#stateacasa con SPAZIOETICO #4
4. LA SFERA PUBBLICA
di Massimo Di Rienzo e Andrea Ferrarini
SPAZIOETICO ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE
La favola del fuoco è una grande metafora di qualcos’altro. E’ un mito che racconta la nascita della prima pubblica amministrazione della storia: un insieme di persone (il vecchio Bhardeh, i Bhew, le Arg e i Lew) incaricate di alimentare il fuoco a vantaggio di una intera tribù:
“Mentre noi andremo a cacciare, tu, vecchio Bhardeh, preparerai un grande fuoco, con tutta la legna della tribù. […] Allora il vecchio Bhardeh chiamò tre bambini e disse loro: “[…] vi chiamerete Bhew e il vostro compito sarà andare a raccogliere la legna nella foresta”. Poi il vecchio Bhardeh chiamò tre donne e disse loro: “[…] vi chiamerete Arg, accenderete il Pehùr e veglierete giorno e notte, affinché la fiamma non si spenga mai”. Infine il vecchio chiamò tre uomini anziani, ma che un tempo erano stati degli Ey coraggiosi e disse loro: “[…] voi sarete i Lew, che accompagnano i Bréter vicino al fuoco, per cuocere le carni degli animali e bruciare legni profumati”
La pubblica amministrazione descritta nella favola non ha le caratteristiche che hanno oggi le pubbliche amministrazioni: non ha una struttura organizzativa complessa e non ci sono normative di riferimento in grado di vincolare l’agire dei suoi componenti. E’ una pubblica amministrazione in nuce, che rappresenta (simbolicamente) il primo nucleo della sfera pubblica, cioè di quella sfera dell’azione umana che include l’esercizio del potere politico, l’amministrazione della giustizia e le diverse attività dalle pubbliche amministrazioni.
Essendo un mito, la favola del fuoco non vuole descrivere avvenimenti effettivamente accaduti, ma identificare le dinamiche sottese agli avvenimenti. Nello specifico, la favola descrive la dinamica della cessione di poteri e responsabilità effettuata dai membri di una comunità a favore di uno dei propri componenti.
1. Sfera pubblica e processi di delega
E’ un dato di fatto che la sfera pubblica, necessiti, per esistere, di una cessione di poteri e responsabilità, che può essere realizzata in modi diversi. In certi casi la cessione avviene attraverso il voto dei cittadini che, periodicamente, sono chiamati a scegliere i membri delle assemblee legislative (es: Camera, Senato, Parlamento Europeo, Consigli Regionali) o i propri rappresentanti negli enti locali e regionali (es: Sindaci, Presidenti della Regione e Consiglieri Comunali). In altri casi si ricorre ad una selezione pubblica (esame di stato, concorso pubblico) oppure ad una nomina di tipo fiduciario, che consentono di identificare quei soggetti (magistrati, funzionari e dirigenti delle pubbliche amministrazioni, direttori generali delle aziende sanitarie /ospedaliere, ecc… ), che devono gestire processi o erogare servizi considerati di pubblica utilità.
Come abbiamo visto nel secondo articolo, La Teoria Principale-Agente, questa cessione di poteri e responsabilità può essere rappresentata come una delega: un Principale delega ad un Agente la cura dei propri interessi che, in virtù della delega, diventano interessi primari. E la corruzione in tutte le sue forme (appropriazione di risorse pubbliche, scambio occulto tra agente pubblico e soggetto privato, estorsione di beni e utilità al privato, ecc …) è l’azzardo morale reso possibile da questa delega, che genera asimmetrie informative e che può mettere l’Agente in una situazione di conflitto di interessi (interessi secondari dell’Agente entrano in conflitto con l’interesse primario che l’Agente “riceve in custodia” dal suo Principale).
Tuttavia, questo modello, se applicato al settore sanitario, non si rivela adeguato. Per la verità, il modello Principale-Agente è inadeguato se applicato a qualunque pubblica amministrazione ma quello sanitario è il settore in cui tale inadeguatezza è maggiormente evidente, specialmente se si prende inconsiderazione lo status della professione medica.
2. Professione medica e processi di delega
Indubbiamente, il medico che lavora alle dipendenze di un ospedale pubblico è un Agente pubblico. Il medico che lavora per una struttura pubblica ha lo status di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio. E, in quanto Agente pubblico, è esposto al rischio di corruzione.
La domanda fondamentale, che dobbiamo porci a questo punto è la seguente:
- “Chi è il Principale del medico che lavora in una organizzazione sanitaria pubblica?”
Per rispondere in modo sensato a questa domanda, dobbiamo tenere in considerazione un dato storico inequivocabile: la professione medica è stata attratta dentro la sfera pubblica solo in tempi molto recenti. I sistemi sanitari pubblici si sono diffusi e sviluppati nel mondo nel secondo dopo-guerra e non in tutti i Paesi. In Europa, per esempio, il primo servizio sanitario pubblico di carattere universalistico, finanziato dalla fiscalità generale e caratterizzato dalla gratuità delle prestazioni è nato in Gran Bretagna nel 1948. In Italia il Servizio Sanitario Nazionale è nato nel 1980 (anche se la legge istitutiva è del 1979). Prima di quella data in Italia le prestazioni mediche venivano erogate da una molteplicità di Enti Mutualistici o Casse Mutue, finanziate dai lavoratori e dalle aziende, alle quali era obbligatorio iscriversi e che garantivano una assicurazione sanitaria per le cure mediche e ospedaliere a favore dei lavoratori e dei loro familiari. Ancora oggi alcuni sistemi sanitari (per esempio quello degli U.S.A.) sono prevalentemente basati sul sistema delle assicurazioni pubbliche.
Nonostante l’idea di una Sanità Pubblica sia recentissima, la medicina è una disciplina dalle origini antichissime. La medicina diventa una professione (e non più una pratica di tipo religioso taumaturgico) nel V Secolo a.C., con Ippocrate. Ma figure di medici-sacerdoti o guaritori possono essere rinvenute in tutti gli stati di sviluppo della civiltà umana, anche in epoca preistorica.
La professione medica è stata a lungo esercitata in ambito privato ed è stata caratterizzata dal rapporto “uno a uno” tra il medico e il paziente. Ci sono, ovviamente delle eccezioni. Gli antichi Romani, per esempio, avevano sistemi di vigilanza della salute pubblica e l’esercito romano arruolava non solo soldati, ma anche medici. E già nel medioevo, in alcuni Comuni, troviamo per la prima volta la figura del medico condotto, stipendiato dal Comune, che garantiva le cure mediche agli indigenti. Ma si tratta di eccezioni rare.
Il rapporto tra medico e paziente caratterizza ancora oggi il lavoro del medico: il medico è un professionista che mette le proprie competenze al servizio del paziente. E questa relazione è una relazione di delega: il paziente, che non è in grado di curarsi da solo, delega al medico la responsabilità di curarlo. Il paziente è il Principale, il medico è l’Agente.
Ritorniamo alla nostra domanda:
- “Chi è il Principale del medico che lavora in una organizzazione sanitaria pubblica?”
Sicuramente non può essere il paziente, perché il paziente è il Principale del medico in quanto professionista. Ci deve essere un altro Principale, un Principale aggiuntivo, al quale il medico deve rispondere in quanto Agente pubblico. Chi è questo Principale Aggiuntivo? Ecco di seguito alcuni “candidati ideali” che possono giocare questo ruolo:
- La direzione aziendale (direttore generale e direttore sanitario) delle organizzazioni sanitarie;
- Lo Stato e le Regioni (che finanziano e regolano il servizio sanitario pubblico);
- I contribuenti (perché il sistema sanitario italiano è finanziato dalla fiscalità generale);
- La collettività, non intesa come insieme di persone che hanno interesse a ricevere cure mediche, bensì come insieme di persone che rivendicano il diritto alla salute.
I pazienti sono scomparsi? Certamente no. Sono diventati dei Destinatari (degli utenti) del sistema sanitario pubblico.
Abbiamo insomma due processi di delega: un primo processo (che chiameremo per brevità “Delega 1”) che coinvolge il professionista sanitario e il suo paziente e che ha luogo sia in ambito pubblico che in ambito privato; e un secondo processo (“Delega 2”), che coinvolge il professionista sanitario e una molteplicità di Principali e che ha luogo solo in ambito pubblico e che si sovrappone alla “Delega 1”:
Ecco che sta emergendo una delle tante peculiarità del settore sanitario pubblico: la complessità e l’ambiguità dei processi di delega. Il professionista sanitario, in modo più o meno marcato, si trova a dover rispondere a diversi Principali che spesso entrano in conflitto tra loro. Ed è chiaro il ruolo ambiguo giocato dai cittadini, che sono contemporaneamente pazienti (cioè Principali che hanno interesse a ricevere cure mediche) e portatori di diritti. E’ importante capire che questi due ruoli non sono equivalenti: una persona può ricevere cure medica anche senza avere riconosciuto il proprio diritto alla salute e, viceversa, il diritto alla salute esiste anche se una persona non richiede cure mediche.
Ma da dove proviene tutta questa ambiguità? Perché il paziente non può essere l’unico Principale del medico, in tutti i contesti? Per quale motivo l’ingresso del medico nella sfera pubblica moltiplica i Principali? E da ultimo: in che misura tutto questo influenza il rischio di corruzione in ambito sanitario?
Ne parleremo nell’articolo di domani.
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