#stateacasa con SPAZIOETICO #13

13. LE PERSONE NON NASCONO DISONESTE

di Massimo Di Rienzo e Andrea Ferrarini

SPAZIOETICO ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE

slide finale

In #stateacasa con Spazioetico speriamo di avervi dato alcuni strumenti non troppo convenzionali per comprendere meglio un fenomeno davvero complesso come la corruzione.

Speriamo davvero di aver fatto chiarezza su alcuni elementi che spesso sono fonte di equivoco. Ad esempio:

La corruzione NON E’ UN’EMERGENZA. Essa esiste e, purtroppo, esisterà sempre dal momento che rappresenta il costo strutturale di una relazione di agenzia. Fintanto che esisterà il rischio che un agente immobiliare commetta un azzardo morale facendovi acquistare un immobile diroccato, avendo omesso di informarvi delle cattive condizioni e della relazione di familiarità con il vecchio proprietario, allora esisterà anche il rischio che un agente della sanità pubblica commetta un azzardo morale facendo acquistare ad un paziente un medicinale di cui non ha bisogno, omettendo di informarlo sulle reali condizioni di salute e sulle qualità del farmaco, nonché sulla particolare relazione di frequentazione abituale con il venditore del farmaco stesso o sui rapporti economici con l’azienda che lo produce.

La corruzione NON E’ un reato, o almeno non è solo un reato. E’ una “condotta” le cui motivazioni vanno cercate nella sfera privata dei principali delegati e degli agenti pubblici e nella particolare dinamica che subiscono gli interessi primari (caduta di interessi primari).

Non esiste LA CORRUZIONE. Esistono fenomeni tra loro assai diversi che vengono tutti ricondotti nella sfera della corruzione. C’è grande differenza tra la corruzione spicciola, amministrativa e sistemica così come sono diverse le misure per arginare tali fenomeni.

La CORRUZIONE in SANITA’ è del tutto peculiare in riferimento agli interessi coinvolti, alla pluralità e complessità degli attori e alla “qualità” degli interessi primari che la sanità pubblica promuove.

Ripartiamo dalla prima domanda che ci siamo posti, e, cioè, se le condotte corruttive sono “mala in se”, oppure se sono “mala quia prohibita”.

Tanto tuonò che piovve”, disse un giorno Socrate rivolgendosi ad un suo studente dopo che Santippe, sua moglie, gli gettò una brocca d’acqua addosso alla fine di un memorabile alterco. In effetti, dopo che abbiamo speso molte parole a definire, individuare, mettere in relazione concetti, eventi e azioni umane, la contrapposizione tra “mala in se” e “mala quia prohibita” ci sembra ora un falso problema.

Le azioni che consideriamo “cattive di per sé” (mala in se) fanno riferimento a valori personali e collettivi e sono storicamente determinate, mentre le cose “cattive perché proibite” sono tali perché lo Stato, cioè chi detiene il potere delegato dalla collettività, definisce delle regole che introducono vincoli ulteriori, superando la percezione basata sui valori individuali e collettivi.

Osservando le reazioni, al di là del sottile velo di ipocrisia che circonda l’ambito politico e quello sanitario, sembra proprio che le condotte corruttive siano un “male perché proibite” da leggi che spesso vengono interpretate come ostacoli all’economia.

Questo succede perché gli attori del complesso sistema della sanità pubblica hanno sempre una percezione “parziale” delle relazioni di delega (cfr. Modello di Agenzia Esteso) e dei ruoli (Principale delegato e Agente) che all’interno di tale relazione essi giocano. Soprattutto, gli attori non percepiscono o percepiscono in maniera assai debole i danni prodotti agli interessi primari in gioco, in particolare, il diritto alla salute e la salvaguardia dei meccanismi di concorrenzialità dei mercati.

La corruzione, infatti, è uno strano fenomeno. Per chi è all’interno del “patto” si generano esclusivamente esternalità positive, cioè vantaggi. Mentre nell’omicidio, colui chi commette tale reato, così come chi osserva è immediatamente a contatto con il danno che viene procurato, cioè con il corpo della vittima, nella corruzione la percezione del danno non è immediatamente osservabile. Come è noto è assai complesso calcolare lo spreco di risorse pubbliche che la corruzione determina. Ed è ancora di più complesso determinare il costo per gli interessi primari della collettività di un singolo evento di corruzione. Inoltre, i pregiudizi ai meccanismi di concorrenzialità dei mercati che prendono vita a seguito di eventi corruttivi, cioè le posizioni di monopolio o i cartelli che emergono nel mercato, emergono nel medio-lungo periodo e difficilmente gli attori in campo attribuiscono alle condotte corruttive la causa di tali fenomeni.

Se non si percepiscono nell’immediato i danni agli interessi primari che vengono prodotti dalle condotte corruttive, allora ci sarà bisogno di un “legislatore illuminato” che adotti regole, proibizioni, sanzioni  rispetto a tali comportamenti (e sarà sempre osteggiato).

Quindi non sono le azioni ad essere cattive di per sé o buone, ma occorre considerare i limiti degli individui nella percezione delle implicazioni di tali azioni. Le proibizioni sono filtri che intervengono e si sostituiscono a questo gap di percezione.

Inoltre non si può valutare la corruzione esclusivamente con categorie etiche (il bene o il male) perché la corruzione contribuisce a definire quelle categorie, cioè, è interna al processo di definizione delle regole di comportamento e, quindi, al di sopra delle categorie etiche.

Forse solo la “corruzione spicciola”, soprattutto nei casi di concussione e peculato, viene considerata un male di per sé, perché, non esistendo un patto che distribuisce esternalità positive agli attori in gioco e, contestualmente, essendo presenti delle “vittime”, se ne percepisce immediatamente la pericolosità sociale. Per la corruzione amministrativa e, ancor di più, per la corruzione sistemica dovremmo coniare un terzo concetto: “mala in oculis iudicantibus”, ovvero, un’azione è “cattiva” se così è negli occhi di chi osserva e giudica.

Un brevissimo esempio, tratto da una delle situazioni che si verificano più di frequente negli ospedali pubblici, dimostrerà quanto stiamo dicendo.

Marta è un’operatrice sanitaria che da poco lavora presso il dipartimento di chirurgia generale dell’Ospedale di XY. In questa prima fase si è trovata a gestire le procedure di ricovero programmato occupandosi, in particolare, dell’agenda del dipartimento.

Il suo lavoro è a contatto con il pubblico che è composto, per lo più, da persone che si trovano nella spiacevole situazione di doversi sottoporre a un intervento chirurgico.

Un giorno Marta si trova ad avere a che fare con una paziente, Francesca, che da tempo si prepara per essere operata.

Marta nota che il medico chirurgo di Francesca le ha richiesto una serie di prestazioni ambulatoriali da svolgersi in tempi rapidi e comunque prima dell’operazione.

Una di queste prestazioni è particolarmente complessa e Francesca, che è già avvezza a questo tipo di analisi, confessa a Marta che probabilmente non riuscirà a trovare spazio negli ambulatori convenzionati con l’Ospedale.

Francesca: CONOSCI QUALCHE AMBULATORIO PRIVATO DOVE POTREI ANDARE? IO NON SO DOVE ANDARE…

Marta: MMMH….

Marta non ha quell’informazione.

Chiedendo a uno specialista del dipartimento, il dottor Lupi, Marta viene a sapere che uno dei tanti poliambulatori presenti nel quartiere gli ha messo a disposizione dei biglietti da visita da consegnare ai richiedenti, nel caso si trovassero a dover produrre questo tipo di analisi che è notoriamente complessa da ottenere dal servizio pubblico. Gli ha assicurato che i propri operatori sono in grado di produrre la prestazione in tempi brevissimi a un costo relativamente contenuto.

Il titolare del poliambulatorio ha un accordo con il dottor Lupi. Gli riconoscerà il 30% delle entrate economiche relative ai pazienti che accederanno all’ambulatorio grazie alla sua indicazione.

A Marta viene in mente di consigliare a Francesca quel poliambulatorio, consegnandole uno di quei biglietti da visita.

In questo scenario sono assai visibili i limiti percettivi degli attori in gioco.

Dunque, se consideriamo solo le «implicazioni» di breve periodo, notiamo che l’effetto della consegna del biglietto da visita sarà, presumibilmente, la soddisfazione dell’utente.

Valutiamo ora, quali sono i vantaggi di ogni singolo “attore”:

  • Cittadini/utenti. Fronteggiare una necessità risolvendo il problema della scarsità o assenza di informazioni.
  • Operatore economico. Ha il vantaggio di ridurre l’incertezza ed il rischio di impresa, consolidando o espandendo quote di mercato.
  • Agente pubblico (dottor Lupi). Ottenere vantaggi per sé o per terzi da una posizione di potere.
  • Agente pubblico (Marta). Soddisfare un fabbisogno informativo della paziente.

Nessuno degli attori in gioco è in grado di percepire il danno agli interessi primari del Principale. In effetti, probabilmente, né gli agenti pubblici né, tantomeno, il cittadino/utente è in grado di comprendere chi sia veramente il suo Principale e quali interessi primari esso esprima.

Se ci limitiamo al Principale Delegato, cioè all’ospedale pubblico, in effetti, la percezione del danno è piuttosto limitata: dopotutto, quale problema potrebbe mai arrecare all’ospedale quell’indicazione, che, anzi, serve proprio a risolvere un problema organizzativo?

Se impariamo a riconoscere l’esistenza e la centralità del Principale Delegante, cioè della collettività che è fatta di cittadini titolari di diritti e di mercati, allora le cose cambiano.

UN AGENTE PUBBLICO, il dottor Lupi, MODIFICA LE CONDIZIONI DI CONCORRENZIALITA’ DI UNA PARTE DEL SETTORE PRIVATO LOCALE, per determinare un vantaggio di un soggetto o di un gruppo di soggetti. Questa dinamica PROVOCA UNA SELEZIONE DEI CONCORRENTI, alcuni dei quali si troveranno in una posizione di vantaggio rispetto agli altri. Questa dinamica, che abbiamo imparato a chiamare “SELEZIONE AVVERSA”, è SFAVOREVOLE PER LA PARTE PUBBLICA, in quanto resteranno in piedi solo i concorrenti che possono vantare relazioni preferenziali all’interno dell’ospedale pubblico. Questo disinnesca le condizioni di concorrenzialità del mercato che, di norma, sono la qualità del servizio ed il prezzo. Inoltre, in condizioni di monopolio, il monopolista non sarà più interessato a fornire servizi di qualità, né, tantomeno, a ridurre il costo di tali sevizi in quanto si trova ad operare in assenza di competizione.

Pertanto, se consideriamo le «implicazioni» di medio-lungo periodo, l’effetto della consegna del biglietto da visita sarà, presumibilmente, la modificazione delle condizioni del mercato di prestazioni sanitarie con estrema insoddisfazione da parte di tutto gli altri competitor. I quali, tra le altre cose, o scompariranno oppure si adegueranno alle nuove regole di concorrenzialità e cercheranno anch’essi sponsor interni all’amministrazione.

Questa implicazione di medio-lungo periodo non viene quasi mai percepita dagli attori in campo che, viceversa, sperimenteranno con soddisfazione il buon esito della transazione relazionale. E’ proprio questa incapacità o impossibilità di percepire i danni agli interessi primari del Principale la ragione per cui le condotte corruttive non vengono catalogate come “mala in se”. Ed è questo il motivo per cui il grande sforzo a cui deve tendere la prevenzione della corruzione è proprio di aumentare la qualità degli agenti pubblici nel decodificare correttamente il proprio ruolo, le proprie condotte e le implicazioni REALI che tali condotte generano.

 


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