Dialoghi sul conflitto di interessi (parte seconda). Interessi, reti di collegamento e processi decisionali
…leggi la prima parte dei dialoghi…
PARTE SECONDA
In questo dialogo cercheremo di capire meglio cosa sono gli interessi, come si sviluppano le reti di collegamento e in che modo gli interessi influenzano (o tendono a influenzare) le nostre decisioni.
MASSIMO (DI RIENZO): Quando si parla di conflitto di interessi, si pensa subito a persone che hanno delle relazioni (familiari, professionali o di altro tipo) e che hanno degli interessi privati, che possono entrare in conflitto con gli interessi pubblici. Come possiamo rappresentare queste relazioni?
ANDREA (FERRARINI): Possiamo rappresentare queste relazioni come dei grafi, cioè degli insiemi di nodi collegati tra loro da segmenti che, tecnicamente, si chiamano archi. Chiameremo questi grafi reti di collegamento. Le reti di collegamento possono avere diverse forme. Ecco alcuni esempi:
Le reti di collegamento supportano gli interessi: consentono agli interessi di essere perseguiti, trasferiscono gli interessi da una persona all’altra e generano delle convergenze (a volte dei conflitti) tra gli interessi diversi. Possiamo localizzare gli interessi, posizionandoli sugli archi della rete di collegamento:
Il fatto che gli interessi “corrano” sulle reti ne aumenta gli effetti: se un interesse è localizzato in una rete, allora può sfruttare le sue relazioni e influenzare, direttamente o indirettamente, i nodi di quella rete. Un semplice esempio può spiegare questo fenomeno di diffusione.
Immagina che un ragazzo di nome Marco cominci a lavorare come agente assicurativo. Marco ha sicuramente un elevato interesse a vendere una assicurazione. Per incassare la provvigione, Marco deve trovare qualcuno che sia altrettanto interessato a sottoscrivere una assicurazione. Marco ritiene il prodotto assicurativo molto conveniente e quindi lo sottoscrive lui stesso: non guadagnerà nulla, ma godrà dei benefici dell’essere assicurato.
Marco è la prima persona ad avere interesse a sottoscrivere l’assicurazione:
Marco ha un amico, che si chiama Luca. Marco gli parla del prodotto assicurativo che ha appena sottoscritto e anche Luca comincia ad essere mosso dall’interesse a sottoscrivere il prodotto assicurativo:
Luca ha un amico, e visto che in questa storia tutti i protagonisti hanno il nome di un evangelista, questo amico si chiama Giovanni. Luca decanta a Giovanni tutti i benefici che si possono avere, sottoscrivendo l’assicurazione di Marco e Giovanni è la terza persona che sviluppa un interesse per sottoscrivere il prodotto assicurativo:
Non sappiamo come proseguirà la carriera di Marco: il passaparola tra i suoi amici basterà ad assicurargli un futuro da agente assicurativo? Probabilmente no. Se Marco è inserito in una struttura di multi-level marketing (vendita piramidale), probabilmente non guadagnerà nulla (a meno che sia posizionato al vertice della piramide). Ma a noi non interessa il destino di Marco. Ci interessa semplicemente notare come lo stesso interesse (l’interesse a sottoscrivere una assicurazione) si diffonda nella rete di collegamento, sfruttando le relazioni tra i nodi.
Il «collante» delle reti collegamento, ciò che mette in relazione i nodi della rete, è rappresentato da:
- Relazioni (familiari, affettive, amicali, professionali)
- Attività (opportunità di svolgere attività)
- Benefit (opportunità di acquisire beni o di acquistare prestigio)
Le reti di collegamento che si basano solo sulle relazioni non sono particolarmente attrattive.
Invece, quando il principale collante di queste reti è rappresentato da attività e benefit, queste reti possono crescere in modo esponenziale (in virtù del fatto che chi possiede benefit, oppure opportunità di svolgere attività, può distribuire una parte delle proprie rendite a nuovi soggetti). E possono crescere come reti a invarianza di scala, cioè una reti in cui i «nuovi arrivati» preferiscono relazionarsi con chi ha già molti collegamenti.
MASSIMO: Il tuo discorso è molto interessante, ma cosa c’entra con i conflitti di interesse?
ANDREA: C’entra, eccome! Se gli interessi possono muoversi nelle reti, allora possono anche entrare in conflitto, come le palle da biliardo che si urtano, o come le molecole di un liquido, quando si scalda. Un conflitto di interessi si genera quando una persona è mossa da due o più interessi che sono incompatibili tra loro. In particolare, a noi interessa il caso in cui l’interesse pubblico entra in conflitto con gli interessi privati. Per brevità, possiamo indicare con la lettera “p” l’interesse pubblico ed indicare gli interessi privati con qualsiasi altra lettera dell’alfabeto (a,b,c, ecc…).
MASSIMO: Caro Andrea, forse ci stiamo finalmente avvicinando al “cuore” del problema! Che non sono gli interessi. E nemmeno il fatto che gli interessi corrano sulle reti. Il problema è che le persone decidono, mosse dagli interessi. E se un interesse pubblico entra in conflitto con degli interessi privati, si possono generare dei dilemmi: l’agente pubblico non sa più come decidere e aumenta la nostra incertezza sulla qualità delle sue decisioni. E’ corretto?
Direi proprio di sì. E quindi dobbiamo capire meglio in che modo gli interessi possono influenzare le nostre decisioni.
Una decisione può essere pensata come un processo che si innesca in presenza di uno stimolo (input), al quale una persona può rispondere, adottando più comportamenti alternativi tra loro (ad esempio, i comportamenti A, B e C). Durante il processo decisionale, i vari comportamenti alternativi vengono “valutati” utilizzando dei criteri di scelta, che “filtrano” i comportamenti e permettono di selezionare un solo comportamento.
Ovviamente, si tratta di una rappresentazione dei processi decisionali molto semplificata, ma che può essere utile per capire, intuitivamente, come funzionano gli interessi.
Infatti, non c’è dubbio che gli interessi rientrino tra i criteri di scelta, che ci consentono di decidere i nostri comportamenti. Ovviamente, gli interessi non sono l’unico criterio che guida le nostre decisioni. Fortunatamente, nelle situazioni così complesse che incontriamo nella nostra vita, le nostre decisioni dipendono da diversi criteri:
- dagli interessi;
- dalle leggi e dalle regole;
- dall’ethos, cioè dai valori condivisi dal nostro gruppo di appartenenza;
- dai comportamenti più o meno diffusi, che le altre persone adottano e che noi possiamo imitare;
- dai nostri valori personali;
MASSIMO: Sicuramente, le nostre decisioni dipendono dalla complessa combinazione (che a volte sembra una strana alchimia) di tutti questi criteri che tu indichi. Ma gestire questa complessità sarebbe un problema. Quindi, possiamo limitarci a considerare solo gli interessi? Faremo finta che le decisioni dipendano solo dagli interessi, ma diremo che gli interessi “tendono” a guidare i processi decisionali: contribuiscono all’esito delle decisioni, ma insieme ad altri criteri.
ANDREA: Credo, che questa sia la strada giusta, per evitare di complicare troppo le cose. Consideriamo un caso molto semplice: un processo decisionale in cui si deve decidere se adottare o non adottare un certo comportamento “A”. Non ci sono alternative: o si adotta A, oppure non si compie alcuna azione (il che equivale a dire che si opta per Non-A).
Ogni giorno ci troviamo davanti a decisioni semplici (ma cruciali) di questo tipo: prendo o non prendo l’ombrello? Chiamo o non chiamo quella persona? Vado o non vado alla ennesima festa di compleanno di un compagno di classe di mia figlia? Decisioni di questo tipo sono connesse a processi decisionali che hanno la seguente struttura:
Immaginiamo adesso di avere un interesse (che indicheremo con la lettera “b”) che funge da unico criterio per il processo decisionale. In pratica, il processo avrà la seguente struttura:
Se non vogliamo rappresentare graficamente la struttura del processo decisionale, possiamo semplicemente elencare gli elementi che la compongono, mettendoli tra parentesi quadre, in questo modo:
- [INPUT, A?, b, (A/non A)]
A? indica il comportamento oggetto della decisione, b il criterio di scelta, mentre (A/non A) sono i due output del processo decisionale.
L’interesse b funge da criterio di decisione:
- se il comportamento A favorisce l’interesse b, allora il comportamento A verrà selezionato, altrimenti, se il comportamento A lede l’interesse B, verrà selezionato non A.
Per rappresentare questo processo di selezione, diremo che, in presenza di un comportamento A, l’interesse b reagisce acquisendo una carica positiva o negativa: diventa b+ se A lo favorisce, mentre diventa b–, se A lo lede.
Non è possibile sapere a priori quale carica avrà b: dipende dal comportamento coinvolto nella decisione. Quindi, in termini molto generali, se c’è un solo interesse b e una sola azione A da valutare, il processo decisionale avrà uno di questi due esiti:
MASSIMO: Caro Andrea, il tuo modo di rappresentare la struttura dei processi decisionali mi sembra abbastanza complicato. Non pensi che i lettori di @spazioetico potrebbero confondersi?
ANDREA: Il sistema è complicato. E forse qualcuno dovrà leggere due o tre volte questo post, per assimilare tutti i concetti.
Indubbiamente, in situazioni così semplici (un solo interesse e una sola opzione da considerare) ce la potremmo cavare in modo intuitivo, senza rappresentare la struttura del processo decisionale.
Tuttavia, nei casi più complessi, questo metodo ci tornerà molto utile. Inoltre, la polarizzazione degli interessi aiuta, come vedremo, a spiegare perché, quando due interessi entrano in conflitto, si può generare un dilemma.
MASSIMO: Spiegati meglio! Lo sai che adoro i dilemmi!
ANDREA: Immagina questa situazione: Matteo (così citiamo anche il quarto evangelista!) è un funzionario pubblico. E deve prendere una decisione. Ma la sua decisione è influenzata da due interessi: l’interesse p (che è un interesse pubblico) e l’interesse a (che è un interesse privato).
Se entrambi gli interessi sono positivi (p+, a+) o negativi (p–, a–) avremo una convergenza di interessi. E Matteo saprà esattamente cosa fare. Se, invece, un interesse è positivo, mentre l’altro è negativo (per esempio se abbiamo p–, a+), allora Matteo non saprà più cosa decidere: l’interesse p– lo indurrebbe a non compiere una certa azione, mentre l’interesse a+ lo spingerebbe a compiere quella stessa azione contraria all’interesse p.
MASSIMO: Cioè l’azione contraria all’interesse pubblico!
ANDREA: Esatto!
MASSIMO: Caro Andrea, il tuo ragionamento fila, ma secondo me manca ancora qualcosa! Gli interessi non sono tutti uguali. Alcuni interessi sono più forti di altri. Se per Matteo l’interesse privato è più forte (per esempio perché scegliendo una certa azione può avere un guadagno personale), allora l’interesse privato vincerà sull’interesse pubblico e non avremo più un conflitto di interesse, ma un caso di corruzione
ANDREA: Hai ragione, Massimo! Gli interessi non sono solo positivi o negativi, ma anche forti o deboli. Però ci devo pensare… ne parleremo la prossima volta!
Vai alla terza parte dei dialoghi…
Quest’opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale 4.0 Internazionale.