Chi ha paura dei Whistleblower?

9A

Abbiamo una nuova legge. Molto si è già detto e scritto. Due novità emergono più di altre: il ritorno del falso in bilancio, che il nostro Paese in maniera anacronistica e paradossale aveva tenuto fuori dai comportamenti illeciti e la restituzione del maltolto sia per accedere al patteggiamento sia come riparazione pecuniaria per chi è condannato per corruzione.

C’è molto ancora da fare, ad esempio sul tema del Whistleblowing. L’assenza di disposizioni in merito alimenta interrogativi sulla determinazione del mondo politico a combattere seriamente corruzione e malaffare. Perche? Chi ha paura dei Whistleblower?

La deterrenza in chiave preventiva del Whistleblowing non risiede solo nella effettiva visione della condotta illecita, ma anche e soprattutto nella potenziale visibilità della stessa. Jeremy Bentham lo aveva compreso già nel diciottesimo secolo quando parlava di come si potessero tenere a freno i comportamenti antisociali delle persone. La famosa frase “Più attentamente saremo osservati, meglio ci comporteremo“, illustra mirabilmente come, in un dominio di scelta razionalmente legata alla dinamica costi-benefici, la possibilità che un collega di lavoro segnali il mio comportamento illecito mi spinga a desistere, o, quantomeno, mi costringa a trovare soluzioni più “costose” da un punto di vita organizzativo per mettere in atto il mio comportamento.

Esistono pochi studi che pongono seriamente la questione dell’efficacia del Whistleblowing come antidoto preventivo alla corruzione. Uno di questi, è stato pubblicato alla fine del 2014 da un gruppo di ricercatori americani (Call, Martin, Sharp e Wild) dal titolo “L’impatto dei Whistleblower sulle azioni di contrasto alle false dichiarazioni finanziarie” (a proposito di “falso in bilancio”). Come è noto negli Stati Uniti l’ordinamento giuridico premia i Whistleblower accordando loro una percentuale del denaro recuperato. Ebbene, utilizzando un set di dati che il governo americano mette a disposizione sui reati concernenti le false dichiarazioni finanziarie (a proposito di FOIA – Freedom of Information Act), la ricerca ha evidenziato come il coinvolgimento dei Whistleblower pesa per una percentuale tra il 21% e il 27,5% dei 79,46 milioni dollari in sanzioni totali comminate e determina un raddoppiamento delle pene detentive comminate a specifici individui. Tuttavia, questi benefici non sono a costo zero, dal momento che le azioni di contrasto che coinvolgono i Whistleblower hanno una durata media del 10,9% (circa 10 mesi) superiore a quelle che non includono segnalazioni.

In un precedente studio (Economic crime: people, culture and controls) Price-Waterhouse-Coopers riteneva che non vi fosse nulla di più appropriato della capacità percettiva degli esseri umani, della acutezza delle persone, dell’occhio e dell’orecchio umano, quando si tratta di discernere modelli di comportamento non ordinari, coincidenze improbabili e/o metodi di lavoro atipici che spesso segnalano la presenza di condotte illecite. Lo studio ha rilevato che i Whistleblower sono stati responsabili per il 43% del rilevamento delle frodi, mentre le forze dell’ordine solo per il 3% ed i controlli societari per il 34%.

L’Associazione dei Certified Fraud Examiners (ACFE) ha illustrato in un altro (meno recente) studio che le condotte illecite hanno molta più probabilità di essere rilevate da una persona fisica che presta il proprio servizio all’interno dell’organizzazione, piuttosto che da sistemi di audit, controlli o altri mezzi. Significativamente, ACFE ha evidenziato che il 46,2% di tutte le frodi sono state scoperte da informatori interni, mentre solo il 3,2 % è stato rilevato dalle forze dell’ordine. Queste statistiche sono molto simili ai risultati della Price-Waterhouse. Lo studio ha concluso che dal momento che oltre la metà di tutte le segnalazioni di condotte illecite è venuto da parte dei dipendenti, essi “dovrebbero essere incoraggiati a segnalare comportamenti illeciti o sospetti, e devono essere rassicurati sul fatto che le segnalazioni possono essere effettuate in modo confidenziale e che l’organizzazione proibisce ritorsioni contro gli informatori“.

Molti ritengono che una seria politica di tutela delle persone che hanno il coraggio di segnalare determini la qualità di una strategia anticorruzione a livello generale. Favorire le segnalazioni attraverso soluzioni efficaci di tutela è anche lanciare un messaggio chiaro, a tutti, che si intende far prevalere il principio di lealtà all’ordinamento giuridico e all’interesse pubblico piuttosto che il principio di fedeltà al proprio gruppo o al proprio superiore (politico o amministrativo). Questo atteggiamento, seppure in teoria condiviso da tutti, nella pratica e nel clima che si respira all’interno delle nostre amministrazioni, è ancora piuttosto osteggiato.