3 – METTERE INSIEME I PEZZI: il Modello Evolutivo
In questa serie di articoli presentiamo il nostro Modello Evolutivo, che descrive la genesi e lo sviluppo dei fenomeni corruttivi. Secondo questo modello, la corruzione è un evento che si origina nella dimensione relazionale, attraversa la dimensione etica e, se non trova ostacoli nel suo processo di sviluppo, si scarica nella dimensione relazionale sotto forma di azzardo morale, che manipola i processi, genera anomalie e (con una sorta di “retro-azione”) ritorna nella dimensione relazionale, ponendo le basi per la genesi di ulteriori e futuri eventi corruttivi (che possono anche assumere carattere sistemico). Il Modello Evolutivo è applicabile in tutti i sistemi di prevenzione che considerano la corruzione come fenomeno di caduta dell’imparzialità e consente di descrivere in modo lineare i diversi “precursori” dei fenomeni corruttivi.
1. Il Modello Evolutivo: nessuno nasce corrotto
La dimensione organizzativa della corruzione è stata molto studiata ed è l’oggetto privilegiato delle normative e dei piani di prevenzione. La prospettiva relazionale invece non ha mai ottenuto l’attenzione dovuta per via del fatto che, in fin dei conti, mettere sotto controllo il processo organizzativo è infinitamente più semplice. Ma gli individui, brutti e cattivi, che operano nell’illegalità non sono caduti sulla terra quasi per caso o per sventura. Sono, essi stessi, “organismi nel proprio ambiente”[2]. E la corruzione rappresenta un vero e proprio costrutto sociale, in cui viene coinvolta anche e soprattutto la dimensione relazionale. Attraverso le relazioni, infatti, gli individui e le organizzazioni costruiscono una realtà comune e condivisa, esperita come oggettiva, fattuale e densa di significato.
Il nostro Modello Evolutivo parte dal presupposto che le persone non nascano corrotte o disoneste. Non nascono nemmeno oneste a voler essere precisi: nascono al di là del bene e del male e vivono buona parte della loro vita cercando di soddisfare i propri bisogni, cioè sviluppando degli interessi e stringendo delle relazioni.
All’interno delle relazioni le persone incontrano altre persone, apprendono delle regole e dei principi di comportamento e costruiscono la loro esistenza. Attraverso le relazioni l’agente pubblico plasma il suo ecosistema.
Siamo tutti esemplari di una specie (homo sapiens) che ha modificato l’ambiente in cui si è evoluta, rompendone gli equilibri, con effetti il più delle volte catastrofici. La strategia evolutiva della specie si ripresenta, in qualche modo, nelle singole esistenze individuali. Se il mondo fisico è il luogo le persone sono in quanto esseri viventi (tutti gli esseri umani nascono in qualche luogo del pianeta Terra e poi vivono spostandosi magari in altri luoghi), il mondo relazionale è il luogo in cui le persone sviluppano la propria esistenza, cioè danno senso al proprio essere al mondo.
Evolviamo, cioè ci modifichiamo, all’interno del nostro ecosistema di relazioni ed evolvendo modifichiamo l’ecosistema. L’esito di questi cambiamenti non è privo di rischi e non è mai scritto in partenza.
La corruzione è quindi un fenomeno che evolve: si innesca nella dimensione relazionale, passa attraverso la dimensione etica e diventa un azzardo morale che si scarica nei processi pubblici gestiti nella dimensione organizzativa, determinando una serie di anomalie (fig. 1).
2. La dimensione relazionale
L’innesco dei fenomeni corruttivi è interno alla rete di relazioni dell’Agente pubblico[3]. Questa rete include le relazioni della sfera privata (parentela, frequentazione abituale, debito, credito, grave inimicizia, ecc…) e le relazioni della sfera professionale: le relazioni con i colleghi, con i superiori gerarchici e con i destinatari.
La dimensione relazionale non è statica: le relazioni si modificano continuamente a seguito dell’emersione di nuovi bisogni che, se sono percepiti come molto intensi, possono influire sull’uso che gli Agenti pubblici fanno delle proprie relazioni. E i comportamenti adottati dall’Agente pubblico possono influenzare gli interessi che “corrono” sulla rete di relazioni, determinando situazioni di conflitto di interessi[4] e convergenza di interessi[5].
In effetti, Robert Klitgaard ha pienamente ragione, quando dice che “la corruzione è un reato basato sul calcolo”. Tuttavia, il calcolo che innesca la corruzione avviene nella dimensione relazionale ed è influenzato dall’intensità degli interessi e dalla percezione dei bisogni. Questo spiega perché in alcuni casi i corrotti si vendono, apparentemente, per niente: in realtà il rifacimento gratis del bagno di casa chiesto come contropartita di un appalto milionario, pur avendo un valore economico irrisorio, soddisfa bisogni di status e appartenenza, percepiti in modo patologico: chiedere qualcosa di non dovuto, e poterlo avere, certifica il possesso del potere e l’appartenenza ad una élite di “privilegiati” manovratori di interessi, che possono controllare la vita degli altri senza essere soggetti ad alcun controllo.
Questo calcolo dei costi e benefici non è influenzato solo dai bisogni, ma anche dall’intensità con cui l’Agente pubblico percepisce gli interessi primari che deve promuovere. Se l’Agente pubblico lavora in un contesto in cui i confini tra pubblico e privato sono incerti e l’efficienza è enfatizzata a discapito dell’imparzialità, allora potrebbe ritenere vantaggiose decisioni e condotte che promuovono l’efficienza dell’organizzazione e gli interessi dei destinatari, ma che minacciano l’imparzialità[6].
In estrema sintesi, nella dimensione relazionale la corruzione si genera perché certe decisioni, certi comportamenti, oppure determinati usi strumentali delle relazioni sono percepiti come vantaggiosi, anche se mettono a rischio l’imparzialità.
Tuttavia, anche se comportamenti a rischio di corruzione sono percepiti come vantaggiosi in certi contesti, non tutti gli Agenti pubblici in quei contesti diventano corrotti. Anzi, i corrotti sono una minoranza. Questo accade perché, nella maggior parte dei casi, i comportamenti a rischio vengono bloccati e neutralizzati dalla dimensione etica.
3. La dimensione etica
Il secondo step del percorso di evoluzione dei fenomeni corruttivi avviene tutto nella dimensione etica, la dimensione dei valori (individuali, sociali e organizzativi) che possono agire come un filtro etico, che blocca e neutralizza comportamenti che, pur essendo percepiti come vantaggiosi, comportano la violazione di qualche principio morale.
Nella dimensione etica, l’interazione tra comportamenti e valori genera delle situazioni di conflitti tra interessi e sistemi valoriali, che possono essere influenzati dalla cultura dell’organizzazione: i dilemmi etici, (fig.2) vale a dire situazioni in cui:
- un comportamento che appare vantaggioso non è moralmente accettabile (dilemma etico “spurio”)
- oppure un comportamento svantaggioso deve essere adottato in ossequio a determinati valori morali (dilemma del “Martire”)
- oppure ancora un comportamento vantaggioso appare giustificabile alla luce di determinati valori morali, ma ne viola contemporaneamente altri (dilemma etico “puro”).
Con l’adesione a determinati sistemi di valori, le persone soddisfano bisogni di appartenenza e affiliazione. I valori strutturano l’identità individuale e la violazione di un valore mette a rischio l’identità e l’appartenenza ad una comunità e rende necessaria una manutenzione del concetto di sé.
l filtro etico funziona in modo strano: o funziona del tutto o non funziona per niente. In nome dei propri valori, le persone sono in grado di fare grandi cose, nel bene o nel male. Ma se il filtro etico si inceppa, è come se le persone spegnessero la luce: non sono più in grado di vedere le conseguenze morali delle proprie azioni[7]
I valori non sono negoziabili, per via dell’intensità con cui vengono percepiti. Se un valore entra in gioco in un processo decisionale, non può essere minacciato da alcun comportamento. Se un valore entra in conflitto con un diritto o con una prescrizione normativa, non è possibile alcuna mediazione.
Seguendo una analisi condotta da Muel Kaptein, possiamo identificare quattro diverse strategie di neutralizzazione:
- distorcere i fatti: selezionare i ricordi, categorizzare in un certo modo un evento, negare le evidenze, oppure inventare circostanze e situazioni;
- negare le norme: negato che a un certo comportamento sia applicabile una certa norma, appellarsi a norme diverse, oppure relativizzare la propria condotta comparandola con le violazioni altrui;
- dare la colpa alle circostanze, appellandosi alla mancanza di opzioni praticabili (“non avevo alternative”), oppure al fatto di non avere avuto ruolo nella vicenda (“io non c’entro nulla”), oppure al fatto di non avere la possibilità di scegliere (“non potevo fare diversamente”);
- nascondersi dietro qualcosa o qualcuno: dietro una mancanza di informazioni necessarie a gestire diversamente la situazione, dietro la mancanza di capacità, dietro una situazione di bisogno, ecc…
Quando il filtro etico si disattiva, i comportamenti a rischio di corruzione passano indenni la dimensione etica e possono essere messi in atto. Non solo: la neutralizzazione consente di giustificare tali comportamenti, che possono quindi essere percepiti come eticamente accettabili. Accade così che il politico arrestato per corruzione si dichiari innocente, perché non ha rubato per sé, ma per il partito; oppure che il funzionario pubblico accusato di turbativa nella libera scelta del contraente, per avere modificato un capitolato di gara e favorito un’azienda, dichiari di avere agito nell’esclusivo interesse dell’amministrazione, perché ha favorito il migliore operatore economico presente sul mercato.
4. La dimensione organizzativa
Quando esce dalla dimensione etica, la corruzione finisce il proprio percorso evolutivo dentro la dimensione organizzativa: diventa un azzardo morale che manipola i ruoli e i processi dell’organizzazione, favorisce interessi privati e determina una rovinosa caduta dell’imparzialità e di altri interessi primari. Solo a questo punto la corruzione assume le caratteristiche di una condotta sanzionabile dal codice penale.
Un evento di corruzione, quando si scarica all’interno della dimensione organizzativa, ha sempre una energia potenziale impressionante, la stessa energia potenziale di una massa d’acqua che fuoriesce da una diga che crolla. Tutta questa forza deriva dal fatto che la corruzione, quando diventa fenomeno organizzativo, ha già attraversato la dimensione relazionale e la dimensione etica, senza trovare alcun ostacolo al proprio processo di sviluppo. Detto in altri termini: il comportamento corruttivo, quando viene messo finalmente in atto nella dimensione organizzativa, sembra essere vantaggioso e giustificabile, sembra essere una soluzione compatibile con un determinato insieme di interessi in gioco che interagiscono e con un determinato sistema di valori.
La manipolazione dei processi, oltre a danneggiare gli interessi primari, genera delle anomalie[8] che possono essere identificate dai sistemi di controllo interni all’organizzazione e aiutare l’organizzazione a identificare e sanzionare tempestivamente gli Agenti pubblici che stanno commettendo azzardo morale.
5. Il feedback nella dimensione relazionale
Con una certa vena di pessimismo nella penna, nel 2014 Andrea Camilleri scriveva che “mentre il rigore morale e l’onestà non sono contagiosi, l’assenza di etica e la corruzione lo sono, e possono moltiplicarsi esponenzialmente con straordinaria velocità”[9]. La corruzione è indubbiamente un fenomeno contagioso che, in determinati contesti, ha la tendenza a diventare sistematico e addirittura sistemico. Questo ha indotto molti a paragonare la corruzione a un virus, oppure a una pianta invasiva che soffoca il Sistema Pubblico.
Nel Modello Evolutivo queste caratteristiche della corruzione sono spiegate attraverso un meccanismo di feedback dalla dimensione organizzativa alla dimensione relazionale (fig. 3).
Nel linguaggio tecnico e scientifico un feedback è un processo di retroazione, grazie al quale l’effetto risultante dall’azione di un sistema (meccanismo, circuito, organismo, ecc.) si riflette sul sistema stesso per variarne o correggerne opportunamente il funzionamento[10]. Nel caso della corruzione, questa retroazione dipende dal fatto che la corruzione, al termine del proprio percorso di evoluzione, diventa un azzardo morale che modifica gli equilibri tra gli interessi e consolida le reti di relazioni: quando la corruzione viene percepita come vantaggiosa e giustificabile, può diventare una modalità usuale di relazione tra agenti pubblici e destinatari e un meccanismo di regolazione degli interessi pubblici e privati (corruzione sistemica).
Ovviamente, la corruzione è vantaggiosa solo per chi la fa o per chi la tollera, cullandosi nell’illusione che un moderato livello di corruzione possa avere effetti positivi su un Sistema Pubblico, agendo come un amplificatore di efficienza e un fluidificante delle relazioni.
In realtà, la corruzione corrode le risorse pubbliche e la fiducia della collettività e tossifica le relazioni e gli interessi che utilizza per venire alla luce. Il corrotto e il corruttore bruciano volontariamente il proprio ecosistema relazionale, per ricavarne un vantaggio immediato e spesso senza pensare alle conseguenze future: sono dei piromani relazionali.
6. Applicazioni del modello: valutazione del rischio e misure di prevenzione
Il Modello Evolutivo, pur essendo stato elaborato per scopi didattici, si è rivelato molto utile per sviluppare un nuovo approccio alla valutazione qualitativa del rischio di corruzione e al suo trattamento.
Come abbiamo spiegato in due articoli precedenti[11], se si accetta l’idea che la corruzione evolve attraverso tre dimensioni, allora la valutazione del rischio non può limitarsi a identificare fattori abilitanti e criteri di valutazione interni alla dimensione organizzativa: è necessario allargare la visuale anche alle dimensioni relazionali ed etiche del contesto interno, per identificare il livello di integrità di un sistema, cioè la sua capacità di opporsi, a tutti i livelli, alla genesi dei fenomeni corruttivi.
Abbiamo identificato sette qualità di un’organizzazione, che possono essere usate per valutare il livello di integrità, vale a dire la capacità dell’organizzazione di opporsi alle dinamiche corruttive:
- ROLEABILITY: le persone che prendono decisioni hanno chiaro il proprio ruolo, le proprie responsabilità e gli interessi primari che devono essere perseguiti;
- SURFABILITY: capacità di includere, metabolizzare, mediare e gestire la pressione degli interessi ed i conflitti di interessi;
- LEADERABILITY: esemplarità dei comportamenti della leadership, capacità di gestione dei comportamenti organizzativi, ethos organizzativo;
- DISCUSSABILITY: clima inclusivo, condivisione, benessere organizzativo;
- VISIBILITY: le scelte compiute nel corso del processo sono sufficientemente visibili e documentate, e i flussi informativi sono trasparenti;
- PROMPTABILITY: tutti i diversi ruoli e le funzioni intervengono adeguatamente nelle attività: (es. risorse e competenze adeguate, procedure idonee, ecc…)
- ACCOUNTABILITY: responsabilità sociale, capacità dell’organizzazione di identificare e sanzionare i comportamenti non corretti o illeciti.
Il rischio di corruzione è inversamente proporzionale al livello di integrità, cioè diminuisce se l’integrità aumenta. Le qualità dell’organizzazione sono distribuite nelle tre dimensioni del Modello Evolutivo (fig. 4).
Un modello “tridimensionale” dei fenomeni corruttivi consente anche di intendere in modo diverso le misure di prevenzione della corruzione. Se, infatti, la corruzione è un processo lineare che attraversa tre dimensioni (relazionale, etica ed organizzativa), allora è possibile identificare strategie di trattamento del rischio che siano in grado di “bloccare” il processo di sviluppo dei fenomeni corruttivi quando si trova ad attraversare le singole “dimensioni (fig. 5):
- misure di regolazione degli interessi e standard di gestione delle relazioni
- sviluppo delle competenze etiche
- misure di gestione e “protezione” dei processi
- monitoraggio delle anomalie.
[2] Gregory Bateson, Verso un’ecologia della mente, Adelphi, 1977
[3] Per semplicità in questa sede useremo l’espressione “Agente pubblico” per indicare qualunque soggetto delegato a svolgere una funzione pubblica: funzionari, dirigenti pubblici, organi di indirizzo politico, ecc … In realtà, sarebbe più appropriato distinguere gli Agenti pubblici, cioè i soggetti che svolgono una funzione pubblica senza esercitare un potere gerarchico su altri soggetti, dai Principali delegati, che partecipano alla catena di comando del Sistema Pubblico. Per approfondire questa distinzione, si rimanda al nostro articolo LA TEORIA DELL’AGENZIA “ESTESA”. Ruoli e relazioni della sfera professionale pubblica, https://spazioetico.com/2021/03/28/la-teoria-dellagenzia-estesa-ruoli-e-relazioni-della-sfera-professionale-pubblica/
[4] Situazione in cui la promozione di un interesse rappresenta una minaccia per un altro interesse. Esistono quattro diverse tipologie di conflitti di interessi: esogeno, endogeno, inerente, apparente.
[5] Situazione in cui la promozione di un interesse rappresenta un potenziale vantaggio anche per un altro interesse. E’ il contrario di un conflitto di interessi.
[6] Condotte di questo tipo hanno un elevato profilo di rischio, perché generano convergenze tra interessi primari e secondari, conflitti di interessi endogeni conflitti di interessi inerenti.
[7] Nella storia recente, i campi di concentramento nazisti hanno rappresentato un contesto di diffusa e problematica disattivazione del filtro etico delle persone. Questo fenomeno di perdita di consapevolezza morale è ben descritto da Hannah Arendt nel suo libro La Banalità del Male: “Il processo ad Eichmann diede occasione a molti di riflettere sulla natura umana e dei movimenti del presente. Eichmann tutto era fuorché anormale: era questa la sua dote più spaventosa. Sarebbe stato meno temibile un mostro inumano, perché proprio in quanto tale rendeva difficile identificarvisi. Ma quel che diceva Eichmann e il modo in cui lo diceva, non faceva altro che tracciare il quadro di una persona che sarebbe potuta essere chiunque: chiunque poteva essere Eichmann, sarebbe bastato essere senza consapevolezza, come lui. Prima ancora che poco intelligente, egli non aveva idee proprie e non si rendeva conto di quel che stava facendo. Era semplicemente una persona completamente calata nella realtà che aveva davanti: lavorare, cercare una promozione, riordinare numeri sulle statistiche, ecc…
Più che l’intelligenza gli mancava la capacità di porsi il problema delle conseguenze e degli impatti delle proprie azioni”.
[8] Una anomalia è una deviazione da un valore atteso. Nel Piano Nazionale Anticorruzione 2015 ANAC ha identificato una serie di indicatori di anomalia connessi alla corruzione negli appalti. E indicatori di anomalia connessi alla corruzione nei processi di sub-appalto e di erogazione di contributi sono stati identificati da ANCI Lombardia e Comune di Milano nel 2019. Questi ultimi indicatori sono disponibili sul sito www.legalitaincomune.it, accedendo gratuitamente alla Community “Anticorruzione”.
[9] Andrea Camilleri, Segnali di fumo, UTET, 2014.
[10] Fonte: Enciclopedia Treccani.
[11] Prima e dopo la corruzione, https://spazioetico.com/2021/03/10/prima-e-dopo-la-corruzione/
Ruoli, processi, relazioni, interessi, dilemmi e valori: la prevenzione della corruzione nella dimensione organizzativa, https://spazioetico.com/2021/04/19/ruoli-processi-relazioni-interessi-dilemmi-e-valori-la-prevenzione-della-corruzione-nella-dimensione-organizzativa/
[12] Il fenomeno della polarizzazione di interessi e il suo ruolo nella genesi dei fenomeni corruttivi è stato già in parte trattato nel nostro articolo LA POLARIZZAZIONE DEGLI INTERESSI. Uno strumento per valutare il rischio di corruzione e l’integrità delle decisioni pubbliche https://spazioetico.com/2021/05/20/la-polarizzazione-degli-interessi-uno-strumento-per-valutare-il-rischio-di-corruzione-e-lintegrita-delle-decisioni-pubbliche/