Fondi europei, di “strutturale” c’è solo la cattiva amministrazione?

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I Fondi Strutturali e di Investimento Europei  (Fondi SIE), noti anche come “Fondi strutturali” (tout-court) di tanto in tanto riempiono le pagine distratte dei quotidiani nazionali. Si tratta, per chi non li conoscesse, delle risorse che l’Europa destina ai Paesi membri per favorire  la crescita economica e occupazionale. E sono una montagna di soldi che devono essere gestiti dalle Regioni sulla base di Programmi Operativi che ne determinano le linee di indirizzo e le modalità di attuazione.

E’ di ieri la notizia che la Sicilia perderà circa 380 milioni di euro. Così titola il quotidiano ilsicilia.it: “Piove sul bagnato. Sulla spesa europea la Regione accusa un duro colpo. Il Tribunale dell’Unione europea ha infatti respinto il ricorso relativo al taglio dei fondi“. Ed il Corriere della Sera tuona: “Falle nella gestione e nei controlli” (tra l’altro questo articolo ha un curioso incipit dedicato alla cosiddetta anticorruzione inutile, sul quale siamo decisamente d’accordo…). Si tratta, per la precisione, di irregolarità che si sarebbero verificate in attuazione del ciclo di programmazione 2000-2006. Ma siamo sicuri che le cose vadano meglio ora?

Recentemente  la Corte dei Conti italiana ha di nuovo stigmatizzato le amministrazioni italiane per il mancato utilizzo di ingenti risorse provenienti dai suddetti Fondi relativamente, questa volta, al ciclo di programmazione 2014-2020. 

Questa è la situazione.

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Sembra un disco rotto o un ritornello impazzito: Nel periodo di Programmazione la capacità di spesa e di pagamento è ben lungi da registrare i livelli attesi“. Quante volte in questi ultimi venti anni abbiamo sentito, letto o ascoltato questa affermazione? Da cosa dipende questa atavica “mala gestio“?

Sarebbe il caso che le Autorità competenti, compresa l’ANAC, finalmente, osservassero il macro-processo “gestione delle politiche di sviluppo locale” anche e soprattutto dal punto di vista della prevenzione della corruzione.

Si accorgerebbero che c’è un altissimo livello di esposizione a rischi corruttivi praticamente in tutte le fasi del processo.

Il processo è “peculiare“: cioè è particolarmente esposto ad asimmetrie informative in tutte le fasi; inoltre, il processo è spesso “vulnerabile“: le amministrazioni, specialmente quelle dove le risorse destinate sono maggiori, sono da sempre in carenza operativa e gestionale. Esiste una (sostanziale) “opacità” nonostante esistano specifiche regole comunitarie che impongono un “(teoricamente) alto livello di trasparenza.

A dire il vero, le regole europee, sancite dal Regolamento europeo 1303/2013, si limitano a rendere visibile solo parte del processo di gestione dei fondi. In particolare, parte dell’attuazione ed i risultati degli interventi. In realtà, la visibilità di gran parte del processo dipende da un certo “atteggiamento” di apertura che le amministrazioni, in particolare le Regioni, adottano (o non adottano).

In sintesi, possiamo distinguere tre distinte fasi nel macro-processo:

PROGRAMMAZIONE: si tratta della fase di adozione e consolidamento dei regolamenti europei e della scrittura dei documenti di programmazione nazionali e locali. Rendere trasparente questa fase è cruciale per elaborare documenti di programmazione che contestualizzino meglio gli obiettivi e favorire la partecipazione al dibattito pubblico. 

ATTUAZIONE: si tratta della fase di selezione degli interventi e di esecuzione degli interventi. La trasparenza della fase di selezione richiede l’apertura di informazioni in merito:

  • ai criteri di selezione delle operazioni,
  • alla tracciabilità del processo di selezione delle operazioni,
  • alla pubblicazione dei bandi o avvisi pubblici
  • alla tracciabilità del processo di scelta delle procedure da applicare
  • alla tracciabilità della procedura per l’individuazione del soggetto fornitore e dei servizi o esecutore delle opere.

La trasparenza della fase di esecuzione degli interventi, invece, richiede l’apertura di informazioni in merito:

  • all’oggetto fisico acquistato,
  • all’infrastruttura realizzata,
  • agli interventi costruttivi realizzati.

VALUTAZIONE: Il Regolamento richiede di attuare azioni di informazione e comunicazione sui risultati e sull’impatto dei contratti di partenariato, dei programmi operativi e degli interventi. La trasparenza di questa fase richiede l’apertura di informazioni in merito:

  • ai risultati ottenuti da ogni singolo intervento,
  • ai risultati ottenuti a livello di singolo Programma operativo,
  • agli impatti a livello di singolo Programma operativo.

La soluzione contro l’opacità nella gestione dei Fondi Strutturali era stata individuata in Opencoesione, il portale  sull’attuazione dei progetti finanziati dalle politiche di coesione in Italia.

Il limite di Opencoesione, tuttavia, è che rende visibile solo la trasparenza dell’evento, cioè del singolo intervento, ma non la trasparenza dei processi decisionali (dove sta la corruzione vera). Quindi Opencoesione è un ottimo strumento, ma può darsi che la corruzione abbia già lavorato a monte, ad esempio nella selezione degli obiettivi del programma e nella selezione delle operazioni.

I fattori di rischio che abbiamo osservato da vicino sono del tutto peculiari. Ad esempio, quando si fanno i conti sull’attuazione c’è sempre un’autorità nazionale o europea che tuona più o meno con le stesse parole: “la situazione è di forte affanno in termini di volumi sia di impegno che di spesa in quasi tutti i programmi operativi, nazionali regionali e nei diversi Fondi“?

La spiegazione che viene “istituzionalmente” fornita è sempre la solita: “il quasi fisiologico ritardo nell’inizio delle attività progettuali vere e proprie, derivante dai tempi tecnici necessari all’avvio della fase progettuale e alla scelta dei progetti da realizzare“, ma questo è solo parte del problema e riguarda la maladministrationcioè l’atavica incapacità di amministrare queste risorse. 

La Corte dei Conti aggiunge: “Le predette ragioni, peraltro, non possono esimere questa Sezione dallo stigmatizzare il grave ritardo di attuazione dell’attuale periodo di Programmazione, che si rivela addirittura in peggioramento rispetto al precedente, considerando lo stesso momento valutativo (circa metà del settennio). Le conseguenze potrebbero essere molto critiche, qualora questa situazione di quasi stallo non trovi una decisa accelerazione nel breve termine. L’ottimismo iniziale ha dovuto fare il conto con la situazione reale. Né le percentuali di spesa finali del periodo di Programmazione 2007-2013, che sono risultate positive dopo un inizio critico, debbono alimentare l’ottimismo dato dalla  convinzione che, alla fine, i fondi europei si sono spesi quasi per intero; come si è visto nel relativo capitolo della presente relazione, non è importante solo la quantità della spesa, ma soprattutto la qualità“.

In realtà ci sono fortissimi “interessi secondari” che spingono affinché sia così. Interessi che interferiscono con l’interesse primario ad una buona gestione dei fondi. Per buona gestione intendiamo non solo la capacità di spendere, cioè di assorbire le risorse che vengono stanziate per l’Italia, ma anche la qualità della spesa, cioè, progetti che realizzino una “discontinuità” in termini di sviluppo economico di un determinato territorio (ora, peraltro, si parla per lo più di un rallentamento del declino).

Arrivare sempre fuori tempo massimo favorisce la polverizzazione delle risorse attraverso il gioco dei “progetti sponda“, cioè di progettualità già realizzate o in fase di realizzazione che nulla hanno a che fare con lo sviluppo locale ma che permettono di aumentare il tasso di assorbimento e la percentuale di spesa. E’ così che “interessi secondari” di amministratori locali ed operatori economici, legandosi all’interesse primario di spendere i soldi, ma escludendo l’altro interesse primario a spenderli bene, invadono il campo della gestione dei fondi, orientandone le scelte. Un meccanismo corruttivo (è bene utilizzare le parole appropriate) arcinoto ma che sembra impermeabile a qualsiasi ciclo di programmazione. 

Una valutazione “addomesticata” attraverso meccanismi di selezione del cosiddetto “valutatore indipendente” e di successiva gestione che metto in stretta relazione controllante e controllato, con buona pace dell’indipendenza del giudizio. 

Interessanti anche i processi di selezione delle Autorità di Gestione dei Fondi, nonché di selezione e gestione delle Assistenze tecniche. Lo scorso novembre l’Antitrust ha multato il cosiddetto cartello della consulenza che si si era accordato per spartirsi una gara Consip per fornire supporto tecnico nel monitoraggio dell’uso dei fondi strutturali.

 

In ogni fase del ciclo di pianificazione, attuazione e valutazione dei fondi europei ci sono rischi specifici, ben noti agli addetti ai lavori, che andrebbero approfonditi perché ormai da molto tempo è chiaro che i meccanismi corruttivi sono costantemente all’opera nella gestione di queste importanti risorse.

Appunto, qualcuno potrebbe chiedersi: di “strutturale” c’è solo la cattiva amministrazione?