma essendo dei bifolchi sprovveduti, gli sventurati si persero nella foresta e furono tutti divorati dalle fiere.

Fu allora che un misterioso Signore venuto dal Nord, il Signore delle Lobby, volò nella Foresta di Resilient e chiamò attorno a sé i suoi fedeli seguaci. Egli trasse da sotto le radici di antichi alberi il tesoro dei nani di Euron e fece calare un vento freddo che portò la nebbia su Ostéen e Ovestéen. E dopo avere ammantato di oscurità le terre ai margini della Foresta, il Signore delle Lobby cacciò via il Re Sordo e il Re Budella, piegando i sudditi al suo triste volere.

LA PROPOSTA
Verso un’Ecologia della Democrazia

L’ambiente pubblico (il Governo di una nazione così come le amministrazioni locali) è un ecosistema relazionale i cui meccanismi di funzionamento sono adattivi. In un determinato tempo e in un determinato luogo alcuni interessi primari prevalgono, oppure emergono nuovi fabbisogni che devono essere rappresentati ai decisori. Quando questo gioco di rappresentazione viene demolito in nome dell’efficienza, oppure è opaco e solo pochi interessi monopolizzano la scena, allora il declino dell’ecosistema appare ineludibile e inarrestabile.

Se Lobbismo e Partecipazione sono come lo Yin e lo Yang del governare e sono talmente connaturati all’idea di Democrazia che, ad esempio, non sono attività rilevabili negli Stati autoritari, allora cosa rischia la nostra Democrazia quando decide di farne a meno?

Sì, perché Lobbismo e Partecipazione vengono vissuti dall’attuale decisore come una minaccia. Non è difficile leggere in controluce, nelle vicende del regno di Ostéen, una certa politica che confonde Partecipazione e populismo e che è destinata a soccombere sotto la pressione dei gruppi di interessiche, apparentemente cacciati dalle stanze dei bottoni, continuano ad agire indisturbate fuori dal sistema pubblico.

I confini tra Lobbismo e Partecipazione si confondono. Sembrano facce di una stessa medaglia. Figlie di dinamiche esterne al sistema pubblico, ma che non possono essere tenute fuori dal sistema pubblico: come l’aria entrano anche attraverso le porte e le finestre chiuse, perché come l’aria sono indispensabili alla vita.

Forse è il caso di allargare lo sguardo rispetto a questi fenomeni e analizzarli per quello che sono, ovvero elementi connaturati alla stessa idea di democrazia; sono, in buona sostanza, meccanismi di condensazione di interessi che, nel bene o nel male, rigenerano il contesto democratico di una nazione.

Il Principale impalpabile

Nelle moderne società democratiche il sistema pubblico è chiamato a promuovere gli interessi primari della collettività. La distinzione tra interessi primari e interessi secondari è caratteristica delle relazioni di delega, laddove l’interesse primario è l’interesse del Principale, che viene delegato all’Agente, mentre sono secondari gli interessi (per esempio gli interessi dell’Agente) che non vengono delegati. La collettività, quindi, è il Principale che delega all’intero sistema pubblico la promozione dei propri interessi primari: è il Principale delegante che legittima l’esercizio e l’esistenza stessa del potere pubblico. L’introduzione del Principale delegante è una delle innovazioni culturali più rilevanti dell’età moderna: prima, infatti, il potere pubblico aveva un fondamento religioso, oppure era uno strumento di promozione degli interessi di classi sociali ben determinate ed individuabili, come nel caso dei Comuni medievali, che nacquero come forme di autogoverno delle città su iniziativa dell’aristocrazia urbana. Nell’età moderna, progressivamente, la collettività ha preso il posto della divinità come fonte del potere pubblico attraverso il voto e il pagamento delle imposte: Il Contribuente e l’Elettore sono i due Principali deleganti, fondamentali dei sistemi politici moderni e contemporanei: quando tutti possono votare e tutti pagano le tasse, allora un sistema può dirsi pienamente democratico.

Promuovere” la collettività nel ruolo di Principale delegante ha consentito ai sistemi pubblici di riconoscere, nel tempo, un numero sempre crescente di diritti e interessi diffusi, che si sono evoluti nel tempo, definendo in modo sempre diverso la sfera pubblica, cioè la sfera di azione del potere pubblico[18].

Ma da dove emergono e come si rigenerano, nel tempo, gli interessi primari?

È abbastanza ovvio che il Principale delegante non può contenere in sé tutti i possibili interessi primari che nel tempo diventano prioritari per un sistema pubblico. Questa impossibilità deriva dal fatto che il Principale delegante (come Dio) non esiste in senso fisico: la sua esistenza è solo stipulata, per “far quadrare i conti”. La collettività intesa come Principale delegante serve unicamente come supporto per la definizione dei diritti, come meccanismo universale della delega pubblica. Per non trasformare la collettività in un simulacro di divinità dobbiamo ammettere, laicamente, che gli interessi primari “entrano” nella sfera pubblica dal basso: sono il frutto delle istanze, delle rivendicazioni e delle idee provenienti dalla sfera privata, cioè dal contesto economico e sociale in cui agiscono i destinatari della pubblica amministrazione: gli operatori economici, le associazioni, i movimenti politici e di opinione, gli organi di informazione e i singoli cittadini.

La funzione delle Lobby, dei processi partecipativi, ma anche dei movimenti di protesta, diventa più chiara se cominciamo a considerare la pubblica amministrazione come un sistema aperto che si basa su due meccanismi fondamentali:

1) il meccanismo di delega pubblica che definisce un sistema stabile di istituzioni, ruoli, processi e responsabilità, per la promozione di un insieme specifico di interessi primari.

2) il meccanismo di condensazione, che garantisce l’emersione di nuovi interessi primari.

Il primo meccanismo è ben noto. Il secondo completamente sconosciuto. Ma vale la pena descriverli entrambi.

La delega pubblica

La delega di poteri e funzioni all’interno al sistema pubblico si traduce in una scissione del Principale delegante: per garantire la promozione degli interessi primari, la collettività viene divisa in due. Da una parte ci sono i Principali delegati (politici, dirigenti, amministratori di società pubbliche) e gli Agenti (funzionari, professionisti sanitari, agenti di polizia, soggetti addetti ai controlli, ecc.) che gestiscono organizzazioni e processi, che erogano servizi di pubblico interesse oppure prendono decisioni che hanno una rilevanza pubblica. Dall’altra parte ci sono i Destinatari, che sono i beneficiari dei servizi erogati dal sistema pubblico, ma anche i soggetti che subiscono i poteri autoritativi, sanzionatori e di controllo esercitati dalle pubbliche amministrazioni.

Questa scissione è palese nei sistemi sanitari pubblici: tutta la collettività ha diritto alla salute, ma per garantire questo diritto è necessario assumere dei ruoli: la promozione della salute ha bisogno di ospedali, ambulatori in cui i pazienti si recano per essere presi in carico da medici e infermieri, e di impiegati dei CUP che gestiscono le prenotazioni, e personale amministrativo che si occupa di acquisti e gestione del personale, ma anche di ispettori che controllano le attività economiche e di dirigenti e Direttori con compiti gestionali e, ovviamente, di soggetti che nominano i Dirigenti e Direttori.

Questa rete complessa di ruoli e di deleghe può essere rappresentata in modo semplificato usando la Teoria dell’Agenzia estesa[19] (Tavola 1).

Tavola 1 – Teoria dell’Agenzia estesa

Guardando la Tavola 1, risulta subito chiaro che il Destinatario non è in una relazione di delega con gli Agenti: non è un Principale. Non essendo un Principale, il Destinatario non può decidere quali interessi primari devono orientare il sistema pubblico. Gli interessi primari, infatti, sono individuati al livello del Principale delegante, in astratto, senza prendere in considerazione la situazione privata del singolo Destinatario, i suoi interessi e i suoi bisogni.

I Principali delegati e gli Agenti svolgono un difficile compito di mediazione: devono garantire l’imparzialità del sistema pubblico, senza perdere di vista i bisogni dei Destinatari.

Ogni volta che questa mediazione riesce, si compie un piccolo miracolo: il sistema pubblico ha trovato un modo imparziale per trasformare un diritto astratto, riconosciuto all’intera collettività, in qualcosa (una decisione, un contributo, un’autorizzazione, un servizio) di utile per un singolo individuo. Se questa mediazione fallisce, invece, si possono scatenare delle dinamiche a rischio di corruzione. Questo accade tutte le volte che gli interessi dei Destinatari e gli interessi secondari dei principali prendono il sopravvento a discapito dell’imparzialità e degli altri interessi primari del Sistema Pubblico.

Abbiamo scritto che il Destinatario non può decidere quali sono gli interessi primari del sistema pubblico. Per la precisione, dovremmo dire che il Destinatario non può fare questa cosa attraverso il meccanismo di delega pubblico. Per rivendicare diritti e interessi, il Destinatario deve entrare nell’altro meccanismo: il misterioso meccanismo della condensazione.

La condensazione dei referenti

Immaginate un povero Destinatario che ritenga, a torto o a ragione, che il Sistema Pubblico lo stia danneggiando oppure gli stia negando un diritto. Cosa può fare? Se il nostro destinatario non potesse fare nulla, o, peggio ancora, se la corruzione fosse l’unico strumento per avere ciò che vuole, allora il Destinatario sarebbe assai simile a un servo e il Sistema Pubblico un generatore di corruzione.

Fortunatamente, il nostro Destinatario ha delle altre opzioni, per rivendicare i propri diritti o chiedere che il sistema pubblico prenda in considerazione i suoi interessi. Ne ha almeno quattro:

Può rivolgersi a un giudice;

● Può protestare;

● Può entrare in contatto diretto con il decisore pubblico, attraverso iniziative di lobbying o di advocacy;

● Può intervenire nei processi di partecipazione.

Si tratta di quattro opzioni apparentemente assai diverse tra loro. In tutti e quattro i casi, infatti, il Destinatario ricorre ad un Referente per far valere le proprie ragioni e modificare le decisioni o i comportamenti dei soggetti delegati. In certi casi il Referente è una persona in carne ed ossa (un Giudice o un Lobbista), mentre in altri casi il referente è un gruppo che agisce insieme per determinati scopi (un corteo che protesta in una piazza oppure l’insieme dei partecipanti ad una consultazione pubblica).

Il Referente, in tutti i casi, può interagire con gli Agenti e i Principali delegati e condensa in sé le istanze e le rivendicazioni dei Destinatari (Tavola 2).

Tavola 2 – Teoria dell’Agenzia Estesa: “condensazione” del Referente

Impropriamente, potremmo dire che il Referente è l’Agente del Destinatario, ma il paragone regge fino ad un certo punto, perché la relazione di condensazione ha delle caratteristiche peculiari che la differenziano dalla delega e che possiamo cominciare ad identificare prendendo in considerazione i due referenti più semplici da analizzare: il Giudice e il Movimento che protesta.

Creatività ed eversione: Il Giudice e il Movimento di protesta

Il Sistema Giudiziario è ormai da secoli integrato nel Sistema Pubblico, ma in una posizione particolare: è un Potere dello Stato tendenzialmente indipendente dal Potere Legislativo e dal Potere Esecutivo. L’art. 101 della Costituzione Italiana chiarisce che “La giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge” e questa assoluta libertà dei giudici è funzionale al particolare ruolo di mediazione tra Destinatari e sistema pubblico, che essi svolgono. Soprattutto nei processi amministrativi e penali, infatti, i giudici svolgono una funzione di garanzia rispetto all’esercizio del potere pubblico. Un operatore economico, per esempio, può rivolgersi ad un Giudice amministrativo, per chiedere l’annullamento di una gara di appalto o di un provvedimento sanzionatorio. E il cittadino arrestato dalla Polizia e accusato da un Pubblico Ministero di avere commesso un reato potrà difendersi davanti a un giudice.

La terzietà dei giudici è ciò che li rende dei Referenti e non dei semplici Agenti pubblici: il Giudice può assolvere l’accusato, oppure imporre l’annullamento di un atto e promuovere, modificando l’esito delle decisioni o gli orientamenti del Sistema Pubblico, gli interessi dei Destinatari. In certi casi, la Giustizia ha anche un funzione “creativa”, perché i giudici, con le loro sentenze possono evidenziare la necessità di riconoscere un diritto rivendicato ma non ancora codificato dalla normativa, oppure la necessità di disapplicare norme che negano dei diritti. Le battaglie contro la discriminazione, l’omofobia, la violenza di genere, o per il riconoscimento di diritti su temi “caldi” come l’immigrazione e l’eutanasia sono state combattute nelle piazze e nei tribunali, prima di approdare in Parlamento.

Se i Giudici sono dei Referenti completamente integrati nel sistema pubblico, la folla che protesta in una piazza è invece un fenomeno completamente esterno, che ha chiaramente caratteri eversivi, oltre che creativi. Si protesta per modificare uno status quo, per esercitare una pressione su un Sistema Pubblico, affinché si accorga dell’esistenza di certi interessi e di certi diritti. Se i Giudici difendono le istanze dei singoli Destinatari contro il potere pubblico, le proteste hanno invece un carattere collettivo. Quando singoli individui si condensano in un movimento di protesta, creano qualcosa che è più della somma delle sue parti: un movimento di protesta promuove interessi sovraindividuali e costruisce la domanda da porre al Sistema Pubblico meglio di come farebbe ciascuno dei suoi membri da solo. Spesso i movimenti di protesta sono strutturati in una base molto numerosa, che lotta per migliorare la propria condizione individuale, e da una élite che guida la protesta e traduce le istanze della base nella rivendicazione di un diritto universale. Questa dinamica, per esempio, ha caratterizzato le lotte di classe del ‘900: gli operai e i contadini protestavano per migliorare proprie condizioni di vita e di lavoro, ma le élite che hanno guidato quei movimenti (sindacati e partiti politici) hanno tradotto quelle rivendicazioni in un insieme di diritti (i diritti dei lavoratori) che sono poi diventati un interesse primario del sistema pubblico.

Lobbismo e Partecipazione: “gemelli diversi”

Le caratteristiche che abbiamo evidenziato analizzando il ricorso alla Giustizia e alla Protesta (creatività, eversione, condensazione, rivendicazione creazione di una domanda, emersione di nuovi diritti) si ritrovano anche nel Lobbismo e nella Partecipazione. Il Lobbismo è, come i movimenti di protesta, un fenomeno di condensazione dei Destinatari completamente esterno al Sistema Pubblico, mentre la Partecipazione, al pari della Giustizia, è completamente integrata nel Sistema.

Lobbismo e Partecipazione sono entrambi meccanismi di interferenza. La differenza, tuttavia, è profonda. Mentre il Lobbismo è generalmente percepito come un’attività eticamente riprovevole, la Partecipazione è sempre auspicata. Contraria è, invece, la percezione sull’efficacia dei meccanismi: il Lobbismo è generalmente percepito come molto efficace, mentre la Partecipazione per nulla, spesso è vissuta come un estenuante esercizio di posizionamento rispetto a decisioni già assunte e mortificata a livello di mera consultazione[20]. Dunque, il Lobbismo è brutto, ma spesso funziona. Invece la Partecipazione è bella, ma spesso inutile.

Inoltre, il Lobbismo è spontaneo e per questo difficilmente arginabile, mentre i processi partecipativi vanno governati (è lo Stato che apre spazi di partecipazione) e possono essere facilmente disinnescati.

Lobbismo e Protesta: una questione di stile e di opportunità

Lobbismo e Protesta sembrano essere meccanismi tra loro alternativi, ma che sono più diffusi nei momenti in cui lo Stato si trova ad essere impreparato a promuovere interessi che sono percepiti come rilevanti dal contesto socio-economico. La scelta tra Protesta e Lobbismo è una questione di stile, ma anche di opportunità. Il Lobbismo è una protesta silenziosa e opaca, in giacca e cravatta, che usa le armi della persuasione e della diplomazia per informare il decisore pubblico (il Principale delegato) dell’esistenza di determinati interessi che dovrebbero essere inclusi nei suoi processi decisionali. La protesta, al contrario, è trasparente, ma fa molto rumore, come un pallone di cuoio calciato contro una vetrata: dichiara guerra al decisore pubblico e cerca di orientare l’opinione pubblica per creare consenso attorno alle proprie posizioni. Alcuni operatori economici saranno più inclini a scegliere il Lobbismo, altri la protesta: i commercianti e gli autotrasportatori, per esempio, troveranno più naturale invadere le strade o bloccare le autostrade, perché esercitano attività economiche molto “visibili”, mentre la finanza o la grande industria preferiranno condensarsi in una Lobby. È una questione di stile, lo abbiamo detto, ma anche una questione di opportunità. E l’opportunità dipende dalle relazioni e dal contesto. Se chi rivendica interessi o diritti ha la possibilità di entrare in relazione con la politica o con altri soggetti delegati che operano nel Sistema Pubblico, sceglierà la strada del Lobbismo. Al contrario, se non si hanno relazioni privilegiate con i decisori pubblici, ma si rivendicano interessi o diritti non riconosciuti dal Sistema Pubblico ma percepiti come rilevanti dalla pubblica opinione, allora la Protesta è la scelta migliore.

Supporto, rigenerazione e degenerazione

Quando i Destinatari si condensano in un Referente, i loro interessi possono cominciare a interagire con gli interessi del Sistema Pubblico ad un nuovo livello: diventano interessi sovraindividuali dei Referenti, che possono entrare in conflitto o in convergenza con gli interessi primari dei Principali delegati, influenzando le loro decisioni e innescare fenomeni di polarizzazione[21] (Tavola 3)

Tavola 3 – Polarizzazione degli interessi dei Referenti e dei Principali delegati

Accade così che l’interesse di un singolo Destinatario che ricorre alla Giustizia Amministrativa, proiettato dentro una sentenza del Consiglio di Stato, influenzi l’orientamento di altre pubbliche amministrazioni che dovranno gestire in futuro casi analoghi. Oppure che famiglie, studenti e lavoratori, mossi da interessi differenti, diano vita ad un movimento di protesta che modifica le scelte adottate da un Governo. O ancora che un lobbista, interagendo con la Politica, suggerisca l’esistenza di interessi intensi e diffusi, che non possono essere ignorati dai processi decisionali pubblici.

Tuttavia, leggere questi fenomeni di interferenza utilizzando unicamente la categoria della corruzione può essere fuorviante. È più corretto dire che, attraverso i Referenti, degli interessi sovraindividuali provenienti dalla sfera privata dei destinatari si installano dentro la sfera pubblica. Questa installazione può condurre a tre diversi esiti:

● supporto ai processi decisionali pubblici,

● degenerazione del Referente,

● rigenerazione degli interessi primari.

Il supporto ai processi decisionali pubblici è il principale tratto distintivo (se non l’unico) della Partecipazione. Ma anche l’attività di Lobbying può raggiungere questi obiettivi, quando sensibilizza il decisore pubblico su temi complessi che, potrebbero sfuggire alla sua attenzione, ma la cui trattazione è fondamentale per garantire la piena promozione degli interessi primari. L’Advocacy[22] su temi come la protezione dell’ambiente, la legalità o la cura delle malattie rare[23] è un esempio di tali interventi di sollecitazione e sensibilizzazione dei decisori. Anche le manifestazioni di protesta e l’attività dei Giudici, come abbiamo visto, possono influenzare positivamente i percorsi decisionali dei Principali delegati.

La degenerazione del Referente può assumere diversi volti e può includere dinamiche di tipo corruttivo: la corruzione giudiziaria, la corruzione sistemica, lo state capture[24] sono esempi lampanti di un fenomeno molto più ampio, che si verifica quando il Referente non gioca adeguatamente il suo ruolo. Anche i movimenti di protesta possono degenerare, quando, per esempio, al loro interno emergono derive di tipo populista, che spingono le élite del movimento a volersi sostituire al Principale delegante, cioè la collettività. Il Lobbismo è distorsivo quando agisce in modo opaco, facendo un uso strumentale delle relazioni, con il fine di escludere altri interessi primari o collettivi dallo spazio decisionale pubblico. Anche il Lobbismo conservativo (che mira a mantenere lo status quo e impedire l’evoluzione della normativa) è una degenerazione. Non ci sono invece noti casi di degenerazione dei processi partecipativi, probabilmente a causa della scarsa incisività di questi processi che (almeno nel contesto italiano) spesso si riducono a iniziative di consultazione pubblica che intervengono quando ormai le politiche, le norme e i documenti strategici sono in fase avanzata di elaborazione.

Il terzo e ultimo esito dell’installazione degli interessi sovraindividuali nel Sistema Pubblico, la rigenerazione degli interessi primari è anche il meno noto. Questa rigenerazione è il meccanismo che consente alle società democratiche di modificare nel tempo l’insieme degli interessi primari che il Sistema Pubblico deve promuovere, di stare al passo con l’evoluzione sociale ed economica del contesto esterno (Tavola 4).

Tavola 4 – Il meccanismo della rigenerazione degli interessi primari

CONCLUSIONI
A chi appartiene il futuro?

Affinché la rigenerazione abbia luogo, gli interessi sovraindividuali promossi da un Referente devono essere percepiti come riferibili non ad un gruppo determinato di persone determinate, ma a una collettività. Di fatto, l’emersione di un nuovo interesse primario è contestuale all’emersione di un nuovo Principale delegante[25].

I movimenti di protesta e di opinione hanno giocato un ruolo fondamentale in questo processo di rigenerazione, mentre Lobbisti e Giudici, per motivi diversi, sembrano non essere i Referenti adeguati a svolgere questa funzione rigenerativa: i Lobbisti perché troppo ancorati a insiemi determinati di Destinatari, i Giudici perché troppo vincolati dalla Legge.

Durante la pandemia da Covid-19 il Lobbismo ha tirato dritto per la sua strada. Si è trasformato in Lobbismo digitale, ma non ha fatto mai mancare il suo punto di vista. In un interessante articolo dal titolo “How has COVID-19 changed lobbying activity across Europe?”, Anne Rasmussen[26] scrive: “Nei Paesi con regole meno stringenti è difficile misurare i cambiamenti nelle attività di Lobbying. Abbiamo conoscenze aneddotiche che tali attività sono state dirette ad orientare le decisioni in materia di aiuti di Stato e sulle riaperture di diversi settori produttivi. Sembra che per le Lobby, il Covid-19 sia stato ‘business as usual’. E non c’è niente di strano nel fatto che gruppi di interessi si mobilitano quando c’è in gioco qualcosa o quando i governi mostrano di avere bisogno di expertise o “buoni consigli”.

La Partecipazione, in virtù del suo carattere fortemente inclusivo e degli elevati standard di trasparenza che la contraddistinguono, potrebbe essere lo strumento privilegiato di rigenerazione degli interessi primari. Purtroppo, questa potenzialità è del tutto inespressa, in quanto i processi partecipativi, come si è detto, sono previsti solo in particolari procedimenti[27] oppure si limitano a supportare dall’esterno i processi decisionali e quindi non riescono, allo stato attuale, ad incidere sugli interessi primari di riferimento. Quello che la pandemia ha evidenziato, dunque, è un esercizio dell’azione politica e amministrativa ancora poco permeata dalla cultura della Partecipazione.

E così la gigantesca anticamera della nostra Democrazia chiude i battenti e serra gli ingressi. Il Signore delle Lobby raduna la sua schiera che si defila e fluisce da uscite laterali: “C’è ancora tanto lavoro da fare!”, tuona.

Sulle umide pareti si condensano interessi primari che vanno ad alimentare piccoli rivoli di diritti che si perdono nel terreno.

L’economia riparte mentre le nuove generazioni si domandano distrattamente a chi appartenga questo luminoso futuro.


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[1] Ovviamente ci riferiamo al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), il documento di programmazione contenente il Piano delle riforme che l’Italia intende avviare, da qui al 2026, per risollevare l’economia interna dalla crisi provocata dalla pandemia da coronavirus.

[2] L’art. 6 del D.L. 31 maggio 2021, n. 77, Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure, istituisce, presso il Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, un ufficio centrale di livello dirigenziale generale, denominato “Servizio centrale per il PNRR”.

[3] Motu proprio è una locuzione latina (tradotta letteralmente significa “di propria iniziativa”) che indica un documento, una nomina o in generale una decisione presa di “propria iniziativa” da chi ne ha il potere o la facoltà. Fonte: Wikipedia

[4] Endogeno deriva dal greco ἐνδογενής (pn. endoghenés) che significa “nato in casa, indigeno”.

[5] L’interesse “primario” è una strategia per la soddisfazione di bisogni sovra-individuali. In ambito pubblico interessi primari sono i diritti (al lavoro, alla salute, all’istruzione, ecc.), oppure interessi che promuovono il funzionamento dell’amministrazione, quali il buon andamento o interessi che promuovono la salvaguardia dei meccanismi di concorrenzialità dei mercati, come l’imparzialità. Cfr: “Interesse primario”, termine del Glossario di Spazioetico.

[6] Cfr: “Le 7 qualità che misurano il livello di integrità di un’organizzazione e la sua “robustezza” e “resilienza” di fronte al rischio di corruzione”, Materiale didattico di Spazioetico.

[7] L’interesse “secondario” è una strategia per la soddisfazione di bisogni individuali, quali la sicurezza economica, l’appartenenza ad un gruppo sociale o professionale, il raggiungimento di uno status sociale, l’acquisizione e/o il mantenimento di un partner, la generatività intesa come continuità del progetto di vita (familiare o professionale). Cfr. “Interesse secondario”, termine del Glossario di Spazioetico.

[8] L’interesse “strutturale” è una strategia per il mantenimento delle relazioni della sfera pubblica o privata. In ambito pubblico è strutturale, ad esempio, l’interesse della componente politica a non scontentare il proprio elettorato, l’interesse della dirigenza a non scontentare la componente politica, l’interesse dei funzionari a non scontentare la dirigenza, l’interesse del destinatario ad un esito positivo del procedimento amministrativo, l’interesse dell’operatore economico a fidelizzare l’Ente committente, l’interesse del funzionario o del dirigente a proseguire la fornitura con un buon fornitore, ecc. Cfr. Interesse strutturale, termine del Glossario di Spazioetico.

[9] Open Government Partnership (OGP), un’iniziativa multilaterale finalizzata a ottenere impegni concreti dai Governi in termini di promozione della trasparenza, della partecipazione e accountability dell’azione amministrativa pubblica.

[10] Al Parlamento italiano “giacciono” tre proposte di legge sulla regolamentazione delle Lobby. Per approfondire, cfr: “Tre proposte di legge per fare luce sul lobbying in Italia: saranno davvero efficaci?www.thegoodlobby.it.

[11] Cfr. “Le porte girevoli (Revolving Door): uno stargate verso il conflitto di interessi”, Spazioetico, in Azienditalia, giugno 2021.

[12] Il Regno Elfico non fu l’unico a usare la cooptazione come meccanismo di selezione della classe dirigente. Cfr: Le oche dannate di Konrad Lorenz. L’imprinting corruttivo nei processi di cooptazione della classe dirigente. Il secondo articolo della rubrica di approfondimento “Lo Spazio Etico” per Azienditalia. La cooptazione elfica era un meccanismo infallibile di selezione della classe dirigente. I difetti della cooptazione contemporanea sono riconducibili al forte degrado dei costumi conseguente al passaggio del potere agli esseri mortali durante la Quarta Era di Arda.

[13] Cfr: “Quando la privacy diventa una jihad”, Spazioetico, maggio 2021.

[14] Armor il Terribile era un produttore di archi e balestre, noto in tutta la terra di mezzo per la sua spregiudicatezza, tanto da non farsi scrupolo a vendere le armi a bambini e Hobbit.

[15] Secondo gli Orchi e i Goblin, Malmenor era in realtà un raffinato poeta, che usava vergare i propri melodiosi poemi sul volto dei malcapitati debitori di Usur.

[16] Come stabilito dal Regio Editto Partecipatorio, il D.P.I.P.F.R. fu posto in consultazione pubblica per 120 anni. Erano ammessi i contributi anche da parte di elfi, goblin, hobbit, orchi e negromanti purché residenti nella Terra di Mezzo.

[17] La professione del datajolo si era notevolmente sviluppata a Ovestéen nei decenni di perenne consultazione pubblica, inizialmente per contare i giorni di consultazione; in seguito, per monitorare l’andamento del dibattito pubblico. Si trattava di un lavoro assai gravoso, in quanto i dati erano iscritti in tavole di metallo, difficilmente riusabili.

[18] Il nucleo centrale degli interessi primari della Repubblica Italiana, per esempio, è contenuto nei primi 11 articoli della Costituzione. Il fondamento della Repubblica è Il Lavoro (art. 1), non i singoli lavoratori o specifiche categorie economiche (operai, artigiani, professionisti, contadini, imprenditori, ecc.) ma il lavoro inteso come attività dell’uomo. Il contenuto di questo articolo, come è noto, è frutto di un compromesso e di un acceso dibattito all’interno dell’Assemblea Costituente: Togliatti aveva proposto di scrivere “fondata sui lavoratori”, con un chiaro riferimento alla classe operaia e dopo lunghi dibattiti fu concordata l’attuale formulazione, che quindi è frutto di un compromesso e ha una storia: l’Italia usciva da una guerra e da un regime totalitario fondato su un’ideologia (il fascismo) complice di un abominevole sterminio promosso in nome della superiorità della razza ariana. La rilevanza dell’articolo 1 è evidente: le ideologie e le razze escludono, mentre il Lavoro è inclusivo. Gli artt. 2 e 3, 4, 6, 8 9, 10 e 11 contengono un elenco di diritti che la Repubblica deve garantire a tutti i cittadini: i diritti inviolabili dell’uomo, la dignità sociale, l’uguaglianza davanti alla legge senza discriminazioni, il diritto al lavoro, i diritti delle minoranze linguistiche, lo sviluppo della cultura e della ricerca, la tutela il paesaggio e del patrimonio storico e artistico, il diritto di asilo, la pace e la giustizia fra le Nazioni. Sono tutti interessi primari storicamente determinati: i diritti delle minoranze linguistiche, per esempio, erano sentiti come molto rilevanti nel 1948, alla luce della politiche di italianizzazione forzata di Alto Adige, Venezia Giulia. Piemonte e Valle d’Aosta promosse dal fascismo, che avevano particolarmente colpito tedeschi, sloveni e le minoranze franco-provenzali e occitane.

[19] Per un approfondimento di questa Teoria si rimanda al nostro articolo “La Teoria dell’Agenzia Estesa: ruoli e relazioni della sfera professionale pubblica”, Spazioetico, marzo 2021.

[20] Quello che la pandemia ha evidenziato è un esercizio dell’azione politica e amministrativa ancora poco permeata dalla cultura della Partecipazione civica. Se la Partecipazione è uno “stile di Governo” anziché un vuoto rituale, allora ad essa non si dovrebbe rinunciare anche e soprattutto nelle situazioni di emergenza.

[21] La polarizzazione è la somma dei conflitti e delle convergenze di interessi che si determinano in uno scenario, in relazione alle decisioni e ai comportamenti che possono essere adottati da un soggetto delegato. Per approfondire questo argomento, si veda il nostro articolo: La polarizzazione degli interessi. Uno strumento per valutare il rischio di corruzione e l’integrità delle decisioni pubbliche, Spazioetico, maggio 2021.

[22] Advocacy e Lobbismo sono fenomeni tra loro imparentati: Advocacy è qualsiasi attività finalizzata a influenzare i decisori pubblici, attraverso attività volte a aumentare l’attenzione su un determinato tema. Il Lobbismo è una particolare forma di Advocacy, che orienta le posizioni dei decisori pubblici in merito a determinati provvedimenti legislativi.

[23] Nell’ambito dell’Unione Europea, le malattie rare sono patologie che colpiscono meno dello 0,05% della popolazione. Per molte malattie rare sia la diagnosi che il trattamento possono essere difficoltosi, sia per uno scarso livello di conoscenza medico-scientifico, sia per il poco interesse che le case farmaceutiche hanno e avrebbero nella ricerca e produzione di farmaci utilizzabili da pochissimi clienti. A livello Europeo, l’Advocacy in favore delle malattie rare è svolta dalla rete di associazioni EURORDIS-Rare Diseases Europe, che raggruppa numerose associazioni di malati anche italiane.

[24] State Capture, che potremmo tradurre con “Stato sotto sequestro”, sta a significare la condizione/situazione di una comunità nazionale o locale in cui rilevanti interessi privati sono in grado di influenzare significativamente il processo decisionale pubblico, con particolare riferimento al processo legislativo e regolamentare e alle scelte in merito all’allocazione delle risorse, ai fini di trarre un significativo vantaggio. La locuzione fu coniata dalla Banca Mondiale nei primi anni dell’attuale millennio per descrivere la situazione di alcuni Stati dell’Asia centrale che uscivano dalla dominazione sovietica. Rappresenta, in qualche modo, la forma più estrema ed evidentemente pericolosa di corruzione, una corruzione sistemico/politica in grado di distorcere leggi e regolamenti condizionando scelte politiche e generando una forte selezione avversa in tutti o in alcuni settori economici di una comunità nazionale. Per approfondire questa tematica (con particolare attenzione al contesto della sanità italiana) si veda il nostro articolo La Sanità Pubblica sotto sequestro, in Azienditalia, agosto/settembre 2020.

[25] Gli attuali dibattiti (anche feroci) che si stanno sviluppando in Italia su temi come la discriminazione di genere, omofobia, immigrazione, la Scuola e i vaccini sono in effetti caratterizzati da questo contrasto: nessuno nega la rilevanza e la legittimità di determinati interessi sovraindividuali, ma da una parte c’è chi chiede che tali interessi siano interpretati come diritti (cioè interessi primari di una collettività), mentre altri riconducono tali interessi a gruppi di persone specifiche e non alla collettività. Studiando l’esito di questi dibattiti si potrebbe imparare molto sui requisiti e sui meccanismi di rigenerazione degli interessi primari.

[26] Professoressa di Scienze Politiche presso l’Università di Copenhagen.

[27] Ad esempio, il Codice dei contratti pubblici (art. 22, comma 2), ha previsto che per l’individuazione delle grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale che hanno un impatto sull’ambiente, sulle città e sull’assetto del territorio è obbligatorio il ricorso alla procedura di Dibattito pubblico.