La congiura dei congiunti: la percezione italiana delle relazioni e del conflitto di interessi.

SPAZIOETICO ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE

Si è molto parlato in questi ultimi giorni della questione “congiunti” e della possibilità di differenziare le relazioni in base alla “stabilità del legame affettivo”. Cosa tutt’altro che semplice. Perché i legami affettivi sono tutt’altro che stabili. E poi perché la percezione dell’intensità di una relazione o di un affetto è assolutamente soggettiva. La stessa nozione di “congiunto” è alquanto bizzarra: è un sinonimo di “parente” ma il suo significato giuridico non è così chiaro. Talmente poco chiaro, che mezza Italia si è trovata a disquisire non più di runner e padroni di cani, ma di suocere e consuocere, della differenza tra fidanzamento, matrimonio e convivenza, della stabilità affettiva delle amicizie, nonché di altre meravigliose e pruriginose categorie dello spirito: dalle amanti storiche ai trombamici.

Finalmente sono giunte le FAQ del Governo a chiarire le idee agli italiani e alle forze dell’ordine: sono congiunti: “i coniugi, i partner conviventi, i partner delle unioni civili, le persone che sono legate da uno stabile legame affettivo, nonché i parenti fino al sesto grado (come, per esempio, i figli dei cugini tra loro) e gli affini fino al quarto grado (come, per esempio, i cugini del coniuge)”

Tra l’altro, questa sarebbe una ottima strategia di semplificazione amministrativa: nella Fase 2 il Governo emetterà delle FAQ per ogni nuovo provvedimento legislativo approvato. Così i poveri dipendenti delle pubbliche amministrazioni non avranno più incertezze e non dovranno più aspettare la “mannaia” della corte dei conti o della giurisprudenza amministrativa, per sapere se i loro provvedimenti sono legittimi o meno!

Ma non è di questo che vogliamo parlare in questo post. Vogliamo piuttosto sottolineare come “er pasticciaccio brutto dei congiunti” sia indicativo di un certo modo, tutto italiano, di intendere le relazioni e, da ultimo, il conflitto di interessi.

E’ un terreno su cui ci muoviamo con maggiore dimestichezza: non siamo giuristi e nemmeno virologi, ma abbiamo scritto un libro sull’Ecologia delle Relazioni dell’Agente pubblico, in cui abbiamo analizzato in profondità le relazioni e i fenomeni di conflitto di interessi. Cominciamo dalle relazioni.

Il concetto di “stabilità affettiva”, come abbiamo detto, è assolutamente poco chiaro. Noi preferiamo analizzare le relazioni prendendo in considerazione gli elementi che contribuiscono a determinarne l’intensità: bisogni, interessi e comportamenti.

Lo abbiamo chiamato “pattern relazionale“: una relazione è un luogo in cui due soggetti (i due nodi della relazione) condividono bisogni (B), interessi (S) e mettono in atto comportamenti (C) e l’intensità di una relazione dipende innanzitutto dall’intensità dei bisogni che quella relazione permette di soddisfare.

PATTERN

Alcune relazioni implicano condivisione dei bisogni (relazioni interpersonali esclusive). Altre relazioni, la condivisone di interessi o comportamenti (relazioni interpersonali inclusive). Ci sono poi le relazioni di scambio, in cui qualcuno si fa carico degli interessi di un altro nodo, chiedendo qualcosa in cambio. Si differenziano dalle relazioni interpersonali, in cui ci si fa carico di bisogni e interessi in modo disinteressato. Le relazioni di scambio possono essere economiche o relazionali. Tra gli scambi relazionali, hanno giocano un ruolo cruciale quegli scambi in cu è coinvolto un MUNUS, cioè un dono che impone un obbligo.

Le relazioni di delega sono un particolare tipo di scambio, caratterizzato da una ben definita asimmetria tra i nodi: Principale e Agente.

L’intensità di una relazione è anche influenzata dai comportamenti messi in atto dai nodi: chi è coinvolto in una relazione ha l’aspettativa che l’altro nodo non lo danneggerà. Se questo accade le relazioni possono entrare in crisi. Fanno eccezione le relazioni conflittuali, in cui invece i nodi entrano in relazione (in modo unilaterale o bilaterale) per danneggiarsi.

Le relazioni sono un oggetto di studio molto interessante: sono piene di ambiguità e possono essere strumentalizzate e persino tossificate: un esempio “di scuola” di tossificazione relazionale è proprio la corruzione. Nella corruzione il pubblico ufficiale e il soggetto privato modificano in modo irreversibile la relazione tra Agente e Destinatario (che non prevede alcun tipo di scambio), trasformandola in uno scambio occulto, in cui l’Agente pubblico riceve utilità e in cambio si impegna a orientare a favore del corruttore decisioni e azioni che hanno a che fare con qualcosa che non è suo: risorse pubbliche e interessi pubblici!

Una certa confusione, insomma, regna nella dimensione relazionale. Ma questa confusione è relativa alla natura delle relazioni, non alle categorie che usiamo per descriverle. Queste categorie (i pattern relazionali) sono molto chiare: le relazioni servono per soddisfare dei bisogni e supportano degli interessi. Abbiamo dedicato un intero capitolo del nostro libro a descrivere i diversi pattern relazionali. Senza ricorrere al concetto di “stabilità affettiva”. Il risultato è molto chiaro e fornisce strumenti per analizzare i diversi complessi fenomeni che caratterizzano le dinamiche relazionali.

Se ci avessero cooptato in una delle tante task force governative che stanno programmando la “Fase 2” (non preoccupatevi, questo non accadrà mai) avremmo avuto le idee molto chiare: il problema non è il tipo di relazione. Non centrano nulla gli affetti e la loro stabilità. L’importante è regolare il modo in cui i nodi entrano in contatto, la frequenza della relazione e l’uso che viene fatto della relazione.

L’intensità di una relazione influenza anche l’intensità degli interessi coinvolti nella relazione. E qui arriva il secondo tema di questo post: il conflitto di interessi.

Il conflitto di interessi in Italia è trattato in modo assai singolare. In molto casi il conflitto di interessi viene percepito come un reato, quando invece non lo è. E’ abbastanza naturale che gli interessi vadano in conflitto. Ciò che fa la differenza sono i comportamenti che vengono adottati in una situazione di conflitto di interessi. E che possono promuovere o ledere gli interessi in gioco.

Quando non viene percepito come reato, il conflitto di interessi viene percepito in modo assai limitato. Soprattutto come una “congiura dei congiunti“. Sembra che il conflitto di interessi (e la sua gestione) sia limitato agli interessi dell’Agente pubblico e dei suoi parenti. Certamente, la normativa prende in considerazione anche altri tipi di relazione: relazioni di tipo economico, causa pendente, debito e credito e di “frequentazione abituale” (le relazioni interpersonali inclusive che presuppongono condivisione di interessi).

Ma si tratta di una visione assai limitata. Il conflitto di interessi è un fenomeno complesso, che non coinvolge solo gli interessi della sfera privata dell’Agente pubblico. Altrimenti non si spiegherebbe perché tale conflitto degenera in corruzione. Perché la corruzione è sempre un accordo a due, che vede come complici una organizzazione pubblica che non presidia sufficientemente bene i propri interessi primari e una collettività disattenta alla tutela dei propri diritti.

Noi abbiamo identificato 4 tipi di conflitto di interessi:

  • Conflitto di interessi esogeno, che coinvolge gli interessi secondari dell’Agente e gli interessi primari dell’amministrazione (e della collettività)
  •  Conflitto di interessi endogeno, tra interessi primari di una organizzazione o tra diverse organizzazioni
  • Conflitto di interessi inerente, che coinvolge gli interessi del destinatario e le “aspettative di parzialità” che il destinatario nutre nei confronti della pubblica amministrazione
  • Conflitto di interessi apparente, che dipende dalla capacità dell’opinione pubblica di mettere sotto osservazione gli agenti pubblici e che coinvolge l’interesse “strutturale” della collettività ad avere fiducia di chi la governa

Rimandiamo alla nostra pubblicazione l’approfondimento di questi conflitti, soprattutto l’approfondimento dell’emersione del conflitto apparente, che è del tutto peculiare. Ovviamente non possiamo spiegare tutto in un post … Se fosse tutto così semplice, non ci avremmo scritto un libro intero!

Ma una cosa possiamo dirla, forte e chiara. Diffidate delle semplificazioni. Sia che si parli di corruzione, sia che si parli di Covid-19, la tentazione è quella di semplificare. Trovare delle scorciatoie per negare la complessità. Così, sembra facile ridurre tutta la “Fase 2” ad una visita tra congiunti ed al divieto di incontrare gli amici o di fare giocare i figli sulle altalene. Ma questa apparente semplificazione complica le cose, perché consolida una “narrazione” che non prende in considerazione altri fattori di rischio. Per esempio, ci si dimentica degli anziani morti nelle RSA (che non possono essere ridotti con un lockdown) o delle fragilità di sistemi sanitari regionali che hanno investito nelle cure specialistiche e de-potenziato la medicina territoriale. O della incapacità della classe politica di e dirigenziale, che non è stata capace di gestire adeguatamente i rischi e ha lasciato il personale sanitario senza dispositivi di protezione individuale.

Lo stesso discorso vale per la corruzione: è semplice (e consolatorio) pensare che la corruzione dipenda dalla innata disonestà dei dipendenti pubblici e dei politici. Ma questa semplificazione non consente di prendere in considerazione altri aspetti. La corruzione è possibile anche perché le pubbliche amministrazioni non sono in grado di presidiare adeguatamente i propri interessi primari. E dipende anche dalla disattenzione dell’opinione pubblica e dall’innato egoismo dei destinatari.


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