Nell’uovo di Pasqua di Spazioetico il primo capitolo dell’ebook “Etica delle relazioni dell’Agente pubblico”

L’etica delle relazioni dell’Agente pubblico è l’ebook che abbiamo pubblicato per la casa editrice Wolters Kluwer nel maggio 2020. A voi un breve assaggio, la presentazione ed il primo capitolo, di una pubblicazione molto attuale in cui troverete strumenti di analisi delle relazioni a rischio e i metodi per identificare i conflitti di interessi.
PRESENTAZIONE
Questo libro nasce a seguito di una scoperta eccezionale, fatta a margine di una serie di giornate di formazione sulla mappatura dei processi e sull’analisi del rischio di corruzione (una noia mortale) in una sperduta ma meravigliosa provincia italica, come ce ne sono tante.
Mentre passeggiavamo nel centro della città, una sera ci imbattemmo in un rivenditore di libri antichi. Egli mostrava una certa indifferenza verso i potenziali acquirenti, sembrando unicamente appagato nel prendersi cura dei suoi manoscritti. Ci avvicinammo incuriositi e notammo un corposo volume dal titolo: “De magnifica corruptione”. Un titolo insolito, per un argomento così poco “magnifico”, pensammo.
Sul frontespizio piuttosto consunto notammo l’iscrizione dell’autore, un certo Spatioeticus, la data, anno domini MCCCLVII (1357), ed un sottotitolo: “Quinque aurea praecepta pro optimis corruptoribus”. Cinque regole d’oro ad uso del perfetto corruttore?
La questione si faceva a dir poco intrigante.

Leggemmo con una certa smania i precetti e rimanemmo di sasso. Ve li elenchiamo avendoli tradotti a vostro beneficio. Un’avvertenza: lo Spatioeticus assume il punto di vista di un “exactor”, cioè di un funzionario pubblico a cui è delegata la riscossione di tributi. A fianco della traduzione anche il testo originale in un latino incerto del quattordicesimo secolo.
- Immagina a quali vantaggi sono interessati i tuoi interlocutori. Fuggi i vantaggi dei singoli, privilegia i vantaggi dei molti (Alienam cupiditatem divinare. Utilitatem paucorum fugere et multorum anteponere).
- Non utilizzare denaro negli scambi. Il denaro lo usa il pessimo corruttore quando non trova una relazione vantaggiosa (In commerciis pecuniam vitare. Ad pecuniam devenit corruptor pessimus, nisi utile ligamen invenit)
- Accorda le relazioni al tuo vantaggio. Al modo delle taenie infetta le relazioni senza farle perire. (Ligamina cum propria utilitate conciliare. Sicut taeniae ligamina inficere sine decessum)
- Fai credere a qualcuno che stai con lui, mangi con lui, dormi con lui perché è di suo gradimento, mentre dietro, alle spalle, lo avveleni lentamente (Aliquem persuadere ut maneas cum eo, edas com eo et cubes cum eo voluntate eius, cum lente a tergo eum veneno tollis)
- Occulta le tue strategie, dimentica i tuoi bisogni. Lascia fluire solo le relazioni. (Propria consilia dissimulare, proprias necessitates obliterare. Solum sinere ligamina profluere)
Non un precetto aveva a che fare con la manipolazione dei processi organizzativi, cioè degli “officia”, oppure con la cattiva gestione dell’amministrazione imperiale, la cosiddetta “mala administratio” Ci dicemmo dipenderà dal fatto che al tempo l’organizzazione dello Stato era ben poca cosa e non avevano ancora inventato la valutazione del rischio. All’epoca, ricordo, ci facemmo anche una risata … Mai fummo più in torto.
Ebbene, ci abbiamo messo quasi cinque anni da quell’inaspettato ritrovamento per comprendere come quel pentalogo gettasse una nuova luce sul fenomeno corruttivo. Abbiamo tentato, indegnamente, di ripercorrere i passi dell’illustrissimo autore, provando a contestualizzare le sue audaci scoperte nell’attuale vita sociale, economica e culturale.
Sempre con la stessa ossessione che il manoscritto ci ha regalato. La corruzione è un fenomeno che nasce nelle relazioni e poi si scarica sull’organizzazione. Lo Spatioeticus lo aveva capito già all’epoca suggerendo che l’Imperatore provvedesse non con “plurimae leges”, oppure con “abstracta iudicia” su come funzionano gli uffici. Valutazioni inutili a suo avviso, che avrebbero dovuto lasciare il posto ad una certa “educationem”, che utilizzasse “fabulas veridicas et singulis familiares”, cioè l’analisi di casi concreti e non astratte formulazioni accademiche.
Soprattutto, l’insegnamento dello Spatioeticus è volto a gettare lo sguardo nel complesso e meraviglioso mondo delle relazioni umane che vivono al di sotto e al di sopra della superficie. Su come la corruzione si nutre delle relazioni private e pubbliche e le rende tossiche, molto prima che l’evento di corruzione si manifesti.
CAPITOLO 1 – IL MODELLO EVOLUTIVO
“Ci sentiamo come se dovessimo penetrare nei fenomeni: la nostra indagine non è diretta verso i fenomeni, ma verso le ‘possibilità’ dei fenomeni”
(Ludwig Wittgenstein – Ricerche Filosofiche, § 90)
1.1.1. La corruzione come fenomeno
Da qualche anno ormai ci occupiamo di prevenzione della corruzione. Facciamo formazione al personale della Pubblica Amministrazione. Il nostro modo di lavorare (chi ci ha avuto in aula lo sa bene) è abbastanza inusuale. Non parliamo di norme, obblighi, sanzioni e controlli. Non proponiamo piattaforme tecnologiche o strumenti “miracolosi” in grado di debellare la corruzione. E non abbiamo l’ambizione di gridare che “spazzeremo via la corruzione!”; ma nemmeno abbiamo il cinismo per affermare che “ci troviamo di fronte ad un male necessario”. Molto più semplicemente raccontiamo delle storie, a volte basate su vicende realmente accadute, in cui personaggi dai nomi improbabili (Bruno Dall’Osso, Mario Solitario, Massimo Impegno, ecc.) vivono situazioni che quotidianamente i dipendenti pubblici si trovano ad affrontare.
Raccontiamo storie che mettono a nudo le fragilità delle persone e delle organizzazioni pubbliche: i piccoli ed i grandi errori, le disfunzioni che a volte favoriscono e a volte addirittura generano i fenomeni corruttivi. E cerchiamo di analizzare i meccanismi che possono condurre persone oneste (o non del tutto disoneste) ad innescare dinamiche di tipo corruttivo.
Questo modo di fare formazione piace molto. Chi sta in aula, almeno, non si addormenta! Questo modo di fare formazione può sembrare facile (raccontare una storia è senz’altro più facile che spiegare il Codice Penale) ma assolutamente non lo è. Per scrivere ed analizzare coerentemente dei casi di studio bisogna conoscere profondamente la corruzione, intesa come fenomeno e non come rischio.
La corruzione, in quanto rischio, è qualcosa che non c’è ancora, ma che potrebbe esserci a certe condizioni. La valutazione del rischio descrive gli scenari ed i fattori che potrebbero rendere probabile che si manifesti un evento corruttivo, cercando anche di comprenderne l’impatto. La corruzione come fenomeno, invece è qualcosa che già c’è, ma che sfugge ad una comprensione superficiale. Ebbene, noi proviamo ad approfondire le dinamiche e lo sviluppo del fenomeno. Per anni lo abbiamo fatto in aula. Ora abbiamo sufficiente materiale per azzardare la scrittura di una pubblicazione.
In Italia la Legge n. 190/2012[1] e tutti i Piani Nazionali Anticorruzione approvati dall’Autorità Anticorruzione (ANAC) si occupano di prevenire il rischio di corruzione, non di gestire le dinamiche corruttive. E quindi sono orientati in modo prioritario ad introdurre politiche di controllo dell’azione amministrativa e obblighi di trasparenza.
Sul fronte della repressione del fenomeno, invece, la strategia è introdurre forme sempre più forti di disincentivazione, aumentando le sanzioni penali, le pene accessorie e le sanzioni interdittive per le persone e le aziende riconosciute colpevoli di reati contro la Pubblica Amministrazione; potenziando il contrasto alla corruzione sul fronte delle indagini penali (agenti sotto copertura e intercettazioni); e infine rendendo più difficile l’accesso alle misure alternative di detenzione, al lavoro all’esterno del carcere e ai permessi premio per i cittadini che scontano una condanna per peculato, concussione, corruzione, induzione indebita. Sono queste, in estrema sintesi, le misure di repressione della corruzione introdotte dalla recente Legge n. 3/2019[2] (“Legge Spazza-corrotti”).
“Sorvegliare e punire” direbbe Michel Foucault[3]. Prevenire la corruzione controllando l’operato dei dipendenti pubblici e aumentando la trasparenza (intesa come accessibilità totale ai dati e si documenti detenuti dalla Pubblica Amministrazione), attraverso gli obblighi di pubblicazione e il diritto di accesso civico generalizzato. E poi, se nonostante la prevenzione la corruzione si verifica, “spazzare via” i corrotti e i corruttori con lunghi anni di carcere. Si tratta, evidentemente, di una politica “emergenziale”, dettata dalla volontà di contenere un fenomeno (la corruzione) che sembra inestinguibile e che i meccanismi ordinari dell’azione amministrativa e penale non riescono a scongiurare. Ma sarebbe il caso di chiedersi se con una politica di questo tipo si otterranno, prima o poi, gli effetti sperati.
Purtroppo, la risposta sembra essere no.
1.1.2. La corruzione come fenomeno multidimensionale
Nell’ottobre 2012, Jesper Johnson, Nils Taxell e Dominik Zaum hanno mostrato in una ricerca[4] che solo in un numero irrilevante di casi le politiche di contrasto alla corruzione messe in campo dagli Stati hanno avuto successo. Nonostante siano state adottate convenzioni internazionali, normative nazionali e tutta una serie di misure, i numeri sono piuttosto sconfortanti.
Perché non funzionano?
La nostra tesi è che le politiche anticorruzione non funzionano perché si basano su un modello teorico che spiega solo parzialmente il fenomeno corruttivo, ma che le orienta in modo assoluto a privilegiare la dimensione organizzativa della corruzione. Per comprendere e prevenire realmente la corruzione, bisogna invece immergersi in un mondo “a tre dimensioni” e considerare anche la dimensione relazionale e la dimensione etica della corruzione.
Il nostro modello di analisi della corruzione (che farà da sfondo a tutti i capitoli di questo libro) serve proprio per tenere unite queste tre dimensioni (etica, relazionale ed organizzativa), che singolarmente sono state studiate in modo più o meno approfondito, ma che raramente sono state prese in considerazione tutte insieme. Lo abbiamo chiamato Modello Evolutivo, perché descrive la corruzione come un fenomeno che non si genera all’improvviso, ma che emerge gradualmente dalla dimensione relazionale e si “scarica” nella dimensione organizzativa, passando attraverso lo spazio etico delle persone.
1.2. Il Modello Evolutivo: nessuno nasce corrotto
Perché le persone si corrompono? (prima parte)
Nessuno dei Piani Nazionali Anticorruzione[5] approvati da ANAC cerca di rispondere a questa domanda. Tutto il sistema di prevenzione è orientato a ridurre i fattori di rischio nei processi, per impedire la corruzione. Ma è una lotta contro un nemico invisibile. Dove sono i corrotti contro cui i Piani triennali di prevenzione della corruzione[6] innalzano muri di procedure e accendono fari di trasparenza? Non si sa. E quando i reati di corruzione si verificano, ci si accorge che il sistema non era in realtà in grado di prevedere le dinamiche corruttive.
Dove sono i corrotti?
Ce lo chiedono spesso le persone che partecipano ai nostri corsi. Persone che si sentono oneste e che vedono attorno a loro persone oneste. E se magari hanno conosciuto, nella loro vita lavorativa, un dipendente pubblico disonesto, queste persone si chiedono se tutti abbiamo un prezzo, oppure se i corrotti sono delle “mele marce”, delle anomalie, delle persone nate male.
Perché le persone si corrompono? (seconda parte)
Qualsiasi esperto di anticorruzione rimane muto davanti a questa domanda. Il non detto delle strategie di prevenzione della corruzione è che le persone oneste possono diventare disoneste. Tutto l’arsenale di regole, controlli, adempimenti della Legge n. 190/2012 serve a difendere le amministrazioni e i cittadini da persone che si credono oneste e che diventano corrotte, a volte senza rendersene conto, a volte cadendo in trappole relazionali tessute abilmente da spregiudicati corruttori. Il non detto delle strategie di prevenzione è al centro del nostro modello di analisi dei fenomeni corruttivi: il Modello Evolutivo.
Il termine evolutivo non deve trarre in inganno: l’evoluzione spesso è considerata un sinonimo di progresso. L’evoluzione di un evento corruttivo, invece, porta soltanto danni. Il termine, quindi, deve essere inteso in linea con il significato del verbo latino ēvolvĕre, che è associato semplicemente all’idea di qualcosa che scorre, si srotola, si dispiega.
Per illustrare il nostro Modello Evolutivo, ci serviremo di un caso concreto[7] che riproduce delle dinamiche che si verificano nella vita reale. È la storia del dottor Patriarca, dirigente della Azienda Sanitaria Locale (ASL) di Valle Bibbia, che è appena stato tratto in arresto. Questo evento ha scosso la comunità ed anche una testata giornalistica locale (“La Buona Novella”) ha parlato della vicenda.

Gli ipotetici autori dell’articolo di giornale partono dal presupposto che il dottor Patriarca sia una “mela marcia”, uno nato disonesto; che sia, in qualche modo, predestinato alla corruzione. Il Modello Evolutivo, invece, sostiene l’esatto contrario. Nessuno nasce disonesto e la corruzione è un percorso verso l’inferno (spesso lastricato di buone intenzioni) che si sviluppa gradualmente, seguendo un percorso complesso: si innesca nella dimensione relazionale, attraversa la dimensione etica, si scarica all’interno della dimensione organizzativa e conclude il proprio “ciclo di vita” ritornando alla dimensione relazionale. Un quadro d’insieme del modello è rappresentato nella Figura 1.
Figura 1 – Il Modello Evolutivo

La corruzione, quindi, è un fenomeno che si innesca nelle relazioni e che aggredisce i processi della Pubblica Amministrazione in virtù di “eventi critici” che rompono gli equilibri tra gli interessi e spingono le persone ad adottare comportamenti a rischio. Il passaggio dalla dimensione relazionale alla dimensione organizzativa, tuttavia, può essere ostacolato dalla dimensione etica, cioè dall’intervento di norme e valori (individuali e collettivi), che bloccano i comportamenti a rischio.
Il Modello Evolutivo contiene al suo interno, come una matrioska, un altro modello: La Teoria dell’Agenzia, che è sicuramente il modello più utilizzato per spiegare la corruzione. Partiremo da lì, per avventurarci alla scoperta delle condizioni che rendono “possibile” (e non solo “probabile”) la corruzione.
La Teoria dell’Agenzia, elaborata negli anni ’70 nell’ambito delle scienze politiche ed economiche[8], studia la situazione in cui un soggetto o un ente (l’Agente) è in grado di prendere delle decisioni e/o di intraprendere delle attività per conto di un altro soggetto o ente (il Principale), ma le due parti (Principale e Agente) hanno interessi divergenti e informazioni asimmetriche (l’Agente possiede più informazioni del Principale).
L’Agente potrebbe avere interessi propri (che chiameremo secondari) che potrebbero andare in conflitto con gli interessi del Principale (che chiameremo primari).

Se l’asimmetria informativa è talmente ampia da far ritenere all’Agente che il Principale non gli chiederà conto del proprio operato[9], allora l’Agente potrebbe compiere un azzardo morale e promuovere i propri interessi secondari a discapito degli interessi primari.

La deviazione dall’interesse del Principale da parte dell’Agente è inclusa nei cosiddetti costi di agenzia[10]. Nel caso della corruzione spicciola o amministrativa, il Principale coincide con i vertici di una organizzazione pubblica (un governo o di un’amministrazione locale), mentre gli Agenti sono i funzionari pubblici, delegati a gestire gli uffici. Nel caso della corruzione politica, il Principale coincide con i cittadini, mentre gli Agenti sono i politici e gli amministratori delegati, attraverso il voto, a curare gli interessi dei cittadini. In entrambi i casi la delega genera asimmetria informativa e asimmetria di potere.

Arrivati a questo punto emerge la prima differenza tra visione penalistica della corruzione e visione economica della corruzione: per il Codice penale, la corruzione è un reato contro la Pubblica Amministrazione; per chi adotta il punto di vista della Teoria dell’Agenzia (e noi siamo tra questi), invece, la corruzione è un reato della Pubblica Amministrazione (intesa come politici e funzionari pubblici) nei confronti di un Principale.
Proviamo ad applicare il modello Principale-Agente al caso del dottor Patriarca:

A cose fatte, cioè quando la corruzione ha già avuto luogo, la Teoria dell’Agenzia permette di decodificare alcune dinamiche. Il dottor Patriarca, in effetti, ha un interesse secondario (ha interesse che la figlia trovi un lavoro) e in forza della delega ricevuta dal Principale (che gli ha assegnato l’incarico di dirigente) gode di una certa asimmetria informativa e di un certo grado di discrezionalità. Insomma, Il dott. Patriarca era nelle condizioni di commettere un azzardo morale e lo ha commesso: ha favorito un’azienda (presumibilmente non ha effettuato i controlli o li ha fatti effettuare in modo superficiale) e in questo modo ha leso un interesse primario del Principale: garantire che le strutture accreditate abbiano tutti i requisiti per garantire di operare senza pregiudicare la salute dei pazienti.
1.3.2. La corruzione è davvero una scelta razionale?
La Teoria dell’Agenzia consente di spiegare solo in parte i fenomeni corruttivi. In base a questo modello la corruzione è un reato di calcolo, e il corrotto e il corruttore sono dei decisori razionali[11]in grado di capire quando la corruzione è un buon affare. Questo approccio, tuttavia, non spiega uno strano fenomeno: molto spesso gli Agenti pubblici (politici o dipendenti della P.A.) chiedono tangenti e utilità non parametrate con i guadagni che il soggetto privato ricava dall’accordo corruttivo. Cioè si vendono per niente.
Il nostro dottor Patriarca, per esempio, ha venduto la propria funzione ed ha commesso degli illeciti di rilevanza penale, chiedendo in cambio un lavoro per sua figlia. Sarebbe stato più razionale chiedere qualcosa per sé, per esempio dei soldi da mettere da parte, e da utilizzare nel caso in cui (come è accaduto) lo scambio corruttivo fosse stato scoperto dalla magistratura. La corruzione comporta dei rischi: doversi pagare un avvocato, perdere il proprio lavoro, finire in carcere ed essere condannati a pagare i danni erariali e di immagine causati dalla propria condotta. Sono tutti rischi che un dipendente pubblico corrotto, ma razionale, dovrebbe mettere in buon conto. Ma Pierugo Patriarca non sembra averlo fatto. Non sembra essersi comportato in modo totalmente razionale. Perché i percorsi che le persone seguono per giungere alla corruzione si snodano altrove, nella penombra delle relazioni private e nella profondità dei bisogni umani.
Nel Modello Evolutivo questo altrove è rappresentato dalla dimensione relazionale.
1.4. La dimensione relazionale
1.4.1. Bisogni – Interessi – Relazioni – Comportamenti
La dimensione relazionale contiene le reti di relazioni in cui gli Agenti pubblici sono inseriti. Ma anche gli interessi ed i bisogni associati a tali relazioni e i comportamenti che sono messi in atto per promuovere gli interessi. È importante per il lettore ripetere, come un mantra, le quattro componenti che ci accompagneranno nel corso dell’intero svolgersi di questo libro: bisogni, interessi, relazioni e comportamenti (Figura 2).
Figura 2 – Il “mantra” del Modello Evolutivo

I BISOGNI sono i “meccanismi motivazionali” che sono alla base delle condotte umane.
GLI INTERESSI sono delle strategie per soddisfare i bisogni. Delle strategie che orientano i nostri comportamenti. Per esempio, se il mio bisogno di acquisire un partner non viene soddisfatto, allora, potrei sviluppare l’interesse ad iscrivermi ad un sito che promette di farmi trovare “l’anima gemella” … probabilmente non troverò l’anima gemella su quel sito, perché gli interessi sono strategie per soddisfare i bisogni, ma non è detto che siano strategie vincenti!
In certi casi è difficile soddisfare i propri bisogni in solitudine: ecco allora che le persone creano relazioni. I bisogni inducono le persone ad entrare IN RELAZIONE tra loro e le relazioni tra le persone supportano gli interessi finalizzati a soddisfare i bisogni. La centralità delle relazioni deriva dal fatto che le relazioni sono come un ponte, che tiene insieme i bisogni delle persone e i loro interessi e che permette di connettere certi bisogni a certe strategie (interessi) che le soddisfano.
I COMPORTAMENTI, infine, sono le attività che le persone intraprendono per promuovere gli interessi e soddisfare i bisogni.
Insieme alle relazioni, i comportamenti sono l’unico l’elemento visibile della dimensione relazionale: gli interessi e i bisogni rimangono nell’ombra.
La corruzione, per esempio, è un comportamento, un azzardo morale. L’Agente può commettere azzardo morale senza l’intervento di soggetti esterni destinatari dell’azione amministrativa, oppure con l’intervento di un soggetto esterno, che però non trae vantaggio dalla commissione del reato: in questo caso, la sua condotta integra il reato di peculato e di concussione. Oppure l’Agente potrebbe favorire i propri interessi secondari e gli interessi di un soggetto esterno. In questo caso l’azzardo morale presuppone una convergenza tra interessi secondari e uno scambio occulto.
Ma per spiegare veramente i fenomeni corruttivi, dobbiamo imparare a guardare l’invisibile: identificare e gestire gli interessi ed i bisogni che innescano le dinamiche corruttive.
1.4.2. I precursori della corruzione
Quanti di voi, senza averlo studiato a scuola, vedendo un bruco penserebbero che diventerà una farfalla? In effetti il ciclo di vita dei lepidotteri è davvero prodigioso: lo sviluppo di questi insetti prevede una metamorfosi, che trasforma un tozzo bruco senz’ali in un’agile farfalla!
Anche la corruzione si sviluppa più o meno in questo modo. Gli eventi corruttivi nascono dentro la dimensione relazionale, ma quando nascono … non sembrano assolutamente eventi corruttivi! Nella dimensione relazionale troviamo una serie di fenomeni che sono però i precursori[12] degli eventi corruttivi: le interazioni tra interessi, le ambiguità relazionali e le derive nella percezione dei bisogni.
1.4.3. Le interazioni tra interessi
Gli interessi che “corrono” sulle relazioni (e che sono delle strategie per soddisfare i bisogni) possono interagire tra loro, dando origine a fenomeni di conflitto o di convergenza. Se un interesse della sfera privata di un Agente pubblico (cioè un interesse secondario) entra in conflitto con un interesse della sua sfera pubblica (interesse primario) ha luogo quel particolare tipo di interazione che chiamiamo CONFLITTO DI INTERESSI.
Nell’ambito del Modello Evolutivo, i conflitti di interessi giocano un duplice ruolo:
- sono un precursore primitivo della corruzione, quando emergono dalla dimensione relazionale;
- sono l’elemento su cui fa leva l’azzardo morale, nel senso che l’azzardo morale andrà nella direzione indicata dai conflitti di interessi.
I conflitti di interessi devono essere gestiti precocemente, quando sono ancora nella dimensione relazionale, perché se non vengono identificati e rimossi in tempo, l’azzardo morale li userà come “trampolino di lancio” per inviare la corruzione dentro la dimensione organizzativa.
Il conflitto di interessi è un fenomeno al quale la normativa italiana dedica particolare attenzione. L’art. 98, comma 1 della Costituzione italiana, per esempio, sancisce che “I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”, rendendo così anticostituzionale qualunque ipotesi di privatizzazione della funzione pubblica. Anche nel codice penale si trova un diretto riferimento al conflitto di interessi, all’art. 323 (Abuso d’Ufficio):
“Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico sevizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni. La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità”.
Il conflitto di interessi ha una rilevanza anche nell’ambito della gestione dei procedimenti amministrativi e nella gestione delle gare d’appalto. L’art. 6-bis della Legge n. 241/1990 prevede che:
“il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale”.
L’art. 42 del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice degli appalti), invece, impone alle stazioni appaltanti l’adozione di:
“misure adeguate […] per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni, in modo da evitare qualsiasi distorsione della concorrenza e garantire la parità di trattamento di tutti gli operatori economici”.
Il personale che si trova in una situazione di conflitto di interessi è tenuto a darne comunicazione alla stazione appaltante, ad astenersi dal partecipare alla procedura.
La mancata comunicazione del conflitto di interessi e la mancata astensione sono fonte di responsabilità disciplinare. Gli artt. 6 e 7 del Codice di Comportamento dei Dipendenti Pubblici (D.P.R n. 62/2013) stabiliscono un obbligo di segnalazione ed un dovere di astensione, in caso di conflitto di interessi. In particolare, l’art. 7 impone che:
“il dipendente si astiene dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull’astensione decide il responsabile dell’ufficio di appartenenza”.
Per buona parte di questo libro, quando parleremo di conflitto di interessi, faremo riferimento al conflitto di interessi di Thompson, cioè al particolare conflitto di interessi che negli anni ’90 Dennis Frank Thompson ha definito nel modo seguente[13]:
Situazione in cui un interesse secondario (finanziario o non finanziario) di un agente pubblico tende ad interferire con l’interesse primario dell’amministrazione verso cui l’agente ha precisi doveri e responsabilità.
Se avete riletto due o tre volte la definizione di Thompson e state pensando: “ma cosa c’è di tanto particolare in questa definizione?”, avete ragione. Non c’è nulla di speciale in questa definizione. D.F. Thompson ha descritto egregiamente il conflitto di interessi, l’unico conflitto di interessi, preso in considerazione dalla normativa italiana. Quello che vogliamo suggerirvi è che esistono altri tipi di conflitti di interessi. Completamente diversi eppure ugualmente precursori della corruzione. Li scopriremo nella terza parte di questo libro. Quando avremo appreso tutte le nozioni e gli strumenti per comprenderli. Per ora, cosa c’è oltre il conflitto di interessi di Thompson resta un mistero. Anche perché dobbiamo analizzare gli altri precursori della corruzione!
1.4.4. Le ambiguità relazionali
Il secondo precursore della corruzione è rappresentato dalle relazioni stesse, che sono cariche di ambiguità.
Ciascuno di noi è coinvolto in un gran numero di relazioni, anche molto diverse tra loro, sia nella sua sfera pubblica che nella sua sfera privata. Ma non è sempre facile capire in che tipo di relazione si è coinvolti.
Quand’è che la relazione tra un uomo e una donna sposati, ma in crisi, cessa di essere coniugale e diventa conflittuale? Se presto dei soldi ad un amico, dove finisce la relazione di amicizia e dove inizia la relazione di debito/credito economico? Spesso le persone coinvolte in una stessa relazione possono interpretarla in modo diverso … Non vi è mai capitato di provarci con una donna/uomo che vi considerava solo un buon amico/a, mentre lui/lei, chissà perché, aveva capito tutt’altro?
Anche le relazioni della sfera pubblica possono evidenziare fenomeni di ambiguità. Per esempio, una società in-house che eroga servizi pubblici ai cittadini di un Comune (trasporti, gestione dei rifiuti, fornitura di acqua potabile, ecc..) si trova avere il Comune come Principale (il Comune è socio di maggioranza della Società, ne determina gli indirizzi ai sensi del codice civile ed esercita su di essa il “controllo analogo”), come Destinatario (tra il Comune e la Società viene di norma stipulato un contratto di servizi) e come Agente (la Società, per svolgere le proprie attività, potrebbe dover richiedere della autorizzazioni al Comune[14]). [FA1] Siamo davvero sicuri che chi lavora all’interno della società pubblica e all’interno degli uffici comunali, riesca sempre a capire chiaramente quale ruolo sta giocando?
Le ambiguità relazionali sono un precursore della corruzione perché se non ci è chiaro in quale relazione siamo coinvolti, allora non sono nemmeno chiari gli interessi che possiamo o dobbiamo favorire in quella relazione.
1.4.5. Le derive nella percezione dei bisogni
I bisogni sono il dark side of the moon della natura umana. Sono il perché delle cose che facciamo, anche se nessuno di noi è veramente in grado di dire quali bisogni vengono soddisfatti dai propri comportamenti. Perché lavoriamo? Per la sicurezza economica? Per il senso di appartenenza al nostro ente o alla nostra azienda? Per aumentare la nostra autostima? Per “lasciare un segno” nella vita? Ognuno di noi darà una risposta diversa e in certi casi, qualcuno potrebbe dire: “Tutte queste cose insieme”.
Per comprendere come si generano gli eventi corruttivi non è tanto importante esplorare la dimensione dei bisogni in una modalità statica, perché ciò che conta è considerare il modo in cui le persone percepiscono i propri bisogni e le deviazioni (patologiche e non) alle quali queste percezioni sono soggette. La percezione dei bisogni, infatti può essere:
- manipolata da noi stessi, per disinnescare conflittualità tra bisogni e scongiurare sentimenti di frustrazione e impotenza;
- influenzata dal contesto (organizzativo o sociale) di riferimento;
- alterata a causa di “derive patologiche” nella percezione, molto simili a quelle sperimentate da chi soffre di disturbi della personalità.
Quasi tutti, prima o poi, cadiamo nella prima o nella seconda situazione. Fortunatamente pochi cadono nella terza. Questi ultimi sono da considerare alla stregua di sociopatici da tener con grande cautela al di fuori dell’ambito di agenzia pubblica!
Adesso, torniamo dal dott. Patriarca e proviamo “riavvolgere il nastro”, per scrivere l’incipit della nostra storia di corruzione:

È chiaro che il dottor Patriarca non ha fiducia nella figlia e vuole controllare la sua vita. Questa è una chiara (e diffusa) deriva nella percezione dei bisogni: il dottor Patriarca, nella relazione con sua figlia e con sua moglie, ma anche sul lavoro, sembra voler soddisfare esclusivamente il proprio bisogno di controllo sugli altri.
1.5. Eventi critici e tossificazione
1.5.1. Quando un evento modifica la situazione
Il processo di generazione della corruzione necessita di uno o più eventi critici, che siano in grado di far degenerare i precursori e condurre alla tossificazione della dimensione relazionale. Finché questo non accade, la corruzione resta latente, ad uno stadio che potremmo definire embrionale.
Un evento critico è la modifica di uno o più elementi della dimensione relazionale e può consistere:
- nella variazione dell’intensità dei bisogni,
- nella rottura degli equilibri tra gli interessi (primari e secondari),
- nell’evoluzione (a volte inaspettata) del pattern[15]di una relazione,
- nell’adozione di un nuovo comportamento.
1.5.2. Quando le relazioni diventano tossiche
In presenza di un evento critico, un individuo che si trova in una situazione di conflitto di interessi, o che percepisce in modo deviato i propri bisogni, o che è coinvolto in relazioni ambigue, potrebbe cominciare a modificare le proprie relazioni fino a utilizzarle in modo strumentale per soddisfare bisogni ed interessi che sono estranei a tali relazioni. A questa modifica abbiamo dato il nome di TOSSIFICAZIONE.
I processi di tossificazione sono di vario genere e sono abbastanza difficili da tipizzare. Ma tornando al nostro caso concreto, forse possiamo chiarire meglio la natura di questi fenomeni:

Il dottor Patriarca non ha ancora commesso alcun reato, ma la tossificazione è già in atto. Dopo aver preso atto delle difficoltà della figlia, il dottor Patriarca, anziché lasciarla libera di scegliersi il futuro, vorrebbe sfruttare il proprio ruolo pubblico ed usare la relazione con le aziende accreditate per soddisfare bisogni e interessi della propria sfera privata. Il dottor Patriarca, tuttavia, potrebbe ancora salvarsi. Il processo di generazione dell’evento corruttivo potrebbe interrompersi, grazie all’intervento della dimensione etica.
1.6.1. Un filtro di secondo livello
Il Modello Evolutivo prevede l’esistenza di un sistema di filtraggio e neutralizzazione dei comportamenti a rischio. Questo sistema è costituito dalla dimensione etica, cioè la dimensione delle norme e dei valori. Norme e valori funzionano come un filtro di secondo livello che interviene nel processo decisionale.
Il filtro di primo livello è rappresentato dagli interessi, che orientano il comportamento, cioè selezionano (tra tutti i comportamenti possibili) quei comportamenti che consentono di soddisfare un certo bisogno. Le norme ed i valori, invece, intervengono nel processo decisionale innescando una competizione tra i bisogni: un comportamento che promuove un interesse associato ad un certo bisogno non viene selezionato perché causerebbe la violazione di una norma o di un valore e l’emersione di nuovi bisogni.
La violazione delle norme è soggetta a stigma sociale, mentre i valori contribuiscono a strutturare l’identità personale e sociale. Per queste ragioni, la violazione di una norma o di un valore mette a rischio i bisogni primari, come la sicurezza economica (se il dottor Patriarca va in carcere, che ne sarà della sua famiglia?), bisogni di appartenenza, di status e di identità (Fig. 3).
Figura 3 – Interessi e valori

La dimensione etica funziona nella pratica come un meccanismo di compensazione: se devo soddisfare un bisogno, per esempio il bisogno di nutrirmi, procurarmi un buon pollo arrosto pagandolo o procurarmi un pollo senza pagarlo sono strategie ugualmente efficaci per soddisfare il mio bisogno. Anzi, avere un buon pollo arrosto senza pagarlo potrebbe rappresentare la strategia più vantaggiosa, se ho pochi soldi a disposizione. Tuttavia, il furto è sanzionato dalle norme e stigmatizzato dal punto di vista sociale (dalle nostre parti è stigmatizzabile rubare polli e galline) e, quindi, non metterò in atto questa strategia almeno fino a quando il bisogno identità e appartenenza avranno la meglio sul bisogno di nutrirsi.
1.6.2. La disattivazione della dimensione etica
La dimensione etica interviene quando gli eventi corruttivi sono ancora ad uno stadio iniziale: sono ancora “pensieri tossici”, cioè strategie non ancora messe in atto che presuppongono l’uso tossico delle relazioni. Purtroppo, però, la dimensione etica molto speso “fa cilecca”, perché può essere facilmente manipolata. Se gli scenari non vengono correttamente categorizzati e le condotte corruttive non sono stigmatizzate oppure sono considerate delle prassi consolidate dal gruppo di riferimento, allora le persone potranno produrre una valutazione errata o una categorizzazione fuorviante dei comportamenti.
Per capire, in concreto, in che modo le persone si possono auto-ingannare, disattivando il proprio filtro etico, andiamo a vedere cosa combina il dottor Patriarca:

Il riferimento a tutto quello che fanno gli altri, al diritto di sua figlia a giovarsi delle relazioni del padre e alla libertà delle aziende contattate di non assumerla, se non hanno bisogno di personale, sono delle chiare strategie di disattivazione del filtro etico[16]. Il dottor Patriarca sta per mettere in atto un comportamento scorretto, che però gli consentirà, per l’ennesima volta, di controllare le scelte di vita di sua figlia. Ed ha bisogno di alibi, per non ammettere di essere disonesto e non dovere, di conseguenza, ristrutturare l’immagine che ha di sé stesso (perché sicuramente lui si ritiene una persona onesta ed un buon capofamiglia).
Se i “pensieri tossici” superano indenni lo spazio etico, il rischio che si concretizzi uno scambio occulto tra l’Agente pubblico e qualche soggetto privato diventa elevato.
1.7. Scambio occulto e azzardo morale
1.7.1. Una relazione di scambio tossificata
Lo scambio occulto, secondo Alberto Vannucci è l’asse portante della corruzione[17]. Infatti, secondo Vannucci, ogni atto corruttivo si traduce in una violazione di regole ufficiali o vincoli informali da parte dell’Agente (il corrotto), che si realizza quando l’Agente esercita il proprio potere a beneficio di una terza parte (il corruttore) nell’ambito di uno scambio occulto che lede il Principale e che prevede, come contropartita a proprio vantaggio, un compenso. Attraverso la corruzione, quindi, gli Agenti pubblici “creano e distribuiscono posizioni di rendita” ai privati e una parte del valore ricavato da tali posizioni di rendita viene redistribuito agli Agenti pubblici sotto forma di compenso monetario (tangente) o di altra natura.
Lo scambio occulto della corruzione è una relazione di scambio tossificata. In una relazione di scambio di solito ciascuna parte dà qualcosa di proprio, che possiede al momento dello scambio o che potrà possedere in un momento futuro. Anche nello scambio occulto corrotto e corruttore si danno vicendevolmente qualcosa, tuttavia, l’Agente pubblico non dà qualcosa che gli appartiene, ma qualcosa (decisioni, risorse, ecc.) che gli è stato delegato e che appartiene ai cittadini.
Questa relazione tossica si può instaurare in modo consapevole, per il reciproco interesse del corrotto e del corruttore, oppure può essere la degenerazione di una relazione di debito/credito relazionale. Come è accaduto al povero (ma antipatico) dottor Patriarca:

Povero dottor Patriarca! Sente di aver contratto un debito relazionale con il titolare della H-H Spa e vuole sdebitarsi. Inoltre, avendo ormai disattivato il filtro etico, non percepisce il potenziale criminogeno insito nella richiesta del signor Mefisto! Ormai l’evento corruttivo è giunto a maturazione. Lo scambio occulto si è concretizzato, anche se in modo non esplicito. La farfalla della corruzione è uscita dalla crisalide e aspetta solo l’azzardo morale per prendere il volo.
Quello che succede dopo la stipula (più o meno cosciente) del patto occulto è spiegato, ancora una volta, dalla Teoria dell’Agenzia: ora l’Agente pubblico può fare leva sui conflitti di interessi e approfittare delle asimmetrie informative e sull’assenza di controlli, per compiere un azzardo morale. In questo modo la corruzione si scarica nei processi organizzativi, così come un fulmine si scarica a terra.
A valle dell’accordo corruttivo la corruzione è ancora un fenomeno relazionale: è una relazione tossificata di scambio. È l’azzardo morale che trasforma la corruzione in un fenomeno organizzativo.
1.8. La dimensione organizzativa
1.8.1. Finalmente l’anti-corruzione
Quando la corruzione diventa un fenomeno organizzativo, allora, e solo allora, entrano in gioco le misure di prevenzione della Legge n. 190/2012, che, di conseguenza, dovrebbero essere considerate più che altro delle misure di protezione, cioè delle misure che impediscono alla corruzione di aggredire i processi e non delle misure che impediscono alla corruzione di generarsi. La valutazione del rischio diventa quindi fondamentale per capire quali processi sono vulnerabili (a causa della presenza di specifici fattori di rischio) e quindi per capire quale strada seguirà la corruzione per “scaricarsi” all’interno dell’organizzazione.
Per esempio, come farà il dottor Patriarca ad impedire che l’azienda subisca dei controlli?

Dopo un lungo ragionamento, il dottor Patriarca decide in che modo manipolare il processo di controllo. E commette l’errore che lo condurrà in prigione …

Benedetto Brocco non ci sta! E decide di segnalare tutto quanto al Responsabile della prevenzione della corruzione della ASL di Caciucco, che denuncia l’accaduto alla Procura. Il resto della storia lo conosciamo già.
Siamo giunti alla fine di questo Capitolo, nel quale vi abbiamo mostrato, in presa diretta, la genesi e lo sviluppo di un evento di corruzione. Fortunatamente, nel caso che vi abbiamo raccontato, la corruzione è stata scoperta, ma è una magra consolazione: nel nostro caso il sistema di prevenzione ha fallito e l’evento corruttivo è stato identificato solo grazie all’intervento di un whistleblower, cioè un dipendente che si è assunto il rischio di segnalare l’illecito alla sua organizzazione.
Il nostro Modello Evolutivo e tutti i prossimi capitoli di questo libro hanno l’obiettivo di proporre nuove strategie di prevenzione della corruzione, che agiscano a monte dell’azzardo morale, concentrandosi sulla dimensione relazionale e sulla emersione e gestione del conflitto di interessi.
Se un evento di corruzione non viene scoperto e sanzionato, i precursori di quell’evento (conflitti di interessi, ambiguità relazionali o deviazioni nella percezione dei bisogni) rimangono all’interno della dimensione relazionale e possono continuare a generare nuovi eventi corruttivi. Come un animale ritorna nella sua tana, così la corruzione torna a rifugiarsi nella dimensione relazionale. Con l’andare del tempo, lo scambio occulto diventa una modalità usuale di relazione tra Agenti pubblici e privati e l’azzardo morale un meccanismo di regolazione dei conflitti di interessi (corruzione sistemica).
I danni che possono essere provocati dalla mancata prevenzione della corruzione vanno ben oltre lo spreco di risorse pubbliche o la fiducia dei cittadini. La corruzione distrugge anche il senso delle relazioni che vengono manipolate e rese tossiche durante il percorso che conduce allo scambio occulto e poi all’azzardo morale.
Un Agente pubblico che favorisce il figlio nell’ambito di una procedura amministrativa avvelena la relazione con suo figlio, perché mescola l’illegalità a quella relazione. Un Agente pubblico che assegna un appalto a una impresa, chiedendo in cambio la ristrutturazione della propria casa, uccide la relazione tra Agente e Destinatario dell’azione amministrativa e al suo posto mette una relazione di scambio. Potremmo andare avanti a lungo ad illustrare in che modo la corruzione soffoca (come un parassita) le relazioni che utilizza per venire alla luce. Il corrotto e il corruttore bruciano volontariamente il proprio ecosistema relazionale, per ricavarne un vantaggio immediato e spesso senza pensare alle conseguenze future: sono dei piromani relazionali!
[1] La Legge n. 190/2012 ha definito un sistema di responsabilità centrale e decentrato per la prevenzione della corruzione ed una serie di obblighi di controllo e trasparenza, che sono poi stati attuati con una serie di decreti: D.Lgs. n. 33/2013 (che ha introdotto obblighi di pubblicazione, finalizzati alla trasparenza amministrativa), D.Lgs. n. 39/2013 (che ha definito i casi di inconferibilità e incompatibilità di cariche e incarichi), D.P.R. n. 62/2013 (che ha introdotto il nuovo codice di comportamento dei dipendenti pubblici).
[2] Legge 9 gennaio 2019, n. 3 “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici”.
[3] Michel Foucault, Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, 1975
[4] Mapping evidence gaps in anti-corruption / Assessing the state of the operationally relevant evidence on donors’ actions and approaches to reducing corruption, 2012 – U4 – Anticorruption Resurce Center
[5] La strategia nazionale di prevenzione della corruzione viene espressa in un apposito documento, il Piano Nazionale Anticorruzione (P.N.A.) predisposto, nella sua prima adozione del 2013, dal Dipartimento della Funzione Pubblica e aggiornato annualmente dall’Autorità Anticorruzione (ANAC).
[6] Ogni Amministrazione Pubblica italiana elabora un Piano Triennale della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (P.T.P.C.T.), sulla base delle indicazioni contenute nel Piano Nazionale Anticorruzione, effettua l’analisi dei rischi specifici di corruzione presenti all’interno della propria organizzazione e individua i possibili interventi organizzativi (Misure) ai fini della prevenzione. Il Piano è un documento di natura programmatica, che ingloba tutte le misure di prevenzione obbligatorie per legge e quelle ulteriori, coordinando gli interventi.
[7] Caso concreto è la traduzione di “real-life scenario”, la metodologia che ci consente in formazione di utilizzare un approccio narrativo alla lettura ed interpretazione del fenomeno corruttivo.
[8] Jensen, Michael C. and William H. Meckling. 1976. Theory of the firm: Managerial behavior, agency costs and ownership structure, 1976.
[9] Il rapporto tra Principale e Agente in cui sussiste una asimmetria informativa per cui il primo “non chiede conto dell’operato” al secondo, può essere qualificato anche con la locuzione inglese “lack of accountability”. “Nella pubblicazione “Corruption and Decentralized Public Governance” del 2006, Anwar Shah afferma che: “La corruzione del settore pubblico, come sintomo di una governance debole, dipende da una moltitudine di fattori tra i quali: la qualità della gestione del settore pubblico, la natura della responsabilità (accountability), le relazioni tra governo ed i cittadini, il quadro giuridico e il livello di trasparenza e di diffusione delle informazioni che accompagna i processi”.
[10] Una buona sintesi del Modello Principale-Agente e delle sue diverse applicazioni è reperibile anche su Wikipedia, edizione inglese.
[11] Nella Teoria dei Giochi (una disciplina matematica che studia e analizza le decisioni individuali in situazioni di conflitto o interazione strategica) un decisore razionale è un giocatore che non viola l’assioma di razionalità, per il quale: “nessun giocatore sceglie un’azione se ne ha a disposizione un’altra che gli permette di ottenere risultati migliori, qualunque sia il comportamento dell’avversario”. Il decisore razionale, in pratica, è sempre in grado di identificare e adottare il comportamento che gli consente di massimizzare i propri guadagni.
[12] In chimica un precursore è una sostanza che interviene o si forma in uno stadio preliminare di una reazione o di un processo chimico o biochimico e che in seguito si trasforma in altro.
[13] Thompson D.F. (1993), Understanding financial conflicts of interest. N. Engl. J. Med. 329: 573–576
[14] Per esempio, la società in-house che gestisce la rete idrica di un Comune, potrebbe dover richiedere l’autorizzazione al Comune per aprire uno scavo sulla pubblica via, al fine di effettuare dei lavori di manutenzione alla rete. In questo caso la società in-house è Destinataria di un procedimento autorizzativo e il Comune un Agente, che rilascia l’autorizzazione.
[15] I pattern sono i meccanismi di funzionamento delle relazioni. La relazione tra due coniugi funziona in modo molto diverso dalla relazione di debito e credito economico. Ma i pattern relazionali si possono modificare: i due coniugi potrebbero non andare più d’accordo, separarsi e uno dei due potrebbe non essere in grado di pagare delle spese di mantenimento dovute per i figli, assumendo così il ruolo di debitore nei confronti dell’altro coniuge.
[16] Chiameremo “bias cognitivi” o “malleabilità nella categorizzazione delle azioni” questi strani ma usuali fenomeni.
[17] Alberto Vannucci, Atlante della Corruzione, Edizioni Gruppo Abele, 2012.