Il Whistleblowing e la democrazia vibrante. PRIMA PARTE

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“We engage with dissent as a sign of freedom”

(Impariamo a considerare il dissenso un segno di libertà)

Aung San Suu Kyi (1945), attivista per i diritti umani in Birmania

PRIMA PARTE: il Whistleblowing, ovvero l’atto 
di volontaria subordinazione all’interesse pubblico 

La legge 190/2012, art. 1 comma 51 (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti) stabilisce che: “Il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia”.

Questa norma va integrata con una nuova regola contenuta nel Codice di Comportamento dei dipendenti pubblici. L’articolo 8 (Prevenzione della corruzione), infatti, stabilisce che: “Il dipendente rispetta le misure necessarie alla prevenzione degli illeciti nell’amministrazione. In particolare, il dipendente rispetta le prescrizioni contenute nel piano per la prevenzione della corruzione, presta la sua collaborazione al responsabile della prevenzione della corruzione e, fermo restando l’obbligo di denuncia all’autorità giudiziaria, segnala al proprio superiore gerarchico eventuali situazioni di illecito nell’amministrazione di cui sia venuto a conoscenza“.

Queste due disposizioni normative introducono l’istituto del Whistleblowing anche in Italia, anche se, tecnicamente, solo la prima si occupa della “denuncia“, in quanto la seconda riguarda piuttosto l’ambito più ampio delle “segnalazioni” che dovrebbero essere espletate nelle normali dinamiche tra leadership e followership in ambito pubblico.

Una definizione generalmente accettata di Whistleblowing è la seguente: Il Whistleblowing è un atto eticamente orientato che si caratterizza nel denunciare condotte illecite di cui si viene a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, con l’obiettivo di prevenirle o contribuire ad accertarne le responsabilità se già verificatesi.

Tuttavia, nel particolare contesto italiano, questa definizione conserva la sua validità? Parlando, nello specifico, di “condotte illecite”, di cosa stiamo realmente parlando? Cioè, cosa osservano, in realtà, i potenziali Whistleblower di casa nostra?

Come è noto, la corruzione propria viene descritta dal codice penale come il comportamento del pubblico ufficiale che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contrario ai doveri di ufficio, riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità. Se analizziamo con attenzione, ci accorgiamo che lo schema corruttivo riproduce lo schema tipico della cosiddetta “prestazione d’opera“. Con il contratto d’opera una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente (art. 2222 c.c.). La corruzione, disciplinata, dal nostro codice penale, all’interno degli artt. 318- 322, può essere definita come un particolare accordo (pactum sceleris) tra un funzionario pubblico ed un soggetto privato, mediante il quale il primo accetta dal secondo, per un atto relativo alle proprie attribuzioni, un compenso che non gli è dovuto.

Ora, la Giurisprudenza era giunta a prescindere dalla necessaria individuazione, ai fini della configurabilità del reato, di un atto al cui compimento collegare l’accordo corruttivo, ritenendo sufficiente che la condotta presa in considerazione dall’illecito rapporto tra privato e pubblico ufficiale fosse individuabile anche genericamente, in ragione della competenza o della concreta sfera di intervento di quest’ultimo, così da essere suscettibile di specificarsi in una pluralità di atti singoli non preventivamente fissati o programmati (Sez. 6, n. 30058 del 16/05/2012; Sez. 6, n. 2818 del 02/10/2006), sino al punto di affermare che integra il reato di corruzione (in particolare di quella cosiddetta “propria“) sia l’accordo per il compimento di un atto non necessariamente individuato “ab origine“ ma comunque individuabile, sia l’accordo che abbia ad oggetto l’asservimento – più o meno sistematico – della funzione pubblica agli interessi del privato corruttore, che si realizza nel caso in cui il privato prometta o consegni al soggetto pubblico, che accetta, denaro od altre utilità, per assicurarsene, senza ulteriori specificazioni, i futuri favori (Sez. fer., n. 34834 del 25/08/2009). (Fonte: Avv. Gabriele Martelli).

Ancora in tema di corruzione propria. Secondo una più recente sentenza della Cassazione, l’atto contrario ai doveri di ufficio, oggetto dell’accordo illecito, non deve essere individuato nei suoi connotati specifici, essendo sufficiente che esso sia individuabile in funzione della competenza e della concreta sfera di intervento del pubblico ufficiale, così da essere suscettibile di specificarsi in una pluralità di singoli atti non preventivamente fissati o programmati, ma appartenenti al “genus” previsto. (Principio applicato in riferimento all’art. 322 bis cod. pen.).(Cass. Sez. F, Sentenza n. 32779 del 13/08/2012 Cc. (dep. 17/08/2012 ) Rv. 253487).

Si parla, pertanto, di corruzione anche e soprattutto nelle ipotesi di “asservimento” del pubblico ufficiale al soggetto privato, dal momento che non è necessario dimostrare il legame tra utilità ricevuta o promessa e atto da adottare. Si parla in questi casi anche di “iscrizione a libro paga”. Siamo nello schema tipico, cioè, dei “rapporti di subordinazione“. “È prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore” (articolo 2094 codice civile). L’iscrizione a libro paga c’è quando il pubblico ufficiale viene dal privato “pagato in maniera forfettaria o periodicamente non perché compia un determinato atto o ometta un determinato atto, ma perché sia disponibile a compiere od omettere tutti gli atti che dovessero essere utili al privato, che lo sovvenziona”.

Quindi, si potrebbe in un certo senso affermare che il Whistleblower osserva dinamiche di assoggettamento/ asservimento/ identificazione del soggetto pubblico nei confronti del corruttore privato. Le modalità di manifestazione di tale fenomeno sono: un elevato grado di conformismo, la salvaguardia degli interessi privati e la salvaguardia del gruppo.

Facciamo un esempio.

Il dottor Mario Rossi, ragioniere iscritto all’albo, è un funzionario che da poco lavora nell’ufficio appalti del Comune di X. Nel preparare un disciplinare il dottor Rossi si accorge che un appalto in via di assegnazione è stato frazionato artificiosamente violando l’art. 29 del codice (d.lg. 163/2006). Il dottor Rossi, pertanto, osserva una “potenziale condotta illecita”.

E’ responsabilità del dottor Rossi “riportare” la condotta al proprio dirigente (ex art. 8 del Codice di Comportamento PA). Convinto di fare la cosa giusta, il dottor Rossi si reca dal suo dirigente e gli espone i fatti. Il dirigente lo guarda e poi gli intima di non parlarne con nessuno. “Non è una questione di tua competenza! Qui si fa così”. Il dottor Rossi si rende conto che non solo il dirigente conosce la questione, ma avalla o addirittura promuove quel comportamento che, pare, sia una prassi dell’ufficio. E’ una “prassi organizzativa”, una regola di un Codice sottostante. Ai dipendenti è richiesto di “conformarsi” per la salvaguardia degli interessi privati in gioco e per la difesa del gruppo.

E, poi, dopo successivi passaggi nella gestione del suo “dilemma etico”, scopriamo che il dottor Rossi va finalmente a riferire i fatti alla componente politica.

Così il dottor Rossi decide di parlare direttamente con il Sindaco della faccenda. Il Sindaco, con spiazzante franchezza, rivela che quell’appalto è una contropartita elettorale a favore di un operatore economico locale e che il dottor Rossi farebbe bene a non invadere quel campo.

Egli, cioè, attraverso il confronto con la componente politica si rende conto della vera natura del “pactum sceleris”, cioè, la subordinazione/asservimento del potere pubblico ad interessi privati

Il Whistleblowing rappresenta l’atto individuale del “non conformarsi” alle dinamiche testé descritte. E’ un atto di resistenza all’assoggettamento, un atto di rottura con il gruppo, con la sua cultura e con i suoi Codici sottostanti. E’ un atto, cioè, di “volontaria subordinazione” all’interesse pubblico.

(…continua)