La sanità pubblica sotto sequestro
Nel numero di agosto/settembre 2020 della rivista AZIENDITALIA Massimo Di Rienzo e Andrea Ferrarini, fondatori di Spazioetico, si sono occupati del concetto di “Stato sotto sequestro”.
Analisi della dimensione relazionale del fenomeno di corruzione sistemico-politica della Lombardia e dei suoi effetti sulla gestione della pandemia da Covid-19
Il fenomeno dello Stato sotto sequestro, o State Capture, caratteristico dei Paesi in via di sviluppo, potrebbe essersi manifestato anche in Italia, per l’esattezza nella ricca ed efficiente Lombardia, almeno per quanto riguarda la gestione della Sanità regionale. Nell’articolo, gli autori illustrano le dinamiche che hanno portato al sequestro della sanità pubblica, attraverso l’analisi della dimensione relazionale e dei conflitti di interessi dei diversi attori in gioco.
Lo State Capture è un concetto piuttosto noto a chi si occupa di corruzione ma sconosciuto al dibattito pubblico italiano, eppure sarebbe utile considerarlo, soprattutto a seguito di eventi calamitosi come la pandemia da Covid-19.
In breve, State Capture, che potremmo tradurre con “Stato sotto sequestro“, sta a significare la condizione/situazione di una comunità nazionale o locale in cui rilevanti interessi privati sono in grado di influenzare significativamente il processo decisionale pubblico, con particolare riferimento al processo legislativo e regolamentare e alla scelte in merito all’allocazione delle risorse, ai fini di trarre un significativo vantaggio.
La locuzione fu coniata dalla Banca Mondiale nei primi anni dell’attuale millennio per descrivere la situazione di alcuni Stati dell’Asia centrale che uscivano dalla dominazione sovietica.
Rappresenta, in qualche modo, la forma più estrema ed evidentemente pericolosa di corruzione, una corruzione sistemico/politica in grado di distorcere leggi e regolamenti condizionando scelte politiche e generando una forte selezione avversa in tutti o in alcuni settori economici di una comunità nazionale[1].
Siamo entrati in contatto con questo concetto da un po’ di tempo quando ci fu richiesto di rispondere, in qualità di esperti, ad un questionario in cui i ricercatori chiedevano, fondamentalmente, se l’Italia fosse una nazione sotto sequestro. Prima di iniziare a rispondere alle domande avremmo detto di no con una certa perentorietà, ma, man mano che andavamo avanti con le risposte, non eravamo più tanto sicuri.
Studi e ricerche, nonché relazioni ufficiali di carattere istituzionale si soffermano ad evidenziare come le organizzazioni criminali mettano sotto sequestro intere aree del nostro Paese, in ambiti specifici come, ad esempio, la sanità oppure il traffico di rifiuti.
Le conseguenze della pandemia da Covid-19 mostrano, però, che a mettere sotto sequestro questi pezzi di Stato non sono solo le organizzazioni criminali che rappresentano, ovviamente, una minaccia terribile per il nostro Paese, ma anche interessi economici e politici apparentemente del tutto legittimi[2].
L’epicentro del contagio, la Regione Lombardia, è anche l’epicentro di un terremoto di critiche e di indagini, tese a chiarire le eventuali responsabilità (tecniche e politiche) che si celano dietro a più di 16.000 morti per Covid-19. E’ quantomeno singolare che la Sanità lombarda, fiore all’occhiello della Sanità italiana, sia stata messa in ginocchio dalla pandemia in misura maggiore di altri Sistemi Regionali, certamente meno organizzati e meno efficienti. L’alto numero di morti e di contagi non possono derivare unicamente dalle caratteristiche del SSR e ci vorranno, probabilmente, anni di studi e di indagini per identificare quali fattori di rischio e quali errori nella gestione dell’emergenza hanno maggiormente influenzato gli esiti del contagio. Tuttavia, alcune lacune strutturali sono emerse in modo macroscopico ed hanno spinto lo stesso Presidente della Regione, Attilio Fontana, ad annunciare, il 29 giugno 2020, l’istituzione di un “Comitato di Saggi” incaricato di fornire suggerimenti per l’evoluzione del Sistema Sanitario Lombardo. Quali sono queste lacune, che l’evoluzione (alias “riforma”) della sanità lombarda dovrebbe colmare?
La lacuna più grande sembrerebbe essere il divario, o meglio, l’abisso tra medicina ospedaliera e medicina territoriale, in termini di qualità dei servizi erogati, organizzazione e risorse. In Lombardia, cioè, sono presenti poli ospedalieri di eccellenza, sia pubblici che privati, mentre la medicina territoriale è assolutamente carente.
E’ importante indagare le cause di questo squilibrio tra sanità territoriale e sanità ospedaliera, che non nasce con il Covid-19 e la Giunta di Attilio Fontana, ma risale alla Riforma Sanitaria di Formigoni, avviata nel lontano 1997, e poi alla Riforma Maroni del 2015.
Quasi un quarto di secolo in cui la Regione più ricca e popolosa d’Italia (circa 10.000.000 di abitanti, contro i quasi 6.000 del Lazio) ha sperimentato nuovi equilibri tra pubblico e privato e nuovi modelli di governance del sistema sanitario. Il risultato, visto con il senno di poi, è stato disastroso.
La nostra tesi è che il sistema sia stato messo sotto sequestro perché ha perso la bussola e non è stato più in grado di identificare gli interessi che doveva promuovere.
1. La dimensione “relazionale” del rischio di corruzione nel caso della sanità lombarda
1.1. Il conflitto di interessi endogeno
Vorremmo analizzare il caso lombardo usando i concetti sviluppati nel nostro libro l’Ecologia delle Relazioni dell’Agente pubblico, un ebook che abbiamo scritto per IPSOA.
Cominciamo con una prima constatazione, relativa agli interessi primari, cioè gli interessi che il sistema sanitario pubblico deve promuovere:
- Gli interessi primari che reggono i sistemi complessi, pubblici o privati che siano, sono costantemente in conflitto[3].
Si tratta di una dinamica tra interessi primari piuttosto tipica e che noi abbiamo chiamato conflitto di interessi endogeno.
La promozione del diritto alla salute è, ovviamente, l’interesse primario che caratterizza le organizzazioni sanitarie pubbliche e che le differenzia (in tutto o in parte) da altre pubbliche amministrazioni. La salute, in quanto diritto, deve essere intesa come bisogno sovra-individuale, riconosciuto ad una totalità indifferenziata (e potenzialmente infinita) di persone. Il diritto alla Salute, quindi, è una cosa diversa dall’interesse ad essere curati di cui sono portatori, per esempio, i pazienti di una struttura ospedaliera. Il diritto alla salute, infatti, è riconosciuto a tutti gli essere umani, anche a quelli sani, mentre i singoli individui sviluppano l’interesse ad essere curati solo quando si ammalano e diventano Destinatari del sistema sanitario[4].
Questo interesse primario entra sistematicamente in conflitto con una serie di altri interessi, caratteristici dei sistemi pubblici: efficienza, efficacia, economicità, imparzialità.
Facciamo un esempio. Gli Enti del Sistema sanitario pubblico avrebbero certamente promosso il diritto alla salute, l’efficienza e l’efficacia delle cure, se, negli anni precedenti alla diffusione dell’epidemia di Covid-19, avessero acquistato scorte infinite di DPI[5], test sierologici, tamponi, e se avessero garantito un numero maggiore di posti letto e medici di terapia intensiva. Ma si tratta di un periodo ipotetico dell’irrealtà, di una ipotesi a posteriori: non c’erano abbastanza informazioni e nessuno poteva prevedere la pandemia. In un contesto come quello italiano, caratterizzato da un rapporto Debito/PIL non proprio incoraggiante e da una spesa pubblica fuori controllo in diverse Regioni, acquistare materiali e prodotti non immediatamente necessari, oppure pagare posti letto e personale oltre i bisogni, avrebbe minacciato in modo irrimediabile l’interesse primario all’economicità ed anche l’efficienza del sistema. Come dire, sarebbe stata la scelta migliore, ma nei sistemi complessi si decide sempre in situazioni di incertezza, senza poter prevedere il futuro, e si adottano le decisioni che sembrano promuovere il maggior numero di interessi primari in gioco.
1.2. La “Regola dell’Equilibrio”: il buon andamento dell’azione amministrativa
“Com’era quella frase dei “Fratelli Karamazov”? – Chi mente a se stesso e presta ascolto alle proprie menzogne arriva al punto di non distinguere più la verità, né in se stesso, né intorno a sé – . La citava spesso mio nonno, e diceva che la regola dell’equilibrio morale consiste nell’opposto del comportamento descritto in questa frase. Consiste nel non mentire a noi stessi sul significato e sulle ragioni di quello che facciamo. Consiste nel non cercare giustificazioni, nel non manipolare il racconto che facciamo di noi a noi stessi e agli altri”.
Così Gianrico Carofiglio descrive la regola dell’equilibrio morale, che dà il titolo a un suo famoso romanzo[6]. E una regola di questo tipo è presente anche nella dimensione relazionale degli interessi primari. Si tratta del principio di buon andamento dell’azione amministrativa. Esiste buon andamento laddove l’amministrazione sia capace di prendere in considerazione tutti gli interessi in gioco, cioè, tutti gli interessi primari coinvolti nell’esercizio del proprio potere delegato.
Il conflitto di interessi endogeno, insomma, promuove una competizione tra interessi primari e contribuisce a regolare le scelte e i comportamenti adottati dagli attori del sistema. Tuttavia, prendere in considerazione e tenere in equilibrio tutti gli interessi primari non è facile e richiede tempo. Ed è per questo che, nella maggior parte dei casi, esistono delle regole formalizzate (norme, procedimenti, procedure organizzative, codici di comportamento, principi di deontologia professionale) che definiscono a priori i comportamenti che possono essere adottati e che rendono meno incerto, più vincolato, lo spazio decisionale.
Le regole vengono in aiuto soprattutto alla componente medica ed amministrativa di una organizzazione sanitaria. Ma hanno un costo: rendono meno consapevole il processo decisionale. Perché le regole, nell’intento di semplificare i processi decisionali e standardizzare i comportamenti, prendono il posto degli interessi primari. Così l’ufficio di una pubblica amministrazione potrebbe credere di assumere una determinata decisione (per esempio decidere di non rinnovare un incarico di consulenza) in virtù di un vincolo normativo (l’obbligo di rotazione degli incarichi) e non percepire più che, invece, quella decisione promuove l’interesse primario all’imparzialità.
1.3. Un sequestro senza riscatto
I politici sono chiamati a prendere in considerazione gli interessi in gioco senza la rete protettiva delle regole formalizzate e dovrebbero adottare decisioni che indirizzano le amministrazioni al perseguimento degli interessi primari. Ma non sempre ci riescono.
Una buona immagine del fallimento della politica ce la fornisce Anne Lugon-Moulin: “Per quanto riguarda i politici, la paura dell’instabilità sociale, che di solito segue un periodo di malgoverno o il rischio di perdere le successive elezioni, può potenzialmente influenzare la mitigazione degli interessi primari all’interno delle istituzioni statali”[7]. Una cattiva politica, oppure una politica impegnata a seguire le percezioni spesso cariche di bias e di distorsioni degli elettori, sfugge al buon andamento inteso come capacità di includere e prendere in considerazione tutti gli interessi in gioco e si rifugia nella promozione di altri interessi, spesso camuffati da interessi primari. In alcuni casi, questa configurazione si traduce in una diffusa percezione di arbitrarietà, che può incentivare condotte corruttive tese a promuovere interessi della sfera privata. Ma la commissione di un reato è solo un effetto collaterale: il processo decisionale, in realtà, è già corrotto anche senza che si prefiguri alcun vantaggio privato in capo ai diversi attori in gioco.
In breve, il sequestro è avvenuto anche se nessuno dei componenti della banda chiederà mai un riscatto per sé.
1.4. Un feroce tiro alla fune
Per complicare la vita ai nostri cari leader, inoltre, dobbiamo considerare che nella sfera pubblica non sono in gioco solo interessi primari. Esistono particolari categorie di interessi che non sono certamente “primari”, cioè non rivestono il carattere di interessi generali pubblici, ma non sono nemmeno “secondari”, cioè interessi riconducibili alla sfera privata degli Agenti e dei Principali Delegati. Nell’Etica delle relazioni dell’Agente pubblico li abbiamo chiamati interessi strutturali.
Gli interessi strutturali più intensi, nel mondo della Sanità, appartengono ai Destinatari: i pazienti di un ospedale, le aziende che partecipano ad una gara pubblica, le Residenze sanitarie private accreditate (RSA) oppure gli operatori economici che ricevono un controllo. Usando un termine inglese piuttosto abusato, possiamo chiamarli stakeholder. La Sanità ha una rete di stakeholder molto complessa, molto più complessa rispetto ad altri settori della pubblica amministrazione. I Destinatari promuovono i propri interessi e non sono chiamati a farsi carico degli interessi primari del sistema pubblico con cui entrano in relazione. Sono naturalmente egoisti, intimamente in conflitto con gli interessi primari del sistema.
Abbiamo chiamato inerente il conflitto tra gli interessi primari e gli interessi strutturali dei Destinatari. Il conflitto di interessi inerente è una specie di feroce “tiro alla fune”: i Destinatari nutrono l’aspettativa che il sistema penda un po’ dalla loro parte; dall’altra parte Agenti e Principali Delegati sono chiamati a non avallare tali aspettative e a promuovere esclusivamente gli interessi primari.
2. Il sequestro della Sanità regionale
2.1. “Il grande abbaglio”
Una politica che rinuncia al buon andamento e all’imparzialità rischia di prendere il più grande degli abbagli: considerare gli interessi di alcuni Destinatari alla stregua di interessi primari.
In Lombardia, per esempio, i pazienti del SSR sono stati “promossi” a Principali del sistema, liberi di scegliere, a spese della collettività, il servizio pubblico o privato che meglio sappia a loro avviso soddisfarli. Ma il legislatore regionale non ha considerato che i Destinatari non sono i Principali del Sistema Sanitario, come non lo sono di nessun servizio pubblico.
Il paziente che si reca in ambulatorio pubblico non è un Principale, dal momento che le sue aspettative devono essere mediate con gli interessi collettivi di altri soggetti che sono altrettanto potenzialmente Destinatari di quello come di altri ambulatori pubblici. Non è un Principale (ma è un Destinatario) nemmeno un operatore privato che partecipa ad una gara d’appalto e men che meno lo è una RSA che subisce un controllo.
È intuitivo cogliere la distinzione tra Principale e Destinatario in una relazione di agenzia pubblica quando ci occupiamo di controlli o appalti. Ma questa distinzione è presente in ogni processo del settore pubblico. Per comprendere la differenza tra Destinatario e Principale in ambito sanitario, prendiamo il caso della libera professione intramuraria (o “intramoenia”), che permette alla componente medica di un’azienda sanitaria o ospedaliera pubblica di erogare prestazioni a pagamento al di fuori del normale orario di lavoro, utilizzando le strutture ambulatoriali e diagnostiche dell’ospedale.
Nel caso dell’intramoenia ci troviamo di fronte ad una particolare configurazione della relazione di agenzia, per cui al Principale pubblico (ASL o Azienda Ospedaliera) dobbiamo associare un Principale privato (il paziente che paga la prestazione). La ASL o l’Azienda Ospedaliera non perdono il ruolo di Principale dal momento che mettono a disposizione le proprie strutture ambulatoriali e diagnostiche; ma il medico diventa anche l’Agente di un Principale privato, il paziente, che paga la prestazione. Una configurazione del tutto peculiare che affianca, ad una relazione di agenzia pubblica, una relazione di agenzia privata.
Il paziente, dal canto suo, si trova ad essere sia Destinatario che Principale nelle due diverse relazioni di agenzia. Se i due ruoli fossero sovrapponibili, dovremmo ritenere che il paziente si possa muovere all’interno delle diverse relazioni alla stessa maniera. Invece, osserviamo che in regime di intramoenia il paziente ha la facoltà di scegliersi il medico, mentre in regime istituzionale non lo può fare. Perché? Perché in regime istituzionale egli non è un Principale, ma un Destinatario e la ASL o L’Azienda Ospedaliera devono mediare tra l’interesse di cui egli è portatore e gli interessi primari della collettività. Quando assume il ruolo di Principale nell’intramoenia, invece, egli delega in via diretta la promozione del suo interesse primario ad un Agente che seleziona attraverso un rapporto di natura fiduciaria, proprio delle relazioni di agenzia private: cioè “si sceglie il medico”[8].
2.2. Lo sfratto del Principale pubblico
Gli orientamenti delle leadership politiche si cristallizzano nelle riforme che portano il loro nome. La Riforma Formigonidella Sanità (Legge Regionale n. 31/1997) riconosceva ai cittadini una semplice facoltà di libera scelta, intesa come possibilità del cittadino di scegliere liberamente tra strutture pubbliche o private, all’interno di un Sistema sanitario basato su un acquirente-finanziatore pubblico (la Regione) che accredita, attraverso le ASL, produttori di servizi sanitari pubblici e privati. Ma la legge del 1997 è solo la preistoria della Sanità Lombarda! Nel 2015, con la Riforma Maroni, “la scelta libera, consapevole e responsabile dei cittadini di accesso alle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private” diventa un principio di programmazione, gestione e organizzazione del Sistema Sanitario Regionale[9]. Anni di diffusione selvaggia dei modelli privatistici all’interno del settore pubblico avevano dato i loro frutti! La libera scelta dei Destinatari diventa un interesse primario che si pone in una posizione di preminenza rispetto agli altri interessi primari, a discapito del buon andamento e dell’imparzialità.
La distinzione tra Principale e Destinatario non è una questione “di lana caprina”: la sovrapposizione dei due ruoli, infatti, può far saltare, letteralmente, le logiche di un sistema pubblico e consentire ai privati di sfrattare il Principale e mettere le mani sulla famosa stanza dei bottoni.
Lo sfratto del ruolo di Principale, in Lombardia, è stato tutt’altro che simbolico. La caduta del buon andamento e dell’imparzialità ha reso arbitrario il rapporto tra politica e operatori economici privati, che sono diventati parte integrante del sistema sanitario regionale[10]. I privati accreditati (spinti dai propri interessi strutturali) hanno interferito con l’allocazione dei finanziamenti pubblici, ottenendo che fossero finanziati quei settori della medicina ospedaliera più attrattivi per i pazienti (i falsi “Principali”) e quindi più remunerativi. Guarda caso, i settori maggiormente in grado di attrarre finanziamenti per attività di ricerca e che richiedono l’uso di farmaci e macchinari costosi e all’avanguardia.
Gli interessi delle strutture sanitarie private sono andati in convergenza con le aspettative dei pazienti (anche provenienti da fuori Regione), attirati da un sistema altamente performante, in grado di erogare prestazioni ospedaliere e ambulatoriali eccellenti in tempi brevi … ma non altrettanto capace, come si è visto, di fare prevenzione sul territorio.
Infine, gli interessi delle aziende e dei pazienti sono andati in convergenza con l’interesse strutturale dei vertici della politica regionale: una sanità di eccellenza, che attrae finanziamenti e anche pazienti da altre regioni, crea consenso!
2.3. Il gigante con i piedi d’argilla
Tutti contenti, insomma. Politici, cliniche private e pazienti. Tutti abbagliati e forse inebriati dal luminoso sole della remuneratività del sistema! Ma la sanità lombarda, gigantesca gallina dalle uova d’oro per i pazienti, i privati e la politica, era un volatile gigante dai piedi d’argilla!
Il coronavirus ha gelato tutto l’entusiasmo. Un virus che non necessita di cure di eccellenza, ma solo di un sistema territoriale in grado di tracciare i contagiati e di curarli nelle loro case, si è abbattuto come una scure sul Sistema Sanitario lombardo, mettendolo in ginocchio.
Probabilmente, se negli anni si fossero tenuti in considerazione anche l’imparzialità e il buon andamento, non si sarebbero creati “malati di serie A” e “malati di serie B”. E le risorse sarebbero state stanziate in modo tale da finanziare in modo omogeneo tutti i servizi della Sanità Regionale, anche quelli meno remunerativi.
L’esperienza della Lombardia potrebbe essere un monito anche per altri sistemi regionali che hanno, tuttavia, caratteristiche diverse e rischi peculiari[11]. L’eccellenza e le partnership con il privato sono certamente utili a migliorare la qualità dei sistemi sanitari. Ma il sistema non può adottare le logiche del privato. La Salute non è una prestazione. Non è un servizio venduto a un cliente con i soldi della collettività. La Salute è un diritto!
3. Dissequestrare. Quali soluzioni?
3.1. La gestione del conflitto di interessi
Cosa fare in caso di State Capture? Sgombriamo subito il campo da facili entusiasmi. La legge 190/2012 in materia di prevenzione della corruzione non può in alcun modo contrastare tale fenomeno, dal momento che essa interviene esclusivamente sulla corruzione amministrativa.
La letteratura scientifica che si occupa di come contrastare lo State Capture è piuttosto univoca: l’enfasi è posta sull’aumento dei livelli di trasparenza nelle decisioni e sulla emersione dei conflitti di interessi di tutti gli attori in campo.
La trasparenza potrebbe essere assai efficace nello squarciare i veli di opacità dietro cui si muovono gli interessi strutturali. Ma la trasparenza ha dei limiti evidenti che risiedono nella capacità dei recettori esterni (collettività, osservatori qualificati, mass media) di decodificare le informazioni e di costruire intorno ad esse un dibattito pubblico rilevante e significativo.
E’ centrale, invece, che le nostre Istituzioni aumentino il livello di consapevolezza in merito al tema del conflitto di interessi, vero motore della corruzione e dei suoi effetti (tra cui lo State Capture). Fino ad oggi si è sempre fatto riferimento ad un particolare tipo di conflitto di interessi, che noi abbiamo chiamato “esogeno” nella nostra pubblicazione. E’ il conflitto di interessi che emerge quando interessi “secondari” della sfera privata del politico o del dipendente pubblico tendono ad interferire con gli interessi primari.
Tuttavia, come abbiamo provato a dimostrare nel nostro breve contributo (ma nella pubblicazione potete trovare più ampie dimostrazioni), esistono altri interessi (strutturali) che sono in grado di distorcere i processi decisionali pubblici, anche in assenza delle “leggendarie” mele marce che inquinano il sistema. Perché gli interessi strutturali innescano il tiro alla fune del conflitto “inerente” e possono interferire sugli equilibri tra gli interessi primari in conflitto.
3.2. La qualità della leadership
Una importante caratteristica degli interessi strutturali (che li rende centrali nella prevenzione della corruzione) è che essi sono “prevedibili” e, in qualche modo, anche “misurabili”. E i conflitti di interessi che li vedono coinvolti sono nella maggior parte dei casi visibili.
Gli interessi strutturali creano il “clima” dentro al quale il rischio di corruzione si nutre e prospera. Sono interessi che, lo avrete capito, dipendono molto dalla qualità della leadership, dalla sua capacità di interpretare correttamente la natura degli interessi primari, dalla capacità di ”surfare”[12] tra le aspettative di tutti gli attori in campo.
Quando si parla di regolamentare il conflitto di interessi si guarda solo al conflitto di interessi “esogeno” e mai al conflitto di interessi endogeno e inerente. Questi “nuovi” conflitti di interessi non si risolvono con il meccanismo dell’astensione, dal momento che non fanno riferimento alla persona ma al ruolo. Per affrontare e gestire questi conflitti di interessi servono meccanismi di regolazione più sofisticati ed una profonda consapevolezza dei ruoli e delle responsabilità ad essi collegate. Una delle misure più efficaci è certamente la formazione delle leadership.
Pertanto, il dissequestro del settore pubblico, a nostro avviso, si avrà solo se si interviene significativamente sulla qualità della leadership politica e tecnico/amministrativa, sulla sua capacità di prendere in considerazione e contemperare gli interessi primari in gioco e di saper includere e mediare tra interessi primari e strutturali, propri e dei Destinatari dell’azione pubblica.
Un ripensamento generale sui meccanismi di selezione della classe dirigente locale e nazionale e un nuovo investimento in una formazione al ruolo non è più rinviabile.
3.3. Le ragioni del naufragio
Non possiamo nemmeno sperare che l’attuale architettura italiana del sistema di prevenzione della corruzione possa arginare fenomeni così complessi, concentrandosi unicamente sugli interessi della sfera privata dei singoli funzionari o sulla mappatura dei processi di organizzazioni oramai asservite.
Ma un cambiamento delle normative o delle strategie non sarà mai possibile, se non usciamo dal vicolo cieco di una corruzione percepita solo come fenomeno associato alla disonestà individuale (teoria della mela marcia) oppure come fenomeno associato sempre e comunque alla criminalità organizzata. Nella realtà, la corruzione è un costrutto relazionale e sociale, che persone che si considerano tendenzialmente oneste fabbricano ogni giorno con quello che si trovano tra le mani: le loro relazioni, i loro interessi e gli interessi e le aspettative degli altri. Persone che indossano una maschera: la maschera del politico, del dirigente sanitario, del funzionario pubblico, dell’imprenditore, del paziente. Troppo miopi per vedere oltre le aspettative e gli interessi della maschera che indossano e troppo inesperti per non naufragare tra le onde imponenti degli interessi primari.
Ogni tanto, in mezzo a questo naufragio, qualche “mela marcia” raccoglie denaro o altre utilità. E associazioni criminali si lanciano nel business delle ciambelle e delle scialuppe di salvataggio. Sono degli sciacalli. Ma non sono stati loro a squarciare il bordo della nave.
[1] Gli indizi della presenza di STATE CAPTURE in alcuni settori economici o in particolari Regioni sono, ad esempio: la costituzione di monopoli o cartelli di interessi privati nella gestione di servizi pubblici essenziali, l’inefficienza e l’aumento del costo di tali servizi, l’opacità nella concessione e nella gestione dei servizi, particolari deroghe normative/regolamentari nell’assegnazione, gestione e controllo di servizi pubblici a privati, condizioni estremamente svantaggiose, per la parte pubblica, nel recedere o nel contestare inefficienza e inefficacia nella gestione dei servizi, la consistenza dei profitti a vantaggio del monopolista privato.
[2] Con il termine “interessi” facciamo riferimento a “strategie” che vari attori giocano all’interno delle dinamiche relazionali che si attivano tra pubblico e privato.
[3] Un interesse primario è un interesse che viene delegato da un soggetto (persona, organizzazione, collettività) ad un secondo soggetto, che lo deve promuovere. Il soggetto che delega è detto Principale, mentre il soggetto delegato è detto Agente. Tutti gli interessi primari hanno una caratteristica in comune: non appartengono al soggetto, l’Agente, che li deve promuovere. Gli interessi primari della sfera pubblica (detti anche interessi pubblici) hanno anche altre caratteristiche particolari, che abbiamo descritto nella nostra pubblicazione.
[4] I cittadini sono titolari del diritto alla salute (Principali), mentre i pazienti sono i Destinatari dei servizi pubblici. E’ importante comprendere bene questa distinzione. Ci tornerà utile nella seconda parte dell’articolo.
[5] Dispositivi di Protezione Individuali
[6] Gianrico Carofiglio, La regola dell’equilibrio, Einaudi, 2014.
[7] “As far as politicians are concerned, the fear of social instability, which usually follows a period of bad governance or the risk of loosing the next election, could potentially have an influence on mitigating vested interests within state institutions”. Lugon-Moulin A., Understanding state capture http://f3magazine.unicri.it/?p=402
[8] Troverete approfondimenti nella pubblicazione “L’etica delle relazioni dell’Agente pubblico”
[9] Art. 2, comma 1, lettera b della L.R. n. 33/2009: “Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità”, come modificato dalla Legge Regionale n. 23/2015: “Evoluzione del sistema sociosanitario lombardo: modifiche al Titolo I e al Titolo II della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33”. La libera scelta rientrava nei principi del sistema sanitario anche prima della riforma del 2015, ma senza un esplicito riferimento agli erogatori privati.
[10] L’art. 8, comma 1 L.R. n. 33/2009: “Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità”, come modificato dalla Legge Regionale n. 23/2015: “Evoluzione del sistema sociosanitario lombardo: modifiche al Titolo I e al Titolo II della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33”: “I soggetti erogatori privati sanitari e sociosanitari che mantengono la propria autonomia giuridica e amministrativa rientrano nella programmazione e nelle regole del SSL e ne sono parte integrante, concorrono all’erogazione delle prestazioni di cui all’articolo 7, in relazione al proprio assetto giuridico ed amministrativo.”
[11] Ad esempio, in alcune Regioni del Centro-Sud il rischio della gestione “privatistica” della Sanità si associa alla contiguità del SSR al “mondo della politica” nazionale e locale e alla necessità sostenere le (tantissime) persone che vivono di politica. Questa particolare configurazione aumenta il rischio di trovare ai posti di comandi soggetti non particolarmente capaci o non particolarmente motivati che usano la sanità come trampolino di lancio o come scialuppa di salvataggio.
[12] “Surfare”, cioè cavalcare le onde, è un termine assai poco tecnico, ma che rappresenta meravigliosamente la capacità di un leader di non farsi travolgere dagli interessi in gioco dentro un sistema.