Verso una formazione “COMPL-ETICA”
La promozione di sempre maggiori standard di integrità nelle organizzazioni pubbliche e private non sembra arrestare il verificarsi di scandali di corruzione e di situazioni di ampia e diffusa illegalità. E’ un problema di falsa percezione o ci sono delle ragioni più profonde? Ad esempio, quanto conta la formazione? E quanto conta come si fa formazione in questo settore?
Quando si tratta di promuovere l’integrità attraverso la formazione, le organizzazioni pubbliche e private fronteggiano lo stesso dilemma: privilegiare la diffusione tra i dipendenti delle procedure adottate in risposta ai rischi e delle norme che si applicano ad un determinato ambito, oppure promuovere l’autonomia decisionale e la capacità dei dipendenti di categorizzare correttamente un evento?
La formazione alla conformità (compliance aziendale) in ambito privato e la cosiddetta “formazione specialistica” in ambito pubblico si concentrano su quello che un dipendente non dovrebbe fare. Pensiamo al tema delle incompatibilità nel pubblico oppure alle politiche di gestione dei doni e altre utilità in ambito privato.
L’ethics training in ambito privato o la “formazione valoriale” in ambito pubblico, invece, si concentrano su quello che i dipendenti dovrebbero fare in termini di corretta identificazione di un evento critico e di gestione dell’evento stesso. Questa tipologia di formazione raggiunge la massima utilità se affrontata attraverso i “dilemmi etici” che pongono i dipendenti di fronte a situazioni reali e che “allenano” allo sviluppo e alla manutenzione dello spazio etico.
Per molto tempo i due approcci sono stati totalmente alternativi. Anche a causa della difficoltà di reperire specialisti che possedessero uno spettro di competenze tali da assorbire entrambi i campi.
In realtà molti osservatori ritengono che una combinazione dei due approcci sia la soluzione migliore, se si pensa che le attuali piattaforme tecnologiche per la formazione consentono di svolgere la formazione alla conformità aziendale a distanza, mentre la formazione valoriale garantisce i risultati migliori se fatta in presenza.
Facciamo un esempio. Sia in ambito pubblico che privato il conflitto di interessi è un tema centrale. La formazione alla conformità definisce i confini normativi e procedurali delle varie incompatibilità che si generano dal conflitto di interessi. La conformità, inoltre, illustra il quadro procedurale all’interno di cui i dipendenti si devono muovere (segnalazione e astensione). Questo tipo di formazione, pertanto, potrebbe essere utilmente svolta online perché, dopotutto, si tratta di fornire informazioni.
Ma sappiamo bene che il conflitto di interessi è piuttosto sfuggente. Ancor prima di saper cosa fare, i dipendenti devono saper “categorizzare” esattamente gli eventi che minacciano la loro imparzialità o che mettono in discussione l’imparzialità dell’organizzazione agli occhi di un osservatore interno o esterno. Questa è la vera sfida. Per “costruire” delle lenti di osservazione appropriate i dipendenti devono essere inseriti in una formazione che privilegi l’utilizzo di “scenari reali”. Hanno anche bisogno di un gruppo che li aiuti ad elaborare i rischi che alcuni eventi possono generare. Per questo, la formazione valoriale deve essere realizzata in presenza. I casi o i dilemmi che vengono utilizzati devono essere appropriati per la realtà in cui si sta operando e necessitano, pertanto, di revisioni costanti e di un dialogo approfondito con chi gestisce, all’interno dell’azienda o dell’amministrazione pubblica, la strategia di promozione dell’integrità.
Immaginiamo un caso, anche piuttosto semplice.
Il dottor Bianchi è un medico specialista di di nefrologia pediatrica. Lavora all’Unità Operativa Dipartimentale di un’Azienda Ospedaliera pubblica.
Un giorno il dottor Bianchi viene invitato a entrare a far parte del CdA di un’associazione di pazienti dializzati. L’invito proviene dal signor Verdi, padre di un bambino dializzato, mirabilmente curato anni prima dallo stesso dottor Bianchi.
Il signor Verdi spera che, grazie all’inserimento del dottor Bianchi nel CdA, l’associazione potrà consolidarsi più stabilmente all’interno della U.O. La competenza del dottor Bianchi, in effetti, è largamente riconosciuta, tanto da essere un punto di riferimento per molte decisioni che vengono prese dall’Ospedale.
Il dottor Bianchi deve decidere se accettare o meno.
- Come categorizza questo evento (l’invito ricevuto) il medico specialista?
- Come categorizza questo evento l’Azienda Ospedaliera?
- Come categorizza questo evento il contesto sociale di riferimento?
I problemi nascono, infatti, se le tre componenti non sono allineate nella esatta categorizzazione di un evento come questo. Il medico specialista potrebbe non identificare alcun rischio, oppure considerare il sentimento di amicizia e vicinanza con il padre del bambino prevalente rispetto alle regole aziendali, salvo poi vedere messa in discussione la propria imparzialità e quella dell’Azienda, quando sarà chiamato a svolgere un’attività o ad assumere decisioni in cui potrebbe essere coinvolta l’associazione.
Capire quale comportamento ci si aspetta che tenga un medico specialista in simili circostanze è un problema importante e per questo diffondere le informazioni sulla corretta procedura di gestione di un conflitto di interessi è cruciale. Tuttavia, se il medico specialista non sa categorizzare esattamente l’evento e non sa riconoscere i rischi rispetto al processo in cui opera, la formazione potrebbe essere inutile.
In Blind Spots (2011), Max Bazerman e Ann Tenbrunsel dimostrano in maniera brillante come la rimozione dell’etica nei processi decisionali abbia condotto a scandali, corruzione, addirittura catastrofi, come il disastro dello shuttle Challanger. La conformità è essenziale in un’organizzazione, dal momento che rende chiari i confini entro cui ci si può muovere; tuttavia, se la formazione si riduce ad essere un mero trasferimento di regole e procedure, si finisce per compromettere l’autonomia decisionale dei dipendenti.
Il campo dell’etica dei comportamenti (behavioutal ethics) è ricco di promesse. Si tratta di capire come le persone decidono quando si trovano a fronteggiare un dilemma etico. C’è molta distanza tra la percezione delle regole in astratto ed il comportamento in concreto delle persone, soprattutto se si considerano i diversi contesti lavorativi in cui siamo immersi.
Il valore aggiunto di realizzare in presenza la formazione valoriale risiede anche nel coinvolgimento delle leadership dell’organizzazione. Conosciamo l’importanza dell’impegno o del disimpegno della dirigenza, con particolare riferimento al settore pubblico. Solo attraverso la formazione in presenza saremo in grado di esaltare la centralità del ruolo dirigenziale, sempre che i casi siano ben costruiti.
La combinazione di formazione alla conformità e all’etica (COMPL-ETICA) richiede tempo, denaro e capacità di pianificazione e gestione. Richiede passione da parte dei responsabili aziendali e di quelli pubblici, nonché impegno da parte dei vertici aziendali o della componente politica delle amministrazioni pubbliche.
Ma, d’altra parte, siamo sicuri che, alternativamente, una formazione spot sulla normativa o sulle procedure sia in grado di determinare alcun cambiamento?