La matematica dei conflitti di interessi: polarizzazioni e rischio di corruzione
Martedì 25 gennaio Transparency International ha presentato al mondo il CPI 2021, che misura la corruzione percepita in 180 Paesi. Buone notizie per l’Italia, che ha guadagnato ben 10 posizioni, distanziando Arabia Saudita e Ruanda, ma non riuscendo ancora a superare Slovenia, Costa Rica, Capo Verde e Saint Vincent and the Grenadines, irrilevante Stato insulare di 109.000 abitanti, sito nelle Piccole Antille e noto solo agli analisti di Transparency. Campanilismi a parte, bisogna riconoscere che questa continuo miglioramento dell’Italia (in ascesa nel CPI dal 2012, anno dell’approvazione della Legge 190) è la prova innegabile dell’efficacia della misure di prevenzione previste nei PTPCT della pubblica amministrazione. Per celebrare questa prorompente ascesa, nel 2022 i PTPCT avranno rango sufficiente per accedere nella ristretta cerchia dei documenti di programmazione confluiti nel Piano Integrato di Attività e Organizzazione, cosiddetti PIAO.
Il 27 gennaio 2022, invece, l’EURISPES ha organizzato un webinar intitolato “Dialogo sulla misurazione della corruzione“. Il Presidente di ANAC Busia, intervenendo al webinar, ha evidenziato: “Oggi ci sono in giro molte meno valigette di mazzette rispetto ai tempi di Tangentopoli, ma ci sono molti più fenomeni di finte consulenze e contratti paralleli, che sono le nuove modalità attraverso cui avviene la corruzione”. Il Presidente ha anche ribadito l’esigenza di sviluppare indicatori di misurazione della corruzione fondati su dati oggettivi ed ha annunciato che ANAC, grazie al progetto “Misurazione del rischio di corruzione a livello territoriale e promozione della trasparenza” (avviato nel 2017) ha identificato 71 indicatori per la misurazione e il contrasto della corruzione, basati su dati oggettivi e suddivisi in 3 aree tematiche distinte: indicatori di contesto (49 indicatori articolati in 4 ambiti: criminalità, Istruzione, Economia e territorio, Capitale Sociale), indicatori sugli appalti (17 indicatori) e indicatori relativi ai Comuni sopra 15.000 abitanti (5 indicatori).
Insomma, anche quest’anno, come gli altri anni, la pubblicazione del CPI di Transparency riaccende il dibattito sulla misurazione dei fenomeni corruttivi, che vede gli esperti divisi in due fronti: da una parte i percezionisti, che sostengono che non si possa misurare la corruzione, ma solo la percezione di tale fenomeno; dall’altra gli oggettivisti, che al contrario ritengono che la corruzione possa essere rilevata analizzando i dati attraverso indicatori di anomalia.
Di solito questo dibattito si esaurisce dopo 3-4 giorni (dura quanto una mozzarella di bufala artigianale), ma in questo breve tempo anche Spazioetico ha deciso di fornire il proprio autorevole contributo. Abbiamo fatto tesoro delle nostre conoscenze aritmetiche (che si limitano peraltro alle 4 operazioni, imparate alle scuole elementari) e abbiamo scritto un articolo sulla misurazione dei conflitti di interessi.
Nell’articolo, di cui di seguito proponiamo una versione “semplificata”, spieghiamo come misurare l’intensità percepita di un conflitto di interessi e la utilizziamo per stimare il rischio di corruzione.
Il tiro alla fune dei conflitti di interessi
Tutto inizia dal conflitto di interessi e dal suo collegamento con il rischio di corruzione.
Ci sono molte definizioni di conflitto di interessi, ma la più interessante è quella proposta da D.F. Thompson nel 1993:
“Un conflitto di interessi è un insieme di situazioni in cui il giudizio professionale riguardante un interesse primario (come il benessere di un paziente o la validità della ricerca) tende ad essere indebitamente influenzato da un interesse secondario (come il guadagno finanziario)“
Questa definizione, anche se è stata elaborata per descrivere il conflitto di interessi in ambito sanitario, è valida in generale ed è particolarmente interessante per l’utilizzo del verbo tendere: il conflitto di interessi non è semplicemente (sembra suggerire Thompson) una situazione in cui la promozione di un interesse secondario minaccia la promozione di un interesse primario. E’ qualcosa di più complesso. Innanzitutto è un insieme di situazioni, un insieme di scenari in cui gli interessi secondari e gli interessi primari interagiscono. In secondo luogo, in questi scenari gli interessi secondari hanno una forza maggiore degli interessi primari e li mettono in pericolo.
Un semplice esperimento mentale
Come abbiamo detto molte volte, il conflitto di interessi è un precursore della corruzione. Ma come descrivere in modo semplice questa relazione tra conflitto di interessi e corruzione?
Immaginiamo che gli interessi in gioco in una situazione siano delle biglie dentro una scatola: nella figura 1 la scatola contiene un solo interesse:
Immaginiamo adesso che le opzioni di comportamento (cioè i comportamenti possibili che possono essere adottati in una situazione) siano dadi buttati dentro la scatola (figura 2) che influenzano gli interessi nella scatola: possono promuovere o minacciare tali interessi.
L’interesse nella scatola cambia colore: diventa positivo in presenza di comportamenti che lo promuovono, mentre diventa negativo in presenza di comportamenti che lo minacciano. Queste due ipotesi sono rappresentate nella figura 3:
Chiameremo polarizzazione questo fenomeno di orientamento degli interessi in presenza di una determinata opzione di comportamento. La polarizzazione può coinvolgere più di un interesse. Per esempio potremmo avere due biglie nella scatola e un comportamento che le influenza (figura 4)
Adesso il nostro esperimento mentale comincia a farsi interessante: nella figura 5 sono rappresentati i quattro possibili esiti di questa polarizzazione: i primi due sono esempi di convergenza di interessi, mentre nel terzo e quarto esito abbiamo dei conflitti di interessi.
Quindi i conflitti di interessi sono un tipo particolare di polarizzazione, sono un fenomeno molto semplice da modellizzare e studiare: sono due biglie in una scatola che cominciano a fare a pugni, in presenza di una opzione di comportamento che le influenza. Ma l’esito di questi conflitti, come abbiamo detto, in molti casi è quasi scontati e questo dipende dall’intensità degli interessi in gioco:
L’intensità di un interesse è una percezione non razionale, variabile nel tempo e variabile da individuo a individuo, che dipende dai bisogni e dalle relazioni: più un bisogno è forte e più è forte una relazione, più di conseguenza saranno intensi gli interessi che corrono su quella relazione e che soddisfano quel bisogno. Un interesse più intenso ha maggiore probabilità di orientare i comportamenti. Nella figura 6, per esempio, l’interesse positivo è più intenso dell’interesse negativo: i benefici derivanti dall’adozione di quel comportamento (interesse positivo) saranno percepiti come superiori ai costi (interesse negativo).
Immaginiamo adesso di gettare un terzo interesse nella scatola. Se il comportamento c non influenza questo nuovo interesse, non cambia nulla. In caso contrario, il nuovo interesse può fare solo due cose: diventare positivo oppure negativo; ed entrerà in convergenza con uno degli altri interessi presenti nella scatola. Nella figura 7, per esempio, abbiamo rappresentato il caso in cui un terzo interesse viene minacciato da c e quindi entra in convergenza con l’interesse negativo: le intensità dei due interessi si sommano e forse, a questo punto, il comportamento sarà un po’ meno vantaggioso di prima.
Insiemi polarizzati
Possiamo generalizzare questo ragionamento e cominciare a riempire la scatola con tante biglie. Facendo questo otterremo una scatola piena di interessi di diverso tipo (figura 8). Non ci interessa più sapere quanti interessi ci sono nella scatola, ma solo studiare il modo in cui questo insieme di interessi può reagire ad una opzione di comportamento. Proprio perché non ci interessa identificare gli interessi in gioco, useremo la lettera S (maiuscola) per riferirci a questo insieme di interessi. La scelta di questa notazione è presto detta: S è la lettera iniziale della parola “strategia” e gli interessi sono proprio delle strategie che soddisfano bisogni e che orientano il comportamento delle persone.
Se adesso introduciamo nella scatola un comportamento che influenza tutti gli interessi in gioco … succederà un finimondo! Ciascun interesse reagirà a proprio modo e il nostro insieme S si trasformerà in un insieme polarizzato, cioè in una somma di conflitti e convergenze tra interessi di diversa intensità (figura 9).
Per riferirci ad un insieme S di interessi che è stato polarizzato da un comportamento c, scriveremo Sc.
Gli insiemi polarizzati rappresentano bene le interazioni reali tra gli interessi in gioco fuori e dentro un sistema pubblico. I comportamenti e le decisioni di un Agente pubblico, infatti, possono avere un impatto su numerosi interessi, che possono essere percepiti dall’Agente con livelli diversi di intensità:
- interessi primari dell’amministrazione di appartenenza
- interessi dei destinatari (operatori economici e utenti dei servizi)
- interessi dell’Agente
- interessi della componente politica
Un esempio di analisi di queste interazioni è contenuto nel nostro articolo LA POLARIZZAZIONE DEGLI INTERESSI. Uno strumento per valutare il rischio di corruzione e l’integrità delle decisioni pubbliche, in cui gli insiemi polarizzati sono rappresentati usando delle tabelle.
Che cosa possiamo dire di Sc senza fare specifico riferimento al suo contenuto, cioè ai singoli interessi che lo compongono?
Innanzitutto, possiamo cercare di calcolare l’intensità di un insieme polarizzato, che indicheremo con la formula I(Sc ). Anche in questo caso possiamo immaginare che l’intensità di un insieme polarizzato sia come un tiro alla fune tra i molteplici interessi contenuti in tale insieme (fig. 10)
Per prima cosa, sommiamo le intensità di tutti gli interessi che sono promossi dal comportamento c. Il valore che otteniamo sarà una intensità positiva. Da questo valore dobbiamo sottrarre l’intensità negativa degli interessi che, invece, sono minacciati da c. Il risultato di questa sottrazione è l’intensità dell’insieme polarizzato (figura 11).
Ci intrigano particolarmente gli insiemi polarizzati che hanno I(Sc ) > 0, cioè quelli in cui gli interessi promossi da un comportamento c sono più intensi degli interessi minacciati da c. Questi insiemi sono stabili e il comportamento che li polarizza viene percepito come vantaggioso.
Rischio di corruzione e insiemi polarizzati
L’Autorità Nazionale Anticorruzione, nel PNA 2019 ha chiarito che i Piani Triennali di prevenzione della corruzione e trasparenza (PCPCT), che ciascuna pubblica amministrazione deve adottare e aggiornare annualmente, hanno l’obiettivo di “ridurre il rischio di decisioni non imparziali” . Quindi il rischio di corruzione deve essere associato, in qualche modo, a opzioni di comportamento che rappresentano una minaccia per l’imparzialità.
La nostra tesi è che i comportamenti che rappresentano una minaccia per l’imparzialità siano associati al rischio corruttivo passando attraverso gli insiemi polarizzati
Dobbiamo mettere sotto osservazione quegli insiemi di interessi che vengono polarizzati da un comportamento c che minaccia l’imparzialità. Se usiamo il simbolo –i* per indicare la minaccia all’imparzialità rappresentata da un comportamento c, possiamo descrivere questi insiemi scrivendo semplicemente –i*∈Sc (che significa “S è un insieme di interessi polarizzati da un comportamento c, che minaccia l’imparzialità) oppure li possiamo rappresentare usando ancora le scatole e le biglie, come nella figura 12.
Un comportamento è a rischio di corruzione quando minaccia l’imparzialità, ma viene al contempo percepito come vantaggioso, perché promuove interessi molto intensi. Ma ad essere a rischio di non è tanto il singolo comportamento, ma l’impatto di tale comportamento sugli interessi in gioco in una situazione: se gli interessi si modificano (oppure se si modifica la loro intensità) il comportamento potrebbe cessare di essere un rischio.
Il rischio di corruzione, quindi, è associato a insiemi polarizzati che hanno due caratteristiche:
- sono stabili: I(Sc ).
- sono polarizzati da comportamenti che minacciano l’imparzialità: –i*∈Sc
Gli insiemi polarizzati che hanno queste caratteristiche sono delle polarizzazioni critiche. Per indicare queste particolari polarizzazioni useremo un punto esclamativo e scriveremo Sc !
Valutare il rischio di corruzione.
Valutare il rischio di corruzione significa rispondere a due domande:
La corruzione emerge all’interno di una organizzazione, perché esiste un comportamento possibile che genera una polarizzazione critica: minaccia l’imparzialità ma promuove al contempo interessi percepiti come molto rilevanti. Le polarizzazioni critiche sono, in un certo senso, il motore che fa emergere il rischio di corruzione: la probabilità di tale emersione è direttamente proporzionale a I(SC!), cioè dipende dall’intensità degli interessi in gioco.
Il comportamento che genera la polarizzazione critica può invece essere attuato all’interno dell’organizzazione, perché i processi sono vulnerabili. E in questo modo abbiamo risposto anche alla seconda domanda.
Intensità e vulnerabilità si combinano, determinando il livello di rischio di corruzione: la messa in atto di un comportamento corruttivo è tanto più probabile, quanto più sono intensi gli interessi promossi da tale comportamento e quanto più i processi sono vulnerabili.
Possiamo sintetizzare e formalizzare questo ragionamento nel modo seguente, indicando con la lettera L il livello di rischio e con la lettera v la vulnerabilità di un processo:
- L = I(Sc!) x v
La formula dice che il livello di rischio di corruzione è sempre riferito a polarizzazioni critiche. E quindi presuppone che sia stata effettuata una identificazione dei rischi che ha consentito di identificare comportamenti che minacciano l’imparzialità, ma sono al contempo percepiti come vantaggiosi. Non avrebbe senso, infatti, valutare il rischio di corruzione associato a comportamenti svantaggiosi oppure a comportamenti che promuovono l’imparzialità.